Thursday, January 3, 2019

sui tifosi dell'fc internazionale, la crema chantilly e l'amico massimo

quindi mi è sovvenuta 'sta cosa di provare a far una classifica delle squadre di calcio italiane. classifica personalissima, ovvio, sulla base della personalissima percezione abbia dei tifosi delle squadre medesime, percezione per conoscenza diretta o indiretta. e niente. la spunta l'effeciinternazionale di milano. e nemmeno troppo di misura. non c'è partita. sono diventato agnostico anche nel tifo, da praticante che ero. e son scettico razionalista pure lì. tifavo giuventus, e se vince [con merito] per quei due-tre minuti mi sento pre-garrulo, ma stenderei un velo pietoso sul tifoso giuventino medio.
gliel'ho buttata lì, all'amico massimo, 'sta cosa. anche perché avevo già intenzione di scrivere questo post, pensando che sarebbe stato l'incipit del post medesimo. gliel'ho buttata lì col uotsapp. mi ha risposto con sei - sei - messaggi vocali di durata non indifferente. sapevo sarebbe bastato dargli il la, specie parlando dell'effeciinternazionale. e da lì una messe argomentazioni analitiche, condite con cinestesie ad accento toscano, voli iperbolici a toccar altri ambiti, contesti, piani di ragionamento. una cascata tripudiante tipo i royal fireworks, accompagnati dagli omonimi cinque movimenti della suite händeliana.
insomma, ho fatto riprodurre in piccolo il nostro interrelazionarci, di tutti i mesi passati assieme là dentro.
anche il fatto che su alcuni punti non fossi del tutto d'accordo.
anche il fatto che, quando disquisisce di tifo e di effecciinternazionale, smarrisca un po' di grip con la sua spietata e lucidissima capacità di legger in mezzo alle cose e, soprattutto, alle persone.
anche il fatto abbia la sensazione che, a tratti, si dimentichi un pochino dell'interlocutore, preso dalla foga di renderti partecipe di sé e del portato della spietata e lucidissima capacità di cui sopra.
perché, ovvio, l'amico massimo non è mica perfetto.
foss'anche solo per una questione statistica: uno che è così tanta roba - tanta - ci può stare che qualcosa sfugga via.
però, cazzo, a trovarne di gente come l'amico massimo.
ed a proposito di ranking, nella mia personalissima, modestissima visione delle persone là dentro, intuisco si faccia fatica a trovarne di qualcuno che possa tenergli testa. tra quelle che conosco e con cui ho interloquito, di sicuro. per tutti gli altri, una scommessa alla tipiaaacevincerefacileeh?, la potrei anche fare.
poi, come lo scrivente di questo blogghettino da cantuccio riservato, anche l'amico massimo là dentro conta poco un cazzo. cosicché la sua tantosità sfuma nella mediocrità, invero piuttosto miserina, di tutti coloro che lì ci lavorano. [non è un paese per meritevoli].
quando me lo presentò l'amico omar, mi buttò lì una cosa tipo fosse uomo di lettere, amante del guccio, e che avremmo potuto trovar punti di discussione. il ricordo che ho, di quei primissimi momenti, è lui che mi guarda con sorriso appena accennato, quasi beffardo, e che di sguincio un po' mi sta studiacchiando.
e comunque, l'amico omar, ci vide bene a riguardo, anche più di quanto immaginasse.
e da lì è stato tutto un po' un crescendo. a piccoli sorsi, in crescendo.
ad un certo punto se ne andò - cosa non così infrequente là dentro per i cordoncini bianchi, i consulenti esterni. scrisse una mail struggentissima, carica [onusta] di malinconico desiderio di comunicare quel suo sentirsi un po' da partireèunpo'morire. ho la vaga sensazione la capirono appieno in pochi. per quanto credo tutti riuscirono a cogliere quella sua peculiarità: che l'amico massimo fosse qualcosa di poco intruppabile nella massa dei "ringrazio per la crescita professionale e umana che ho maturato lavorando qua dentro".
ad un certo punto tornò - cosa che può capitare ai cordoncini bianchi, che finiscono di nuovo là dentro, a consulenziare. me lo ri-trovai, improvviso, una mattina mentre pigliavo il caffè. mi venne di abbracciarlo, percependo una ventata di belle cose. fu un attimo rapidissimo di gioia intensa e vera.
e così si è cominciò coi caffè letterari. da gustare tipo la crema chantilly.
il caffè letterario: quella roba che si piglia il caffè della macchinetta, ci si siede sul trespolo, per garantirsi quella relativa intimità, e si comincia a disquisire. su un po' di tutto, con alcuni punti di accumulazione di preferenza, ovviamente.
cioè, più che disquisire, sono piuttosto quelle cascate di robe pirotecniche di cui sopra.
a dirla tutta il possesso palla retorico è mediamente settantacinquepercento per lui, ventipercento per me [il cinquepercento ci si azzittisce a guardare una qualche figliola, cordoncino bianco o arancio che sia, per poi ragionarci sopra, mai - dico mai - con trivialità]. sì, insomma, l'amico massimo è uno che parla molto, riuscendo a tener quasi zitto uno come me, che proprioproprio silenzioso non sono. io lo ascolto, più che intervenire, perché le sue figure retoriche, i suoi construtti argomentativi, le sue articolazioni dialettiche, gli addentellati per le citazioni del guccio e di altri giocolieri della parola, hanno bisogno di spazi larghi per potersi dispiegare per bene. a volte mi è quasi venuta voglia di alternarmi più serratamente alla sua favella. ma poi era sempre così piacevole ascoltarlo raccontarsi che pensavo: magari al prossimo caffè.
ed ogni volta ho ritrovato quel fottutissimo dono di metterci dentro quasi della musica. che si fa intensa quando parla della sua itaca che è massa, la cesura che lo lacera dal fatto di esserle partito via. diventa cicciolosa quando racconta del suo bimbo, e di come sia praud di essergli padre. arpeggiata, tinteggiatura di note appena, quando parla di sua moglie, quasi fosse una cosa che riguarda solo lei e lui. e il canone e la fuga di quando si intuisce quanto sia arrivato giù nel profondo, nell'essenza dell'epos dell'arte del fumetto.
e poi la pervasività analitica di leggere cose e persone. e come questa sembra si faccia quasi psichedelica quando parla delle fenomenologie del calcio italico, dei tifosi. non che non gliel'abbia mai fatto notare. anzi. potrebbe essere un ottimo leader della sinistra, se non sprecasse le sue capacità raziocinanti a disquisire sui massimi sistemi attorno alle [dice lui] ingiustizie perpetrate verso l'effecìinternazionale milano. lì, a mio parere, scarliga un po' via. come quando si scivolava giù dal trespolo, alla fine del caffè.
caffè che poi non son stati così frequenti. forse avremmo potuto farcene di più.
mi piace comunque pensare però che siano stati cosa tipo la crema chantilly. che è roba raffinata, molto. e che la si gusta al meglio, con dlin-dlon di piacere, che il centellinare del dosarsela acuisce. aspettando il giro successivo, con calma.
io, nel frattempo, a correre dietro a tutto il guano da contenere, lui nello stanzone dei tester, con fare a volte maeiutico. ma in quegli intervalli bastava uno sguardo, un cenno con lo sopracciglio, un ghigno appena accennato d'intesa. ribadendo, senza ripeterselo troppo, della consapevolezza di una alterità condivisa, là dentro. probabilmente, lui ed io, utilizzati senza far esprimere il meglio di noi, per motivi diversi, ed ognuno a suo modo. ma pure con la certezza di sapersi presenti, più o meno l'un l'altro. quando sarebbe venuto il momento di un altro caffè.
crema chantilly, appunto.

l'amico massimo domani se ne viene via da là dentro. ho la vaga idea questa volta sarà un po' più definitiva. ed ho la netta sensazione mi mancherà, molto. per quanto fossero radi quegli stranissimi caffè. e dirsi ora che potevano essercene altri è inutile. quand'anche ce ne fossero stati non mi sentirò, per questo, quel cucchiaino di crema chantilly meno solo.
buon tutto, amico massimo. continuerai a far le cose più che bene, anche se sai benissimo potresti produrre ben altre chicche in continuazione, facendo altro.
l'effecìinternazionale milano continuerà a vincere poco, ma non perché i poteri forti le sono ostili, o gli arbitri in cattiva fede o in soggezione. ma in fondo chi se ne fotte. i suoi tifosi, mediamente, continueranno ad essere i tifosi più interessanti conosca. e tu continuerai ad osservare cose e genti, mettendoci musica nel guardarci dentro. il fatto di non essere abbastanza ricco per smettere di lavorare, quanto meno, mi ha permesso di incrociarti là dentro. un'altra tacca [taccona] che mi porterò via da là, quando sarà.
ci porteremo nel cuoricino, godencele, le consapevolezze, condivise, mutue, reciproche, caffèletterarizzate.
e a culo tutto il resto.

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