Friday, October 11, 2019

post cui in parte ho già condiviso con l'amico luca [volevo andare a praga, vediamo se tocco la toscana settentrionale]

e quindi niente.
sarei in ferie. dalle prime stime fatte ad agosto, sono in ritardo di un mese. nelle ultime due settimane mi raccontavo che i due giorni successivi sarebbero stati gli ultimi prima di staccare.
è quasi sembrato un piccolo caso, là dentro, che io mi assentassi. dal clangore sottile alcuni pensavano sarebbe stato per un mese. sarà per una settimana più un giorno. pedddddddddire.
sono uscito da là dentro col trolley, nel senso che pensavo di partire ieri. invece non ce l'ho fatta. e me ne son tornato a casa.
quindi parto domani.
volevo andare a praga.
volevo far un mini-interrail.
quindi farò altro.
ho pianificato per sommi capi, non ho prenotato nulla. questo credo sia una declinazione del personalissimo paradigma esistenziale. improvviso piccole tattiche, senza avventurarmi troppo. la strategia è da mo che non so che faccia abbia.
so che potrebbero venirne fuori soddisfazioni vive. ma anche piccole delusioni. nel dubbio, tergiverso. e quindi tutto scorre un po' via.
però, a dirla tutta, qualche attimo riesco a catturarlo. nel senso mi conto di vivere un battito d'ala di farfalla in cui si compie qualcosa di importante. non mi spingerei ad abusare del termine felicità. ma momento importante sì.
oggi è successo alle pendici del monte stella, al bordo del Giardino dei Giusti.
c'era un vociare di bimbi sugli scivoli et similari et regazzini nel campetto o al bordo ad ammiccare i primi ammiccamenti, cani che sgattaiolavano dai loro padroni garruli e con la lingua a penzoloni, questa botta di verde e di alberi, che poi è solo relativo si sia a milano: dagli un po' di corda, e la natura sa come imporsi, tanto lenta quanto inesorabile. stava cominciando a tramontare il sole, nel senso che l'alzo si faceva di quei colori che vanno a farsi più caldi, verso il rosso - è un mero effetto di fisica quantitica, però ti prende e ti strugge dentro.
è stato lì quanto mi son sentito trapassare da questa specie di sensazione dell'attimo, che batte, pulsa, mi attorciglia e poi [forse] se ne va. tuttuncomplessodicose di quella varia umanità che stava lì, in quel modo, i cani che sgattaiolavano garruli, gli alberi e i prati, il sole che cominciava a tramontare. e me medesimo, in quel momento ed in quell'incrocio del suo divenire. foss'anche per il primo giorno di ferie, che sono stanchinissimo, che non son partito ancora e che me ne vado al Giardino dei Giusti.
ed ho pensato che quella combinazione di cose è bastata a vivere quella sensazione dell'attimo. e quindi mi è partita la curiosità di capire quale tra le due cose.
se sono così sfranto e abbacchiatello, che mi basta così poco. tipo quando hai la crisi ipoglicemica in cima al monte, che il tuo amico molto più allenato in forma ha tenuto un ritmo asintotico da avvicinare. e tu sei lì, la testa che gira, il battito impazza, il fiato corto e la sensazione che potresti finire a terra da un momento all'altro. e poi l'amico ti offre la caramella, ed in un attimo passa tutto. quasi meravigliato che un attimo prima pensavi di essere finito.
oppure se sono diventato così bravo da riuscire a levare un bel po' di rumore di fondo, e accorgermi della melodia flebile et continua che è la sensazione dell'attimo. ed ascoltarci che sono una persona privilegiata, guardarci che va bene così nonostante tutto, nonostante si sia parecchio lontani da una qualche idealità, più o meno teorizzata. o psichedelizzata. come se, come i cactus, bastassa poca acqua, poca umidità per poter starsene ritti e maestosi in mezzo al deserto. condensano il poco e ne fanno linfa.
forse è la combinazione lineare delle due cose. perché la prima sarebbe di tipo destruens, o bicchiere quel po' vuoto. la seconda sarebbe di tipo construens, o bicchiere quel po' pieno. ed il bicchiere uno è.
e forse, a guardarla bene, non è che mi basti poco. è che in quel poco c'è dentro, invero, una gran fottia di cose. forse bisogna saperle guardare, appunto.

anche se, di nuovo, non siamo così così prossimi all'idealità. anche se non è così semplice conoscerla cos'è l'idealità. specie nel declinarla in cosa uno combina, cosa fa nella vita, quale segno può lasciare quando - tra le altre cose - si guadagna l'euro per campare. dove per campare c'è dentro quella cosa così ampia, da estremali anche moooooooolto distanti fra di loro.
inutile ribadire che, là dentro, non si realizza l'ideale. anzi. per quanto la fatturazione è più che dignitosa, non foss'altro per la montagna di ore in cui mi consumo.
però è una combinazione di eventi tutto sommato positivi. non ideali, ma positivi.
anche se, appunto, la psichedelia dell'ideale ha tante, troppe declinazioni.
poi però a propaganda live ospitano francesca mannocchi. che di mestiere fa la reporter. anzi, forse reporter è po' riduttivo. e nell'ospitata viene mostrato un sup servizio sulla guerra civile in yemen, per cui si è messa in gioco - a proposito di zona di comfort - per cui ha scritto, e per cui è il caso si vedano cose.
lasciando con il suo lavoro sì, un segno. e che segno. tanto che forse è nemmeno più un lavoro. è una missione [e così il contraltare con quello che non è il mio è ancora più stridente. ma per la serie: mi disseto con l'efficienza di un cactus, va bene così. per il momento va bene così. forse è un periodo di passaggio, necessario].
se quei tre che leggono passando di qui hanno da dedicarle quarantacinqueminuti, sono quarantacinqueminuti non spesi bene: meglio.
se uno arriva in fondo, sappiate che gli occhi, lo sguardo della bambina denutrita di otto mesi - che probabile, oggi forse non è più viva, chissà - è una frustata che fa malissimo. ma sopportarne la visione è necessario. giù in fondo, si impara anche a cogliere la sensazione dell'attimo.
dal minuto 1h17'30''.
davvero.
merita.



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