Tuesday, November 18, 2014

le fontane, la disperazione, l'ottimismo


questa è una fontana. a parte la forma un po' sui generis, parrebbe una fontana come miGlioni di altre.

poi ci sono le valenze riverberanti dei simboli, che usano come appiglio fenomenologico alcuni oggetti, cosicché questi trascendano dalla mera realizzazione e percezione sensibile. smettono di essere cose, per quanto finemente manufatte, ed acquisiscono un portato che va ben oltre.

questa fontana è stata posata, di notte, il diciottodinovembre di qualche anno fa. ad essere precisi sei anni fa. in sei anni succedono miGlioni di cose, un po' come il mondo che, in fondo, non è più lo stesso di allora. così come il mondo, nel mio piccolo punto angoloso, si è un po' ribaltato nove anni fa. più o meno in questi giorni.

ieri, proprio ieri, matreme, che è una tecnologa epppppol-soscial-addicted, ha pubblicato una foto di mio padre su feisbuch. in quella foto è ritratto alla somma di una vetta, quota quasiquattromila, suona la grancassa, duetre anni prima che se ne andasse. quando l'ho vista con tutti i commenti un po' mielosi dei soscialamici, ho provato un po' di imbarazzata vergogna. peraltro già le avevo condiviso la mia riservata perplessità a pubblicar quel genere di foto con quel genere di commenti in quelle ricorrenze. mi ha ribadito, sacrosantamente, di non condivedere quel mio punto di vista. e ci mancherebbe.

poi ci ho ripensato. e ho constatato che in fondo lo faccio pure io. con le mie snobbissime differenze un po' diamesiche, diastratiche, diafasiche. perché di post che raccontino quel punto angoloso ne ho scritti, eccome. e cambia poco lo abbia fatto da dietro un nicccche, e filtri per sfinimento i miei fruitori, pazientissimi.

cosa c'entra tutto questo con quella fontana? c'entra.

anche perché si porta dietro una storia bellissima, a mio parere. talmente bella che tornai apposta da milano per esserci quando venne posata, di notte, a mo' di sorpresa e di omaggio alla popolazione dell'hometown. riparava un torto che l'hometown aveva subito. qualcuno di notte, anni prima, l'aveva rubata, verosimilmente su commissione. qualcuno di notte l'ha rimessa. una copia, ovvio, manufatta utilizzando il marmo rosa di candoglia, come l'originale rubata. per chi non lo sapesse è il marmo con cui è fatto il duomo di milano, la cava viene coltivata solo per le manutenzioni della cattedrale: materiale preziosissimo, ormai.

chi l'ha realizzata è riuscito a recuperarne un metro cubo - i preti, grandissimi maneggioni - proprio per rifare quella fontana. e posarla il diciottodinovembre. per dedicarla a colui che se n'era andato quel giorno qualche anno prima. un prete del santuario lì accanto. uno dei pochi preti di cui ho un ricordo bello, un vero pastore. emozione e condivisione con l'artigiano-artista, piuttosto scettico pure lui in ambito religioso. poi c'è la memoria delle persone, preti o meno, che ci precedono. il diciottonovembre, per caso, è anche il giorno dei funerali di mio padre. e la persona che l'ha pensata e realizzata mi disse, quando glielo feci notare, che in fondo abbiamo già vissuto nel calendario il giorno in cui ce ne andremo, e il giorno in cui ci faranno il funerale. mi è sembrata un qualcosa di financo rassicurante.

e quindi un po' la sento anche mia, quella fontana. quanto meno il valore simbolico che si porta dietro. il ricordo di quel funerale, che fu una testimonianza importante della hometown a mio padre. il materiale con cui è fatta, nel mio campananilismo meneghino, che significa un sacco di altre cose. il dono, per rifondare un danno. che a provocarlo, il danno, ci vuol poco, e ne gode asfitticamente uno solo. per rimediare ci vuole molto più lavoro, ma ne godono un po' tutti: soprattutto se lo si desidera, e se ne si è consapevoli. istanze, peraltro, accessibili a tutti.

il construens declinato per il noi, che parte dai punti angolosi. il disperato ottimismo. cosa che, accidenti, a mio padre non mancava mai, per una ragione che giorno dopo giorno provo a sintetizzare a mio modo. nella mia peculiare differenza rispetto a lui.

nel caso ci scrissi un articoletto, sei anni fa, pubblicato  nella rivistina locale. non racconta molto di più di questo sbrodolosissimo post. però mi piaceva condivedere pure questo. è qui.

2 comments:

Unknown said...

I punti in geometria sono entità adimensionali, quindi escludo che possano essere angolosi. Sono le difficoltà del presente a farceli percepire come tali, prima che poi la memoria li spiani i linee tonde.
In ortografia invece i punti si mettono sulle i, che poi è un modo per rimettere le cose al loro posto. O le fontane dove stavano.
E bere quando si ha sete.

odisseando said...

il punto angoloso è quel punto dove derivata prima destra non coincide con la derivata prima sinistra. è in quel punto, adimesionale, che si consuma lo iato [in senso figurato e non linguistico].
a volte è financo un'epifania, drammaticamente positiva. il punto si cui scaturisce qualcosa.
poi arriveranno tutti i puntini sulle ì a definir meglio. si possono financo condividere, le migliori definizioni, dico.