Saturday, December 1, 2018

i kiwi e [forse] l'inconscio collettivo, ed altre psicopippe

stamani ho colto i kiwi. è stata una bella sensazione. mi è uscita la psicopippa.

prima un paio di premesse.
premessa 1. mi sento decisamente in bolla, la perezione di quando la voce si abbassa di mezzo tono, per diventare quel briciolo più baritonale, rassicurante, rasserenante. forse financo il battito cardiaco che rallenta un pochetto. tum. tum. tum. quindi la psicopippa quasi metafisica mentre si coglie il kiwi [kiwo?] è roba facile. prova a farla mentre ci sono altri millemila cazzi [reali] che attanagliano la voce e la tendenza alla tachicardia. e vediamo se non viene giaculatoria. però, in tutto questo, la realtà oggi è l'essere garrulmente in bolla. quindi, a culo tutto il resto.
premessa 2. pochi giorni prima che mio padre se ne andasse esclamò: appena sto meglio devo raccogliere i kiwi, prima che arrivi una qualche gelata e rovini tutto. questo a testimoniare[ci] non avesse nessuna contezza delle sue reali condizioni. sinceramente non ricordo se raccogliemmo i kiwi quell'anno. da quello dopo pero sì. sempre verso la fine di novembre, inzio dicembre, prima che arrivi una gelata improvvisa, e rovini tutto.
fine delle premesse.

raccoglievo quindi i kiwi, il cane a scodinzolarmi attorno. c'era pure discreto sole, col tepore interessante del mezzogiorno. il kiwi [kiwo?] si coglie dalla piante femmina, che per fare i kiwi deve averne vicino una maschio, al netto della forzatura di genere: pianta maschio. coglievo i kiwi tirando ciacun kiwi [kiwo?] fintanto che il picciolo riusciva nel suo compito di sostenere il frutto alla pianta. 'ché poi c'è lo stunc e ti rimane in mano il kiwi [kiwo?]. come per la mela, spesso è il picciolo che si stacca dalla pianta, non il contrario. così ho riposto, in quasi cinque cassette, kiwi e piccioli. nel cogliere un particolare kiwi [kiwo?] ho dovuto tirare con un po' più di forza, forse un picciolo più convinto. tanto che c'è stato un lieve rinculo del ramo appena dopo lo STUNCCC. uno strappo un po' deciso.
mi è venuto da chiedere scusa all'albero femmina. e già che c'ero di ringraziarlo per i frutti che mi stava donando mentre li coglievo. quasi nel mentre mi sono reso conto di due cose.
reso conto 1. che ho sempre osservato un po' basito mia cugina [a sua insaputa], ogni volta mi raccontava convinta e ed emozionalta la sua gioia nell'andare ad abbracciare gli alberi del bosco e ringraziarli. approcci, punti di vista bizzarri. che sentivo distonanti, per nulla armonizzanti col mio approccio scettico razionalista.
reso conto 2. quel pensiero di chiedere scusa e ringraziare, non era propriamente un pensiero. era un qualcosa non del tutto razionalizzato, come se sgorgasse dal molto di dentro. pre-razionale. istintuale, anzi no: archetipo. veniva da molto lontano.
ovvio che la sequela di considerazioni mi abbia incuriosito. che [mi] stava succedendo, in una mattina di inizio dicembre, quando la voce è mezzo tono più baritonale? era qualcosa che può confutare il mio approccio scettico-razionalista? mi metterò ad abbracciare alberi?
e con la stessa inevitabile consequenzialità è sgorgata una specie di risposta. molto razionalizzata ma anche molto spirituale. credo si sia trattato di un'eco di inconscio collettivo. quel portato che è dentro ciascuno di noi. è l'esperienza accumulata e sedimentata di tutte le generazioni raziocinanti e forse anche prima. è l'inconscio buono.
certo.
non è stato dimostrato. è uno dei capisaldi dell'analisi. quindi niente roba da scienza dura. non del tutto appagata la parte scettica. però, in fondo, stigrandisssssssimicazzi.
quindi ho anche pensato quanto sia veramente recente il nostro distacco con la terra, con quello che ci nasce sopra, e che peraltro - guarda te a volte il caso - ha contribuito a sostenerci per qualche gazziglionata di generazioni. la rivoluzione industriale/tecnologica è roba nostra da buffetto, rispetto a quanto è il tempo della storia dell'uomo, o di quell'essere con una corteccia che ha cominciato ad essere di una certa fattura. nelle cui pieghe si è infilato l'humus dell'inconscio collettivo.
stavo cogliendo kiwi, stavo prendendo il tepore del sole d'inizio dicembre, rifacendo un gesto che per me ha pure un valore simbolico. ero in un equlibrio omeostatico che vorrei regalarmi più spesso. e nel contempo ero dentro un rito collettivo da cui in gran parte è dipeso il fatto dell'evoluzione della specie. ero dentro un ritorno condiviso, di cui non cogliamo il senso profondo, perché possiamo avere i nostri cazzi, o distratti da millemiGlioni di altre connessioni sinaptiche orientate ad altro, per il contesto in cui viviamo, 'ché non abbiamo patito la fame. ma quello molto più naturale di quanto ci possa sembrare perché era dentro nel vivere i "contatti con la terra" [cit.], non tecnologico fino all'altro ieri, nella storia di noi tutti, portatori di inconscio collettivo. siamo scivolati avanti velocissimi, con i puntini di luce delle stelle che si fa linea allungata. il time warp che ci ha disconnessi e ci disorienta: troppo rapido il salto culturale della crosta percettiva, innestata su una struttura che ha fatto amicizia lunga, e carica di nottate a sorseggiare calici, con quell'armonia ed equilibrio. mi spingo oltre: un rispetto inevitabile, perché non si poteva che far così, e insconsapevole, perché veniva di fare solo così. e chissà quante declinazioni di quel ringraziamento, abbiamo sublimeto ed introiettato. roba che spiegherebbero i dotti antropologi, stimolandomi intellettivamente con un piacere tanto quanto quella erotico.
e questo si è depositato, stratificato, sedimentato, ed è diventato un [rassicurante] bordone di fondo. l'eco che riverbera senza che noi lo si chieda, o lo si meriti.
forse è 'sta roba qui di cui ho percepito la melodia, perché c'erano le condizioni favorevoli nel mentre stavo a raccogliere kiwi [kiwo?]. forse è roba simile a questa quando la cugina abbraccia gli alberi per riappropriarsi di condizioni favorevoli.
nel dubbio, comunque, scettico razionalista continuo ad essere. roba che peraltro non mi ha impedito di osservare la conturbante sinuosità dei due kiwi [nel senso di kiwi femmina e kiwi maschio]. abbracciati e con rami fogliosi gorgoglianti. ne avevo colto i frutti. li ho lasciati lì ad amoreggiare ad libitum.
[ci sarebbe pure la chiusa teleologica, per quanto meno centrale, nell'ottica del post. questo ri-contatto, questa ri-equilibrio, che è frutto della conoscenza e consapevolezza, cui la tecnologia da un primo supporto, oltre che metterci nelle condizioni per sputtanare tutto: sarà abbastanza rapido? oppure, appunto, sputtaneremo tutto prima che la questione ambientale smetta di essere questione ma diventi essenza nostra? perché noi siamo rapidi ed in sufficiente maggioranza a sputtanare. la natura, quel sistema retroazionato al momento in equilibio a noi favorevole, ha tempi diversi. può andare in temporanea instabilità. una temporaneità che significa latenze lunghissime [per noi], ma inesorabili. esce dall'equilibrio, il sistema è controreazionato, per quanto coi tempi suoi, occhei. potremmo financo essere nelle condizioni di portarci all'estinzione. ma non finirà la natura. finiremo noi. i batteri di un [lungo] inverno nucleare, o instabilità climatica definitiva, se ne battono. poco insconcio collettivo, ovvio. ma non hanno nemmeno abbastanza corteccia per doversene fare una ragione.]

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