Saturday, November 14, 2015

allons enfants

una volta avrei scritto di getto qualche considerazione. il mio personalissimo punto di vista blogghico, come una specie di riflesso pavloviano.

ma i tempi sono cambiati. non so se è il solito rapporto conflittuale con l'autostima. oppure se è proprio il contrario, non avendo [più?] questa inevitabile necessità di struttuare il mio io, il mio essere. operazione che è passata anche attraverso il blogghe, soprattutto quello tutto sommato affollato di libero.

qui si è di meno. forse vado per sintesi sottrattiva all'essenziale. e certe cose non è nemmeno necessario scriverle.

o forse [anche] c'è l'effetto megafonico-mediatico del feisbuch. ed ho letto cose e controcose. per quanto percepissi il mio stesso smarrito sgomento, anche dietro post che ti lasciano soltanto in bocca il "bah...".

me ne sono stato molto zitto. ho ascoltato. ho voluto esser insieme ad altri. sono andato al consolato francese. zitto. senza nemmeno indagar troppo del fatto - che ne so - sia successo più o meno la stessa cosa a beirut qualche giorno fa [non so nemmeno quando, non so nemmeno quanti morti, non so nemmeno bene come] e praticamente nessuno ne ha parlato, né tanto meno sono andato al consolato libanese. questa è un'altra cosa, più fondante, lo sappiamo tutti. non mi va nemmeno si scriverlo. sono già troppe le parole. e se lo dice un potenziale logorroico come me.

poi però ho pensato a due cose. che mi piaceva lasciar tracciate qui dentro.

la prima è che ci salverà la bellezza. e la curiosità instancabile che la bellezza instilla. e la conoscenza - per quanto sempre parziale e limitata - che la curiosità determina. quindi, tanto per cambiare, ci vuole la bellezza. anche a questo ho pensato andando oggi in brera: dopo l'esser stato assieme ad altri, dopo esser andato al consolato. ci sono andato per il mio "discepoli in emmaus". che è il quadro che forse più di tutti, lì dentro, mi toglie il fiato. era previsto ci andassi. esserci stato proprio oggi ha un valore ancora più intenso. quasi salvifico, o quanto meno rasserenante. che dona levità.

la seconda è sulle contrapposizioni. qui non si tratta di scontro di civiltà. non si tratta di scontro di religioni. non si tratta di scontro tra laicità e chi bestemmia una religione uccidendo in nome di un dio. questo è lo scontro, la contrapposizione tra chi ha perso la propria umanità, e chi ce l'ha ancora, come inestirpabile valore fondante. nonostante le piccolezza, gli egoismi, i limiti, le ignoranze che ci contraddistinguono. insomma: tra chi ha smesso di essere umano contro chi continua a volerlo rimanere, perché non può fare altrimenti.

e dovessimo metterci una, due, dieci, cento vite, allons enfants, vinciamo noi.

Thursday, November 12, 2015

post viburnesco, o viburniano, o viburunico [sulle meraviglie del sistema morfologio-derivazionale]

scrivere un post per la vibù fa un po' venire l'ansia da prestazione. perché in fondo uno desiderebbe far del meglio del proprio meglio. non che non siano importanti anche gli altri, e ci mancherebbe. però la vibù è la vibù e tal rimarrà sempre. qualunque cosa succeda. anche dopo il terzo caffè, per dire.

mi par di sentirla. che la storia dell'anzia da prestazione è una minchiata e che con lei non la devo provare. e so che in tutto questo lei ha perfettamente ragione. però poi ci sono le emozioni, che dopo una certa soglia non sai più contenere, e sprizzano lontane.

però appunto mi piacerebbe trovar quella stilla, con accanto il tipo di emozione che regala il veder baluginare le lucciole. tirar fuori dal cilindro quella cosa che lakovkianamente le faccia flettere un qualche termine, sfruttando i vantaggi della morfologia derivazionale. una specie di cuuuppdddeteattrrr che non t'aspetti tipo: guarda là, vvvrrrramm, esci il mazzo figurato di rose [bianche, che noi siamo atarassici]. talmente figurato che può essere una cosa del tipo il perclorato, che a dirlo così pare una cosa da due soldi, ma ci puoi scoprire l'acqua su marte.

poi è vero. ogni tanto noi due si scazza. a volte ha ragione lei. a volte ho torto io. quasi sempre c'è una specie di deriva logica, che assume i connotati più strani e fantasiosi. ora non me ne vengono in mente di precisi e circostanziati. ma dovessi dire una da iperbole logica potrebbe essere una cosa del tipo: io che mi innamoro contemporaneamente di due donne.

a volte si discute di politica, e quando non siamo del tutto d'accordo sul fine pensiero di questo o quest'altro, eminente stratega della sinistra, il disappunto che ne esce può essere, al massimo, un "bah! [nome-del-politico-che-non-ha-convinto-particolarmente-da-scegliersi-all-uopo]".

a volte ci troviamo in luoghi diversi, metaforicamente o meno. un po' perché - diciamolo, suvvia - non si intende perfettamente di logistica. quindi ci vuol peraltro poco acciocché possa accadere: basta contar male le fermate di un autobussse [al netto della deissi spaziale], oppure finire in un qualche postaccio dimmmerda perché si è sul marciapiede sbagliato della stazione, oppure che fa troppo caldo appena fuori venezia, nel bollentissimo luglio lavorativo quando manca un collega al lavoro e proprio non si riesce ad andarci [ed al netto di tutto, venezia non è in cima alla lista dei miei desiderata. sono diversamente romantico. e poi noi si continua ad essere atarassici].

in ogni caso alla vibù io voglio molto bene. e chi se ne fotte se un sistema antimeritocratico non ha [ancora] capito quanto brava è. o non abbia l'onesta di riconoscerlo appieno. io sono convinto che è solo questione di tempo. e comunque non è che gliene vorrò di più quando anche quel sistema antimeritocratico la punzonerà colla medaglietta che altresì si merita. faccio solo presente, a chi farà la punzonatura, di non approfittarne: non ditelo a nessuno ma di sottecchi una volta mi è pure parso di notare che la vibù ha due bellissimi seni. ma in quanto atarassici la mia è una considerazione meramente estetica, per giunta pre-raffaellitica.

la vibù sa cose di me che sanno in pochi altri. anche perché la viburna è una che rende facile questa cosa qui: sarà una questione di empatia, o giù di lì. credo che di più sappia al limite odg, ma lei la pago - odg, non la vibù. però proprio perché ne sa quasi tanto quanto odg sa anche parecchio di molto altro. e sa come combinarlo in maniera importante: con l'intelligenza, la sensibilità e la logica che la contraddistingue. a volte la logica sminchia un po', ma ci sarebbe da dire: per fortuna. tipo per come pianifica la gragnuola di bozzi - figurati - ai finti-giapponesi degli oollliuuchhenniit, è da vedere: giuringiuello.

ho spesso la sensazione che lei mi abbia dato più di quanto sia riuscito a darle io. [sempre se abbia senso chiederselo, e anche se non credo valga la spiegazione che dei due, quella intelligente, è lei]. mi sono chiesto più volte che sarebbe stata la mia esistenza senza la vibù. come quella di tutti, ovvio. non ci provo nemmeno più di tanto a immaginarmela. perché il tempo - purtroppo - è quello che rimane del poco. ed ha senso viverlo nel hic et nunc del fatto c'è. e ci sarà comunque sempre. checccchenedica il quarto - eventuale - caffè.

aggggggià. oggi peraltro è il suo genetliaco. la saggezza di aver persino più anni di me.

cosa resta da dire, per il momento, se non vibù: ti voglio molto bene.
[non rileggo e posto. con tutti i refusi del caso. poiché son tutti miei pure quelli...]

Monday, November 9, 2015

sulle epifanie del primo ricordo della propria esistenza [financo, a volte mi vien da pensare, con poco senso]

leggevo, sulla filovia.

"l'orgoglio di andare in quella scuola cambiò Birju. Assunse un'andatura rilassata. Quando entrava in una stanza sembrava che pendesse all'indietro. Quando si rivolgeva a me, mi guardava come se avesse di fronte qualcuno di sorprendentemente stupido"

il fatto è che mi si è spalancata di fronte la cosa, come se mio fratello avesse potuto scrivere questo di me. soprattutto l'ultimo periodo. e mi son sentito venir meno, oltre che sopraffatto da una commozione pentita che levati.

come se fosse venuto giù una specie di diaframma. così, sbrrrammm. all'improvviso.

non credo sia del tutto casuale, non foss'altro per il fatto che mio fratello oggi compie gli anni.

e mi è pure sovvenuto che oggi ricorre quello che, verosimilmente, è il primo ricordo ho della mia infanzia. mio padre che chiude la porta di casa, io intirizzito dal fresco della mattina, oltre che moderatamente rincoglionito dal sonno [non dicevo, né tanto meno scrivevo parolacce, ai tempi]. e poi vagamente qualcosa in ospedale, la vestaglia rossa di mia madre [ma forse questo è un ricordo mediato dalle foto], quella specie di sapone che quel bambino aveva in testa.

il problema è che mi si è scatenata dentro la gelosia del bimbo che non sarà più centro dell'attenzione. che mi ha attanagliato per anni, et anni, et anni. più ci penso e più mi convinco che sia stato già l'epifenomeno di un qualche problema di sicurezza e/o di autostima.

il problema era che oltre che geloso poiché insicuro, ero financo un po' stronzo. e questo mi ha fatto mancare un po' il fiato sulla filovia. come se mi si fosse parato di fronte tutto quel campionario di affetto condizionato, e tutto il bene che non sono stato capace di dargli. e via, via, via giù fino al mancato rapporto, sbriciolatosi millemila anni fa.

c'è voluto giusto la malattia di mio padre - esattamente dieci anni fa - per improvvisare una qualche forma di condivisione e afflato fraterno. peraltro poi lasciato andare, con ancora l'aculeo del lutto che doleva.

mi son tornate alla mente un paio di episodi dell'infanzia, dove l'ho portato a farlo piangere, quasi con soddisfazione gratuita, e nel contempo con l'intuizione stessi facendo una cosa bieca e stupida. così come quando, anni dopo, lo chiamavo "zappaterra", mentre studiava da perito agrario: ben altra cosa rispetto al mio corso elettronico. poi, figurarsi, io addirittura mi sarei pure laureato. difatti lui ora è stimato et riconosciuto fisioterapista, che ama il suo lavoro e gli riesce fottutamente bene. io sono un ingegnere frustrato, che ha inanellato una serie di pezzottatissimi tentativi di combinar qualcosa di decente. stipendi medi degli ultimi dieci anni compresi [giusto per dare un qualche addentellato materialistico].

mi ha fottuto la gelosia, dovuta all'insicurezza, oltre che la paura di perdere l'attenzione di mammmmà e del babbo [che giù sentivo meno sintonizzato sulle mie eccentriche esigenze affettive]. ed in fondo a tutto questo rimango pure convinto che lui mi abbia voluto molto più bene di quel che io sono riuscito a voler a lui. come se avessi avuto una specie di freno a mano tirato. e di ciò, sinceramente, mi sento colpevolmente dispiaciuto. aver perso un'occasione. le cose vanno e passano. le esistenze pure. la mia pare scorrere senza molto senso, in questi mesi. per quanto intuisco qualcosa si possa fare, all'uopo.

tornando a lui ed al mio rapportarmi da fratello maggiore, mi son sentito in bocca una sensazione amarissima. senza che nessuno abbia nessuna colpa, io mi sento in tremendo difetto. oltre che di aver avuto modo di esalare un'innocente stronzaggine.

sono rincasato molto scosso. ed ho riverberato pesantemente per qualche minuto. mi era pure venuto in mente di scrivere di getto un post, e di inviarglielo, come presente genetliaco assolutamente inaspettato. come se fosse inevitabile ed impellente il fatto di fargli sapere tutto quello che mi stava ciondolando dentro. ho tardato a chiamarlo al telefono per fargli gli auguri, temendo di bloccarmi con un groppo alla gola sincero, di bene strozzato, ma amarissimo.

poi l'ho fatto. la sua è stata la solita reazione di cordiale distacco atarassico. probabilmente un po' imbarazzato pure lui: serenamente e cordialmente indifferenti. come ci si è strutturati nel relazionarsi negli ultimi anni. del subbuglio che ci avevo dentro - ovviamente - non ha percepito nulla. e forse non lo saprà mai.

però intanto, il post, l'ho scritto.

Tuesday, November 3, 2015

"vedi cara" ed il problema del mio amico itsoh con alcuni cantautori italiani, tra cui guccini

[premessa: non ho riletto, sono assonnato.i refusi potrebbero vincere]

io voglio bene al mio amico itsoh. è una persona intelligente, che spesso fa considerazioni e pensieri che vorrei saper far io.

ogni tanto non sono d'accordo con lui. ultimamente capita più spesso di prima. per quanto rimanga sempre una cosa positiva: è un pungulo intellettivo interessante confutare [alcune] sue considerazioni prese di posizione. ad esempio sul nostro imperatore del consiglio. probabilmente sparerei decisamente più spesso e più veneficamente contro di lui. non lo faccio anche per rispetto al mio amico itsoh. ma non è dell'imperatore del consiglio che volevo parlare. figurarsi.

bensì di un post che l'amico itosh ha fatto qualche giorno fa, su feisbuch [lui pubblica molto. è diventato una sorta di blog centellinato. i suoi post e i suoi steitusapppdeit - che leggo sempre volentieri e he cerco tra le millemila stronzate che riempiono il mio fiiddd - sono la quintessenza postica di quelle che faceva sul suo bloggghe. anche di questo mi son chiesto: io colà pubblico poco nulla. quasi non volessi condividere urbietorbifeisbucchianamente i miei nevrotici tic logorroici. ma tenessi refusi ed esalazioni per questo luogo riservato ed un po' carbonaro]. insomma. dovreste andar sulla sua pagina feisbuch e cercare le considerazioni su "vedi cara", una canzone gucciniana non proprio degli ultimi album.

posto che a me quella canzone piace fino ad un certo punto. è pur sempre una canzone particolare, tra il risentito-melanconico del guccio. cosa che peraltro gli riesce bene. anche se, personalmente preferisco "quattro stracci" ed il suo "casta che sogna d'esser puttana".

insomma. pur sperando di non fargli torto nell'estrema sintesi di quel post, egli prende un po' a critica l'essenza musical-arrangistica di quella canzone. e ne fa sineddoche di un certo approccio essenzialistica della musica d'autore italiana di un certo periodo. metonimizzato dal guccio.

non sono del tutto d'accordo.

essenzialmente perché si esula [quasi] del tutto da un contesto. e quel contesto diventa quasi essenza. e discolarsi da quel contesto è come se deformasse il punto di vista di questo momento. pure troppo. "vedi cara" è tutto tranne che un capolavoro, a mio modo di vedere. diventa ancor meno interessante se la prendiamo - oggi, 2015 - nella registrazione di miGlioni di album fa. e non foss'altro per il fatto che nel mentre ci siamo cambiati pure noi. magari financo infighettati. che non è di per sé un problema, anzi. è che aumenta lo iato tra l'infrastruttura di quando quella canzone è stata scritta e quello che, verosimilmente, ci attendiamo oggi. e ascoltandola oggi funziona con fatica. tanto più se la canzone è tutto tranne che un capolavoro, a mio modo di vedere.

faccio qualche esempio, relative ad altre arti che l'amico itsoh conosce [meglio di me].

se guardo "orizzonti di gloria" io capisco sia l'opera di un genio cinematografico. ma fatico a non trovar tremendamente più terrificamente bello "full metal jacket". ed intuisco che "eyes wide shut" è un passo ulteriore di uno che era già genio 45 anni prima, ma con 45 anni di esperienza lo è con 45 anni di affinamento. come si affina la grappa nelle botti di rovere [?].

e non solo.

l'evoluzione complessiva delle cinematografia mi ha abituato a gustarmi alcune cose. si diventa di palati sempre più fini. la tecnica evolve. e quindi mi aspetto declinazioni sempre più raffinate della genialità, che pesca a piene mani da questo.

"vedi cara" ha un arrangiamento che fa cacare. perché allora, in quel periodo, quel particolare mainstream di maniera badava ad un'essenzialità esagerata. forse reazione ai barocchismi del sistema dello status quo. d'altro canto la contro-reazione anni ottanta rimpinza come foie gras di suoni plasticosi e neo-barocchi quel che si produceva.  un po' perché bisognava prender le misure degli strumenti sintetici da usare. un po' per distaccarsi dalla spartaneria - financo bruttina, suvvia - dell'eskimo per arrivar lunghi alle camicie con le spalline pompose, i ginz rivoltati e pomposità kitch similari.

e poi, non dimentichiamocelo, si cambia. se penso alla venerazione che avevo per quel paraculo di fazio, fino a nemmeno un lustro fa - nevrosi per la sua autrice a parte. se penso a certi abbagli politico-intellettuali che mi son preso fino all'altro ieri. se penso ai piedistalli su cui ho innalzato persone e cose. e forse anche l'impellente necessità di scrivere su millemilaminchiate. da qui millemila post.

ora, personalmente, vado per riduzionismo. e, nemmeno troppo paradossalmente, sto andando verso una [temporanea] essenza. per quanto molto più raffinata, di nuovo come fosse una specie di barrique esistenziale. certo, mica cambia per forza tutto. alcune idee, alcune intuizioni, alcune cinestesie, alcune amicizie, alcune esigenze, si rinnovano periodicamente per scoprirsi sempre le medesime. così come alcune idiosincrasie [tipo per un certo modo di intendere la politica e la premiership], ovvio.

tra le costanti rinnovate sono c'è l'amico itsoh, ovvio. anche se alcuni suoi politici mi fanno decisamenre dubitare.

oppure altre cose. che ne so, ad esempio, "il pescatore" fatta con la sola chitarra in versione originale ha la sua medesima pelle d'oca. ma con l'arrangiamento pfm - 35 anni e non sentirli - è pure più fica.