Sunday, May 12, 2019

l'adunata del centenario [sulla storia del conflitto generazionale et alter]

domani c'è l'adunata del centenario. quella degli alpini, dico. è che se la fanno a milano la sento come se me la facessero in casa, quindi roba anche un po' mia. anche se tecnicamente arriverò colà a sciogliete le fila già impartito.
e soprattutto io non sono un alpino.
al limite figlio di.
per quanto ci sia stato di mezzo la storia dell'obiezione di coscienza, convinta.
mio padre era un alpino, nel senso di sergente fanteria/artigliere di montagna e penna nera. fiero di esserlo, come quasi tutta la totalità di alpini. non so quanto se ne sia mai reso conto, ma quel ottemperare la coscrizione di leva obbligatoria in quel corpo è stato un [suo] momento fondante. un rito di passaggio, l'iniziazione all'età adulta. in zone antropologicamente estreme dell'africa, appendono i giovani adulti per i piedi in cima ad una pertica, oppure si adoperano in prove più dolorose e segnanti, magari pure sulla nuda carne. in una vasta zona del nord d'italia si faceva la naja in una delle cinque brigate: taurinense, orobica, tridentina, cadore, julia.
naturalmente mio padre voleva alpini pure mio fratello e me. anzi, diciamola meglio, per dargli giustizia: avrebbe tenuto tantissimo che mio fratello e me fossimo alpini come lui. pare avesse conservato un coupon dal mensile dell'associazione degli alpini [si chiama "l'alpino", saavvvvààsaaannddir], con cui segnalare casi in cui si fosse stati richiamati, con la cartolina rosa, a divise diverse da quella con la penna nera, misconoscendo l'orgogliosissima volontà di indossarla, ci avrebbero pensato loro a rimediare.

quando partii per la visita militare gli promisi che avrei scelto così: alpino. in realtà già lì, nel mentre compilavo i test - occhio a non rispondere che ti piacciono i fiori, per non finire sicuro a passare almeno mezza giornata in più, a far due chiacchiere con lo psicologo all'ospedale militare a baggio - vidi tre le varie possibilità "comunicazioni". mi titillò, non foss'altro per il fatto allora ero molto prauuddd del mio studiar da perito quasi telecomunicazionista. mi vidi circondato da trasmettitori radio, antenne a dipolo lunghissime, e quel bendiddddddio tecnologico [com'ero tenero in quel candore illusorio]. segnai quello. quando glielo dissi un po' ci rimase male. probabilmente lo delusi un po'. non me lo fece mai capire bene.
tanto più che poi di lì a qualche mese decisi che sarei stato, altresì, obiettore.
cominciai ad immedesimarmicivisi, tanto per cambiare. e come in molte altre scelte lo feci convinto.
in fondo è sempre stato il modo che ho compulsato per definirmi una forma, una struttura, un'individualità. e la storia dell'obiezione coniugava bene quel desiderare fare una scelta non particolarmente conformista, e alimentare quella specie di conflitto generazionale, che tenevo vivo - di nuovo - forse perché immaginavo fosse il modo per strutturarmi, marcando l'alterità verso mio padre.
leggevo anch'io l'alpino. era lì, a guisa di lettura per i momenti di relax, comodamente riposto sul davanzale della finestra del bagno. leggevo da febbraio a maggio dei preparativi delle adunate nazionali. da giugno a settembre delle eco delle adunate nazionali. leggevo spesso dei ricordi della battaglia di nikolajewka - anche se non ricordo di essermi mai - davvero - soffermato a pensare che cazzo devono aver vissuto, su là, durante la ritirata di russia. guardavo le foto di "belle famiglie" scattate nel giorno del giuramento di sbarbatelli con la divisa stirata, i guanti bianchi, l'arma pulita, ed accanto fratelli, padri, nonni, zii con fare più rilassato, volti più rubizzi e ventri più prominenti. ma tutti con il cappello con la penna nera in testa. orgogliose continuità transgenerazionali.
lessi dell'adunata del - bohhhh '92, '93, '94? - in cui alcuni si lamentavano che lungo corso venezia rispetto l'adunata di vent'anni prima, erano molto poche le bandiera tricolore sventolate alle finestre.
e lessi alcune prese di posizioni verso gli obiettori. quando andava bene, imboscati, rei della somma onta di volersi negare al sacro dovere di difendere la patria.
figurarsi a me, leggere di quelle idiozie. gliel'avrei fatta vedere io, a quelli de "l'alpino", e probabilmente anche a mio padre - che peraltro nulla mai mi contestò della scelta obiettrice.
quindi scrissi, un paio di volte, per confutare quelle tesi. per farlo mi studiacchiai la storia dell'obiezione di coscienza, lo stato dell'arte giuridico, l'evolversi della pratica del servizio civile. mostravo almeno altrettanta protervia di quelli de "l'alpino". il tutto incasellata in una forma baroccheggiante. periodi lunghissimi, prosa contorta [i post del bloggggghe, a confronto, sono lista della spesa. tanto per dare un'idea]. [ed a pensarci ora, quella forma laocoontica, non era un modo per segnare lo iato tra mio padre e me. roba del tipo: visto quanto complicato riesco a scrivere, tanto che fai una fatica fottuta a leggere? visto quanto mi sono elevato? visto quanto son riuscito a fare da par mio, senza chiedere nessun aiuto a te?. poi, vabbhé, che quella roba fosse poco fruibile non mi entrava nemmeno nel campo visivo. che tronfio coglioncello ero].
in ogni caso, passò il tempo, finii gli esami, mi laureai, quindi obiettore venni riconosciuto [status giuridico concesso, ai tempi]. e così anche il servizio civile feci. naturalmente molto meno nobile di quanto mi ero immaginato, o desiderato.
mio padre non si mise mai di traverso. buttò il coupon ben prima iniziassi a far il servizio civile, con mio fratello ormai riformato. con molto - molto - meno clamore di quel che volevo in fondo suscitare io, con quel fottuto conflitto generazionale.
anche perché, dopo tutti questi anni, ho la vaga sensazione che fui solo io a confliggere. tipo che tu sei lì che meni cazzotti all'aria. un gran mulinare di braccia, ma giusto per smuovere un po' la polvere in sospensione lì accanto.
come l'impressione di aver fatto tutto 'sto casino di originalissima alterità, soprattutto da mio padre. per poi conchiudere cosa? qualcosa che sta su giusto un po' più che con lo sputo. poi, vabbhé, un po' il contesto, un po' le circostante, un po' le scelte sbagliate più o meno eterodirette dai miei bachetti interiori. ma mi sento come se avessi brigato la saccenza di dire: faccio tutto da me, non voglio confronti, conforti, aiuti per strutturarmi, anche perché è mio padre in primis a non capirmi. il fatto che, tra l'altro, ho rifiutato altri mentori. oppure ho scelto quelli sbagliati. o probabilmente non sono mai stato con tutti 'sti talenti per potercela fare, in quell'esigenza, del tutto da solo.
poi sì, ovvio.
non sono stato nemmeno così originale, nel cercare di guerreggiare con il proprio omo-genitore. e probabilmente lui non possedeva quegli strumenti per intercettare del tutto quel figlio un po' rompicoglioni. tacendomi, allora, che ero il primo a non volermi far capire. lui ha fatto del suo meglio. anche a partire dal fatto non si sia mai sentito in guerra con nessuno, figurarsi con me. io che menavo fendenti all'aria, pensando sarei stato allenatissimo alla bisogna. ho fatto un sacco a pugni con i pulviscoli di polvere. e sul senso di profonda irrealizzazione, avrei già scritto pure troppo.
ora, con le cinquecentomila penne nere [previste] ormai dentro la città, con lui che ci sarebbe stato, e dopo tutti questi anni, ho il vago sentire amarognolo che non ne sia valsa 'sto granché la pena. anche per il semplice fatto che, un certo numero di cose per cui sono moderatamente soddisfatto del mio essere me medesimo [è la versione personale, da understatement, di andare fiero], sono aspetti che a lui più, o meno consapevolmente, venivano naturali. non tutti, ovvio, ma un bel po'. io, al limite, ci ho lavorato sopra. perché ho bisogno di conquistarmele così, studiando, nel senso più ampio e pervasivo del termine.
ma è stato un fottutissimo mulinare di braccia, spreco di energie piuttoso inutile. e un po' di malinconia ex-post, per tutte le consapevolezze che nel frattempo ho fatto mie. anche se in parte c'è voluta l'inevitabilità - limitante - dell'assenza per conquistarsele. e per questo non ho mai avuto la possibilità di dimostrargli. e mai potrò.

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