Saturday, August 18, 2018

che non so bene neanch'io come titolarlo, 'sto post

osservo marte, sud-sud-ovest. l'angolo di declinazione vince, di poco, l'alzo del finto orizzonte delle montagne in quella direzione. a breve scivolerà sotto, tramontando, anche per quel'osservatore con in mano un bicchierino di rum, ad un minuto luce - chilometro più, chilometro meno à di distanza. il pianeta rosso, ovviamente, se ne fotte.
il cane è accucciato sul principiare del prato, accanto alla sedia. si sta abbioccando. so che appena mi muoverò appena si rialzerà e verra a cercare una qualche dose di coccole, scodinzolando. per lei è fottutamente semplice.
la serata è gentilmente ventosa, temperatura giusta.
io ripenso, tanto per cambiare, cosa mi arrovella, sottile-sottile, in questi giorni in cui non c'è nulla che non vada. tranne che più o meno tutto stia squadrando insesorabilmente.
anzi.
che rivedo il principiare di quelle cose un po' paralizzanti. e che si sia ri-fatta sotto quella sensazione di aver buttato un po' tanto nel cesso - talenti, possibilità, prospettive, occasioni. e chissà se hanno tirato lo sciacquone.
sto leggendo un libro, una cosa molto americana, su come ottenere il meglio da sé e dagli altri. lo sto leggendo saltando le righe, talmente mi convince. non so nemmeno bene perché lo pescai mesi fa in biblioteca. al netto che vorrei semplicemente tirar fuori qualcosa da me. e basta anche così. l'approccio è molto calvinista-ammmmmmerigano. avrei già anche trovato come confutare alcune istanze. tipo quella che bisogna motivarsi pensando di poter arrivare a fare cose più alte di quello che - in prima battuta - desideremmo.
ho inventato per anni un mondo di potenziali mondi, in cui riuscissi a trovarmi meglio di quello in cui sto scrivendo questo post. che poi è anche l'unico che ha la giurisdizione sul reale. sì, insomma, far spesso maramao al principio di realtà. con tutte le delusioni che ha comportato, trappole autorealizzate. e adesso, che mi sembra di avercela chiara 'sta cosa del far pace con 'sto principio, arriva questo motivatore alla pirobazia a scrivermi che no, il modellamento di quello che si può fare proviene anche da quello che ci si immagina di poter vivere.
ho idea che dovessi raccontarlo ad odg mi guarderebbe con sguardo sarcasticamente rejettante.
vabbhé. sticazzi.
anche se poi, 'sto personalisssimo zeitgeist dello stirandisssssimicazzi, ho la vaga impressione renda resilienti a trovar l'adattamento nei fortunali. ma rischia di provocare stalli.
che poi, fortunali, oddddddio, fortunali forse proprioproprio non sono. qualche brezza, nel mio pacioso starmene [un po' troppo?] statico.
anche perché, di nuovo, sapessi cosa volere, tranne qualcosa che non sia questo. provo col pensiero del succedaneo lubrico, che tanto mica ci riesco. pensiero, appunto. l'auto per prendere e partire a caso. che chissà quante volte farò. un nuovo lavoro. una nuova nazione per farlo. tutto la tassonomia delle possibilità.
mentre io 'sto fermo, o l'andare è troppo lento. come avessi a disposizione lustri, invece che anni.

non c'è nulla che non vada. tranne che non voglio farlo andare così.
marte è dietro la linea delle montagne. e se ne fotte dal suo minuto luce di distanza. che sia tramontato o meno vagola nella volta. ha tutto il tempo che vuole. e ignora il principio di realtà, in particolar modo quello terrestre.
il bicchierino è vuoto.
quando mi alzo per rientrare in casa, e cigola la persiana il cane solleva appena il muso. troppo assonnato anche per scodinzolare. e comunque lei, di psicopippe immobilizzanti, non ne ha proprio idea. scondinzola. mangia. tenta di accaparrarsi un posto sul divano, appena può.
io sì. sapessi come spegnerle 'ste cazzo di psicopippe immobilizzanti. [ci sarebbero, invero, molti meno post. ma non credo che se ne sentirebbe tutta 'sta mancanza]. magari il motivare della pirobazia mi dà l'imboccata giusta [si scherza, neh?].

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