Thursday, September 19, 2019

sulla stanchinitudine [giuringiurello non è un post lamentoso]: sulle beddgnniuss et affini

occhei, che son stanchino l'ho detto.
difatti non era questo il senso del post. ma di un possibile effetto di bordo. sempre che non sia strutturale, l'effetto di bordo dico. perché mi auguro che questa stanchinitudine sia, appunto, solo di congiuntura.
l'effetto di bordo mi si è un po' acclarato, di colpo, 'stasera uscendo da là dentro dopo le solite dodici ore passate là dentro.
ed ho visto d'infilata una serie di situazioni omologhe.
che in battuta potrebbero riassumersi nel: oddio, son diventato un cinico stronzo indifferente?
vado a spiegarmi.
in questi giorni, settimane, oltre ad essere stanchino [anche se non ricordo se l'abbia già detto], sto vivendo una situazione di debito: quanto meno dal punto di vista comunicativo e di presenza. gingillandomi pusillanime su quando potrò ridurlo, quel debito. non è che il post precedente l'abbia scritto così, ragionando sulla teoretica delle cose fattibili che se ne sguazzano nell'iperuranio e che declinano nel concetto di esperito in potenza. sì, insomma, mi sto negando ad una donna, che mai si era avvicinata così tanto.
non solo.
sto recependo una sequela di notizie di gente non esattamente in salute, quando non addirittura ormai un passo già a vedersela sfilare dalle dita, definitivamente. salute et alter.
in tutto questo ho come la sensazione sia divenuto coriaceo nel non farmi soverchiare emotivamente. anzi, ancora di meno. allontano con nemmeno troppa difficoltà la tristezza più struggente.
non dico che me ne fotta. non è esattamente così. ma le lascio scorrere via, come se mi fossi rinchiuso in una specie di immaginifico carapace.
non è che non ci pensi più o meno in continuazione. ma è come se guardassi quel grumo di bedddgniussss et affini [anche quando in difetto sono io], con circospezione, un po' mi volto, poi d'improvviso mi giro di nuovo e sono ancora e lì. per poi continuare ad osservarle torvo. poi ogni tanto vien fuori questa specie di interlocuzione:
- che fate? perché mi guardate?
- ...
- sì, vero, sono io che guardo voi. ma perché non ve ne andate?
- ...
- come dite? non siete venute qui da par vostra e da par vostra non potete andarvene?
- ...
- ahhhh, quindi allora pretendete mi immerga dentro voi, per mettermi a far a cazzotti emotivamente...
- ...
- sì. sì. chiaro lo dica io, voi non dite nulla.

e insomma, sì va a avanti con questo dialogo immaginifico, ogni tanto.
però poi la cosa si ferma lì.
e io me sto qui a contemplare la mia stanchitudine. anche perché non ho 'sta gran energia per fare molto altro.
come se appunto non ne avessi abbastanza per star anche quel pocodimmmmerda, come mi sarei aspettato reagissi.

quindi, oddddddddddio, non so se sia diventato un cinico stronzo indifferente.
o forse perché mi sto autoproteggendo, tipo quando si va in riserva di batteria: alcune app vengono spente, la rete dati pure, e lo scriiiinseiver parte più velocemente. risparmio energetico, insomma.
quindi non potrei reggere molto altro.
non è cosa di cui lagnarsi. o esser praud. constato che.

tanto che sembra quasi ovvio ribaltare la storia del bicchiere mezzo pieno. che basta non sia troppo vuoto. che le cose vanno bene quando non vanno troppo male [semicit.]. anche in questo contesto bigio, spossato, grigino, senza baluginii all'orizzonte. stanchino.
non foss'altro, con l'avanzare del divenire, statisticamente saranno sempre più tanti quelli che se ne andranno, o che si ammaleranno o cose poco liete così.
è proprio una questione di frequenza di ritorno dell'evento.
e quindi ci si deve un po' preparare.
in effetti non è esattamente qualcosa che abbraccia in maniera avvolgente la fazenda che a quindici anni volevo cambiare il mondo. non era la storia della pretesa ad essere ingenua. è che avevo quindici anni.

quindi bene comunque così. e sticazzi la stanchinitudine. sono stanchino, occhei.
magari prima o poi riuscirò a riposarmi.

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