Monday, August 20, 2018

nazionalizzaziò! nazionalizzaziò!

e quindi niente, è esplosa questa voglia di nazionalizzare. a partire dalle autostrade, ad esempio.
faccio tre premesse, e butto lì una provocazione.
le premesse:
  1. non sono esattamente un turbocapitalista, così l'idea che lo stato detenga e gestisca alcune infrastrutture, o alcune aziende, non mi scandalizza in linea di principio. anzi;
  2. quando noi si privatizzò, metà anni novanta, lo si fece dopo la [discutibile?] esperienza di altre nazioni. magari le intenzioni erano pure buone [buuuhhh, servo delle lobby, sul libro paga del pidddddddì]. alcune di queste privatizzazioni però sono venute fuori un po' a minchia:
    1. [parentesti personale: la privatizzazione [sciagurata] di telecom non è così improbabile abbia avuto financo dei riflessi su quello che avrebbe potuto essere la mia ipotetica carriera di telecomunicazionista. per quanto, con i se...];
  3. non ho mai preso soldi da quei nemici del popolo che sono i benetton. come del resto agggggginonnnnnuostro. ma contrariamente alla lega, assieme alla gran parte dell'arco parlamentare. anzi, ai benetton ho dato io dei soldi, pochi, quando ho preso un paio di ginz in saldo pochi giorni fa, dopo anni che peraltro non andavo per saldi. guarda te, a volte, le coincidenze.
la provocazione:
tutta quella moltitudine di ingegneri strutturisti che affollano i bar e i soscial, sono così convinti - ma proprioprio convinti - che se la concessione delle autostrade non fosse stata affidata ad un privato, se fosse rimasto in capo allo stato, il ponte morandi sarebbe ancora su? magari avremmo pedaggi mediamente più bassi - magari. ma sono tutti così certi che la manutenzione sarebbe stata fatta a regola d'arte? in buona sostanza: se se ne fosse occupata l'anas, dico, per andar giù praticipratici.

ovviamente non lo possiamo sapere. soprattutto prima che vengano stilate le perizie. che sacrosantemente devono essere rigorose ed eccellenti. cosa che peraltro porta via del tempo. più di uno spritz, o di un post sul feisbuch.

la provocazione, ovviamente, è una domanda capziosa.
però ci ho preso gusto. così proseguirei, con le domande, non so così altrettanto capziose.
no, perché, fica adesso 'sta cosa che ri-nazionalizziamo.
solo che se ri-nazionalizzi qualcuno, le infrastrutture, le aziende, dovrà pure gestirle, amministrarle  qualcuno. no?
perché se le aziende private le amministrano degli spregiudicatissimi ma abilissimi figlidiputtana, non è che per forza fuori dal privato delle concessionarie, per forza, ci sono degli asceti votati al bene comune. no?
e allora penso ai possibili manager, gli ad di aziende pubbliche, insomma i vecchi boiardi di stato. o quelli nuovi. o meglio: quelli più vicini al nuovo potere, considerato lo spoil system in essere che manco lammmmerica di trrrammp.
perché se nazionalizzazione deve esser fatta, bisognerà pescare tra lo stato dell'arte della classe dirigente. che magari si prendono pure tra i privati. nell'attesa che oltre all'onestàonestà e alla buonissima volontà [che mai mi permetterei di mettere in dubbio] dei nuovi cittadini, si affianchi anche la competenza. perché, paradossalmente, puoi fare il ministro come se avessi vinto la lotteria, ma manager non ci si può improvvisare. lo scrivo con [microscopica] esperienza diretta, il cui fio però si è appoggiato pesante e soffocante sul mio vivere sereno per anni.
quindi bisognerà pure crearla, formarla, una classe dirigente che sia in grado di affrontare la complessità della realtà, qualcosa quel ciccino più tosto che essere abili a sfruttare le dinamiche indignose dei soscial [con qualche social media manager a dettar la linea, ovvio]. immaginare, strutturare la strategia di un'azienda è altra cosa che far le dirette feisbuch, o dettare qualche trend topic su tuitttttter.

anzi. proverei addirittura a volare alto. se devo raccontare dei desiderata, non mi trattengo.
sarebbe una grandissim ficata, o nuovi potenti faivstarrrrre, che la nuova classe dirigente fosse tanto preparata quanto veramente votata al bene comune. capaci tanto quanto sentirsi partecipi, attori primi di quella cosa che è lo Stato, la res pubblica. io, ad esempio, non mi scandalizzerei di pagarli anche più che dignitosamente. senza il timore che qualcuno più onesto di tutti gli altri strepiti poi sul suo feisbuch: condividi se sei indignato!!!!!! [i punti esclamativi, mai meno di tre]. e sarebbe una ficata ancora più grande se quei nuovi amministratori pubblici, più che meritevoli, lo fossero a prescindere da quello che votano. a prescindere dal fatto possano essere anche critici verso i nuovi potenti. per come son fatto - radicalscic, rompicoglioni - il termine servitore dello stato non mi fa impazzire. però il senso è un po' quello. magari anche con la convinzione di esserlo, lo stato.
quella nazionalizzazione mi piacerebbe veramente molto. lo stato che utilizza le proprie infrastrutture, dirette da gente capace. inevitabile che poi, tutti, ne avrebbero dei benefici. [tanto, das kapital, troverà altri modi di far soldi. è molto abile a far quello].
però mi rendo conto stia volando alto.
troppo.
e che non sarà una cosa così immediata.
perché ci vuole, innanzitutto del tempo. e soprattutto perché ho un po' la vaga sensazione non si stia proprioproprio andando in quella direzione. tralasciando la parte sulle competenze e sulle abilità. che, ribadendo il mio radicalscicccchismo, non mi basta siano annunciate tronfie coi post o coi tuit. anzi. più son tronfie e più puzzano anche al mio naso sordo, poiché anosmico. [in maniera non molto dissimile a certe uscite dei potenti di prima, neh? a proposito di cambiamento].
non ho questa sensazione anche per il senso di stato che state dando. che se non si vi si condivide in toto - perché, suvvia, qualcosa delle cose che proponete non mi sento di confutarle, in linea di principio - allora si è contro il cambiamento, o buonistidelcazzo, o servi del piddddddddì, o tutto questo assieme: condividi se sei indignato!!!!!!!! [figurarsi criticare, anche aspramente, alcune istanze [che trovo] sbagliate: nella forma o nella sostanza].
quasi sentiste la necessità di un sacro lavacro palingenetico. prima il lavoro sporco del deligittimare chi è contro il cambiamento. e poi sarà la nuova era, tra l'altro piena di aziende nazionalizzate bellissime. roba già vista e sentita in passato, peraltro: la necessità del lavacro, intendo.

qualcosa che insomma, di nuovo, torna ad essere divisivo. che si picca di voler separare il grano dal loglio. e così insinua cunei, rende ancora più difficile, parlarsi, considerarsi, accettarsi ed accettare. incontrarsi. ostacolo nel ritrovarsi Stato.
che poi, in fondo, è come tirare giù i ponti.

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