Saturday, May 25, 2019

le elezioni europee, il quarantaeotto, il lustro di mezzo [e a culo tutto il resto]

alle scorse elezioni europee votai il piddddddddì. ero partito con l'idea di votar quei ragazzacci di leu [parlandone da vivi]. poi qualche sera addietro andai ad ascoltare pippo, nel senso di civati from monza, col suo stile sardonico [che poi un po' adesso, boh, chissà, magari anche basta]. così cambiai idea e votai tre candidati civatiani. che - giova rammentarlo - il pidddddddì aveva pure provato a rivoltarlo come calzino. a raccontarlo oggi, non sembra neanche vero [cit.]. intanto era arrivato renzie, che il piddddddddì se l'era preso, oltre che la presidenza del consiglio, oltre che i consigli dei ministri da chigi, come tuitttttttava da imperatore del consiglio de lì me cojoni, con tanto di foto. e poi l'inizio frombolante, gli ottanta eurI, la sfida ai faivstarrrrrre [M5s]che maramaldeggiavano con l'hastag #vinciamoNoi. solo che renzie li doppiò, prese il quarantaetottopercento, i faivstarrrrrre vennero spernacchiati con l'hashtag #vincetePoi [cosa che in effetti hanno fatto, poi. però da pezzottati qual sono, hanno diversamente vinto pure loro, e pur di governare si son tirati dietro a chigi quei figuri-diocenescampi dei leghisti. che ora li sodomizzeranno. complimentoni.]. insomma. 'sta storia del quarantaeottopercento poi divenne quasi una iattura. la mattina dopo, quando renzie entrò in sala stampa per la conferenza, gran parte dei giornalisti lo accolse con un reverentissimo applauso, che manco il ragionier calboni quando esclamava "lei è un bellisssssssimo direttore". io allora capii di aver fatto una mezza minchiata, mannaggia a me ad ascoltar pippo. e poi il quarantaeottopercento scritto come volitivo memento, gigante, sulla parete della direzione. oltre che ricordato a piè sospinto, dai renziani più renziani di renzie, in tutti i possibili talk et similari.
comunque vabbhé.
sto divagando.
quelle elezioni europee. e poi le regionali che la imbroccai. e l'elezione del sindaco tipo ottantacinque a quindici [percento].
però stingrandisssssssimicazzi ai risultati di quel triduo di consultazione elettorale.
no.
il fatto è che le elezioni europee scorse, le presiedetti dal seggio in uno stato di mezza trance.
non fosse per il fatto che pochissimi giorni prima era venuto giù tutto. la fine rovinosissima, di una cosa tenuta su ormai con lo sputo, e che ci si illudeva potesse addirittura ripartire, spiegando le ali, verso luminonsisimi altri lidi [sic].
sto parlando di quel progetto aziendale, che era soprattutto di vita.
una scommessa giocata malino - per non continuar ad inzuppare di parolaccie 'sto post -, perpetrata in maniera frustrantina, azzardata con ingenuità non propriamente invidiabile, occlusa molto prima che cominciassi a pensare di aver fatto una cavolatina, nel infilarmici ad aziendare.
era venuto giù tutto. di colpo, in maniera bruciante et irridente. quando la raccontavo mi arrampicavo in un climax di voce tonante e tono sputacchiante la rabbia che sbordeggiava, che mi ero tenuta dentro e repressa per mesi, se non anni.
fu pochi giorni prima le elezioni, ma quando vennero, quelle elezioni, ero tutt'altro che chetato. anzi, quasi che il trambusto dentro era montato e faceva onda. ed io digrignavo in maniera ontologica. brulicavo come mai forse mi era capitato, mentre consegnavo schede e matite copiative. e nel farlo cercavo di essere più gentile e cordial con l'elettore che mi si parava innanzi. quasi a voler produrre una specie di contrappasso positivo, tra quello che mi bruciava e il mio modo di pormi formale et istituzionale. quasi a provar a mitigare il tempestare del mio incazzo, con il comportarmi esteriore.
e poi venne il rebound.
così, nelle settimane, mesi a venire, mentre renzie la menava col quarantaeottopercento, mi ritrovai a sguazzare il periodo più complicato dalla malattia e morte di patreme.
senza soldi, senza fiducia, senza un lavoro, senza un'idea di precisa di cosa fare e dove andare. continuare a far una sottoforma di ingegnere dell'informazione, che non era la mia vocazione? cercare come dipedente in un contesto lavorativo che non mi si confà? come libero professionista con l'autostima che scavava sotto i piedi, per esplorare terrenti ben ancora più sotto la suola delle scarpe? tornare nell'hometown che mi soffocava? rimanere a milano che sentivo avulsa? andarmene all'estero tanto per contarmela su, che figurarsi se avevo i coglioni per far una cosa del genere?
insomma, non esattamente  un finale di primavera ed estate [freddina e piovosissima quell'anno al lago] da incorniciare.
poi arrivò l'autunno. ed i paradossi sono che lì fu la svolta. leggevo "follia" di patrick mcgrath la sera che feci l'aperitivo, durante il quale vidi un baluginio rossastro, tipo un raggio di sole al tramonto, che squarcia la nuvolaglia nera, che forse sta passando.
e poi niente. da lì ad un paio di mesi a finir là dentro. il contocorrente che tornava ad essere capiente [quando mi vidi accreditata la prima fattura, prima di quanto mi aspettassi, con l'estratto conto di nuovo a superare il migliaio di eurI dopo anni, piansi di commozione]. e soprattutto la sensazione di essere molto più capace di molto altro, più di quanto mi aspettassi e immaginassi.

proprio l'altra sera mi hanno chiesto se non sia controproducente tornare su situazioni e persone che, magari in buona fede ma di fatto, sono state venefiche. come se non si riuscisse a distaccarsene.
ci ho [ri]pensato.
ed in fondo è come se fosse una sorta di autonarrazione poietica e catartica. che poi sarebbe quella cosa, senza abusare di parolone prese dal greco, che guardi un po' perché ti atterrisce e ti fa senso, ma è proprio nel guardarla che sconfiggi l'eco nefasta. ed anche un po' la paura.

è passata una legislatura europea. e più che un lustro è passata un sacco di vita.
è vero. star là dentro continua a non piacermi del tutto, anzi. faccio una fatica pazzesca, anche per quel tipo di attività che declina e spavalda le mie caratteristiche: che un po' son nevrosi, un po' particolarissime peculiarità. il lavoro della vita è tutt'altro. sono stanchino.
però il conto è piuttosto capiente. non sono soddisfatto, però so di esser capace di far cose e di saper utilizzare bene le mie intelligenze. e nemmeno soprattutto quella logico-analitica. ma quell'altra, quella dell'emisfero destro del cervello.
sto tutto sommato bene. ogni tanto, addirittura, vado a braccetto soddisfatto con la signorina serenità. e contestualmente - qui et ora - si fa anche piuttosto spesso all'amore, per quanto il confine tra il trombare e farlo [all'ammmmmmore, dico] non è che sia chiarissimo. non sono felice, ma mi capita di osservarmi con un ghigno che se non è ontologico è quanto meno ironico, leggero, gaudente. non è quella cosa degli uomini realizzati et arrivati, ma tipo il famoso solco lungo il viso [cit].

ma soprattutto. soprattutto. soprattutto.
sono ragionevolmente convinto che, oltre al lustro delle elezioni passate, siano evaporate quelle buche che mi portarono, piccoli passi per volta, in quel cul de sac, che si incistò, ingrossandosi e bubbondandosi.
quando esplose fece un male malisssssssssimo.
però è stato proprio da lì, che è poi partito gran parte del resto.
i paradossi son cose che possono inventarsi avere un fascino tutto loro.
non mi ci dovrei infilare più. non fos'altro perché so un po' meglio chi sono. e che non devo più cercarlo nei riverberi dell'altro, per non sentirmi sbagliato [o cercandolo nelle persone sbagliate].
lo so un poco più da me.
[ed anche, a culo tutto il resto].

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