Wednesday, August 15, 2018

quando viene giù un ponte

c'è stato un periodo in cui seguivo le trasmissioni di fazio. pure con convinzione, e quasi con ritualità. ne fece una, mi pare di ricordare nel 2010, forse 2011.
"vieni via con me". spaccò i record di ascolto di raitre. quello che non ho.
errata corrige: era "quello che (non) ho". una specie di ospitata su la7 del nostro fabio nazionale. una sequela di amici suoi - alcuni dei quali, invero, erano molto nelle mie corde - a decantare la parafrasi di una parola. non so quanto fosse roba scritta da loro, o quanto gli autori. ex-post - ma sono un inguaribile rompicoglioni - credo che l'effetto fosse una specie di comparsata dal gran mattatore di un certo tipo di cultura. che poi era quella che faceva riverbare anche me. una specie di rito laico-televisivo all'altare del gran sacerdote, invero anche tutto sommato paraculo.
poi c'era saviano, a dire cose che in televisione forse non si erano mai dette [questo era su raitre, "vieni via con me"].
ma tant'è.
tra i tanti che parteciparono ne ricordo in pratica uno solo. erri de luca. che forse è anche molto fumo, al netto dell'arrosto che intuivo allora. sono ragionevolmente convinto che il pezzo se lo scrisse lui. in realtà per lui le parole furono due, non una: il ponte.
lo ricordo perché evocò il senso di quello che i ponti mi hanno sempre raccontato dentro. ed emozionato ancora più in fondo. il monologo si chiuse con una cosa del tipo: se c'è una cosa che invidio ai papi è che sono anche chiamati pontefici. costruttori di ponti.

perché a me, i ponti, sono sempre piaciuti fottutamente. dev'essere qualcosa di appena sopra il mio subconscio ancestrale: in natura, di ponti, non ne esistono poi tanti. quindi son qualcosa che mi balugina nelle parti più intime e belle dei ricordi, che non sai perché ci sono.
non sarà un caso che della vacanza con l'amico luca, principio 2004, una delle cose che più mi emozionò fu quando salimmo il pendio del ponte di normandia.
non sarà un caso che trovo bellissimi i recto delle banconote degli eurI. che hanno ponti. più ancora delle porte rappresentate sui verso [e il fatto sia una moneta foglia di fico ad altre cose mancate, dell'Europa, inficia poco].
non sarà un caso che, se da ingegnere vero avessi voluto studiare, avrei verosimilmente voluto progettare ponti.
cose così.

il ponte unisce. collega porzioni dell'esistente con in mezzo qualcosa di difficile, che col ponte diventa sormontabile. cambia lo stato della possibilità delle cose. è qualcosa di connaturato alla possibilità di muoversi, di proseguire, di ovviare a tragitti più impervi e ostativi. con tutte le simbologie ed il senso che comporta. sono obiettivi strategici nelle guerre. sono le prime cose che il genio militare ri-costruisce.

e sfido chiunque - chiunque - ad essere rimasto indifferente quando - ad esempio - bombardarono lo stari most. per lo sfregio simbolico che quelle bombe volevano infliggere.

in italia crollano ponti. e poco importa se spesso siano solo cavalcavia autostradali o simili. ed oggi che è venuto giù il morandi mi è sembrato un tristissimo epitome di quello - mi pare - stia succedendo in italia in questo periodo. da un po' di tempo a questa parte.

vero. son psicopippe. quasi irrispettose di coloro che han perso la vita. i feriti. gli sfollati senza più casa. e chi dovrà lasciarla.
è venuto giù un ponte e sembra quasi il simbolo dello sfilacciamento, che poi alla fine collassa, di una nazione che fatica a parlarsi, riconoscersi, rispettarsi. non è mica solo paranoia verso questi sgarruppati guazzabuglianti che proclamano di governarci. in fondo costoro sono l'effetto di qualcosa che è iniziato chissà quanto tempo fa. senza la dovuta manutenzione civica. costruisci confidando su materiali, che poi si mostrano più suscettibili all'ingiuria del tempo. e si rischia di venir giù. si è forse già collassati. non so.

mi ci metto pur io, neh?
e non solo per quella difficoltà a solcare la vallata, percorrere il ponte, per provare ad andare dalla parte opposta dell'orsitudine misantropica. e poco importa se siano solo dei tratti che proprio non mi riescono [tipo questo, ad esempio, di tratto].

è venuto giù un ponte. è un trauma, a guardarlo declinare sui vari strati delle cose che ci riguardano. bisognerà abbattere il resto. e ricostruire. per tornare ad unire, ed unirsi. per tornare ad incontrarsi. si può fare. ecccccccerto che si può fare.
anche se adesso, minchia, [mi] sembra tutto fottutamente faticoso ed improbabile. come quell'ammasso di macerie.
quella poltiglia esiziale di calcestruzzo, armature, asfalto, acciao, case, tir, auto.
vite.

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