Sunday, January 27, 2019

sul un giorno della memoria [con all'inizio un pensiero un po' bislacco]

comincio con un pensiero bislacco, [auto]fastidioso, che mi ha accompagnato per qualche tempo.
son stato in palestina. un viaggio che mi ha segnato. ero in mezzo a gente molto convinta della causa palestinese, ed in automatico molto anti isrealiana. non tutti, ma abbastanza. in quel tipo di viaggio è complicato non vedere acclarate le storture, ingiustizie, tracotanze dei rappresentanti dei figli dell'uomo che vide l'angelo. ed è un turibinio di pensieri, anche ricordando la percezione che di lì, si ha da qui. ed è un gran intorcigliamento di situazioni, dove la complessità che colà son riusciti ad inventarsi fa detonare contraddizioni disorientanti. anche per questo, mentre si risaliva verso gerusalemme, uno degli ultimi giorni, ho pensato allo spirito con cui avrei vissuto la giornata della memoria. da lì a nemmeno tre mesi.
non so se ci sia bisogno di spiegare il perché.
però lo faccio, ci provo.
perché un pensiero che ti viene è come fai - tu o popolo di israele - a perpetrare certe storture, ingiustizie, tracotanze, quando hai subito il male assoluto. le due cose non si possono nemmeno confrontare, ovvio. però fa molto male il pensiero che ti senta in diritto di poterlo fare, come indennizzo [parziale] di quello che hai vissuto, per poter ri-avere quella terra che consideri tua per diritto divino.
è un pensiero banale, quasi istintuale e brutale. fastidioso, appunto. ma che non son riuscito ad evitare di fare. anche se si porta appresso i germi della banalizzazione dicotomica: se non è una cosa, è l'altra. germi che possono essere anche pericolosi.
non ho più toccato quel pensiero. confidando nel fatto dovessi lasciar sedimentare le sensazioni. anche perché questo non sono [ancora] riuscito a scriverci sopra nulla, riguardo quel viaggio. forse aspettavo questa giornata della memoria. chi lo sa. boh.
e comunque ci sono.
quindi me lo son ripreso, quel fastidio di pensiero.
e tutto mi è parso molto più chiaro. come se la complessità del principio di realtà fosse una cardatura da cui si riesce a filare la lana, che se ne viene fuori in modo quasi inevitabile.
la chiarezza suggerisce di guardarci dentro meglio quella questione. e lì si trova, in estrema sintesi, il fatto che il sionismo è una cosa, l'ebraismo un'altra, e non è del tutto sovrapponibile. per fortuna, è bello da ricordare. e gli israeliani sono altro, così come gli ebrei, altro ancora. con sovrapposizioni non esaustive. e tutti: sionisti, israeliani, ebrei sono umanità.
e poi perché i nessi non causali, in questo caso, funzionano ancora meno. le storture dei figli non possono riguardare, nel modo più assoluto, la tempesta devastante subita dai padri.
e poi, soprattutto, in quei momenti di male assoluto, è stata l'umanità ad essere umiliata. "se questo è un uomo", appunto.
e poi, di nuovo, "ricordatevi che questo è stato". è tutto qui il punto centrale di questa giornata.
siamo noi le particelle inserite in questo campo collettivo della memoria.
non è un mero ricordare le persone che finirono risucchiate in quel gorgo assoluto: ebrei, zingari, omosessuali, oppositori politici, disabili e portatori d'handicap.
la memoria, in questa giornata, è un vaccino collettivo contro quei recessi della nostra mente, la tumescenza, il tumore, la metastasi della legge morale che alberga in noi. la memoria, oggi, è il dovere per tutti noi, umanità incerta, di ricordarci che quello è stato, quindi ne siamo stati capaci: quel gorgo è nelle nostre corde. la memoria è quello sforzo di provare ad intuire cosa può portarci ad esserne capaci: intuire, perché quegli estremali assoluti non possiamo capirli. la memoria è l'esercizio per intelleggere quando volano quei semi, lontanissimi prolegomeni di quell'onta totale. la memoria dovrebbe essere la calettatura nell'intelligenza collettiva, patrimonio dell'umanità, di camminare sempre e comunque per allontanarsi da quel male, che non è arrivato a mezzo di nessuna entità metafisica: possiamo esserlo noi.
mi rendo conto facile di un paio di cose.
che quel tipo di memoria non è [ancora] per tutti. ma sono le minoranze ad essere particelle che possono aggregarsi, e fare campo. gira et rigira è pure sempre una questione di neuroncini che decidono di costruire intelligenze nuove. o forse nemmeno lo decidono: succede.
questi sono tempi [più] complicati. dove ho la sensazione, il sentore, le vaibrescion che l'esercizio della memoria sia più importante oggi che in altrove, nel tempo indietro. faccio un po' di fatica anche solo a metter a confronto, anche lontanisissimamente, tempi, gesta, volontà. non foss'altro per l'incommensurabilità di quel buco, nel centro della cristianissima europa, nel mezzo del secolo che avrebbe dovuto chiudere la storia, mentre è stato quello breve. e forse anche per rispetto nei confronti di quegli uomini che in quel buco furono risucchiati.
però proprio in questi tempi, la memoria, questa giornata, ha ancora più senso. siamo un po' alticci, potremmo immaginarci lontano, troppo ed inevitabilmente lontano il male assoluto. qualcosa d'altro da noi. ricordarci, invece, che quello è stato, per andare nella direzione contraria. oggi è forse un po' più complicato. ma noi siamo i neuroncini, vigili. e costruiamo le intelligenze nuove.
a partire dal dovere della memoria.

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