Monday, June 4, 2018

being philip roth

il buon philip se n'è andato da qualche giorno. questo quindi non è, tecnicamente, un coccodrillo. non foss'altro per il fatto blogghizzi solo oggi. foss'anche per un paio di persone.
no.
è una suggestione, forse banale, che mi ha instillato l'amico luca. una cosa del tipo "non so come fosse come uomo. per come scriveva giù il cappello".
e quindi ho pensato al tocco, alla scintilla, all'aura, allo shining, al crisma ed in fondo al culo che hanno costoro. quelli che giù il cappello.
vado a spiegarmi.
non conosco, né mai conosciuto né - diventa sempre più probabile - mai conoscerò di persona che ha il dono di saper declinare, incarnandola, il sacro fuoco delle di una delle arti. la storia del di persona non è secondaria. i geni, più o meno assoluti, ci sono stati e ci vengono raccontati. la loro narrazione di donne e uomini è filtrata attraverso chi, in maniera più o meno sistematica e/o di frequentazione ne è stato biografo. e non è come averci a che fare di persona.
la prendo in maniera gassosamente molto irriverente: anche ai geni, più o meno assoluti, sarà scappato almeno una volta un imbarazzante peto. il biografo potrà anche raccontarlo, in tutta la sua maestria. ma il fugace imbarazzo pittarsi nel viso di quando è accaduto non ci sarà mai restituito, se non osservandolo.
lo dicevo che era molto irrireverente, neh?
ecco.
allargando a tutti gli altri orizzonti di ciascuno dei geni, più o meno assoluti, ed elevandoci - come si eleva il gas di cui sopra - ci si può approssimare a la pienezza della persona. poliedrica. tipica mica solo dei geni più o meno assoluti.
non solo.
le persone mi hanno sempre molto incuriosito. poi magari la curiosità, rimaneva incastrata alle radici di mangrovie che era quel cercare di centrarmi. quindi le persone mi incuriosivano, però finivo a cercare di capire perché mi sentissi inadeguato, o inadatto: anche senza averne del tutto la contezza. con buona pace alle persone che in teoria mi incuriosivano.
credo che se, dovessi conoscere un genio più o meno assoluto, la curiosità sarebbe ancora più incuriosita. e probabilmente correrei il rischio. non tanto l'ipotetico genio più o meno assoluto, che continuerebbe ad incarnare il sacro fuoco di una delle arti. il rischioi è mio. da rimanere, in potenza, deluso, quindi condizionato dal fruire di quella sacra declinazione del sacro fuoco etc, etc. perché magari annuserei l'effetto del peto - in maniera irriverentemente figurata, ovvio.
concetto che ho sentito raccontare una sera di fine ottobre da michela murgia. che non penso sia un genio più o meno assoluto. però il sacro fuoco più o meno lo incarna. e ha avuto la capacità/possibilità arrivare a godersi con un calice di arneis fresco il panorama del mare, che vellica lo scoglio appena sotto l'ampia terrazza che si è conquistata: vivere facendo una cosa che le piace fare. scrivere. [beh, sì, un po' di sana invidia, occhei, ci sta].
in quel raccontare ha rafficato e mitragliato una serie di suoi miti letterari contemporanei che ha avuto la possibilità di conoscere di persona. per cui, per ciascuno, ha mitragliato un aneddoto ficcante per demolirli, verosimilmente pescando a piene mani da una delle sue cifre stilistiche. demolirli come di persona, dico.
[parentesi: uno dei colpi della mitragliata aveva su il nome di jonathan franzen. una lagrime, dentro, mi è scorsa].
torno a bomba al roth fu philip, nobel o non nobel. ci sono voci di gente, che conosce gente, che hanno sentito raccontare persone, che hanno incrociato tizi, che sono ad un grado di separazione con costui: sembra che philip fosse un gran stronzo. di persona dico.
però poi alla radio ho sentito leggere l'incipit sullo svedese da la pastorale. ed è stato il decollo di una costellazione di pensieri, di sensazioni, di emozioni, tipo una molteplicità di take-off di razzi e miccette, con tutte le scie correlate, però colorate e pelle d'oca alta così.
quella cosa lì, quella sventagliata emozionale un po' [tanto] se ne fotte sia stato eventualmente un gran stronzo, con tutti i peti correlati.
il fatto è che è l'ennesima declinazione di "le poesie sono di chi le legge, mica di chi le scrive" nel commovente disincanto di ruoppolo/troisi de il postino.
il fatto è che in fondo a questo tatataatatatatataata di tesserine del domino che cadono, svelando pattern che possono essere meravigliosi, ci sta anche la merda di artista di manzoni [non l'alessandro, quell'altro]: che è - provocatoriamente - opera d'arte pure quella, se concettualizzi quel salto.
il fatto è che di persona, occhei. però poi c'è la questione che hai avuto il crisma di quell'incarnazione dell'arte. che in qualche modo è ristoro lì, da pigliare. se la si vuol fruire è solo da goderne.
hanno un gran culo, costoro, null'altro da eccepire. automaticamente affrancati financo dall'eventuale nevrosi perfezionistica dell'essere. oltre i modelli con cui, magari, pure loro si sono ingabbiati. financo, magari, vissuto pure di merda - in senso figurato, ovvio, non quella vera artistica o meno che sia.
è stato quell'incarnare quel sacro fuoco. che arriva da chissà dove. e chissà dove finirà. e che, di nuovo, è lì per l'umanità intiera: nonostante tutti e tutto.
dubito abbiano fatto granché per meritarsela quell'illuminazione. sicuramente molti di costoro si sono fatti un gran culo per sgrossare il materiale [la butto lì, per quel che può valere: 10% talento, 90% fatica e sudore e impegno].
quindi, caro philip può essere che tu sia stato un gran stronzo di persona. ma oramai non conta nemmeno più tanto. posto che alla letteratura possa importare qualcosa.
c'è qualcosa di tremendamente immeritevole e pazzescamente irrinunciabile in tutto questo. che fluisce inevitabile.

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