Sunday, September 28, 2014

sul perché penso che renzi non mi piaccia /5 e perché mi metto a logorrare di nuovo su di lui

renzie non mi piace. a costo di far la fine dell'ultimo giapponese che resisteva sull'isoletta. renzie non mi piace, e sono pure così sgarbato da chiamarlo renzie in loco di renzi. sgarbato e mica tanto sul pezzo. perché renzie lo chiamavamo i suoi dileggiatori qualche mese fa. ora mi pare abbiano smesso di chiamarlo così. non tanto perché non sia altrettanto dileggiato, ma forse perché è stato tante altre cose in così poco tempo. renzi non mi piace anche se ha preso il 40.8%. anche per il semplice fatto che in quel 40.8% c'è dentro pure il mio voto. coinciso, temporalmente, con l'inizio del tunèl personalissimo: anche se non c'è un nesso causale, ovvio. dentro quel 40.8% c'è dentro anche il mio perché votai pidddddì, per votare tre candidati di area civatiana, ad essere precisi e pedissequi. ci son dentro anch'io quel fottuto 40.8%, brandito come l'autorizzazione ad essere quel modo di porsi e di fare, mentre io non sarei proprio per nulla d'accordo su quel modo di porsi e di fare. quindi, anche se faccio la fine dell'ultimo giapponese che resisteva sull'isoletta, io col cazzo che ho votato pidddddddì, acconsentendo a quell'eterogenesi dei fini.

avevo già sproloquiato con altri quattro post, verbosissimi e logorroici, come questo del resto, su costui. scrivevo che non mi piaceva, lo acclarai da subito, per dichiarare ai tre di passaggio la mia pregiudiziale. ma date le condizioni date, mi mettevo con la migliore obiettività possibile alla finestra, per vedere che sapeva fare. avevo azzardato anche il fatto che stesse sparando le cartucce migliori per far il pieno alle europee, e con quella forza ribaltare tutto ed andare ad elezioni per assogettare anche i gruppi parlamentari. a dire il vero non l'ho scrissi, ma lo pensai, giuringiurello. il botto alle europee il piddddì, l'ha fatto. anche se io ho votato tre persone diverse da lui. e soprattutto non ho votato lui. e soprattutto non ho votato per delle cose che, tra l'altro, sono un po' lontane da quel che lui stesso indicava, prima di diventar segretario e quindi marciar democraticamente a prendersi il governo [il democraticamente è ironico, ovvio, visto che lui l'investitura democratica dice di averla presa ex-post]. tralasciando che sono istanze che porta avanti da anni la parte politica cui si dovrebbe contrapporre [e a 'sto giro non vale il paradigma che se una cosa è giusta non c'entra chi la dica. a mio parere, ovvio].

renzi non mi piace per lo stesso motivo per cui, da subito, mi sono sentito antiberlusconiano, e per cui ho impiegato mezza giornata a capire che anchel'altro capopopolo era un qualcosa di molto sòla. credo ci sia di mezzo la questione del narcisismo e dell'ego debordante. caratteristica per cui ho un bias che ora mi fa partire pure un po' d'incazzo. non foss'altro perché ne ho incrociati da vicino abbastanza per inquinarmi l'esistenza, io nevroticamente understatement. credo che il problema non sia solo delle mie idiosincrasie di ritorno, ma anche un approccio alla costruzione della classe dirigente con cui collabori e che sono necessari. il narcisista tende a circondarsi di persone ossequiose e più o meno consapevolmente prone ad esaltare il loro lidèr. e il fatto siano giovani e/o nuove e/o donne non è mica condizione sufficiente per garantire che siano meglio di quello che hanno sostituito. e il cielo sa quante altre persone nuove, giovani, sono tecnicamente più meritevoli e in grado di far meglio, pur avendolo appoggiato. che riescono a sottrarsi alla fascinazione dell'uomo solo al comando, che risolve volitivamente le cose. questo paradigma è la iattura per una nazione. e difatti ci siamo ricascati. probabilmente perché siamo un popolo molto immaturo, che si lascia abbindolare facile. e sarà pure la democrazia, figurarsi, e purtroppo non possiamo far dimettere il popolo. ma evidentemente qualcosa non torna, e non è solo perché ci sono i poteri forti che resistono, o le gerontocrazie che non passano la mano. ovvio che ci sia anche questo. ma non sarà un mantra per auto-assolversi e, appunto, aspettare che qualcuno ci pensi lui: se poi magari comunica con naturalezza e disintermediato col popolo tanto meglio. non se ne esce delegando in maniera quasi fideistica, anche se uno ha il tuit giusto ed efficace. se ne esce tutti assieme prendendo consapevolezza della partecipazione. per questo falliremo, e tutto sommato lo meritiamo. il problema è che ne faranno le spese le persone più deboli, e coloro che non potranno permettersi le sovrastrutture più o meno sanitarie e di welfare, che passano per altri canali.

renzi non mi piace. non mi è mai piaciuto. proprio per una questione di simpatia personale: su cui sono stato financo redarguito. non si sceglie il futuro lidèr sulla base di una antipatia o simpatia. come ogni chiosa, più o meno sloganistica, si porta appresso del vero come il suo contrario. è una questione personale perchè ho pochissima stima per i narcisisti spinti coll'ego debordante. e credo che da questo vengano cose che non ti permettono di far al meglio il lidèr di una nazione. sulla questione attuale dell'articolo 18 si sta consumando l'ennesima declinazione di atteggiamenti che mi lasciano perplesso e mi convincono poco. al netto di cosa possa pensare o importare di quella istanza [purparlè, credo debba essere esteso, non eliminato. non penso che toglierlo faccia ripartire nulla di che, né elimini l'apartheid - meco, per la serie, le parole sono importanti - tra chi lavora. ma non è questo il punto centrale del mio ragionar logorroico]. è stato assunto a valore simbolico, da una parte e dall'altra, con tutte le conseguenze da stracciamento delle vesti che creano i simboli. per quanto non originalissima come opinione penso sia stato scelto artatamente per sparigliare le carte, per distrarre l'attenzione, per ri-posizionare un ruolo. scelto da renzi e/o i suoi spin doctor. qualcuno comincia a stancarsi di questo gran sparar di fuochi artificiali, e lo scrive, lo dichiara, lo fa sapere. se sono i poteri forti sono gli stessi che non si sono messi di traverso, quando non hanno plaudito riconoscendolo come ultima speranza per l'italia, acciocché diventasse primo ministro con una manovra avvolgente e hashtag azzeccati [che gli si ritorceranno contro, quando passerà anche lui].

io non l'ho mai plaudito, non ho mai pensato fosse l'ultima speranza, non fosse per il rispetto alle nazioni con decisamente meno speranza della nostra. non ci scrivevo da un po', anche per il semplice fatto pensavo non fossero 'ste grandi idee che mi frullavano nella testa, anche lì logorroicamente. ora ci scrivo invece sopra. non sono convinto siano 'ste grandi idee, ma sono comunque le mie, e quindi io lo faccio: foss'anche fossi come l'ultimo giapponese che sta sull'isoletta. occhei, è ancora tutto molto logorroico. ma c'è dietro quasi una specie di flusso di idee, che ha un vago sapore autoterapico. ci scrivo di nuovo sopra. senza che siano psicopippe più o meno contumeliche, bensì qualcosa che sta fuori di me, per quanto mi faccia incazzare. e non credo sia del tutto scorrelato a quanto accaduto poche sere fa. il giorno iniziato in un modo, financo amaro, mentre la sera, davanti ad una birra - articolo 18 o meno, della cui tutela non godo più da anni - ho visto un chiarore là in fondo al tunèl. quello in cui mi son trovato infilato in concomitanza del 40.8% di cui sopra. e che ora, a maggior ragione, mi fa scrivere #nonprovarafarloinnomemio[checihol'incazzofuoridaltunèl].

Wednesday, September 17, 2014

polistrumentismi [ma è solo un viaggio nella mia mente satura di minchiate]

l'applicazione mappe dello smartfòn dice che quello che vedo scorrere a pochi passi da me è il lambro. è un rigagnolo incementato, stretto quanto una corsia di una strada nemmeno troppo importante. ad occhio e croce non mi torna. il lambro sta verso est. qui siamo verso ovest. navigli a parte qualcosa non va.

però so di essere arrivato, lì all'angolo, dall'altra parte del rigagnolo incementato, che scorre verso est, da ovest che proviene. ho acceso l'applicazione mappe e mi guardo lo smartfòn per pura formalità: so dove mi trovo - nome del rigagnolo a parte - e so abbastanza dove dovrei andare. e quindi forse lo tengo in mano per riflesso condizionato, una specie di coperta di linus ex-ante. perché ora che sono arrivato devo pur entrare in questo posto che pensavo al chiuso, invece è un giardino all'aperto. scopro che lì c'era una discarica a cielo aperto, ed invece hanno riconquistato il verde che c'era sotto la discarica. e quindi leggo l'elenco delle piantumazioni, delle florodiversità. leggo tutto in una bella mappa da progettazione di giardini, scala uno a qualche-centinaia. lì accanto scorre l'olona, c'è scritto per inquadrare nella toponomastica circostanziata quel fazzolettone di verde. ecco. appunto. che sia l'olona mi torna, decisamente. continua ad essere un rigagnolo incementato, ma in quel disegno pare abbia tutt'altra dignità.

ecco. sì. i cartelli appesi, delicatamente, tra un albero e l'altro li ho letti. ora bisognerà aspettare che inizino a suonare. perché non so mica bene perché sono arrivato lì. c'era un invito ad un evento feisbuch cui sono stato invitato dalla cuggggggina. e per la seconda volta in due giorni vorrei farle la sorpresa. ed arrivare senza dirle nulla. e per la seconda volta in due giorni lei non c'è. e questa volta non risponde neppure al messaggino uotsappinico. quindi sono solo, senza sapere bene perché. o meglio: a dirla tutta trovo una sottilissima soddisfazione. sono uscito di casa senza nemmeno una titubanza. senza sincerarmi di nulla tranne dell'indirizzo e dell'orario. senza nessuna considerazioni a margine di quello che avrei potuto fare altrimenti, delle altre persone che avrei potuto invitare. ma che ovviamente non avrei invitato.

quindi son solo.

anche senza scorrere le notifiche di feisbuch mi pare che tutti gli altri siano serenamente soddisfatti, e lì a passare in compagnia una serata. io mi sento estraneo. e solo poco perché non conosco nessuno. ed è comunque abbastanza buio per non riconoscere di vista qualcuno, posto che ci sia. mi sento estraneo perché mi sembrano tutte persone che - mi son fissato - fanno cose e gli riescono, cose che sento oltremodo inattuabili per me. non c'è più nemmeno il senso di inferiorità. non c'è mai stata invidia. è proprio un senso di alterità. loro sono quelli delle istanze che sono negate a me [o mi sono negato]. tutto molto serenamente. tanto che non mi sento financo nemmeno troppo a disagio. come se tutti sapessero più o meno qual è, se non il senso, la propria condizione, e la vivessero senza particolare preoccupazione. a me spetta quella un po' solinga, ontologicamente. non butto nemmeno l'occhio alle fanciulle. tanto non sono in grado di costruire un rapporto. figurarsi mantenerlo, in senso ampio. e so che le luisnghe della fase lisergica è solo un espediente. perché passa, come le farfalline nello stomaco. e quindi c'è l'incomprensibile quotidianità: questa è la mia condizione. ma ormai mi trovo a mio agio nella mia alterità percepità, tanto che potrei esser scambiato per uno di loro. di quelli degli altri, con una vita dove riescono quelle cose lì, "normali". dove per normale bisogna intenderla con tanto, tanto, tanto, tanto rispetto. è vero son lì da solo, che giocherello col bicchiere di plastica che prima c'era dentro del vino bianco. un'altra piccola coperta di linus. ma forse non sono nemmeno l'unico, lì solo. devono esserci alcune signore, verosimilmente oltre che coeve di matreme.

poi inizia la musica.

e tutto trascolora. perché ne vengo assorbito. anche se ovviamente non ballo, e farlo su alcuni brani di pizzica è una specie di evento contro-naturale. e quindi ascolto. ascolto, provo immergermi e sintonizzarmi con il trasporto armonico-ritmico che stanno ammaestrando a seguirlo quelli sul palco. mi colpisce la vibranonista dell'altro gruppo, quello che osa delle belle sintesi sincritche tra musica popolare meridionale [d'italia] e sonorità e modi di quella della madre africa [centro, centralissima, quella nera, da dove un po' veniamo tutti. razzistixenofobidimmmmmerda compresi]. è il gruppo che osa. la vibravonista esegue e suona, dalle retrovie, peraltro: non so quanto osi lei, però saranno i capelli un po' ricci, e non fa nulla se non è proprio giovanegiovanissima. tanto posso solo osservarla con il distacco rassegnato della mia alterità. scoprirò più tardi che probabilmente la cugggggina la conosce. perché è tutto un grosso paesone questo qui, in questi contesti.

ecco. per fortuna che c'è stata la musica. forse è per quello che ci sono andato. per ascoltarla, con involontario richiamo dell'esecuzioni dal vero. e a dirla tutta il post voleva essere sui pensieri guardando quelli che suonavano. poi è uscito diverso, il post. più o meno come tutto quello che pensavo dovesse venire in questo punto di questa situazione, dove alla fine vivo, con la serena rassegnazione, questa condizione di alterità.

stop.

Sunday, September 14, 2014

post lamentoso, e sulla personalissima azione finalistica, in quanto essere vivente [e ben sapendo che sto mischiando i piani]

il progetto dà ragione dell'essere e l'essere ha senso soltanto in virtù del suo progetto. [pag 36]

questo è un chiasmo. ed è un chiasmo filosofante. quindi mi richiamerebbe financo la canzoncina che mi sono sentito l'altro pomeriggio. tecnicamente spararsi una succulente discografia del cantautore di pavana, trasversale negli anni della produzione, è un modo sui generis di tirarsi su il morale. o qualcosa che gli si approssima. difatti non è che abbia funzionato sto granché. però, in compenso, ho ascoltato delle gran belle canzoni.

teleonomicamente non ci sto capendo un cazzo. e uso un avverbio, che forse non esiste, e lo uso in maniera brandente. solo che sto leggendo questo libercolo che non è molto romanzato. difatti rileggo tre volte ogni periodo. e anche così probabilmente non ci sto capendo molto più che un cazzo.

per dirla tutta la teleonomia del libro è qualcosa di più alto e generico della mia, decisamente più personalissima ed ombelicalicissima. però è stato ed è un rientro complicato nella città. perché di colpo mi sono trovato nell'inazione e nell'incartamento di quarantacinque giorni fa. io mi son pure illuso che bastasse il fatidico ed operoso mese d'agosto per ricominciare. ma se ha funzionato una paio d'anni fa, non è che sia sempre una festa ricominciante. in compenso:
  • sono passati due anni rispetto a quel ripartente mese d'agosto;
  • sono passati quarantacinque giorni da quando mi sentivo inattivo e incartato prima di lasciar la città;
  • ci son circa due metri quadrati in più, piastrellati in maniera sui generis ed involontariamente supponenti, dal punto di vista artigiano, nel bagno di matreme.
quindi sono di nuovo qui, piccolo-teleonomicamente allo sbando, piccolo-revanscista compulsivamente dal punto di vista pre-aziendale, più o meno intento a costruire su macerie e mantenermi vivo. visto che a 'sto punto non posso non farla un'altra citazione delle canzoni di sabato pomeriggio.

per quanto so, con serena consapevolezza, che le mie son macerie piccole, da dilettante dell'esistenza che pare essere buttata nel cesso. però, appunto, son le mie. e nella mia mediocrità bastano per soverchiarmi, acciocché fatichi ad aver voglia di mantenermi vivo. per intenderla come citazione, ovvio.

nulla di particolarmente nuovo. appunto. a parte le miGlioni di ore passate a smoccolarci sopra. che sono passate, appunto. andate. e non torneranno più. mentre io continuerò nella mia noiosissima lamentazione. magari è financo questa la mia teleonomia.

[per il momento, accidenti guarda che scelta di vita, ho deciso che non "userò" quel cazzo di feisbuch. perderò un po' di spunti dell'amico itsoh, peccato. lo controllerò giusto per verificare se qualcuno si mette in contatto o interagisce con me, su quel canale soscial. la vita di tutti gli altri mi sembra così più [insopportabilmente] interessante. non è così, lo so. ma così la percepisco. perché avvelenarmi il sangue, per quanto solo a causa di me solo medesimo?]

[ed a proposito: certo che ne avete di gran voglia di buttar il tempo ad interloquirmi e seguire i miei deliri falliti]

Monday, September 8, 2014

homo artigianicus, stocazzo/2 - le speculazioni psicopipponiche

vero.

non ce la faccio.

a inibire le considerazioni psicopipponiche intendo. e quindi qualcuna me n'è scappata, durante la nevrosi artigiana di quest'anno, di cui il post precedente. e quindi, appunto, l'appunto a latere. un po' di spunti speculativi de noartri. per punti, che si legge meglio e forse il post viene meno logorroico.

  • la tesi del "volere è potere" mi è sempre suonata stridevolmente fascio. però, lo ammetto, reca come principio attivo uno spunto construens insopprimibile. che provo a riadattare. e verrebbe fuori una cosa del tipo: mettici della buona volontà, dei filmati di youtube del tipo "come si posano le piastrelle", capacità di farsi un po' di culo e fatica, e qualcosa viene fuori. al limite viene al di qua dell'ossessione perfezionistica. ma viene. [per quanto "volere è potere" è decisamente più coincisa. ma si sa, l'approccio fascio vuole concetti succinti e decisi];
  • come corollario del punto precedente, magari non troppo succinto. forse compenso l'inesperienza artigiana con la capacità di "sopportare" un certo stress fisico ed emotivo. figurativamente riesco a lavorare come il classico mulo. peraltro, di nuovo, forse è grazie a questo che alcuni lavori con l'aziendina in via di cappottazione son venuti fuori facendo le classiche nozze coi classici fichi secchi. perché [tra l'altro] mi sono fatto un culo tanto. il problema è che si è in via di cappotazione e mi rimane giusto il classico pugno di mosche;
  • in quanto più o meno legati al paradigma dell'uomo materico, tutto ciò che produce qualcosa di sostanzialmente, appunto, materiale è più apprezzato e apprezzabile dal punto di vista monetario di ciò che è etereo, immaeteriale, celebrale, di pensiero. questo significa che con le psicopippe difficilmente si riesce a sopravvivere. a meno che non ci si riesca ad infilare in talune situazioni massmediatiche. è che per entrarvicisi ci vuole una certa dose di culo [figurato e [forse] anatomico], pragmaticità self-marchettistica, sufficiente autostima, ed un buon agente. tecnicamente avrei giusto l'agente, in potenza. dubito sia sufficiente;
  • corollario dle punto precedente: a sistemare il sifon del cesso all'idraulico non fa strano di possano pagare onorari di parecchie diecine di eurI all'ora. pubblicare in maniera rigorosa sul gueb, al limite lo chiedo all'amico del compagno di calcetto del collega del vicino di condominio del padrino di cresima del nipote della compagna del figlio di mio cuggggggino. ci pensa lui. non pubblica in maniera rigorosa? eccchiccazzosenefotte. è solo una cosa eterea pubblicata sul gueb;
  • l'artigiano che ha imparato l'arte e l'ha messa da parte impiega un terzo del tempo, con meno materiale e - precipuamente - sporca di meno. però se la nevrosi artigiana la si esplica a casa propria le cose, inevitabilmente, si vorrebbero far in maniera ossessivamente perfezionistica;
  • i concetti di bolla [nel senso di mettere in una supercie] e di squadra [nel senso di farvi convenire ortogonalmente due "fronti" che si incrociano] sono qualcosa che - ho il vago sentore - sono installati in maniera antropologicamente un po' fondante. anche per il fatto che debbono parteciparvi - stando in bolla ed in squadra - tutti gli elementi. così si è sicuri che i muri vengono su dritti e dagli spigoli formati da una continuità di testata d'angolo [concetto peraltro citato financo nei salmi. non che i salmi raccontino una qualche verità più o meno assoluta, ci mancherebbe. però è interessante, di nuovo, dal punto di vista antropolgico, seppur de noartri];
  • le fughe coprono un sacco di storture. [tutto si può leggere polisemicamente, e funziona che è un piacere. tipo che è un'affermazione in bolla ed in squadra];
  • l'animo e la componente speculativo-psicopipponico mi pervade più di quella
  •  artigiano-materico. tanto che quando tiro su muretti [più o meno in bolla ed in squadra] inevitabilmente speculo psicopipponicamente. mentre quando precipuamente speculo psicopipponicamente non riesco a tirar su un muretti [a prescindere da quanto volessi farlo in bolla ed in squadra];
  • tendo ad andar lungo. sie nell'esecuzioni materiche. sia nei riassunti nevrotico-psicopippnico.
appunto.

Saturday, September 6, 2014

homo artigianicus, stocazzo

anche in quest'estate ho dato. la compulsione di tipo artiginale, intendo.

un paio d'anni fa ho eradicato, derovizzato, sfoltito, tagliato, hard-gardenizzato. estate molto calda, e per certi aspetti bollente. sono in parte un po' rinato, mentre riducevo l'entropia di quella cosa fuori casa-hometown che non è più giardino, ma non ancora compiutamente bosco. [che poi il giardino che va per i cazzi suoi è sempre l'esempio che si fa per raccontare dell'entropia che aumenta, come enunciato dal secondo teorema della termodinamica. io, tecnicamente la riducevo. ovviamente il conto globale entropico era il cazzo di calore corporeo che mi squagliava sudoriferamente. che [mi] faceva un po' maschio che ha da puzzà. però, visto che l'epos maschile dovevo ricostruire, tra l'altro, tutto faceva gioco]. cane, da poco giunto, sempre accanto, a volte pure troppo col timore di zappare pezzi di terra e radici, unicamente a una qualche parte sua. e grandissime psicopippe e musica mentre mi occupavo di quello. psicopippe poi riportate in appositi post.

lo scorso anno ho tinteggiato. solo che il lavoro ha cominciato a non essere più solo stanchevolissimo rilassamento endorfinico, come l'estate precedente. ma l'ossessione di far la cosa originale, e financo curato nel dettaglio. a partire dall'accoppiata glicine-albicocca, con tanto di filetti a bordare il lato colorato. faceva, sì, meno caldo. ho lavorato su porzioni grandi, molto più grandi di quel che immaginavo. ho sottodimensionato lo sforzo necessario. mi son trovato solo e solo l'ho svangata. solo con la forza dei nervi. anche se risaputo che i nervi non hanno forza da soli [dai, quasi ne vien fuori un chiasmo interessante]. l'ho svangata nonostante la perfezione, nemica del buono, si è ben guardata di far capo dentro la casa-hometown. l'ho svangata colla certezza l'occhio mi sarebbe caduto inevitabilmente lì, dove il difettuccio si era pittorescamente manifestato. cosa che non è mai verificata, peraltro. cane, ingrassato, sempre accanto con un paio di baffi di vernice sul muso. tanta musica, iniziando sempre con una canzone precisa. qualche psicopippa, soprattutto meno ficcante - pensavo - per quanto finita sugli appositi post.

quest'anno ho costruito un muretto, sul piatto doccia. sono stato amichevolmente irretito avrei potuto farlo io. e che ce vo. "usa il gas-beton, vien su facile". "poi metti le piastrelle, avranno mica la scienza infusa i piastrellisti". "potresti farlo con questa geometria". dal punto di vista entropico avrei contribuito, ovvio. con le scintille che ogni tanto si verificavano nella prima parte di de-piastrellamento dell'esistente, quando sai che data la prima botta con la punta del mazzotto devi arrivare alla fine, con le piastrelle fugate e lo sporco dello stuco in eccesso lavato via. oltre che con la sorpresa di matreme - è il suo bagno, quello - al ritorno dal mare. alla paraculaggine a chiedere gli attrezzi un po' a chiunque. a tutto il karma che ho scomodato. è un'estate quasi fredda. di un anno tossicchiante di soddisfazioni e di speranze. ho fatto una cosa dentro la casa-hometown. uno sforzo in un metro quadro, contornato da piastrelle rosso-marrone-mattone, molto primi anni '80 a contornarmi. in mezzo alla polvere, a far quello che mai avrei immaginato: livella, colla per il calcestruzzo cellulare [volgarmente, appunto, detto gas-beton], piastrelle, misure, fresa grande, fresa piccola, amico incasinato che mi irretisce che posso farlo e e poi fa - sacrosantemente - i cazzi suoi ed io rimago col pisello un po' in mano, ma per fortuna continua a prestarmi attrezzi, macchina per tagliar piastrelle che ho cercato sul sito del produttore come cazzdo funziona, video per capire come far quello e quella operazione, prime piastrelle posate e quasi imbarzottito dal fatto fosse caduto un po' di sporco, ultime piastrelle posate dalle forme e dimensioni baroccheggianti e manate e ditteggiature di colla ovunque. è stato faticosissimo, lunghissimo, stressantissimo: volevo finire acciocché matreme entrasse nel suo bagno e trovasse quello che voleva fare e che non pensava avrebbe trovato, ma ci avrebbe pensato un muratore, dopo che il primo ci ha bidonato per due volte. è stato qualcosa che son riuscito a non farmi schiacciar troppo dalle mie ossessioni perfezionistiche. un po' anche perché dopo aver tagliato per quattro volte la stessa piastrella, pensi che va comunque bene così, e tanto poi manca anora la fuga a coprire i difettucci. è stata la cosa materica più complicata abbia fatto, ben lontano dalle operazioni e paradigmi dell'hard-gardening. è stata un'involontaria supponenza artigiana, quanto meno per una prima volta, peraltro complicazione che si è rivelata inutile: matreme lo immaginava decisamente più semplice. il cane, sempre più incollato ai piedi, inzaccherato di polvere rosso-mattone e probabilmente disturbato dalle frequenze ultra-soniche della fresa che modellava le piastrelle. niente musica. praticamente nessuna psicopippa., tanto che il post è una psicopippa ex-post. ma non sento le gudvaibrescion di quando accade durtante l'attività lavoratoria, ed il post mi si compone in mente, come dovessi semplicemente leggerlo. niente di tutto ciò, a 'sto giro. e mai come a 'sto giro avevo fatto niente di tutto ciò [azz, un altro chiaso. uau].

insomma. anche quest'anno è andata, pagato il fio al sussulto artigianus. ancora una volta ho [ri-]capito che là dove manca l'esperienza, compenso con il lavoro da mulo. nel senso che spremo polmoni, ghiandole sudorifere, articolazioni per venirne a capo. possibilmente con un lavoro che da quando è finito non titilli la mia ossessione perfezionistica nel fare qualcosa, ma forse mica solo in quello.

unica speculazione, a 'sto giro, dove ho costruito, con poco caldo e poca musica, non è stato piacevole dal punto di vista endorfinico, ma più che altro una sottile forma d'anZia, dove non riesco ad apprezzare appieno il risultato, non foss'altro perché sta chiuso ner cesso ed è lì, in un angolo doccioso.

però va bene così ugualmente.

torno - al momento, fino ad eventuale svolta - al codice più o meno webbistico. e pensare che, iperbolicamente [ma fino ad un certo punto] pure questo ha un'anima artigiana.

i post, come in tutto questo blogggghe del resto, non riescono a venir succinti. deve essere una questione di bloggggghe.