Sunday, January 22, 2017

saviano e la pizza

ho impastato la pizza.
e mi è venuto in mente saviano, e la sua paranza dei bambini. nel senso dell'ultimo libro. supervendutisssssssimo, ovvio.
ero piuttosto curioso di leggerlo. volevo metterci il muso dentro e farmi un'idea della sua sfida con la scrittura creativa. a 'sto giro ha vinto, e piuttosto di brutto, la scrittura creativa. dire che mi abbia convinto poco è un gentile eufemismo. non che mi aspettassi chisssssàcccche. uno degli editor del libro aveva lasciato trapelare - mooooolto tra le righe ed in un contesto didattico - fosse pregno di difetti nei fondamentali.
certo, il tema è forte, intenso. quindi non è difficile essere coinvolti dalla storia. e quando il plot cattura l'attenzione si mulinano le pagine, per scoprire come si distende e come va a finire. [e non mi stupirei ci fosse una continuazione].
ma è come l'impasto della pizza quando si è appena cominciato a maneggiare con voluttà la farina, l'acqua col lievito, poi quella col sale. è spezzettatamente ancora grezzo, sotto le mani si sente qualcosa di poco liscio, parziale, incompiuto, poco plastico: grumi. ecco, sono i grumi che dicono, vai avanti a impastare, friziona, lavora, tira i lembi, riuniscili verso il centro della palla, schiaccia e continua fintanto che il tutto diviene omogeneo. ed i grumi son spariti ed eccolo lì: l'impasto.
quel romanzo è grumoso. incompiutamente grumoso, a tratti fin con un leggero fastidio. forse ha preteso un po' troppo, forse ha sbagliato le dosi, forse è partito da ingredienti eccentrici.
un sacco di grumi.
certo. le parti che son riuscite meglio sono quelle di taglio narrativo-giornalistico. che poi è quello di 'gomorra'. che è un libro minchiaminchia migliore. e non solo per il valore simbolico che ha rappresentato e rappresenta.
quindi, mentre impastavo e sentivo stemperarsi i grumi della farina, mi son venute un paio di psicopippe, al brucio, velociveloci.
che si è fatto di un ragazzo, che è divenuto simbolo con quel libro di esordio, un progetto di marketing, così ben riuscito che si acclara in un prodotto commerciale importante. e che, per quanto simbolo, è un prodotto commeciale che può produrre - savàsaannndiiirr - cose molto mediocri [poi, chiaro, uno non dimentica quanto dev'essere un cazzo dura, per lui, vivere da più di dieci anni sotto scorta, e chissà per quanto tempo ancora. quindi tantatanta stima].
che è ulteriore riprova quanto io sia stato un pirla a mitizzare persone e situazioni e contesti. per alcune persone mi fa quasi tenerezza pensare a quel me, anni fa, che prese l'abbaglio. per le situazioni e contesti, ogni tanto, mi è venuto di farlo fin quasi al parossismo. poi, nel dettaglio, non ho mai mitizzato costui, saviano dico, non foss'altro per il fatto non sia donna. ma un certo modo di proporlo e venderlo anche televisivamente sì, eccome. quindi è piuttosto probabile, in un improbabile ex-post, non mi meraviglierei scoprire che, dietro quella visione mitica, ci fosse talento savianesco fino ad un certo punto. e il grosso l'abbiano fatto altri autori, coloro che stanno dietro le scene. il fatto poi mitizzassi - come un pirla - proprio chi stava dietro le scene è il simpatico paradosso di una nevrosi che, definitivamente, spero di essermi messo alle spalle. ho dato abbastanza, quindi va bene così.


 [l'impasto: che poi, sotto, non è così tutto uniforme]

Wednesday, January 11, 2017

previsionismi, di quelli ottimistici [#mainagioia]

la butto lì. cosa succederà da qui a un-due-tre lustri al massimo [catastrofi da punti angolosi a parte, che poi mica è detto che non saranno risparmiati in futuro].

matreme che acclara il suo invecchiare, in una situazione d'umore che andrà a peggiorare [ci si è provato a metter freno a 'sta cosa. ma probabilmente non è cosa. una diecina di anni fa sarebbe stato più semplice, ma non ho avuto orecchi capace di ascoltarmi. e 'sta cosa un po' ex-post, mi fa girare i coglioni nell'ambito irrazionale, e non poco].

io che accuso sempre di più il pieno di questo carico emotivo. che verosimilmente andrà ad appesantire la complicazione del contesto.

nel contempo crescerà il giramento di coglioni irrazionale di cui sopra. per una specie di egoistico: mainagioia. giramento di coglioni che non potrà sfogarsi in nessun modo esplicito. per il semplice fatto non c'è nessuno che ne abbia abbastanza responsabilità, se non colpa. il giramento di coglioni sarà così nascosto per via dell'ambito irrazionale, e non si manifesterà.

lo iato tra il mio senso di responsabilità da carico emotivo subìto e giramento di coglioni irrazionale andrà ad allargarsi. quindi saranno tensioni interiori che mi spaccheranno sostanzialmente in due. con tutto quello che le tensioni interiori siffatte possono provocare. dalle cose laceranti in su.

le istanze laceranti incasineranno e renderanno più insopportabile il sentirmi nel divenire.

quindi il contesto si farà ancora più insoddisfacente per divenir struttura, ed il senso di fallimento che si cristallizzerà e impedirà di cambiare la cose.

insomma: come se vedessi pieno di dis-speranza il futuro, il mio futuro. di uno che ha buttato abbastanza la sua vita ner cersso.
[aggià, in tutto questo figurarsi se ci sarà mai più la possibilità fare all'ammmmmmmore. il massimo della botta di vita: pippe]

immaginate che cazzo di post contumelici ne verranno fuori. a cominciare da questo.[*]

rimarrò con un paio di lettori di quattro di adesso. oltre che sostanzialmente incazzato con l'universo.







[*][peraltro, uno dei post più nevrotici abbia mai scritto]

Saturday, January 7, 2017

per informazioni e prenotazioni passa dalla rosanna alla pro

oggi se n'è andata un pezzo del paesino hometown.
sono cose che capitano, ogni tanto, nelle hometown. certo, lavorare per oltre quarantanni nell'ufficio turistico di un paesino a vocazione turistica, che conta trecentomila pernottamenti in un anno, di gente te ne fa incrociare. ma non basta. c'era dell'altro, ed è per quest'altro che quando se ne va una come la rosy tutta la hometown, e la sua comunità, perde qualcuno che non potevi non conoscere. e, in un certo modo, volere bene.
ogni tanto capita, appunto.

era tutto sommato ancora giovane, per andarsene portata via dalla recidiva che l'ha divorata dentro piuttosto in fretta. non ricordo quando l'ho vista l'ultima volta. sicuramente dopo aver saputo che qualcosa aveva ricominciato a divorarla. sicuramente l'ho vista con il volto sorridente, come la ricorderanno un po' tutti.

quelle persone che quando hai conosciuto le davi del lei. per poi crescere e avere un po' di specie a passare al tu. tanto da usare le forme interpersonali, con una qualche parafrasi nel coniugare i verbi, e rimanere nel vago.
c'era già lei quando andavo a rinnovare l'abbonamento delle corriere, dalla prima superiore in poi. con quella scrittura rotonda, elegante, femminile, raffinata.
era lei cui andavo a chiedere gli elenchi telefonici di una provincia d'italia - alla pro loco li avevano tutti - per stalkerare l'indirizzo, il numero di telefono di una qualche fanciulla che stava lontano e per cui avevo ovviamente perso il cuore. testimone inconsapevole delle mie nevrosi che già mi accompagnavano. a lei chiedevo qualche orario dei treni, aliscafi, pulmann per avvicinarmi a quegli innamoramenti nevrotici. come d'incanto compariva al banco della pro la fotocopia della pagina giusta, e lei con l'evidenziatore in mano e velocissima a segnare la riga interessata.
c'era lei al mese di marzo quando si fece il calendiario del paesino nel 1999 ("nineteenninetynine, ovvero trecentosessantacinque dì al dümila") dei personaggi tipici del borgo - avevamo appena fondato un piccolo giornalino, con pretese lisergicamente velleitarie. uscirono numeri pazzescamente variegati, e con anche cazzo articoli stralunati da fanzine universitaria. quel giornalino c'è ancora. nel frattempo i redattori di allora se ne sono andati via quasi tutti, me compreso. è diventavo una sorta di ricettacolo di piccola notiziuonoleria del paesino, con tanto di foto di gruppo dopo la sagra, la castagnata, la cena dell'associazione, la processione - La foto gliela feci io, con in mano un mappamondo gonfiabile, forse una delle più belle di quel calendiario, unica donna: la foto rubata delle turiste in spiaggia del mese di agosto era simbolica, lei che compare nel mese di marzo era perché era la rosy della pro.
quando si sale con il lanternino in mano per il monte, l'ultimo uichend di gennaio, la tappa piacevolmente obbligata era fermarsi davanti all'ufficio della pro, e suonarle tanti auguri. compiva gli anni in quel periodo. ovviamente per prenotarsi alla cena del dopo marcia si andava dalla rosanna della pro. e lei avrebbe tirato fuori la mappa dei tavoli, su cui segnare, con la sua grafia tonda ed elegante, i nomi dei prenatandi. lo si è suonata anche lo scorso anno, nessuno sapeva - nemmeno lei - sarebbe stato l'ultimo.
era tecnicamente una zitella. nella complessità delle cose della vita da sempre ha vissuto una relazione importante. colei che le è stata più vicina in questi giorni è stata la moglie del suo amante, di cui è sempre stata amica. una relazione di cui tutti sapevano, e che non ha mai provocato scalpore più di tanto, in un paese con parvenze bigotte.
sono i paradossi che accompagnano il vivere.

domani qui, nell'hometown, è festa, più che a natale - in questo posto non si venera un santo, ma un [preteso] miracolo, per chi ci crede, ovvio. però, giusto per dar la tara: puoi dichiararti ateo o agnostisco, e va bene. esprimi qualche dubbio sul miracolo, e tutta la gente del luogo che se ne sta paciosa nella pancia della gaussiana ti guarderà torva e come fossi un rejetto - Insomma, fa ancora più specie che una come la rosy se ne sia andata proprio oggi, alla vigilia, anche se è - ovviamente - un caso.
lunedì, al funerale, non ci sarò. è verosimile la chiesa sarà piena come poche altre volte. situazione già vissuta, peraltro. con alcuni capita. quando, a volte, se ne vanno dei pezzi dell'hometown. che diventano dei pezzi importanti per uno strano mescolamento di alchimie. che vai a capire il perché. o forse non è nemmeno così necessario capirlo. succede.
ecco perché non sia è potuto, questa sera, non alzare un calice ricordando la rosy.