Wednesday, October 17, 2018

post genetliaco: l'amico taNielo

[piccola premessa. non ho riletto. può esser un florilegio di refusi. il senso però c'è tutto]
oggi compie gli anni l'amico kuso.
l'amico kuso può essere definito, senza timor di smentita, l'amico storico. non foss'altro che si fece l'asilo assieme. una foto in cui lui ed io, assieme a bimbi col grembiule verde e rosa, disposti più meno in cerchio, si regge col braccino alzato una specie di filo argentato natalizio, verosimilmente durante una recita natalizia, a ridosso della ricorrenza nataliazia di metà anni settanta, stante le suggestioni e le invezioni natalizie delle suore, lo testimonia. in quella foto l'amico daniele portava già gli occhiali. io avevo già la faccia incazzosa delle foto.
poi per una serie di coincidenze non si è mai più riusciti a studiare assieme.
l'amico taniele uscì colllottimo dalle scuole medieue, benché né lui né io si partecipava alle omonime feste [semicit.]. anche perché lui comunque aveva l'aria del secchione. e molto probabilmente non si batteva chiodo.
ricordo che lui si tagliò la prima peluria sopra le labbra, quella vaga prima intuizione di baffosità adolescenziale, dopo di me. ricordo che si era in corriera e pensai: minchia, ma non farebbe meglio a tagliarseli? per non glielo dissi.
a proposito di corriera.
lui studiava da giometro, io da perito. credo che in fondo la scelta fu non del tutto azzeccata per entrambi.
però ricordo che se c'è qualcuno che associo al concetto irriverente di volontà che avrei cambiato il mondo - e convinzione, visto che a quindicianni si può essere diversamente dei pirla - è esattamente lui. forse proprio sui sedili della corriera che ci portava alle superiori. proprio una specie di associazione da madleine emozionale: con chi cambierai il mondo? con l'amico daniele.
in quel periodo si frequentava l'oratorio. e noi si era un po' quelli sui generis. si andava il sabato di carnevale a bere del latte al bar, con spaccona assertività. si parlava dei massimi sistemi e di come li avremmo capiti e re-interpretati. lui mi sembrava pure più bravo di me, più intenso, come cattolico dico. fore anche perché con lui non si parlava mai di donne. di ragazze, insomma. sembrava che proprio l'articolo non gli interessasse. una distrazione per i ragazzi normali, che hanno il buon tempo di pensare a cose così materiali e pre-borghesi. manco mai pensato fosse ghei. sembrava proprio avulso, oltre su piani percettivi, emancipato dall'incubo delle passioni. mentre io invece proprio mi struggevo. continuavo a non battere chiodo, stavo costruendo solidissime basi alle mie nevrosi affettive, ma comunque ero molto inturbinato nella fazenda femminea.
e niente.
poi, poco prima della maturità, l'amico daniele abiurò. fino a tre mesi prima sembrava che addirituttura ventilasse l'idea di farsi sacerdote. e invece abiurò. e divenne quella cosa che mi sembrava qualcosa di inconcepibile. mi chiese di non rompergli i coglioni. lo fece a suo modo, pacato e quasi in modo ermeneutico con un biglietto dentro un libro [non vorrei ricordar male, ma era quello di riserva di letteratura].
la cosa mi scioccò non poco. un po' perché ero invasato a mio modo. un po' perché sentivo venirsi a creare una crasi importante.
anche perché se ne andò a torino. voleva fare l'ingegnere minerario.
io andai a milano. a sbagliare a far l'ingegnere.
quella di tipo religiosa non fu l'unica inversione di marcia con raggio di curvatura strettissima. ma mentre diventava ingengere - mi dicono - passò dall'essere un facente funzione ghei, nel senso che non gli interessa la gnagna, a schiantatore di gnagne, con - pare - estrema soddisfazione delle portatrici di gnagna. [la mia ironia, ovviamente, savasanddiiiirrr, è perché sono invidioso].
è vero, prima di cominciare a inanellare [c'è un sottilissimo doppio senso] successi, passò per il viaggio, in treno, per due terzi di europa con in mano una rosa. voleva consegnarla ad una norvegese [?]. la nordica che - mi dicono - forse non valeva nemmeno mezz'ora di metro, non capì la portata del gesto, o forse lo capì benissimo. e non sembra apprezzò. cazzi, suoi, perché poi dopo accadde quel che accadde all'amico daniele. che nel frattempo diventò il kuso. d'altro canto sulla rubrica sono 17 anni che c'è, appunto, danikuso.
perché poi ci si è re-incontrati. ed è grazie a lui che ho conosciuto gente che ora è decisamente importante per me. all'inizio mi ero quasi ricreduto che ci fosse pure qualche donna. poi non andò esattamente così. ma va bene così uguale.
ecco.
la storia della rosa fino in norvegia è emblematica.
perché l'amico kuso è tipo che fa di questo genere di cose, sui generis. in termini di generosità e tentativo di essere amicodituttttti. pure troppo a volte.
forse è da questo che nasce qualche scazzo.
che non riesco a intuire del tutto la razionalità di quella tropposità nel darsi.
è anche per questo che lavora in maniera abnorme, consumando un'energia relazionale, fisica, mentale, che non capisco mica come si possano reggere questi ritmi, per tutti questi anni. davvero è cosa che non riesco a spiegarmi.

in termini di abiura e apostasia, l'ho superato di gran lunga [mi verrebbe da dire a sinistra, nel materialismo scettico]. o forse lui vagola per altre dimensioni frattali. ed a volte, figurarsi, ci si confronta convintamente [ie, con spigolature] perché si è, si ha la percezione di, essere distanti. io nella razionalità che vuole spiegare tutto - aiò, d'altro canto sono nevrotico - lui nel suo lasciarsi andare quasi metafisicamente in un modo tutto suo. e quando quel paradigma si fa troppo sui generis ho qualche difficoltà. [o forse sono decisamente un gran rompicoglioni].
è insomma tutto un miscuglio di cose.
tanto che, quasi un anno fa si scazzò in maniera importante. o meglio. io ci rimasi molto male, per una serie di ragioni che non sono funzionali all'economia di questo post. tanto per cambiare mi ritrassi e mi feci desiderare, con zero voglia di re-incrociarlo. con un'eco di quella scottatura che mi doleva.
tant'è.
poi accadde che io giorno del mio compleanno trovai il suo sms, come prima cosa quella mattina. e la giornata virò in maniera che ancora oggi ricordo in maniera viva. virò, ovvio, in meglio.
ecco.
è un po' 'sta cosa qui. il tenuto dentro per tutto 'sto tempo.
il suo compleanno.
e la consapevolezza è bersagliato da istanze rompicazzo che, molto probabilmente, stenderebbe un toro, o quanto meno una consistente quasi totalità di persone del mondo occidentale. dal punto di vista tecnico posso dirgli che non lo invidio.
non solo.
qualche settimana fa mi disse che aveva deciso di lasciar la casa in affitto. a dirla tutta è almeno un lustro che la butta lì, 'sta cosa del lasciar la casa in affitto. anche se dovrei esser l'ultimo a notare questa cosa, considerata la mia ontologica e quasi definitiva inazione. e mi anche aggiunto che secondo lui questo sarebbe stato la prima tesserina del domino, che cadendo avrebbe innescato una serie di eventi positivi via via crescenti. "mi sblocco e diamo il la ad eventi che andranno a migliorare la condizione".
ricordo di aver pensato l'eventuale mia paura, che il mio approccio, forse, sarebbe stato: diamo il la ad una seria di eventi, speriamo che alla fine non mi trovi con un ginocchio nel culo [sì, diciamolo, è di nuovo un periodo così].
ecco.
in quel mentre ho percepito lo iato tra lui e me.
io nella mia ossessiva necessità di tener tutto sotto controllo, razionalmente.
lui in questa sorta di speranza, forse incosciente, ma pur sempre speranza.
e se ripenso a mio padre, tutto sommato, mi sa che hanno ragione loro.
e quindi nulla.
ho la vaga idea che il regalo genetliaco se lo stia comunque facendo lui.
cos'altro augurargli che abbia ragione? [ragione, non raziocinio].

tanti auguri kuso.
[non rileggo e pubblico].

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