Wednesday, March 12, 2014

condizionamenti, o condizionismi, o condizioni tra dentro e fuori

in termini di smaccata obiettività c'è sempre uichipidia. se non altro chiunque può correggere. che poi è il pensiero terzo, o quarto o miGlionesimo. ma soprattutto senza l'enfasi del rigurgito emotivo.
condizione necessaria e sufficiente.
quando c'è la condizione sufficiente non è necessario, necessariamente, ci sia la necessaria. la sufficiente, insomma, spacca.
quando c'è la condizione necessaria non è sufficiente, insomma il minimo sindacale, di meno proprio è meglio lasciar perdere.
quando c'è la condizione necessaria e sufficiente è roba da palati fini, oppure da insicuri cronici, che poi significa gente con l'autostima bassa, o nevrosi perfezionistiche. o tutte queste cose assieme, magari miscelate in una bella combinazione lineare.
quando c'è la condizione necessaria ma non sufficiente è come se si fosse nel regno del fattibile ma non definitivo. che può voler dire - in maniera destruens - un coglionantissimo approccio da ignavo. oppure - in maniera construens - che si lasciano le strade aperte per, o non si fanno saltar i ponti [il nonnetto generale in pensione potrebbe dissertare e spiegare parecchio a riguardo [peraltro se avesi messo il refuso e avessi scritto disertare in loco di dissertare, sarebbe stato sufficiente per generare un divertente paradosso ermeneutico]].

insomma.

condizione necessaria e sufficiente acciocché io possa sopportare il peso di questa serata: birra, 7.9 gradi alcoolemici, mezzo litro, senza cenarci sopra nulla.

condizione sufficiente acciocché io domattina mi svegli con lo stomaco pieno di bruciori e incipit di nausee: birra, 7.9 gradi alcoolemici, senza cenarci sopra nulla. oppure darmi del disonesto intellettuale per generare sbrocco relazionale, financo taglio definitivo dei rapporti interlocutori.

condizione necessaria ma non sufficiente acciocché io finisca nel buco di culo del tunnel depressivo:
  • il senso liberatorio nell'andare a dormire
  • il senso soffocante del risvergliarsi la mattina dopo l'essere andato a dormire
  • la negazione più o meno volontaria dei momenti di piacere
  • l'accentramento sui propri problemi
  • senso di fallimento pervasivo
  • misconoscimento sistematico, irrazionale, patetico, delle poche o tante qualità o peculiarità
oppure titolare una mostra col titolo contentente "Klimt" e "genio" acciocché sia una cosa imperdibile, se più tra più di 100 pezzi, quelli degni di nota estatica non sono più di 4.

condizione non necessaria e non sufficiente acciocché si abbia una vita, se non felice e di successo, quanto meno serena ed appagante è possedere presunte capacità intellettive o intelligenze, in tutte le sue eclatanti declinazioni. è il mondo anti-meritocratico per eccellenza questo, bellezza. insomma il sol dell'avvenire che promette giustizia per ciascheduno stocazzo.

condizione nevoticamente sufficiente è crededere che siano sufficienti gli altri per tirarti fuori dalla buca.
condizione necessaria per tirarti fuori dalla buca è che lo voglia tu.
condizione sufficiente acciocché uno nella buca, fallito, ci rimanga, è che sia sia io a dovermene uscire grazie a me medesimo che è quella necessaria di cui sopra. non mi sento, insomma, nemmeno condizione necessaria.

sì.
condizione sufficiente per definire, in potenza, un depresso e/o un etilista. o una combinazinoe lineare delle due cose è che riguarda me in questi giorni bislacchi.

ed a proposito: la coscienza è potenza ma non atto. quindi è condizione necessaria, ma non sufficiente.

ed ora il momento più bello.
poi, vabbhé, mi risvegliero. [probabile. ecco, a proposito, probabile: altro campo di gioco rispetto alle condizioni di cui sopra]

8 comments:

Anonymous said...

ho seguito con sempre maggiore difficoltà, fino a quando invece che leggere, guardavo le parole....troppo psicopipponico intorcinato il ragionamento, anche se capisco da dove deriva (le nostre "affinità" emergono ad ogni tuo post)
non sono d'accordo su una cosa: possedere presunte capacità intellettive o intelligenze serve solo a costruire psicopippe, o perlomeno trip mentali che non approdano mai. La felicità, secondo me, la trovi a intelligenza zero

odisseando said...

sì. ne convengo.
c'è molto disordine, intorcinature.
d'altro canto quivi cerco di filtrarmi il meno possibile. tipo buttar giù materiale. se e come ri-usarlo vedrò. alla peggio è un po' di tempo perso per chi legge, oltre che della pippopornografia webbica, tra il maremagnum.
la felicità a intelligenza zero è interessante.
faccio altresì notare due cose.
- non cerco la felicità, mi basterebbe solo meno mal di vivere
- non condivido che le presunte capacità intellettive siano sufficienti a costruire psicopippe. e comunque, quand'anche fosse, non è in contraddizione logica con il fatto siano condizioni NON necessarie e NON sufficienti acciocché uno possa vivere meglio ;-)
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Unknown said...

Anche io una volta mi sono fermata a ragionarci su, sopra a queste cose qui.
Penso che una delle chiavi di lettura stia nel paradosso funzionale del proprio intelletto.
Solo l’intelligenza permette di riconoscere la felicità, ovvero i rari istanti significativi sparsi nella complessiva insignificanza delle cose.
Ma poi se li lascia dietro per correre appresso alla perfezione (che non solo fa rima con illusione, ma le è pure parente prossima [però all'epoca non lo sapevo]).

Io ho capito che per riuscire a vivere senza stare troppo male bisogna trovare un compromesso di velocità: perché l’intelligenza ha fretta, ma la serenità richiede pazienza.
Non so se ho trovato la condizione necessaria e sufficiente per mantenermi in equilibrio, però ci ho riflettuto parecchio sopra, diciamo almeno sei anni.

Unknown said...

Ah, dimenticavo, se ti riesce non lasciare lasciarti stare. Anche se lo so che viene più facile permetterlo che impedirlo.

odisseando said...

interessante.
condizione necessaria per riconoscere la felicità è avere l'intelligenza. però di quella emotiva. quella logico matematica no.
resta il fatto che la felicità, seppur da nevrotico perfezionista, non mi interessa. o forse proprio perché lo sono. e quindi capisco che, nonostante i marosi nevrotici, so che è inarrivabile.
mi basta un po' di serenità, che abbisogna di tempo, vero, mi piace. però appunto ho fretta. ma non perché sono intelligente. piuttosto perché sono nevrotico. cosa che si può mitigare, anche tanto. però serve serena consapevolezza, che abbisogna, condizione necessaria, dell'intelligenza [emotiva].
e poi ho fretta perché tempus fugit [che bello quando sbrodolo fuori quelle tre cose erudite che conosco]. e ne ho perso un sacco, di tempo. proprio per le nevrosi.

Pucci said...

Non so se mi rivedo più in questo post o in "amoreternostocazzo".
Questo per dimostrarti che alcune condizioni che sembrano personalissime sono in realtà universali... come a dire "non son mica solo cazzi tuoi". Non so se la cosa possa essere di conforto.

odisseando said...

universali. certo. mica personalissime.
ecco. amoreternostocazzo. mi sento come la gazzella, all'uopo.

odisseando said...

scoprilo su riecuchescionalciannel...