Monday, April 30, 2018

piccola epifania post-coitale

come nella migliore tradizione giornalistica da peracottari, qual è la media dell'informazione in italia, il titolo è fuorviante. perché voleva essere sensazionalistico. ma è impreciso.
cioè.
la piccola epifania c'è stata - il periodo ne è felicemente foriero. solo che non è stata durante il momento post-coitale. bensì è relativa al momento post coitale. d'altro canto quando si è epafanizzata facevo altro. segnatamente stavo lavando i vetri della cucina. credo fossero millemila mesi non erano così puliti.
tant'è.
piccolo riassunto sul post-coito.
ho conosciuto i piaceri della carne molto, molto, molto in ritardo. c'è stato un periodo - prima, quando già era molto molto molto tardi, stando alle mie tensioni - che questo mi rappresentava un problema. strutto nella carne, mi sentivo segnato dallo stigma di una rejezione erotica. davvero, pensavo che le donne provassero un inconscio ribrezzo. stavano venendo al pettine cose. tra cui accennerò appena qui sotto.
ovviamente mi ricordo di lei, la prima. lo so che è poco garbato sottolinearlo ma, assieme all'importanza che costei mi ha rappresentato, sono state le tette più gigantesche mi siano mai capitate a tiro di bacio [in senso stretto]. di quella prima volta ricordo molti particolari [tipo quando levammo il reggiseno e le chiesi, con gli occhi sgranati di un bimbo, se potevo toccare quel benddddidio. ero timido, in quel momento ero tornato infante [nonostante tutta la teoria con cui avevo sublimato quel desiderio lancinante. quando ormai sapevo sarebbe successo con lei, in un momento di delirio da vigilia del dì di festa, mi ero addirittura segnato nella testa di chiederle del suo eventuale punto G, e nel caso di poterne avere conoscenza tattile]].
ricordo anche quando il tutto si risolse, ed arrivò il climax di quella prima memorabile penetrazione. memorabile per me, ovvio. ero talmente in una qualche dimensione frattale che capivo e non capivo del tutto cosa fosse successo. tanto meno se pure lei avesse raggiunto il suo di climax. in ogni caso lo dubito.
non ne ebbi contezza anche perché, in quel mentre, la sensazione da post-coitum mi si spalancò da sotto i piedi. e mi sentii precipitare. provai vergogna.
essssssì.
vergogna.
era appena scattato il mio personalissimo riflesso pavloviano. quello che da anni e anni mi accompagnava. perché - dubito che qualcuno abbia dubbi a riguardo - quello tecnicamente non era il mio primo post-coito. era il primo che condividevo con una donna.
sì.
insomma.
ho disperso tanto di quel seme, solingo, che avrei potuto fecondare e colonizzare esopianeti fino ai confini dell'universo noto. e forse anche oltre.
ed erano tutti post-coiti, appunto, in cui mi assaliva la vergogna. perché una qualche forma perversa di senso di peccato mi si era attecchita dentro, talmente dentro che era ormai un tutt'uno. quel senso di svuotamento - in senso lato, ovvio - che pervade le membra maschili dopo il climax era una declinazione di peccato.
nonostante fossi persona senziente, verosimilmente con intelligenza un filo sopra la media, con capacità analitiche non banali, e di potenzialità non solo dal punto di vista logico-matematico.
credo fosse legato al fatto mi sentissi in obbligo poi di confessarla, la pippa. solo che nella confessione la pippa non si esplicitava mai. erano perifrasi, circonlocuzioni, discorsi che si interrompevano, troncando il significante e lasciando andare avanti il significato. mi vergognavo. c'era qualcosa di storto, inverso, ribaltato quando provavo ad affrontare l'argomento. sentendo una qualche eco di embrione di prurigine quando l'interlocutore, capendo di aver agganciato il topic, mi invitava a proseguire.
inutile aggiungere che l'interlocutore, il confessore, era sempre la stessa. per anni.
e solo dopo anni aver chiuso l'interlocuzione ed i rapporti con costui mi è parso chiaro, lampante, autoevidente fosse innamorato di me.
anche se lascio un margine di dubbio, perché non l'ho mai saputo, né tanto meno ho avuto evidenze inequivocabili fosse così. e se è così non so nemmeno se ne abbia [mai avuto] contezza. o se il tutto è sempre rimasto un velo sotto la consapevolezza. o ha velato la sua consapevolezza.
forse, in quei momenti di confessione, era imbarazzato tanto quanto me. e il senso di vergogna era in fondo il suo. che però io percepivo come consistente al fatto in sé: la masturbazione. forse percepiva il violare di un'intimità, facendolo senza l'occhio della carità o l'ascoltare, distaccato, del normale pulsare delle tensioni umane, di un giovane nel pieno delle sua possibilità. era il suo modo di guardare dal buco della serratura, figurato. davvero, forse senza nemmeno averne coscienza: in senso stretto.
e sinceramente, ormai, m'importanasega [nel dire toscaneggiante, suvvia, è per alleggerire un po'].
son passati gli anni. con altre donne ho condiviso l'intimità. però per tutti i climax più o meno coordinati, quel momento post-coitale continuava ad essere associato a qualcosa di complicato da gestire. occhei, basta con la vergogna, il senso di colpa. ma la sensazione di precipitare sì.
a tratti son riuscito anche a gestirla. specie con chi ho avuto una certa - breve - intesa. mi facevo abbracciare, stretto.
era per non cadere, scivolare verso il basso.
poi è passata.
con una donna ben precisa.
non saprei dire quando, in quale giorno, quale posizione reciproca avessimo, lei ed io, quando quella sensazione di botola che si apriva sotto scomparve. sono cose che succedono in maniera fuzzy.

e da lei in avanti quel momento si è fatto meno complicato.
ma non per questo meno importante, o intimo.
il pezzo iniziale della piccola epifania è questa. semplice, facile.
il post-coito è un momento troppo intimo.
per cui occhei, l'arrivarci ha una sua dopaminica attrattiva. il crecendo rossiniano è lo sprone profondo, travolgente, del fatto siamo creature che si deve proseguire la specie [e ci sarebbe anche un doppio senso. sul crescendo rossiniano, dico. e non riguarda il compositore pesarese, ovvio [che peraltro pare se la godesse alla grande, nella vita da rock-star che gli capitò per qualche anno. godere anche in quel senso]].
però non [mi] basta il desiderio di metter la lingua in bocca ad una donna. che è già tensione che rapida può sparire, se intuisco che l'interlocutrice se ne sta in altri lidi [al lavoro incrocio alcune donne davvero molto belle, alcune tremendamente secsi. parlando con alcune di loro viene da chiedersi se ci facciano o ci siano. o quanto è spinto il vuoto pneumatico che pare trasparire. in quel caso la carica erotica che promanano evapora. e tendono anche a starmi sui coglioni - in senso lato, ovvio]. quindi, quand'anche il desiderio di incrociare i lombi si manifesta, anche quando non te lo aspetteresti, ho scoperto di tentennare. pure se la profferta è di fatto esplicitata, e in prima istanza la pulsione di farlo è molta.
vero: desisto per un sacco di timidezze mie. non ultima la mia non proprio invidiabile capacità di controllo nella fase tecnicamente più concitata dell'atto. e lo smacco di non portare al plateau di piacere colei che mi accoglie [fottutissimi desincronismi].
però c'è il momento del dopo. intimo. di totale nudità. più spoglio di così non so essere. il post-coito è l'attimo, lungo, in cui tutte le difese sono abbassate.
[parentesi cinica. la criticità di quel momento, senza amore, è risolto nel sesso mercenario pagando il fio e tanti saluti. nelle condivisioni intime tecnologicamete intermediate, perché si è lontani, basta spegnere la cam, o il telefono. sono eticamente contrario al mercimonio, che non ho mai praticato. altresì qualche esperienza di videocitofonata ce l'avrei].
ecco così l'altro pezzo di epifania, quasi una conseguenza ineluttabile.
quel momento è fottutamente importante e denudante. quindi non mi va di condividerlo con tutte.
e seleziono. quindi al limite mi faccio riottoso. anche perché non ho più voglia di dar ragione - in parte - a quel fottuto di elio: che se non è amore dopo il seme c'è la fuga.
in parte perché all'amore ormai ci ho rinunciato. nel caso esista. per me dico [non sono così egotico da uscirmene con verità apodittiche de li me cojoni].
non so se sia neppure la storia della componente femminile elevata. loro selezionano, giustamente, per donare la propria intimità emotiva e fisica. quindi l'occhei è per dare il la al momento di condivisione.
io mi blocco perché mi proietto a quel dopo.
niente hic et nunc, quindi, nessuno qui ed ora.
no mascolinità alfa-dominanti.
nessuna necessità di dovermi scopare il mondo.

semplicemente voglio scegliermi chi sarà lì con me, dopo.
anche per una volta soltanto. anche senza doversi promettere alcunché. anche solo perché il sesso è bello. però non voglio starci con chiunque assieme, dopo. per ragioni variegate, che in parte mi sfuggono, e che comunque si fotta pure la razionalizzazione del perché.

ed essere affrancato dal fatto di esserci lì, in quel momento, comunque e con chiunque è una bella sensazione. ci si sente svincolati. quindi più leggeri. magari è più facile cogliere le possibilità. e trovare qualcuna con cui condividere tutto, fino a quel momento.

sennò, tant'è.
male che vada c'è la fuga psicopipponica.
e nel caso senza la parte celebrale, quella definita col prefisso psico.

2 comments:

Anonymous said...

Che bello questo post. Sono d'accordo, il post-coito anche per me è il momento più intimo, non penso potrei condividerlo con qualcuno che non sia la mia sposa. ToeflExpired

odisseando said...

credo te la sia strameritata quell'assoluta possibilità di unicità.
[la intuisco, da molto lontano. so che non è scontata, e che sta fuori dal mio orizzonte degli eventi. ma non per questo non son meno garrulo quando sta invece in quello delle persone cui voglio bene]