Wednesday, August 29, 2018

dialoghi [s]fortunatamente immaginifici - nel senso se uno ha culo o meno

- eppure continuo a credere, pervicacemente, che fortuna e sfortuna non esistono.
- pervicacemente...
- sì. pervicacemente. perché dev'essere pervicace uno che comunque continua a pensarla così. nonostante tutto.
- nonostante tutto, cosa?
- tipo quella cosa che se l'avessi provata un mese fa, sarebbe andata forse via liscia. invece, oggi, gNente. uno alza il ditino per provare a smuovere un po' le cose. e succede una mezza tregenda.
- oheeeeeeee. esagerato. mezza tregenda.
- sì. insomma. ci siamo capiti.
- e poi hai detto bene: forse.
- certo, forse, non abbiamo il doppio cieco.
- doppio cieco?
- lascia perdere, frequento dottoresse.
- ah. bel mandrillone.
- lascia perdere. e poi mi sa che finisco ad essere distopico pure lì?
- distopico?
- certo, non l'utilizza mai odg?
- no. sennò me l'avresti già detto tu... in ogni caso cosa c'entra la fortuna o la sfortuna in quel che ti è successo?
- niente. perché pervicacemente continuo a non crederci...
- ma...
- ma ancora una volta ho la sensazione di essere stato al posto giusto nel momento sbagliato.
- quindi, al limite, discronico. non distopico.
- tecnicamente credo di sì. ma abbiamo studiato altro.
- già.
- già.
- e se invece fosse un qualcosa che chiudendo uno spiraglio ora, ti apre un grandissimo varco domani?
- magari in un multiuniverso parallelo sì.
- o magari è una questione di serendipity.
- sì. e cosa scoprirò, in miliardesimi, la penicillina o il viagra?
- questo non lo possiamo sapere, né tu, né io, né il doppio cieco né in questo né in un altro multiuniverso.
- per una volta mi vien quasi ragione di darti ragione.
- lo fai molto più spesso di quanto voglia serenamente ammettertelo. hai dato il la ad un piccolo evento. vediamo a cosa può portare. magari a niente. magari a qualcosa di positivo. certo bisogna ogni tanto increspare un po' le acque.
- ecco. forse è proprio questo il punto. le acque si vorrebbero placide e calme.
- solo che da placida a stantia è un attimo.
- anche ad incresparle senza i coglioni per poterlo gestire. nemmeno quelle piccole, di increspature.
- mannò. mannò. ce la fai pure te. ce li hai pure te i coglioni. solo che maschio non alfa dominante ti vergogni a tirarli fuori e vedere quanto ce l'hai potente.
- mi sembri una versione triviale dei manuali delle patatine di automotivazione. tipo le pastranate motivazionali di quelli che tengono corsi sulla pirobazia, molto nello spirito ammmmmericano.
- triviale, io?
- sì. tu. e comunque, per chiuderla qui, a dirla tutta: ci avrò pure rimesso l'aumento per i prossimi tre mesi. ma almeno mi posso guardare lo specchio, senza titubare. e se passo per pirla, pace.
- guadagnerai il centuplo nel regno dei cieli.
- fanculo.
- vabbhé. se tu sei agnostico, ci possiamo fare poco.
- sei agnostico anche tu.
- sì, ma il centuplo lo avresti, ipoteticamente, guadagnato tu.
- sì. appunto. questo sì che è essere distopici.
- distopici sì. fortunati o sfortunati - nel contesto relativo, ovvio. - no.
- nel contesto relativo, ovvio. e comunque, pervicacemente...
- il fatto che le cose vengano, pervicaci, non sono né fortuna né sfortuna.
- è il caos che determina il caso.
- vabbhé. corchiamoci, che è meglio...
- corchiamoci.

Monday, August 27, 2018

'na letterina aperta [suvvia, piccolo psicopipponcino] al mitico lorenzo

un "amico" feisbuch la butta lì, semplice.
"I miei "amici" che si definiscono di sinistra, continuano a denigrare la maggioranza: beceri, ignoranti, stupidi, dal basso quoziente intellettivo, pecore in gregge, ma...ma cosa resta di una sinistra senza popolo, cosa sono? Un gruppo di intelligenti e istruiti boriosi? Come pensano di costruire una opposizione fatta di idee? Come mai se sono così intelligenti non riescono a capirlo?"
volevo rispondergli sul feisbuch.
poi, mentre affettavo il melone, mi son reso conto la risposta sarebbe stata molto lunga. e ne sarebbe uscito uno [psico]pipponcino. roba che sul feisbuch va e non va. e poi mi son detto: me lo scrivo quivi. che poi mi rimane, giusto per rileggersi qualche tempo dopo. per vedere quanto son cambiate le cose.
e quindi gNente. questa dovrebbe esser la risposta.
caro Lorenzo.
io non mi definisco di sinistra. io sono di sinistra, per quanto - tecnicamente - mai stato comunista [sei molto meno sprovveduto di come a volte rispondi ai tuoi interlocutori. non ti sfuggirà il distinguo]. non sono nemmeno tuo "amico". al limite sono stato un fanZ scatenato del bassista dei "punto G" [eravate geniali, a partire dal nome].
ecco. ti dirò. la domanda che fai "cosa resta di una sinistra senza un popolo?", è un'ottima domanda. anzi, è la domanda.
la prima riposta che mi viene, itellettualoide e poco pragmatica mi rendo conto, è che resta l'idea, pervicace. che è fottutamente difficile da mettere in pratica. particolarmente impopolare in tempi più agitati et ubriachi. tragicamente complicata se, chi quelle istanze le dovrebbe portare avanti è inadeguato, e prono al potere, tanto da venirne identificato con. oppure decide che le istanze si possono declinare in maniera creativa, tipo innestandole di liberismo spinto.
[apro due paretesi]
[la prima: i tempi agitati et ubriachi sono tipo questi. dove c'è per fortuna ancora quell'oggettino, la Costituzione, pensata quando si era più sobri. quella che ci si è adoperati per difendere da una modifica un po' naif. che non oso immaginare i vituperi oggi, se fosse passata quella riforma.].
[la seconda: questa unione simbiotica con il potere sta montando, molto più velocemente di quanto si potesse immaginare, anche con la componente nuova del governo del cambiamento [distaminchia], 'sì insomma, i faivstarrre [5S]. quelli della lega sono venticinqueanni che sono simbiotici al potere. solo una bella distrazione di massa - narrazione - riesce ad alzare la cortina fumogena e farlo dimenticare. ora il potere siete anche Voi. e ne subirete il fascino obnubilante e mefitico, pagandone le conseguenze, tra un po'].
[chiuse le parentesi].
essere di sinistra. le parole di sinistra. le idee della sinistra sono fottutamente più complicate. perché in fondo l'istanza del "mi faccio i cazzi miei" è calettata, vulcanizzata nel nostro cervello, nella parte più arcaica. in fondo era la cosa che ci serviva per sopravvivere appena fuori la caverna. l'idea del "mi faccio i cazzi miei, ma considero, mi faccio carico un po' anche degli scazzi degli altri" è un più recente. anzi, la butto lì: è un bel passo avanti. perché, riduci-riduci, in fondo di questo si tratta. guardare un po' oltre i cazzi propri, e considerare anche gli scazzi degli altri. e magari porvi un po' di rimedio. o magari riducendo le differenze quanto meno nelle possibilità di ciascuno.
sai come me l'immagino io? l'istanza fondamentale della sinistra, dico.
una specie di sistema controreazionato. perché le differenze che ci sono in uscita ad un sistema, inevitabili, sacrosante, ineluttabili, facciano da contro-reazione in ingresso. ed il sistema si mantenga stabile. e non esploda.
è fottutamente complicato. specie considerando i sistemi complessi come quelli sociali.
ecco, appunto, la complessità.
ho avuto un rapporto di amore-odio con il poli[tecnico]. però credo che il più grande lascito, oltre ad un titolo che può essere solo chiacchiere e distintivo, sia l'istintuale memento esista una complessità nei sistemi della vita reale.
anche per questo io, tendenzialmente, non denigro alcunché, o la maggioranza. al limite critico in maniera parossistica quel branco di [mediamente] mediocri spocchiosi che ci ora sono al governo [ecco, la critica parossistica è tipo questa]. non tutti sono così, ovvio. ci sono persone più che preparate e capaci. quindi considera come consideri quelli che la media la abbassano.
io sono in [stretta] minoranza. credo che la maggioranza abbia scelto in maniera sbagliata. l'ha fatto in buonafede, nella stragrande maggioranza. e pur pensandolo sono certo di non essere [boriosamente] migliore. non so quanto sia più intelligente. però un po' istruito sì. ed anche informato. e non me ne vergogno, anzi. e mi si alzano le antennine quando si prova a darne una specie di connotazione negativa, in maniera più o meno consapevole. come hai fatto tu nella domanda. perché persone non istruite, si convincono più facilmente. anche con trucchetti che spesso sono una specie di mitridatizzanti colpetti bassi [sì, cazzo, uso pure termini che mettono distanza, lo so. o forse generano curiosità. tipo spiegare chi era il re mitridate]. sì. insomma. se sei [più] istruito a diventare un po' più consapevole e un po' più critico è un attimo. e ad un certo potere, questo piace mica tanto. e per quanto l'attimo di quel passaggio è un attimo dove ci può star dentro di tutto. e dare il tempo a cosa improbabili e/o pericolose di agitarsi.
da ultimo [il pipponcino è già abbastanza pipposo] ti farei notare lo iato capziosoncello che hai infilato nella domandina. cominci rivolgendoti ai tuoi "amici" di sinistra, quindi persone singole, e poi... hhhooop, eccoti uscita la masnada dei politici, quando non addirittura la categoria della sinistra. sono tre cose ben diverse, non ti sfuggirà.
io sono andato all'incontrario: dalla categoria, un accenno alla masnada. e poi con me.
aggiungo un'ultima cosa, sempre su di me.
io sono di sinistra. ma non faccio attività politica in senso stretto. questo per una serie di ragioni, a partire dal fatto stia già facendo una fatica non indifferente a mantenermi vivo. provo, nel dettaglio di ogni giorno qualsiasi, a non dimenticarmi troppo spesso degli scazzi degli altri, compatibilmente al fatto - appunto - fatichi a mantenermi vivo. poi sento alcune istanze più acute che altre. così se riuscissi a ritagliare tempo o assicurarmi un po' di messa-in-bolla interiore, farei qualcosa in ambiti che hanno a che fare con i migranti. migranti. senza accezione di dove immigrano, figurarsi anche solo pensare al concetto di clandestini o meno.
lo farei perché penso che in questo momento loro siano veramente gli ultimi. e mi importa veramente un cazzo starmene in una stringente minoranza. è una scelta molto semplice da fare, decidere da che parte stare, dico. poi è vero. la sinistra [partitica, movimentista, che è anche vicina al potere] dovrebbe pensare anche ai penultimi, i terzultimi, i quartultimi. specie quelli meno istruiti, meno informati, meno consapevoli. che sono prede più facili dei trucchetti mitridatizzanti di cui sopra. cui si fa pensare siano in realtà i secondi, o i terzi. e se non dagliAll'Ultimo so cazzi, poi retrocedono. quella sinistra partiticamente intesa deve di certo [ri]cominciare da lì. ed abbandonare [un bel po'] di turboliberismo. anzi, se fa 'sta cosa qui, poi viene più semplice fare quella prima. come si faccia, nel dettaglio posso saperlo, o forse no. fintanto che non fa quello, la poltiglia governativa che s'agita adesso ha i decenni contati. sempre non si imploda rovinosamente prima.

io, nel mio piccolo ed inquieto, provo a osservare la complessità. magari prima o poi andrò a far qualcosa per i negretti. oggi ho avuto l'aumento. e può essere mi compri un'auto [usata, ovvio] piuttosto borghese.
e proverò pure a smontare le logiche degli idioti da tastiera. se e quando capita. per quanto ci voglia un sacco di tempo. e una buona dose di antidoto contro lo sconforto, che ogni tanto mi prende pure.

ci vorrà, comunque, del tempo. forse troppo. nel contempo speriamo che la masnada di cui sopra non si faccia inculare troppo da quello che veramente comanda. che le conseguenze, poi, le paghiamo tutti. sia gli "amici" di sinistra, sia quelli che oggi inneggiano al cambiamento. il paletto della presunta palingenesi, si inoculerà prima che se ne sentirà il fastidio: oltremodo inevitabile.

Monday, August 20, 2018

nazionalizzaziò! nazionalizzaziò!

e quindi niente, è esplosa questa voglia di nazionalizzare. a partire dalle autostrade, ad esempio.
faccio tre premesse, e butto lì una provocazione.
le premesse:
  1. non sono esattamente un turbocapitalista, così l'idea che lo stato detenga e gestisca alcune infrastrutture, o alcune aziende, non mi scandalizza in linea di principio. anzi;
  2. quando noi si privatizzò, metà anni novanta, lo si fece dopo la [discutibile?] esperienza di altre nazioni. magari le intenzioni erano pure buone [buuuhhh, servo delle lobby, sul libro paga del pidddddddì]. alcune di queste privatizzazioni però sono venute fuori un po' a minchia:
    1. [parentesti personale: la privatizzazione [sciagurata] di telecom non è così improbabile abbia avuto financo dei riflessi su quello che avrebbe potuto essere la mia ipotetica carriera di telecomunicazionista. per quanto, con i se...];
  3. non ho mai preso soldi da quei nemici del popolo che sono i benetton. come del resto agggggginonnnnnuostro. ma contrariamente alla lega, assieme alla gran parte dell'arco parlamentare. anzi, ai benetton ho dato io dei soldi, pochi, quando ho preso un paio di ginz in saldo pochi giorni fa, dopo anni che peraltro non andavo per saldi. guarda te, a volte, le coincidenze.
la provocazione:
tutta quella moltitudine di ingegneri strutturisti che affollano i bar e i soscial, sono così convinti - ma proprioprio convinti - che se la concessione delle autostrade non fosse stata affidata ad un privato, se fosse rimasto in capo allo stato, il ponte morandi sarebbe ancora su? magari avremmo pedaggi mediamente più bassi - magari. ma sono tutti così certi che la manutenzione sarebbe stata fatta a regola d'arte? in buona sostanza: se se ne fosse occupata l'anas, dico, per andar giù praticipratici.

ovviamente non lo possiamo sapere. soprattutto prima che vengano stilate le perizie. che sacrosantemente devono essere rigorose ed eccellenti. cosa che peraltro porta via del tempo. più di uno spritz, o di un post sul feisbuch.

la provocazione, ovviamente, è una domanda capziosa.
però ci ho preso gusto. così proseguirei, con le domande, non so così altrettanto capziose.
no, perché, fica adesso 'sta cosa che ri-nazionalizziamo.
solo che se ri-nazionalizzi qualcuno, le infrastrutture, le aziende, dovrà pure gestirle, amministrarle  qualcuno. no?
perché se le aziende private le amministrano degli spregiudicatissimi ma abilissimi figlidiputtana, non è che per forza fuori dal privato delle concessionarie, per forza, ci sono degli asceti votati al bene comune. no?
e allora penso ai possibili manager, gli ad di aziende pubbliche, insomma i vecchi boiardi di stato. o quelli nuovi. o meglio: quelli più vicini al nuovo potere, considerato lo spoil system in essere che manco lammmmerica di trrrammp.
perché se nazionalizzazione deve esser fatta, bisognerà pescare tra lo stato dell'arte della classe dirigente. che magari si prendono pure tra i privati. nell'attesa che oltre all'onestàonestà e alla buonissima volontà [che mai mi permetterei di mettere in dubbio] dei nuovi cittadini, si affianchi anche la competenza. perché, paradossalmente, puoi fare il ministro come se avessi vinto la lotteria, ma manager non ci si può improvvisare. lo scrivo con [microscopica] esperienza diretta, il cui fio però si è appoggiato pesante e soffocante sul mio vivere sereno per anni.
quindi bisognerà pure crearla, formarla, una classe dirigente che sia in grado di affrontare la complessità della realtà, qualcosa quel ciccino più tosto che essere abili a sfruttare le dinamiche indignose dei soscial [con qualche social media manager a dettar la linea, ovvio]. immaginare, strutturare la strategia di un'azienda è altra cosa che far le dirette feisbuch, o dettare qualche trend topic su tuitttttter.

anzi. proverei addirittura a volare alto. se devo raccontare dei desiderata, non mi trattengo.
sarebbe una grandissim ficata, o nuovi potenti faivstarrrrre, che la nuova classe dirigente fosse tanto preparata quanto veramente votata al bene comune. capaci tanto quanto sentirsi partecipi, attori primi di quella cosa che è lo Stato, la res pubblica. io, ad esempio, non mi scandalizzerei di pagarli anche più che dignitosamente. senza il timore che qualcuno più onesto di tutti gli altri strepiti poi sul suo feisbuch: condividi se sei indignato!!!!!! [i punti esclamativi, mai meno di tre]. e sarebbe una ficata ancora più grande se quei nuovi amministratori pubblici, più che meritevoli, lo fossero a prescindere da quello che votano. a prescindere dal fatto possano essere anche critici verso i nuovi potenti. per come son fatto - radicalscic, rompicoglioni - il termine servitore dello stato non mi fa impazzire. però il senso è un po' quello. magari anche con la convinzione di esserlo, lo stato.
quella nazionalizzazione mi piacerebbe veramente molto. lo stato che utilizza le proprie infrastrutture, dirette da gente capace. inevitabile che poi, tutti, ne avrebbero dei benefici. [tanto, das kapital, troverà altri modi di far soldi. è molto abile a far quello].
però mi rendo conto stia volando alto.
troppo.
e che non sarà una cosa così immediata.
perché ci vuole, innanzitutto del tempo. e soprattutto perché ho un po' la vaga sensazione non si stia proprioproprio andando in quella direzione. tralasciando la parte sulle competenze e sulle abilità. che, ribadendo il mio radicalscicccchismo, non mi basta siano annunciate tronfie coi post o coi tuit. anzi. più son tronfie e più puzzano anche al mio naso sordo, poiché anosmico. [in maniera non molto dissimile a certe uscite dei potenti di prima, neh? a proposito di cambiamento].
non ho questa sensazione anche per il senso di stato che state dando. che se non si vi si condivide in toto - perché, suvvia, qualcosa delle cose che proponete non mi sento di confutarle, in linea di principio - allora si è contro il cambiamento, o buonistidelcazzo, o servi del piddddddddì, o tutto questo assieme: condividi se sei indignato!!!!!!!! [figurarsi criticare, anche aspramente, alcune istanze [che trovo] sbagliate: nella forma o nella sostanza].
quasi sentiste la necessità di un sacro lavacro palingenetico. prima il lavoro sporco del deligittimare chi è contro il cambiamento. e poi sarà la nuova era, tra l'altro piena di aziende nazionalizzate bellissime. roba già vista e sentita in passato, peraltro: la necessità del lavacro, intendo.

qualcosa che insomma, di nuovo, torna ad essere divisivo. che si picca di voler separare il grano dal loglio. e così insinua cunei, rende ancora più difficile, parlarsi, considerarsi, accettarsi ed accettare. incontrarsi. ostacolo nel ritrovarsi Stato.
che poi, in fondo, è come tirare giù i ponti.

Saturday, August 18, 2018

che non so bene neanch'io come titolarlo, 'sto post

osservo marte, sud-sud-ovest. l'angolo di declinazione vince, di poco, l'alzo del finto orizzonte delle montagne in quella direzione. a breve scivolerà sotto, tramontando, anche per quel'osservatore con in mano un bicchierino di rum, ad un minuto luce - chilometro più, chilometro meno à di distanza. il pianeta rosso, ovviamente, se ne fotte.
il cane è accucciato sul principiare del prato, accanto alla sedia. si sta abbioccando. so che appena mi muoverò appena si rialzerà e verra a cercare una qualche dose di coccole, scodinzolando. per lei è fottutamente semplice.
la serata è gentilmente ventosa, temperatura giusta.
io ripenso, tanto per cambiare, cosa mi arrovella, sottile-sottile, in questi giorni in cui non c'è nulla che non vada. tranne che più o meno tutto stia squadrando insesorabilmente.
anzi.
che rivedo il principiare di quelle cose un po' paralizzanti. e che si sia ri-fatta sotto quella sensazione di aver buttato un po' tanto nel cesso - talenti, possibilità, prospettive, occasioni. e chissà se hanno tirato lo sciacquone.
sto leggendo un libro, una cosa molto americana, su come ottenere il meglio da sé e dagli altri. lo sto leggendo saltando le righe, talmente mi convince. non so nemmeno bene perché lo pescai mesi fa in biblioteca. al netto che vorrei semplicemente tirar fuori qualcosa da me. e basta anche così. l'approccio è molto calvinista-ammmmmmerigano. avrei già anche trovato come confutare alcune istanze. tipo quella che bisogna motivarsi pensando di poter arrivare a fare cose più alte di quello che - in prima battuta - desideremmo.
ho inventato per anni un mondo di potenziali mondi, in cui riuscissi a trovarmi meglio di quello in cui sto scrivendo questo post. che poi è anche l'unico che ha la giurisdizione sul reale. sì, insomma, far spesso maramao al principio di realtà. con tutte le delusioni che ha comportato, trappole autorealizzate. e adesso, che mi sembra di avercela chiara 'sta cosa del far pace con 'sto principio, arriva questo motivatore alla pirobazia a scrivermi che no, il modellamento di quello che si può fare proviene anche da quello che ci si immagina di poter vivere.
ho idea che dovessi raccontarlo ad odg mi guarderebbe con sguardo sarcasticamente rejettante.
vabbhé. sticazzi.
anche se poi, 'sto personalisssimo zeitgeist dello stirandisssssimicazzi, ho la vaga impressione renda resilienti a trovar l'adattamento nei fortunali. ma rischia di provocare stalli.
che poi, fortunali, oddddddio, fortunali forse proprioproprio non sono. qualche brezza, nel mio pacioso starmene [un po' troppo?] statico.
anche perché, di nuovo, sapessi cosa volere, tranne qualcosa che non sia questo. provo col pensiero del succedaneo lubrico, che tanto mica ci riesco. pensiero, appunto. l'auto per prendere e partire a caso. che chissà quante volte farò. un nuovo lavoro. una nuova nazione per farlo. tutto la tassonomia delle possibilità.
mentre io 'sto fermo, o l'andare è troppo lento. come avessi a disposizione lustri, invece che anni.

non c'è nulla che non vada. tranne che non voglio farlo andare così.
marte è dietro la linea delle montagne. e se ne fotte dal suo minuto luce di distanza. che sia tramontato o meno vagola nella volta. ha tutto il tempo che vuole. e ignora il principio di realtà, in particolar modo quello terrestre.
il bicchierino è vuoto.
quando mi alzo per rientrare in casa, e cigola la persiana il cane solleva appena il muso. troppo assonnato anche per scodinzolare. e comunque lei, di psicopippe immobilizzanti, non ne ha proprio idea. scondinzola. mangia. tenta di accaparrarsi un posto sul divano, appena può.
io sì. sapessi come spegnerle 'ste cazzo di psicopippe immobilizzanti. [ci sarebbero, invero, molti meno post. ma non credo che se ne sentirebbe tutta 'sta mancanza]. magari il motivare della pirobazia mi dà l'imboccata giusta [si scherza, neh?].

Wednesday, August 15, 2018

quando viene giù un ponte

c'è stato un periodo in cui seguivo le trasmissioni di fazio. pure con convinzione, e quasi con ritualità. ne fece una, mi pare di ricordare nel 2010, forse 2011.
"vieni via con me". spaccò i record di ascolto di raitre. quello che non ho.
errata corrige: era "quello che (non) ho". una specie di ospitata su la7 del nostro fabio nazionale. una sequela di amici suoi - alcuni dei quali, invero, erano molto nelle mie corde - a decantare la parafrasi di una parola. non so quanto fosse roba scritta da loro, o quanto gli autori. ex-post - ma sono un inguaribile rompicoglioni - credo che l'effetto fosse una specie di comparsata dal gran mattatore di un certo tipo di cultura. che poi era quella che faceva riverbare anche me. una specie di rito laico-televisivo all'altare del gran sacerdote, invero anche tutto sommato paraculo.
poi c'era saviano, a dire cose che in televisione forse non si erano mai dette [questo era su raitre, "vieni via con me"].
ma tant'è.
tra i tanti che parteciparono ne ricordo in pratica uno solo. erri de luca. che forse è anche molto fumo, al netto dell'arrosto che intuivo allora. sono ragionevolmente convinto che il pezzo se lo scrisse lui. in realtà per lui le parole furono due, non una: il ponte.
lo ricordo perché evocò il senso di quello che i ponti mi hanno sempre raccontato dentro. ed emozionato ancora più in fondo. il monologo si chiuse con una cosa del tipo: se c'è una cosa che invidio ai papi è che sono anche chiamati pontefici. costruttori di ponti.

perché a me, i ponti, sono sempre piaciuti fottutamente. dev'essere qualcosa di appena sopra il mio subconscio ancestrale: in natura, di ponti, non ne esistono poi tanti. quindi son qualcosa che mi balugina nelle parti più intime e belle dei ricordi, che non sai perché ci sono.
non sarà un caso che della vacanza con l'amico luca, principio 2004, una delle cose che più mi emozionò fu quando salimmo il pendio del ponte di normandia.
non sarà un caso che trovo bellissimi i recto delle banconote degli eurI. che hanno ponti. più ancora delle porte rappresentate sui verso [e il fatto sia una moneta foglia di fico ad altre cose mancate, dell'Europa, inficia poco].
non sarà un caso che, se da ingegnere vero avessi voluto studiare, avrei verosimilmente voluto progettare ponti.
cose così.

il ponte unisce. collega porzioni dell'esistente con in mezzo qualcosa di difficile, che col ponte diventa sormontabile. cambia lo stato della possibilità delle cose. è qualcosa di connaturato alla possibilità di muoversi, di proseguire, di ovviare a tragitti più impervi e ostativi. con tutte le simbologie ed il senso che comporta. sono obiettivi strategici nelle guerre. sono le prime cose che il genio militare ri-costruisce.

e sfido chiunque - chiunque - ad essere rimasto indifferente quando - ad esempio - bombardarono lo stari most. per lo sfregio simbolico che quelle bombe volevano infliggere.

in italia crollano ponti. e poco importa se spesso siano solo cavalcavia autostradali o simili. ed oggi che è venuto giù il morandi mi è sembrato un tristissimo epitome di quello - mi pare - stia succedendo in italia in questo periodo. da un po' di tempo a questa parte.

vero. son psicopippe. quasi irrispettose di coloro che han perso la vita. i feriti. gli sfollati senza più casa. e chi dovrà lasciarla.
è venuto giù un ponte e sembra quasi il simbolo dello sfilacciamento, che poi alla fine collassa, di una nazione che fatica a parlarsi, riconoscersi, rispettarsi. non è mica solo paranoia verso questi sgarruppati guazzabuglianti che proclamano di governarci. in fondo costoro sono l'effetto di qualcosa che è iniziato chissà quanto tempo fa. senza la dovuta manutenzione civica. costruisci confidando su materiali, che poi si mostrano più suscettibili all'ingiuria del tempo. e si rischia di venir giù. si è forse già collassati. non so.

mi ci metto pur io, neh?
e non solo per quella difficoltà a solcare la vallata, percorrere il ponte, per provare ad andare dalla parte opposta dell'orsitudine misantropica. e poco importa se siano solo dei tratti che proprio non mi riescono [tipo questo, ad esempio, di tratto].

è venuto giù un ponte. è un trauma, a guardarlo declinare sui vari strati delle cose che ci riguardano. bisognerà abbattere il resto. e ricostruire. per tornare ad unire, ed unirsi. per tornare ad incontrarsi. si può fare. ecccccccerto che si può fare.
anche se adesso, minchia, [mi] sembra tutto fottutamente faticoso ed improbabile. come quell'ammasso di macerie.
quella poltiglia esiziale di calcestruzzo, armature, asfalto, acciao, case, tir, auto.
vite.

Saturday, August 11, 2018

e quel vizio che ti obnubinerà

quindi c'è stata la via del prosesso prosecco, all'hometown [giuro, avevo scritto, prosesso, invece di prosecco. c'è un desiderio represso, che utilizza il refuso per magnificare che è lì, a rompere i coglioni. il desiderio, dico].
mi faccio un po' forza: sono stanco, e non so quanta voglia ho di incrociare tutte tutte le facce che l'hometown può offrirmi in un contesto come questo.
comunque esco. nel clù della via del prosecco, in men che non si dica mi trovo in mano una bottiglia di birra. la ichnusa, che ci ha mori sardi nel logo e nel mood hard mediterraneo che vogliono trasmettere colla pubblicità. ma la fa la heinekein. me cojoni.
insomma. nella via del prosecco, mi bevo una birra. vabbhé.
c'è un gruppo che suona. basso, chitarra, batteria. che tutti e tre fanno anche le voci. ci danno dentro, fanno pop 'n roll. le canzoni, paracularmente molto coinvolgenti.
qualcuno ballicchia, davanti al trio. ho quasi le braccia conserte, e provo a discettare sulla tecnica di costoro. di quelli che suonano, dico. ed inuitsco che il bassista è tosto, ed in fondo fa quasi tutto lui. le voci, impastate, dei tre servono a far intuire che canzone stiano eseguendo. il resto è un po' di accompagnamento della chitarra acustica, e il molto rumore e un sacco di bpm [battiti al minuto] della batteria. niente di che. ma è come se bastasse quel bordone di fondo per dar un'idea di cosa si stia eseguendo. quello che manca ce lo mette la memoria emozionale di quelli che son lì, che cantano e ballano. per questo sono paraculamente molto coinvolgenti.
io non ballo.
io non ballo praticamente da sempre. da quando ho capito che mi veniva più istintuale capire cosa capitava sul palco dei musicisti. oppure a cercare qualche peculiarità nel disco che serviva come base per ballare.
non ho mai ballato, al netto di quelle due/tre volte. coi legamenti del ginocchio molto provati, dopo.
mentre osservavo il gruppo che suonava, e gli altri ballavano, mi son sentito quasi come tempo addietro. avulso. una volta pensavo che quell'essere lì, ma desiderare d'esser altrove fosse un segno della mia alterità rispetto a tutto il resto.
è che avevo ancora qualche problema serio coll'autositma. quindi ci attaccavo la conclusione che non solo ero diverso, ma ero migliore di quelli che ballavano. non foss'altro perché mi arrogavo l'idea di pensare riuscissi ad inferire cose, sulla cosa che faceva ballare gli altri.
ora stigrandisssssimicazzi.
nel senso che non penso affatto di essere migliore. forse perché ho fatto un po' pace con l'autostima. so di essere diverso. una specie di alterità che non qualifica chi è alternativo, né chi non lo è. ed il bello delle diversità è che sono interessanti, e belle, tutte. mica solo la mia.
quindi fine della spocchia? nel senso di quella roba che potrebbe venir fuori a guardare gli altri, e te comunque sentirsi sempre un po' avulso. per quanto statisticamente meno giustificabile: se sei l'unico un po' fuori luogo, il rasoio di occam suggerirebbe sia tu quello sbagliato, nell'accezione più ampia si possa intendere, ovvio.
in realtà non so se fosse spocchia. ma osservavo tutti quelli lì attorno, che ballicchiavano o bevevano il prosecco.
le oftalmomachie delle sciatose non autoctone, ad ondeggiare il [sodo] didddddietro e capir se e con chi gettar la tenzone della pre-seduzione.
le movenze, le dinamiche, il rapportarsi apparentemente - apparentemente - sereno e scanzonato di gente che lo faceva così anche venticinque anni fa. ora qualche capello bianco in più, barbe ieratiche [bianche] e magari figli ormai post-adolescenti appresso.
il ridere che non riuscivo a non percepire come forzato, tirato, sovrasegmentato. magari alle stesse battute, ad un cameratismo di abitudine, che quindi dà sicurezza. e immagino con salaci rimandi, sublimati, al fatto ci sia sempre in essere questo desiderio di accoppiamento. ma che questo, per millemigLioni di ragioni contestuali, rimanga una specie di chimera, o gloria passata.
che poi si finisce sempre lì. al pertugio che muove il mondo, e la selezione di chi decide - sacrosantemente - chi può accedervi. occhei a tutti i livelli della piramide di maslow [la cito di nuovo], ma poi ci si trova a celebrare comunitariamente quel rito, inevitabile, perpetuo, irrisolto, per arrivare all'accoppiamento. è pazzesco cos'ha inventato la natura e la selezione della specie. e cosa abbiamo costruito sopra nelle centinaia di secoli, per incanalare socialmente quel richiamo pre-ancestrale, per mettere le sovrastrutture a quell'istinto.
son finito in un contesto che è discendente diretto dei baccanali, roba in millesimi, ovvio. che a loro volta, i baccanali, chissà di cosa sono figli. e ci son finito con una discreta consapevolezza quanto questo istinto mi stia titillando. e con la consapevolezza sia piuttosto tieffe [tagliato fuori ] da tutto quello che dovrebbe starci attorno. perché trovo più interessanti altri relazionamenti. in estrema sintesi: voglio poter avere a che fare [intellettivamente, emotivamente, spiritualmente, cinestesicamente] con [poche] persone interessanti, e nel contempo vorrei molto trombà a spot, trombà e basta. ma me ne riesce tutto sommato bene solo una. forse non a caso. perché le esigenze dell'una, non allenano i talenti che servirebbero all'altra. sono inevitabilmente distopico nell'adoperarmi. ma tant'è.
lì invece, nelle dinamiche del gruppo,sembrava tutto normale. nel senso di dentro la norma. dove al limite, con la disibinizione del prosecco e le sfide di quello stare - spensierati[?] - tutti assieme, che ci si sente tutti maschi alfa-dominanti e le donne devono scegliere, anche se le mogli già scegliettero tempo addietro.
io ho bevuto birra. ma molto poco. anche per questo forse ero avulso. magari pure perché so di non esserlo, maschio alfa-dominante, ma sto accettando finalmente questa cosa come una vittoria. e quindi osservavo, col mood del strigradissssssssimicazzi. che va bene comunque così. anche nella sorta di serena et ottimistica disperazione. che i cazzi sono ben altri.

poi mi hanno anche offerto un negroni. fuori dalla piccola bolgia del prosecco e delle pacche sulle spalle del siamo tutti amiconi. così si sono aperte le cataratte psicopipponiche. e mi son messo a scrivere, una volta a casa.

Monday, August 6, 2018

benevenuto nell'esclusivo clèb, francè

ennnnnniente, carò francè.
pare che tu spacchi decisamente di meno, rispetto a qualche tempo fa. e sembra che questo sia l'effetto plastico della tua presa di posizione sui migranti. insomma, quella cosa lì si conferma essere non molto popolare. per svariegatissime ragioni, dalle più intricate, alle più spregiudicate e reprovevoli. ma è cosa che non tira molto [non ti sfuggirà l'afasia di tante piccole anime, sì i pusillanimi, nella classe dirigente politica - sic!]. ora. non credo te ne faccia 'sto gran cruccio. della perdita di consensi, dico. d'altro canto mica devi essere ri-eletto tu.
ma sia quel che sia, e quindi anche tu, francè. benvenuto nel clèb del 19%. siamo un quinto del campione statistico nazionale. una versione di pareto di coloro che avversano le decisioni del ministro spauracchioso. siamo in pochi, ma verosimilmente piuttosto convinti. non foss'altro che, quando si è in mica tanti, quel briciolo in più di commitment devi portartelo dentro.
occhei. occhei. la smetto coi termini in inglese. e soprattutto la smetto con la spocchia del: benvenuto nel clèb. che già ci stavi, nel clèb di quelli del 19%. anzi, a dirla tutta, sei sempre stata una voce decisamente autorevole. talmente autorevole che già mi pare di sentirli i detrattori. [ascolta là lontano. roba del tipo: ahhhhsssssì? e i preti pedofili? e le donne prete? e ricchezze del vaticano? accoglieteli a san pietro. e quelli che speculano sull'accoglienza? e i preti che si trombano le richiedenti? e i marò? e il pidddddì allora, che dice il piddddì? questo è il nipote della boldrini, fa l'usciere a san pietro e guadagna 14.923 eurIVaticani al mese: condividi se sei indignato]. non solo. ci sono un sacco di atei devoti - quelli che rompono i coglioni pensando di dover decidere del di dentro le nostre mutande, o discettano sul libero arbitrio di chiunque, moraleggiando qua e là - che vedono come un fumo negli occhi quel tuo prendere posizione su quella questione. ma sono moderatamente convinto ce ne siano un sacco di quelli che, tutte le domeniche, si mettono in fila per la comunione, e poi se ne tornano al loro banco, che è sempre lo stesso. settimana dopo settimana. ne parlo con una qualche cognizione di causa. per quanto sian quasi vent'anni non frequenti più banchi delle chiese, settimanalmente dico. non so se trovare più fastidioso la riottosità degli atei devoti o dei praticanti incoerenti.
ma tant'è.
anzi.
a dirla tutta sto provando a domare quella sensazione di fastidio. non tanto perché giustifichi quegli altri fuori dal clèb, neh?
no. provo a tener fuori dal radar il fastidio perché [mi] ottunde quel minimo sindacale di serenità che - credo - sia necessario mantenere, per cercare di capire.
perché francè, te lo confesso - in senso laico e non confessionale - a me 'sta cosa della questione migrante è uno sprone che non mi spiego. probabilmente sta pure sfrancicando la uualllllera di quei tre-quattro interlocutori miei. non devo essere ri-eletto neppure io. però capisci che, se tu manco sai cosa sia il calo di popolarità, io in teoria dovrei prestare un po' più di attenzione ai miei interlocutori. giusto per non finire del tutto misantropizzante. che sarebbe anche un po' una contraddizione di termini, se tanto 'sta questione migrante mi fa da sprone. sprone solo intellettual-speculativo [al momento?]. buono - o meglio - spunto per qualche post da radicalsentenziantebuonistadasalottoidelogizzatoscic.
però 'sta storia che anche il papa sia - stigrandissssssssssimicazzi - ammantanto dello zeitgeist anti-migratorio mediameggiante mi ha fatto riflettere. poi, magari, ne vengono fuori risultati riflettenti banali.
uno.
quello più semplicistico.
è la faccenda che pare, che tu ed io, si abbia la medesima convinzione su questa fazenda al netto del fatto possa esserci bisogno di un dio, o meno. cioè. tu sei il capo dei cattolici. io sono il più pirla degli agnostici. però che possa credere in dio [tu] o meno [io], non fa molta differenza. lo so. lo so. sto banalizzando in maniera sconcertante. qualche migLionata di pagine di filosofie, teologie, progressi del pensiero umano. però l'effetto è quello. che sia necessario un dio o meno, la tensione è la medesima. magari per voi è un mezzo. per me un semplice fine, in mezzo a questa fondamentale, ontologica disperazione [per quanto cerchi di vederla ottimisticamente].
poi ce n'è un altro. [che ce ne sarebbero un sacco d'altri, ma il post si è già sbrodolato abbastanza].
io credo che di come si stia percependo, collettivamente, la questione migranti ci siano dentro ammassi di passato, stridori di presente, baluginii di futuro.
il passato è la roba archetipa, ancestrale, profonda, inconscia. la faccendiuola della paura del diverso, di chi o cosa non riusciamo a ricondurre ad un'esperito tranquillo e noto. la vita che scorre al di là di quello che siamo abituati a concepire. l'esistenza fuori da noi, che non possiamo o possiamo controllare.
il presente è per il fatto di doverci confrontare con la ri-discussione del nostro cazzo di status quo, il nostro piccolo egoismo conservativo, la presa di coscienza di alcune banali fastidiosissime ovvietà. tipo che non abbiamo nulla per meritarci di nascere in questo periodo, in questo pezzo di mondo, probabilmente il meglio di quel che è potuto accadere negli ultimi 400-500 secoli a questa parte. talmente fastidioso che, forse è l'effetto inebriante di star abbastanza in alto alla piramide di maslow, applichiamo il processo di rimozione. più o meno convintamente, o consciamente. sì, insomma, il nostro bene-stare ci fa diventare un po' più stronzi [mi ci metto pur io, figurarsi].
il futuro per quello che sarà qualcosa di incontrollabile e inevitabile, e credo migliore. per quanto, di nuovo, è roba vecchia di 400-500 secoli. la cosa che le persone emigrino, dico. e che in questa ineluttabilità ci siano anche tutti gli stimoli per progredire, tutti, collettivamente. riuscissimo a guardare oltre le paure o le piccole stronzità di cui sopra. se funziona con il mescio genetico - intuisco come una lucina di lucciola accesa e subito dopo spenta - figurarsi cosa può venirne fuori con quelle strepitose cosa che l'ingegno, la sensibilità, le intelligenze della razza umana possono fare.
che poi sarebbe l'unica di razza, dico.
lo dici anche tu, francè. anche se tu hai bisogno del concetto di figliolanza dell'unico dio.
io non lo so se siamo figli.
e rimango un po' appeso al paradosso di sentirli, ineluttabilmente, fratelli [anche i leghisti, pedddddddire], per quanto non so figli di non so bene cosa di trascendente.
figurati: uno spocchioso snob egoriferito come me.
per quanto credo ci sia poco di trascendente nella canea di speculazione politica, di questo periodo. anche in questo caso non credo ci sia solo la tattica del ministro spauracchioso, che gli fa fottutamente comodo. c'è dell'altro di più vasto, pianificato, obnubilante, pervasivo.
quindi ovvio ci sia finito dentro pure tu, in termini di contro-consenso. per quanto, arguisco, che 'stanotte dormirai comunque sogni tranquilli.
sarà dura, ma tanto, alla fine se non ci estingueremo prima, a vincere non sarà il ministro spauracchioso. è solo questione di tempo. magari tanto. troppo. per allora non ci saremo né tu, né io, né il ministro spauracchioso né i suoi fantasiosi succedanei [né forse la necessità di un dio. per quanto sia una sparata un po' tanto fuori dalla tazza...].

per il momento mi rimane questa sensazione di semplice scelta, essere in quel 19%. per quanto non sia per nulla facile: le paure, la stronzosità ce l'ho addosso pure io. ed è qualcosa che non mi spiego solo con la tendenza a scegliere - abbastanza sempre - le cose più incasinate. potrei godermela e fottermene [anzi, ti confesserei, se mi confessassi in senso confessionale, che vorrei aprire una parentesi edonistico-godereccia [possibilmente fottendo il più possibile], per quanto non so se mi riuscirà, o chissà i casini che combinerò], e invece mi sento molto dentro questo 19%.
edddddai, francè, tutto sommato è un clèb interessante. nevvero?