Saturday, August 11, 2018

e quel vizio che ti obnubinerà

quindi c'è stata la via del prosesso prosecco, all'hometown [giuro, avevo scritto, prosesso, invece di prosecco. c'è un desiderio represso, che utilizza il refuso per magnificare che è lì, a rompere i coglioni. il desiderio, dico].
mi faccio un po' forza: sono stanco, e non so quanta voglia ho di incrociare tutte tutte le facce che l'hometown può offrirmi in un contesto come questo.
comunque esco. nel clù della via del prosecco, in men che non si dica mi trovo in mano una bottiglia di birra. la ichnusa, che ci ha mori sardi nel logo e nel mood hard mediterraneo che vogliono trasmettere colla pubblicità. ma la fa la heinekein. me cojoni.
insomma. nella via del prosecco, mi bevo una birra. vabbhé.
c'è un gruppo che suona. basso, chitarra, batteria. che tutti e tre fanno anche le voci. ci danno dentro, fanno pop 'n roll. le canzoni, paracularmente molto coinvolgenti.
qualcuno ballicchia, davanti al trio. ho quasi le braccia conserte, e provo a discettare sulla tecnica di costoro. di quelli che suonano, dico. ed inuitsco che il bassista è tosto, ed in fondo fa quasi tutto lui. le voci, impastate, dei tre servono a far intuire che canzone stiano eseguendo. il resto è un po' di accompagnamento della chitarra acustica, e il molto rumore e un sacco di bpm [battiti al minuto] della batteria. niente di che. ma è come se bastasse quel bordone di fondo per dar un'idea di cosa si stia eseguendo. quello che manca ce lo mette la memoria emozionale di quelli che son lì, che cantano e ballano. per questo sono paraculamente molto coinvolgenti.
io non ballo.
io non ballo praticamente da sempre. da quando ho capito che mi veniva più istintuale capire cosa capitava sul palco dei musicisti. oppure a cercare qualche peculiarità nel disco che serviva come base per ballare.
non ho mai ballato, al netto di quelle due/tre volte. coi legamenti del ginocchio molto provati, dopo.
mentre osservavo il gruppo che suonava, e gli altri ballavano, mi son sentito quasi come tempo addietro. avulso. una volta pensavo che quell'essere lì, ma desiderare d'esser altrove fosse un segno della mia alterità rispetto a tutto il resto.
è che avevo ancora qualche problema serio coll'autositma. quindi ci attaccavo la conclusione che non solo ero diverso, ma ero migliore di quelli che ballavano. non foss'altro perché mi arrogavo l'idea di pensare riuscissi ad inferire cose, sulla cosa che faceva ballare gli altri.
ora stigrandisssssimicazzi.
nel senso che non penso affatto di essere migliore. forse perché ho fatto un po' pace con l'autostima. so di essere diverso. una specie di alterità che non qualifica chi è alternativo, né chi non lo è. ed il bello delle diversità è che sono interessanti, e belle, tutte. mica solo la mia.
quindi fine della spocchia? nel senso di quella roba che potrebbe venir fuori a guardare gli altri, e te comunque sentirsi sempre un po' avulso. per quanto statisticamente meno giustificabile: se sei l'unico un po' fuori luogo, il rasoio di occam suggerirebbe sia tu quello sbagliato, nell'accezione più ampia si possa intendere, ovvio.
in realtà non so se fosse spocchia. ma osservavo tutti quelli lì attorno, che ballicchiavano o bevevano il prosecco.
le oftalmomachie delle sciatose non autoctone, ad ondeggiare il [sodo] didddddietro e capir se e con chi gettar la tenzone della pre-seduzione.
le movenze, le dinamiche, il rapportarsi apparentemente - apparentemente - sereno e scanzonato di gente che lo faceva così anche venticinque anni fa. ora qualche capello bianco in più, barbe ieratiche [bianche] e magari figli ormai post-adolescenti appresso.
il ridere che non riuscivo a non percepire come forzato, tirato, sovrasegmentato. magari alle stesse battute, ad un cameratismo di abitudine, che quindi dà sicurezza. e immagino con salaci rimandi, sublimati, al fatto ci sia sempre in essere questo desiderio di accoppiamento. ma che questo, per millemigLioni di ragioni contestuali, rimanga una specie di chimera, o gloria passata.
che poi si finisce sempre lì. al pertugio che muove il mondo, e la selezione di chi decide - sacrosantemente - chi può accedervi. occhei a tutti i livelli della piramide di maslow [la cito di nuovo], ma poi ci si trova a celebrare comunitariamente quel rito, inevitabile, perpetuo, irrisolto, per arrivare all'accoppiamento. è pazzesco cos'ha inventato la natura e la selezione della specie. e cosa abbiamo costruito sopra nelle centinaia di secoli, per incanalare socialmente quel richiamo pre-ancestrale, per mettere le sovrastrutture a quell'istinto.
son finito in un contesto che è discendente diretto dei baccanali, roba in millesimi, ovvio. che a loro volta, i baccanali, chissà di cosa sono figli. e ci son finito con una discreta consapevolezza quanto questo istinto mi stia titillando. e con la consapevolezza sia piuttosto tieffe [tagliato fuori ] da tutto quello che dovrebbe starci attorno. perché trovo più interessanti altri relazionamenti. in estrema sintesi: voglio poter avere a che fare [intellettivamente, emotivamente, spiritualmente, cinestesicamente] con [poche] persone interessanti, e nel contempo vorrei molto trombà a spot, trombà e basta. ma me ne riesce tutto sommato bene solo una. forse non a caso. perché le esigenze dell'una, non allenano i talenti che servirebbero all'altra. sono inevitabilmente distopico nell'adoperarmi. ma tant'è.
lì invece, nelle dinamiche del gruppo,sembrava tutto normale. nel senso di dentro la norma. dove al limite, con la disibinizione del prosecco e le sfide di quello stare - spensierati[?] - tutti assieme, che ci si sente tutti maschi alfa-dominanti e le donne devono scegliere, anche se le mogli già scegliettero tempo addietro.
io ho bevuto birra. ma molto poco. anche per questo forse ero avulso. magari pure perché so di non esserlo, maschio alfa-dominante, ma sto accettando finalmente questa cosa come una vittoria. e quindi osservavo, col mood del strigradissssssssimicazzi. che va bene comunque così. anche nella sorta di serena et ottimistica disperazione. che i cazzi sono ben altri.

poi mi hanno anche offerto un negroni. fuori dalla piccola bolgia del prosecco e delle pacche sulle spalle del siamo tutti amiconi. così si sono aperte le cataratte psicopipponiche. e mi son messo a scrivere, una volta a casa.

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