Saturday, October 5, 2019

surplacismi

sono tempi strani. percezioni stranine.
che poi non sarebbe 'sta gran novità.
quello che c'è di nuovo è il come, quel po' di divenire, mi appaia scorrere.
c'è di mezzo questo transare dall'estate così faticosa, all'autunno di cui non ho voglia: forse anche per il non aver vissuto poi tutta'st'estate.
c'è di mezzo questa accettata sottile che ho dato, senza quasi rendermene conto, senza premeditazione: tutto è venuto giù di colpo.
c'è di mezzo lo sceicheramento delle fusione di idee, sollecitazioni, suggestioni congrumante - tra le altre - negli ultimi tre post.
però.
è tutt'unaspeciedi surplacismo con onda emotiva vibrante.
se fossi [ancora] scaramantico forse mi direi che sto in equilibrio, financo un po' silenzioso, per non tirarmela, nel senso di tirarmela addosso. zit-zit immobile, acciocché nulla di così manifestatamente non positivo possa appoggiarsi qui, nei pressi miei e ristrettissima cerchia.
nel frattempo vibro di emozioni da magone facile, quasi inevitabile.
come se, d'un tratto, bastasse un niente per attirarmi a stringermi seduto sotto un albero dalla chioma ampia e rassicurante, con la schiena poggiata ad un robusto tronco, raccogliere ginocchia al petto, stringerle con un abbraccio e poggiarvi il capo, ed il viso rivolto di sguincio. il tutto figurativamente ovvio.
ma con la sensazione, in quei momenti, di sentire fino giù il battere la singola diastole e sistole, il soffio d'aria che entra ed esce dagli alveoli, la chimica degli scambi osmotici, il baluginare delle connessioni degli assoni coi neuroni.
sentire, cioè, come dentro un riverberare unico, quella sensazione di serena coerenza di questa infilata di istanti. che passano uno ad uno, per ciascuno dei quali sgranare la convinzione che va bene così. anche se non è esattamente a ridosso dell'ideale: immaginato o intuito che sia.
va bene ogni singolo attimo, anche se inzaccherato di malinconia, glassa che uno non capisce bene se meglio senza, oppure - di nuovo - va bene così.
va bene anche il magone, che d'improvviso qua e là mi coglie. per un nonnulla, apparentemente: un tramonto, un ricordo improvviso, un gesto quanto più variegatamente construens si possa immaginare.
va bene anche questa stanchinitudine, ossessione lavorativa, poca capacità di riuscire a far altro se non quello di spalar guano seppur financo costruttivamente [costruttivamente isdegniublech].
va bene ogni afflato. come se il contesto ed il pormi trovassero armonia, quasi non sapessero far altro in 'sto periodo.
armonia.
liscia e coordinata.
forse sta arrivando chissà quale fortunale, ed intuisco la famosa quiete prima della famosa tempesta.
forse avviluppo col pensiero e l'emozione la somma dei privilegi che in questo momento mi toccano, col quel solco lungo il viso al percepire che c'è gente che lo è di più - privilegiata - ma poi non se ne rende conto.
e comunque mi basta il mio, quindi quella specie di sorriso.
in surplace, ecco come mi sento. perché mi respiro il momento. non scatto da nessuna parte [anche] perché stanchino. ondeggio in equilibrio sul pignone dello scatto fisso a realizzare quell'ovvia semplicità.
le cose non vanno male, quindi va bene così.
mi sarei aspettato altro di più alto?
forse.
ma per qusto surplace va bene, appunto, così.

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