Sunday, March 10, 2019

via del pettirosso e dintorni

stamani ero in auto. stavo andando al lavoro - capita, ogni tanto, anche di domenica. tariffa oraria maggiorata - sono passato davanti l'imbocco di via del pettirosso. ricordi a palla, ma nel senso di orticata lì, nelle palle.
e mi è risalito tutto d'un colpo la sensazione sgradevole, a tratti per quanto continuativa, che mi assaliva nel farla, in cazzo di fottute mattine, quando mi recavo nello stanzino, lì poche diecine di metri, svoltato l'angolo là in fondo a via del pettirosso. poche diecine di metri che sembravano lunghissime, noiosissime, frustrantissime [a tratti per quanto continuative]. via del pettirosso è un senso unico, quasi soffocante, e certe mattine [che comparivano a tratti, per quanto continuative] sembrava non finisse mai. per quanto fosse ancora quasi più soffocante la sensazione di star in quella stanzetta, al chiuso di quella cosa che mi ha azzoppato per troppo tempo.
dio mio, quella cazzo di via del pettirosso.
che faceva da contraltare alle altre vie, quelle del ritorno la sera, uscito dallo stanzino [quasi continuativamente chiudendo l'ufficio]. che poi me ne allontanavo, quindi sembravano vie diverse, anche via del pettirosso medesima. oppure prendevo altre strade. e le percorrevo a piedi. a volte un pezzo, fintanto di incrociare la 58, a volte fino a casa. via soderini, lunghissima, per quanto mai come la distanza che mi pareva di intuire di dover percorrere, per riuscire ad uscire da quel cul de sac. e soprattutto con film inverosimili, produttoria di eventi poco probabili. tanto ribaltanti con clamore lo status quo, quanto poco probabili. percorrevo, a volte fino a casa, quelle strade, per scaricare un passo alla volta, tutto il peso dell'ennesima giornata ad andare dietro a qualcosa di soffocante, senza una vera via d'uscita. mi infilavo le cuffiette e ci davo dentro col volume. ogni tanto funzionava anche che quel poco di neurorecettore buono, secreto dal passo un po' spedito e ritmato, facesse pure effetto. ed entravo in casa se non rasserenato, almeno un poco meno incazzato, o smarrito.
quando ce ne andammo da quell'ufficio, quando uscii del tutto da quel cazzo di stanzino, provai una sensazione di liberazione - ci deve essere un post, da qualche parte, una mail scritta a qualcuno a testimonio di quei momenti di quella domenica. intuii che qualcosa era veramente finito. ed ebbi certezza che - quand'anche avessimo avuto un altro ufficio - ero nelle condizioni per pormi in maniera diversa.
poi le cose sono andate in maniera ancora più diversa. ed il paradosso è che quanto è stato doloroso far scoppiare il bubbone, tanto è stato salutare, alla lunga: per quanto faticosino [eufemismo]. poi io son uno lento, quindi ci ho messo un po' a capire certe cose.
forse anche per il senso di obnubilamento di parte del mio senso, che smarii chissà quanto tempo indietro. e per la cristallizzazione di percezioni di sé.
poi, dopo, ovvio sia tutto più facile capirlo. non foss'altro perché hai vissuto.
e me ne sono accorto stamani, passando accanto via del pettirosso, dello iato tra allora e oggi. di quanto lavoro c'è stato per prendere contezza di una bella fottia di cose. e quante ne sono successe, perché la vita vive, anche quando ti vive addosso e tu te la guardi vivere senza capirci molto, tranne la sensazione sarebbe meglio indirizzartele tu, le faccende. poi di cose da capire, sono certo, ne mancano ancora molte altre. ma intanto, appunto, sarebbe stolto non considerare già il gruzzolo esperienziale accumulata [finiamola col malassorbimento].
e a proposito di fieno in cascina, per quanto naturalmente quasi banale sottolinearlo, non è solo una questione di conto corrente capiente. però un po' aiuta. anche solo per aver molto chiaro che intendere [e coglionarsi] come una prova da attraversata del deserto il fatturare tremilamillecinquecento eurI in venti mesi [tacendo i pochi fatturati comunque nei sette anni precedenti], non è senso di abnegazione, credere in un progetto e nel fatto sarebbero arrivati momenti migliori. è rimozione di un problema: l'horror vacui che sta dietro al cambio di paradigma. il cambiamento fa paura. ed è una paura dannosa, 'ché che immobilizza in maniera pericolosa e ottundente la serenità psichica. dalle trasversate nel deserto si può anche non uscire.
fottutissima via del pettirosso.
ho scalato la marcia, sono passato oltre.

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