Tuesday, June 21, 2016

nozze d'argento [con la compulsione] [e con finale un po' patetico]

venticinque anni fa davo lo scritto di analisiuno.
avrei dato l'orale qualche giorno dopo, indossando calzoncini corti, piuttosto inguardabili. la professoressa vedendomi avvicinare alla cattedra dopo avermi chiamato esclamò: "che bei brrrrragotti!" [la 'rrrrrrr' è perché aveva una erre decisamente arrotata].

comunque.
lo scritto di analisiuno.
quel giorno iniziò la compulsione più importante sia riuscito a vivere - o la più soffocante da cui mi sia fatto inibire [o castrare].

naturalmente il tutto stava montando da tempo. e poi deflagrò da sotto il culo. il giorno dello scritto di analisiuno, appunto. una cosa da [pseudo]innamoramento ossessivo compulsivo. che c'era 'sta regazzetta graziosetta, cui pensavo di suscitare [quantomeno] stima. e che poi si sarebbe innamorata, e quindi ci saremmo sposati e poi la storia dei figli e cose così. naturalmente tutto nella mia testa di fantasioso para-romantico. che ero ancora molto bagatello ed ingenuotto. l'unica cosa che azzeccai era la stima da parte sua. però nel mood della pina di fantozzi, che quando lui le chiede: ma tu mi ami, lei risponde: diciamo che ti stimo. la declinazione che mi capitò fu che, per anni, dopo i suoi duedipicche io mi allontanavo un po'. e poi lei mi rammentava la sua stima. ed io ci ricascavo. convinto che lei avesse finalmente cambiato idea. e che si fosse innamorata [possibilmente di me]. era insomma arrivata la volta buona. e invece arrivava puntuale il duedipicche successivo.

e via, compulsivossessivamente, di questo passo per anni. troppi. roba che mi si sono rinsecchiti i maròni, ad aspettare una cosa che non sarebbe mai arrivata. nemmeno [o soprattutto] durante versione cinica-edonistica-lattttrinesca del: ti prendo senza sentimento, nel mentre ti strizzo le tette e poi ti abbandono con te che ti rendi conto - ormai in ritardo - di tutto quello che hai lasciato andare in questi anni. era un modo per evitare di raccontarsi lo pseudoinnamoramento che era tornato ancora, per quella che sarebbe stata l'ultima volta. e invece era l'ultima manifestazione - mascherata da cinismo - di quella cosa che pensavo fosse sentimento, invece era un altro epifenomeno delle mie nevrosi. in quel periodo, le solite malelingue, raccontavano si fosse trasformata in una spregiudicata del sesso. acchiappo discotecaro, e quel che viene viene. malelingue sicuramente. o forse una compulsione anche la sua. ovviamente io sarei stato l'ultima persona con cui acclararla.

cercavo di costituire, irrobustire il mio sé erotico. ed invece incappavo in coazioni a ripetere da timido impacciato. con tutti i riverberi che poi questo avrebbe continuato a produrre. una mezza sega, insomma.

finì, specificatamente con lei, un giorno di tardo-inverno/inizio-primavera/quasi-estate. ho rimosso la data. la stavo chiamando con il telefono del collega che poteva contattare anche i cellulari. a metà del numero posai, illuminato, il ricevitore. basta! - mi dissi. senza preavviso: un momento sei lì a recitare la personale parte di servo della gleba, e un attimo dopo sei libero da quella specie di giogo che ti sei messo financo da solo.

negli anni a venire son tornato meno spesso su quel tipo di compulsione. e per fortuna. l'impaccio e la sensazione di non essere all'altezza mi fanno - tutto sommato - ancora piuttosto compagnia. anche se le cose col tempo sono sensibilmente migliorate.

peccato per il tempo impiegato, buttato. ce ne ho messo tanto, troppo. perso un sacco di altre occasioni: che probabilmente mi avrebbero portato a storie che lancinatamente sarebbero finite. oppure freddamente si sarebbero cristallizzate, ingabbiate nella noia del quotidiano. come peraltro accade al 95% delle storie. l'inesorabile pancia della gaussiana della vita di coppia.

ma oramai un po' tutto è andato. e il pensare son già passati venticinque anni dà una specie di brivido. una vertigine. di come siano, da un certo punto di vista, volati. e dall'altro di come si siano consumati, come una sigaretta accesa - lasciata lì, dimenticata - che piano piano brucia il tabacco, che diventa cenere. fumati, appunto. [img. l'ultima sigaretta del condannato].

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