Thursday, February 27, 2014

sul perché penso che renzi non mi piaccia /1

invecchio. e come piccolo ingranaggio del rebound post-compleanno constato che per la prima volta si ha un presidente del consiglio più giovane di me.
costui non mi piace. al netto di una pausa -  di neutralità - non mi è mai piaciuto. dai tempi della leopolda 1. da quando inaugurò il mantra della rottamazione [prova ex-ante che di cazzate, dal punto di vista della comunicazione e non solo, ne farà?].
non mi piace e, a dire il vero, non mi sono mai chiesto precisamente perché non mi piaccia. questo almeno fino a pochi giorni fa. perché, dopo un anno di giudizi tutto sommato sospesi, me la sono ritrovata scoppiettante questa incapacità di sopportarlo. e di farmelo piacere. e mi son chiesto perché: le famose domande che servono più delle risposte.
alle primarie del 2012 votai vendola. in maniera construens. perché ho una visione radicale di alcuni tratti dell'esistenza: l'estremismo, che aborro, è cosa ben diversa dalla radicalità che mi contraddistingue [quando non finisce in nevrosi, ma per quello c'è la psicoterapeuta]. al ballottaggio votai bersani. in maniera meno construens. perché non volevo vincesse illo. nei giorni immediatamente precedenti quelle primarie, durante una puntata dell'infedele, lerner che l'aveva ospite preconizzò: lei pare abbia davanti le praterie e le preferenze del paese, dovesse essere il candidato premier. peccato per il passaggio stretto delle primarie dove invece non gode affatto dei pronostici. non ricordo cosa rispose. però quel ragionamento di lerner mi incupì. perché in fondo lo intuivo condivisibile. e nonostante questo non mi andava affatto di averlo come candidato premier. pensai che forse stavo combinando una tafaziata, da conformato elettore di sinistra. rimossi quel pensiero cupo.
poi andò come si sa. l'ex rottamatore trombato alle primarie. e le elezioni non vinte.
qualche giorno dopo l'amico itsoh scrisse una lunga riflessione su quel risultato che infranse di botto le speranze qualcosa potesse cambiare. masticava amaro, come tutti. però rivendicava - tra l'altro - un fastidio e rabbia in più perché, a parere suo, si era persa una possibilità importantissima, non scegliendo la giovane promessa, soprattutto con motivazioni legate a banalissime antipatie personali.
tipo le mie.
[piccolissima divagazione. l'amico itsoh è una persona intelligente, che stimo come poche altre persone. offre spunti molto interessanti, sui quali rifletto. è un ottimo pungolo. specie per il fatto che a volte non mi trovo del tutto d'accordo con quello che ribadisce].
quindi mi cosparsi il capo di cenere, figurativamente. e provai a mettere da parte quella mia personale antipatia per il mancato candidato premier. anche alla luce stesse facendo quel che aveva detto durante le primarie. se perdo me ne torno buonino a fare il sindaco. non mi interessano premi di consolazione parlamentari o simili, cose così. la coerenza è una bella cosa, specie in politica. decisi che si meritava, da parte mia, una sospensione di giudizio su di lui. e mi promisi di essere un po' meno prevenuto.
e poi son venute un sacco di altre cose a distrarmi. la storia dei 101 che trombarono prodi [e il modo ancor mi offende]. la scoppiettante inutilità pragmatica dei cinque stelle, la ancora più smaccata antipatia verso il loro liider che sputacchia quando grida la sua rabbia rabbiosa e poco construens. e un po' di altre amenità. oltre al mio costruire su macerie e mantenermi vivo [cit.].
alle primarie 2013 non votai per lui comunque per lui, anche se con altre motivazioni. chiesi un parere all'amico itsoh se fosse il caso di parteciparvi a quelle primarie di partito. in fondo io non sono del piddddì. mi sembrava di andare a dir la mia in casa d'altri, non lo trovavo del tutto corretto. lui mi incoraggiò. e mi disse che era una buona occasione per cambiare le cose dal di dentro. un'opportunità per scalzare le oligarchie vecchie, paludate, che hanno frenato la possibilità effettiva di cambiare. mi suggerì di prenderla dalla parte più a sinistra, cosa che peraltro avevo intenzione già di fare. lui l'avrebbe fatto dalla parte del sindaco, che appoggia coerentemente da tempo.
il giorno dopo mi scrisse: li consideravano due molestatori dello status quo del partito fino a poco tempo fa. ora sono quasi l'80% dei voti alle primarie. si cambia.
[altra piccola divagazione sull'amico itsoh. lui fa politica attiva dal sud della germania. mi arrogo il facile pensiero che colà, in percentuale, ci sia la meglio gioventù dell'italico talento di persone con alta specializzazione. per osmosi statitistica, anche l'espressione del pidddddì, piccolo, di quei lander penso abbia una peculiarità diverse, essendo mediamente migliore di quello nazionale].
insomma. col giudizio ancora sospeso verso il nuovo segretario mi sono financo detto: è il caso che mi fidi. non foss'altro per la fiducia che gli esprime, disinteressata e sincera, l'amico itsoh. è un qualcosa a suo favore. anzi, forse l'unico. vediamo che combinerà. [...]
[la psicopippa credo continuerà]

Wednesday, February 19, 2014

genetliaticismi [come il faber, peraltro]

[premessa: forse ti sembrerà una psicopippa. nulla di strano, in fondo lo è.]
il fatto è che non amo molto il mio compleanno.
anzi, da qualche tempo che mi prende una sottile anZia del giorno prima. d'altro canto mica dimentico di non essere del tutto in bolla nel mio divagare esistenziale. però almeno ne ho la precisa consapevolezza. è per questo che dà soddisfazione provar a riavvicinar l'equilibrio, spingendo dalla parte opposta a dove si sbanda.
nonostante ciò continuo a non amare molto il mio compleanno.
naturalmente continuo a chiedermi il perché. sfruttando le approssimazioni successive e le esperienze degli anni che s'appallottolano, a volte sono pure numeri primi.
naturalmente non trovo una risposta definitiva, come d'altronde non lo sono quasi mai: le risposte, dico.
naturalmente però non è 'sto gran problema. perché spess, più che le risposte, sono importanti le domande.
un pezzo di risposta che ho trovato quest'anno è che non mi è [ancora] del tutto semplice, per imbarazzo o cose così, assaporarmi con leggerezza le attenzioni di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, si ricordano di me. di tutti neh? a prescindere dalla convinzione o profondità dei ricordi di ciascheduno.
d'altro canto, aiò, so di non essere del tutto in bolla nel mio divagar esistenziale.
e poi ne ho trovato un altro pezzo, di risposta. ed è che mi imbarazzerà pure, però è fottutamente bello ri-scoprire che qualcuno si ricorda di te. quelli vicini e quelli meno vicini. chi si conosce tanto e chi s'incrocia alzando la mano veloce. coloro con cui si interloquisce tutti i giorni e coloro che s'acclarano, magari, solo il giorno del genetliaco del faber [e di questo compleanno comune mi sento molto molto proud, anche se non ho fatto nulla per meritarmelo]. e quindi l'anZia che mi sale è un po' da prestazione di ritorno per interposte persone: aspettarsi questo effluvio puntiniforme di pensieri e di ricordi per me, chi lo farà e in che modo.
perché, in fondo, l'unico senso di questo divagar esistenziale è quello ci sia quell'intreccio bello et ingarbugliato et filiforme della socialità nel divenire.
quindi, con poco understatement, voglio puntellare qui dentro l'effluvio puntiniforme di cui ho assaporato la garrulità, seppur anZioso ex-ante. ma è l'effetto ex-post quello che conta. che poi a volte le cose complicate si rivelano più semplici di come sembrano.
quindi voglio dire grazie. ma mica una roba di maniera, bensì una cosa che sgorga puntiniforme pure quello. li metto in rigoroso ordine di come sono arrivati, per ricordarli uno ad uno, in una piacevolissima infilata d'un fiato. e così grazie a ilaria, elisabetta, sergio, antonella, valentina, alberto, andrea, andrea, davide, alessandra, cristina, marco, linda, paola, carlo, marina, mattia, samuela, laura, mariella, paolo, francesca, giorgio, irvana, monica, omar, emanuela, antonio, angelica [elisa], daniela, sonia, rosario, felice, monica, andrea, silvana, danilo, manuela, federica, giovanna, emanuele, francesco e raffaella, alessandra, massimiliano, katia, francesca, giuseppe, cetty, paola, valentina, antonio, rosy, arianna, valentina, elisa, barbara, elena, sampath, letizia, barbara, giusy, monica, mirko, donatella, stefania, carlo filippo, edoardo davide, flavio, debora, davide, milena, dusy, guido, giovanna, silvana, alessio, cinzia, valentina, chiara, stefania, daniele, luisa, luca, stefania, rosalia, aurora, sara, cristina, olga, francesca, bruno, maruska, francesca.

Friday, February 14, 2014

sugli empirismi teoretici di un potenziale etilismo

questo è un post della birra, di nuovo.
a seguito anche della recente lettura del libro di augias, quello su maria, per intenderci.
non c'è un nesso causale tra le due cose, dico. però prese d'infilata mi pare di cogliere, nel marasma dei pensieri psicopipponici, una specie di linche.
peraltro sul libro di augias avevo in mente di scrivere un altro post. psicopipponico pure quello. che però non è questo.
ma andiamo con ordine.
tra le altre cose, nel dialogo con marco vannini, si sostiene che spesso l'arte, la scrittura, è dettata da un malessere esistenziale. la banalizzo, ovvio. il loro ragionamento è molto più ampio ed articolato.
però ho pensato che, nel mio banalissimo piccolissimo, in effetti non sto più scrivendo. per quanto, ovvio, non abbia mai fatto arte. al limite qualche psicocazzata scritta discretamente. però mi ha colpito questo sillogismo da gambero, all'indietro. che da una parte ho l'impressione l'esistenza mi sembri un po' più sostenibile, o meno insostenibile, ed abbia ben altre percezioni di me medesimo. dall'altra scrivo meno. forse financo cose meno interessanti. sicuramente più di rado.
magari poi è un caso, neh?
ma non solo.
questa sera ho bevuto birra, appunto. con la pizza, di cui un paio di post fa. cioè. la pizza non è mica la stessa. questa volta ho financo scongelato della pasta fresca liftizzata tempo addietro. simbolicamente mi sarebbe piaciuto tenerla lì, sine die. poi però ho pensato fosse una cazzata. roba che la vita, o la pizza, va goduta quando viene.
insomma. ho bevuto birra. mezzo litro. che poi sarebbe nemmeno una pinta. per quanto doppio malto. ho trovato un buon rapporto qualità/prezzo all'esselunga.
e pian piano mi sono trovato coi pensieri leggeri, quasi soffici e spumosi. tutt'altra roba di quelli che mi arrovellano di solito. soprattutto da oggi pomeriggio, quando ho ritrovato paciosa ed appiccicosa questa specie di anZia esistenziale. roba partita dal busillis se scongelare la pasta per la pizza. roba da dibattimento interiore di tre ore. una scusa, ovvio, per mascherare come il vestigiarsi dietro il simbolico, dito di ben altri busillis.
la trasferta amicale da far domani. il compleanno adveniente. le proposte lavorative-imprenditoriali-da-continuar-a-far-codice. il codice che sviluppo e che contempli i mille rivoli di una web-form quasi paraonide. tutto questo. nulla di ciò.
insomma. di colpo mi son trovato coi pensieri leggeri e la necessità quasi liberatoria di scrivere psicominchiate qui dentro. che siamo in due-tre. a 'sto giro per sul serio.
e quindi ho pure considerato: se i pensieri sono così pesanti la realtà mi è poi così veramente sostenibile? per quanto ci vuole tutto sommato poca componente alcoolica, che tende ad evaporare facile, per renderli molto più leggeri. e nella leggerezza mi vien da scrivere, confusissimi flussi di coscienza che a nulla servono, ovvio, se non mettere piccole tacche postiche.
o forse no. possono servire, ad esempio, a fissare il fatto non [mi] voglia fuggire. intuendo, pensando lucidamente brillo, intuendo alcoolicamente con sinapsi lubrificate dal luppolo, il perché uno nella [sua] vita diventi etilista. per far evaporare i pensieri che possono farsi di piombo, schiacciati dalla densità importante della realtà. è sensazione talmente chiara, che decido di non sottrarmici al divenir delle mie cose, pesante. tanto che la alleggerisco appena, col luppolo, quindi i pensieri si fanno meno densi, e scrivo.
[poi, delle suggestioni di augias, magari un'altra volta].



Sunday, February 9, 2014

socialismi

vivo solo.
sono solo.
non mi sento solo.
non subisco la solitudine.
peraltro anche di questi due ultimi aspetti si era parlato con l'amica betty, mi pare fossimo appena nei pressi del palazzo di giustizia. ma si era lì perché si stava peripatetizzando, quindi è stato solo caso che si sia dibattuto di quello proprio in quei pressi. in realtà quel pomeriggio si è dibattè parecchio. non foss'altro per la [mia] necessità di esalare i nodi che c'erano. che poi anche quello è un modo per non subirla la solitudine.
dicevo, l'amica betty.
lei, di là, si faceva un qualche web-peripatetizzazione. l'ho scoperto relativamente di recente. e quasi per caso. o forse è stata lei a volermelo far sapere, discretamente, qual è il suo modo garbato di porsi. quando l'understatement non inficia i fondamentali dell'autostrutturazione.
non so se sia mai passata di qui. magari l'ha fatto vestigialmente. lo scoprirò, nel caso, per caso. quando vorrà farmelo sapere.
l'amica betty, ecco sì, appunto.
continuo a citarla perché mi è sovvenuta in mente soprattutto lei, oggi pomeriggio avanzato. quando sono entrato in un covo di artistoidi-un-po'-radical-scic-che-milano-in-fondo-può-essere-anche-un-paesone. mi è sovvenuta soprattutto lei perché di recente si era interloquito veloci sul quello che era il motivo acciocché io fossi colà, in questo tardo pomeriggio. anzi. aveva chiosato la chiusura con un "aspetto post [psicopipponico, ndo] a riguardo dell'ossimoro".
quale ossimoro?
beh. lei aveva notato con piacere quanto fossi attivo nella socialità in quel di milano, per quanto nel contesto di determinati ambiti. ambiti che, naturalmente, condivido con lei.
io risposi, un po' per understatement e per segnalare il mio residuo di percezione un po' sfighinz, che facevo molta socialità, sì: ma in solitaria.
quindi potrebbe scattare la psicopippa, a 'sto punto. come si fa socialità in solitaria? anzi, tecnicamente, si può definire socialità questa cosa qui?
in realtà la psicopippa che mi scivolerebbe fuori potrebbe essere sul perché lo faccia. che poi era la cosa che mi son chiesto quando me ne sono entrato in questa specie di covo. che a volerla spiegare sarebbe poi stata 'sta cosa qui.
cioè una specie di piccola sfida un po' [auto]sadomasochista. cioè far quella cosa che si va in un posto, da solo, in un posto dove fondamentalmente non conosco nessuno, sapendo benissimo quando me ne uscirò continuerò a non conoscere nessuno di quelli lì dentro. poi magari capita che intellegga qualcuno di vista. questa sera l'ho fatto "di voce" - è la situazione strana di ascoltare quasi solo la radio. anzi, una radio.
e mentre me ne entravo in quel covo, e mi sovveniva l'amica betty, mi son pure detto: fanculo, se sembro quello un po' sfighinz che se ne entra da solo in un posto dove non conosco nessuno, e nessuno conoscerò anche quando uscirò di qui. perché in fondo mi sa che la maggior parte di costoro sono debosciati e non farebbero quello che sto facendo io.
e poi è una questione di legge dei grandi numeri.
a furia di uscire, da solo, prima o poi qualcuno conoscerò. non mi importa neppure se e come e quanto e dove e perché la conoscenza potrà rivelarsi più o meno importante.
ecco. quando sono uscito, ovviamente senza avero conosciuto nessuno, questa cosa mi è sembrata molto chiara e presente nel divenire delle prossime cose. come una sorta di consequenzialità inevitabile.
magari ci scriverò pure un post.
magari viene fuori meno psicopipponico e più sintetico di questo.
[d'altro canto, anche con l'amica betty tendo a non contenermi. nell'interloquire, ovvio].

Friday, February 7, 2014

lievitismi

questo è un post da lievito, che sarà poi quello dellla birra, e il luppolo e la pinta e mezza consumata in solitaria. e pure di quelle forti.
sì.
insomma.
si prende la farina, sia quella "0" che quella manitoba. e mi mischia. si fa un piccolo buco in mezzo e per buttarci il lievito. questa volta di birra. il trucco è che il lievito di birra deve sciogliersi in acqua tiepida e gli si deve aggiungere lo zucchero. il sale no. seperato che sennò si ferma la lievitazione. quindi si butta l'acqua col lievito e lo zucchero. lievito-zucchero-acquatiepida. come se le cose non potessero che andare assieme. e se le si mettesse separatamente chissà che ne verrebbe fuori. come se acquatiepida-zucchero-lievito facessero un patto prima di mescolarsi al resto. tipo una roba da "noi tre e chiccciammmazzaannnoi? niente sale però, che è per una classe sociale meno in". eppure mi sovviene il detto evangelico "se il sale non salasse più chi darebbe sapore alle cose" [che poi non so se dica esattamente questo. però non mi va neppure di barare e di chiedere al signor gugol. quindi la lascio così, testimoniando acclaratamente la mia approssimazione dottrinale a riguardo]. e peraltro mi sovviene anche l'altro detto "siate lievito della vita". [che non so se dica esattamente questo. però non mi va neppure di barare e chiedere al signor gugol. quindi lascio così, testimoniando acclaratamente la mia approssimazione dottrinale a riguardo].
insomma. zucchero-lievito-acquatiepida [è la terza volta che lo uso, le permutazioni per tre elementi sono sei, quindi non so cosa dovrò inventarmi per scriverlo altre tre volte, in ordine diversamente permutato ovvio] dentro il buco lasciato nella farina, miscelata. e poi sì, ovvio, anche il bistrattatissimo sale. a parte però. che non blocca il lievito.
e poi si impasta.
la chimica-fisica della cucina degli elementi base è incredibile. quegli elementi così variegatamente nello stato primigenio e che vanno a lavorarsi. e quindi: mischi, aggrumi, manipoli, strizzi, stringi, schiacci, rivolti, riacchiappi, rigiri, ribalti, riafferri, smanacci, raccogli, appallotti, appiattisci, re-infarini, misturi, impugni, avvolgi, digitalizzi, riallarghi, raccogli, appoltigli, riossigeni, smanacci, titilli, tondeggi, acciambelli, frizioni, liftizzi.
insomma, impasti.
e quindi si ha la palla gommoso-pastosa. e ci fai la croce sopra. se ci credi per benedire quell'elemento base che può anche diventare pane. se non ci credi per far sì possa crescere di volume. e la croce è elemento per slabrarare, lasciare spazio, far sì che l'impasto non si ottunda da par suo, a causa della superficie che prima si secca.
ecco, appunto. è la storia della lievitazione. lo zucchero-acquatiepida-lievito. suppongo servano tutti e tre. quella cosa così vestigiale ma che scatena la sua forza propositiva. è tutto molto construens. roba che è passo dopo passo, ma poi mica non puoi non apprezzarne la ex-vestigialità. che appunto se è ex, se è over allora non è più vestigiale. quindi una vestigialità che si sacrifica, si immola.
e intanto l'impasto è lievitato, appunto. a far i raffinati si può stendere. e lasciarlo lievitare ulteriormente.
quindi continua il passo dopo passo.
avanti.
la ragione del viaggio.
tipo guardare fuori dalla finestra alle 18.10 a queste latitudini e vedere ancora il chiaro del non-ancora-crepuscolo che fatica a cedere il posto al buio della notte.
e pensare con soddisfazione: ti ho fottuto anche quest'anno, inverno e prima di te l'infingardo autunno.


Tuesday, February 4, 2014

"come mi batte forte il tuo cuore"

piccola recensione et suggerimento.
ho appena finito di leggere "come mi batte forte il tuo cuore", di benedetta tobagi.
racconta la storia di suo padre, Walter, assassinato dalle brigate rosse nel 1980. benedetta, allora, aveva tre anni. vide il cadavere del suo papà disteso per terra. "mamma, papà ha il sangue, chiamiamo il dottore così lo pulisce e lui guarisce". l'eco di quel trauma è il fil rouge di tutto il libro, per quanto l'averlo scritto - probabilmente - l'ha aiutata a renderla meno grumo di piombo che l'avrebbe fatta affondare.
è un libro che a tratti mi ha commosso. a tratti mi è parso [innocentemente] un po' agiografico. per tutte le 300 pagine prova a capire, cerca, si interroga. e nel raccontare quel padre che impara a conoscere - e che mi fa conoscere - grazie a quello che lui ha scritto, emerge la radicalità del "riformismo" di quel giornalista che fu definito - nel delirio brigatista - un agente della "controguerriglia psicologica" dello stato contro le classi operaie.
tobagi era un socialista. poco più che trentenne, penna stimata nel corriere che si sarebbe scoperto eterodiretto dai piduisti. era un rappresentante nel sindacato dei giornalisti lombardi, dove incrociò scazzi e contrapposizioni con la componente comunista di allora, quando i comunisti esistevano ancora. ma si confrontò spesso con il movimentismo, con la sinistra extraparlamentare. provava a capire, a ragionare sulle spinte telluriche che agitavano tutto e tutti. e ci riusciva pure.
allora si sparava e si ammazzavano le persone. erano giorni molto più complessi di quelli di oggi, per certi versi. per altri forse non sono poi così distanti.
ho letto di quell'uomo che allora sentiva ineludibile la necessità di comprendere la complessità delle cose, lo studio, lo scrivere per offrire le proprie chiavi di lettura degli eventi. senza l'arroganza di prevaricare il punto di vista altrui pensando di essere quello apoditticamente nel giusto. ho pensato, specie in questi giorni, come servirebbe un po' a tutti questo tipo di approccio.
una nuova radicalità, insomma. radicalità che peraltro mi appartiene da tempo. il trombonamento dell'estremismo non mi interessa. figurarsi quello surrettizio che fa correre il rischio di dire che è "democratico ciò che dice quello che mi piace" [pag. 167].
leggetelo, il libro dico, ne vale la pena.