Sunday, October 20, 2019

volevo andare a praga, ma poi c'è la storia del viaggio parte della meta

c'è un momento in cui ti manca casa tua, e non vedi l'ora di tornarci. lessi una cosa del genere, pochi giorni fa, durante le giornate di proluvio di miGlioni di ore di straordinario. l'autrice scriveva questo a proposito delle vacanze.
posto tutto ciò sia vero, devo esser inciampato in un falso allarme. e questa specie di nostalgia l'ho giusta intuita, lieve come una sorta di eco-miraggio, nei primissimi giorni. ma poi proprio non è più capitata.
poi sì, ovvio, forse son stato via troppo poco tempo per.
comunque.
volevo andare a praga.
poi mi son ricordato "che il viaggio è parte della meta" [cit.] e quindi mi è tornata l'idea di un mini interrail. tre città europee e millemilachilometri su rotaia, a leggere, a guardar fuori, ascoltare musica, e titillare l'epidermide con quadri cangianti ed emozionevoli, 'sì da coglierne il pizzicorio della cosidetta pelle d'oca.
una variante della specie di versione vacanzifera che improvvisò l'amica laura e che - a sua insaputa - mi incuriosì ormai più di un anno fa. per quanto l'amica laura possegga un auto e verosimilmente quella capacità di buttar qualcosa in un baule e partire. e vedere cosa ne viene fuori. io non sono dotato d'auto [anche se proprio da quella suggestione mi venne l'idea di acquistarla, cosa che rimando da ormai 15 mesi], e forse sono un po' più timido di ella. per questo l'idea era di virare su una declinazione del tipo "la locomotiva ha la strada segnata" [cit.].
[una parentesi sull'amica laura. che tecnicamente non è che siamo amici. anzi, a dirla tutta non ci siamo proprio mai incontrati. fotografa pazzescamente, e questo immagino sia solo uno dei motivi per cui ho idea sia, soprattutto, una persona interessante. però ella è anche una specie di realizzazione esperita del principio di inderterminazione di heisenberg. fugace come una particella sub-atomica: se ne conosci la posizione, diventerà molto più indeterminata la velocità - che la porta da altra parte. e viceversa. poi al limite ti invita ad eventi nell'unico uichend in cui io non posso che essere nell'hometown. una volta ebbi addirittura l'ardire di invitarla ad ammirare il mare d'inverno. mi spernacchiò, per quanto, invero, con molto garbo e cortesia].
ma torniamo alla vacanza e al mini-interrail.
ad un tratto ho poi pensato che, considerati i ritmi di lavoro degli ultimi mesi, forse non sarebbe stato molto scaltro percorrere quei millemilachilometri, e toccar fugando tre città europee.
occorreva un'alternativa meno esosa energeticamente, e con una via di fuga più agevole.
quindi, italia. ma dove?
lo scorso anno fu rumiz, ad incuriosirmi sulla giulia e sulla sua trieste.
questa volta è stato un romanzo ambientato a livorno. nulla di fenomenale, il romanzo. però con un'insolita e riuscita capacità di pennellarla così bene, far diventare la città una co-protagonista del libro, imprescindibile. tanto da vederteli i colori, le sfumature, intuire la brezza del mare, il caldo, il cielo striato, la parlata, persino l'odore di schiacciata rustica, dello iodio durante il libeccio, la salsedine stantia dei canali.
insomma, livorno.
al netto dell'effetto di sentirselo raccontare e raccontarlo. dove vai? maaahhh, pensavo a livorno. poi farò capatine qua e là per l'alta toscana. tutto in treno. apprezzamenti di circostanza, forse nemmeno troppo convinti negli interlocutori, più che altro straniti. ed in alcuni lampi di sguardo che sembravano domandare: livorno? che cazzo ci vai a fare a livorno?
ecco.
poi non è andata esattamente così. per quanto a livorno ci sia andato. ed ho trovato quelle vaibrescion che mi ero immaginato. come se ci fossi già stato.
solo che a metà pomeriggio me ne sono ritornato. tra l'altro si era messo a piovere anche lì.
già.
perché sono stato per tutto il tempo nella casa col terrazzino.
dovevo passarci tre giorni, quasi improvvisando la visita. l'ospite che mi stramalediceva via uotsapp mi stessi negando. ed invece poi ho respirato iodio che saliva in presa diretta venticinquemetri più sotto, a picco. ed ho fatto evaporare un po' della stanchezza accumulatasi negli ultimi mesi.
forse non avevo tutta 'sta gran voglia di starmene da solo per più giorni.
inoltre mi sono accorto, con il mare d'autunno, di quanto mi fosse mancato quest'estate, quel fottuto terrazzino. non tanto per il mare, ma per la sensazione di lasciamounpo'tuttoindietroeguardiamocil'orizzionte. forse invecchio, ma mi basta.
[parentesi meta-licenziosa: su quel terrazzino sono partite cose, intese, sollecitazioni, tutte intermediate dallo strumento smartofonico. alcune concretizzate bene, altre carambolate meno fattivamente. questo pomeriggio in treno, mentre me ne tornavo, mi è sgorgata una specie di visione: io che faccio all'amore nella stanza che dà sul terrazzino, guardando il mare dalle finestre che occupano quasi tutta la parete. [naturalmente qualora dovesse prestarmela l'ospite, la casa. e naturalmente senza avere la minima idea di chi possa essere la fanciulla con cui condividere quel momento d'ammmmmmore immaginato]].
quindi è stata tutta una vacatio abbastanza improvvisata, viene quel che viene, saltando su di un treno ogni giorno, e tornando al terrazzino e agli ospiti la sera.
e son stati momenti che un po' non ti aspetti, ma che quando son venuti ti è venuto un po' di battere il cinque, o abbracciarli con quei colpetti sulla schiena di intensa fraternità. come se fossero delle piccole stille di serena consapevolezza che si è lì, presenti, a farsi attraversare dall'unicità del momento.
tipo quando inizia piovere, ma i piedi sono comunque all'asciutto ed il resto anche se si bagna un po' chi se ne fotte.
tipo quando piove anche oggi, ma in fondo va bene così uguale. me la godo lo stesso.
tipo quando si alza il vento freddo sul ponte pedonale che traguarda il polcevera, ed alzi lo sguardo e c'è un vuoto, pieno di quel che c'era prima, riverbero ed eco di immagini, stampigliate nella memoria che si è fatta ormai condivisa e comunitaria.
tipo quando, dopo qualche chilometro camminato, poggi il culo sullo scalino della calata al canale di fronte la fortezza nuova, senti i muscoli che si rilassano, e ti godi il crocchiare sotto i denti della focaccia rustica.
tipo passare dai vicoli "dove il sole del buon dio non dà i suoi raggi" [cit.] alla piazza più centrale ed elegante in pochi minuti a piedi.
tipo ripercorrere, lento, le vie che camminavo durante il servizio civile. immaginando le più strampalate illusioni, e che son state il limite estremale più prossimo al principio di realtà, narratore inflessibile e spigoloso, a raccontarmi che le cose, poi, sarebbero andate in altro modo [ma su questo, mi sa che ci faccio un altro post].
tipo quando sto cercando l'albergo per livorno, e mi dicono: ma che minchia fai la sera, da solo, a livorno? torna qui. ed accorgermi che no, tutta 'sta voglia di starmene da solo non ce l'avevo, e di come sarebbe stato piacevole cambiare il programma, ancora una volta.
tipo cincischiarmi che, per il rientro, avrei potuto non prendere il treno successivo, ma quello dopo ancora: dopo peraltro averne già lasciati andare quattro-cinque. e poi di colpo, veder comparire questa coppia di sposi, coi fotografi al seguito. sposi non proprio di primissimo pelo: occhioni azzurri lei, pelle-viso non proprio velluto nonostante il troppo fondotinta, ma soprattutto la giacca più improbabile di lui. vederli arrivare sulla terrazza che dà sul piccolo lungomare e il signore sulla panchina così vicino a loro in posa, che non dà idea di spostarsi da lì, con la sua pipa in bocca che osserva tra il perplesso e il divertito. come se stessi aspettando quella scena per sapere che, a quel punto, avrei potuto decidermi a tornare sul terrazzino.
e tipo la sensazione di sentirmi accolto, coccolato, ospitato come uno di famiglia. nonostante o soprattutto la singolarità del padrone di casa. un po' finto-stralunata, un po' con lo sguardo che nel fondo intuisci una tristezza irrisolvibile, un po' che di colpo si fa silenziosa e sembra di sentire il proluvio dei pensieri che si dispiegano. il tutto annichilito alle nove di sera dal crollo verticale, con sbadigli importanti ed il suo "io vado a letto... tu fai un po' quel cazzo che ti pare". o della sua figlia tredicenne, nel pieno della sua adolescenza un po' da ennuì, un po' faccio quel che mi pare. un po' ancora bimba, un po' già ragazzina, che ci rammenta e ci spiega, quasi dovesse essere chiaro a noi, che la pelle del suo viso non è così liscia come prima perché lei è "nella tempesta del pieno della pubertà"; che ha passato la notte a casa del nuovo fidanzatino - così cortese ed educato - dormendo nella stessa stanza: "io sotto e lui sopra", parlando ovvio del letto a castello, e non capendo esattamente l'erompere di quella risata sottile, ma forse anche un po' invidiosa di quell'innocenza che si è persa nei tempi che furono.
sì, una sensazione davvero piacevole. davvero un bel percepire, che ogni tanto sento ancora l'eco della meraviglia: cioè, tutto questo affetto per me? ma son proprio sicuri? però è eco sempre più rado e che dura sempre di meno.
son tornato a casa, per quanto non ne sentissi tutta questa nostalgia.
dopo aver cambiato, smontato, adattato i programmi più volte. ogni tanto non pianificare ti regala anche queste cose così.
son tornato però anche con la convizione, oltre al fatto sia una persona privilegiata, che fosse una vacatio necessaria. per rimettermi a resiliare questo periodo un po' così, impegnativo, piuttosto solitario, con questi picchi improvvisi ed inattesi, di struggentevolezza et emozione commovevole.
è una parentesi, e bisogna viverla più sul pezzo e convinta possibile. che le cose possono anche combinarsi in maniera interessante e favorevole. forse mi ricorda il quinto anno di università. quando in quattordici mesi inanellai undici esami. mi ero iscritto al pelo in corso al quinto, ed arrivai lanciato all'ultimo rettilineo prima della laurea [poi vabbhé, buttato nel cesso, simbolicamente, con la tesi più inutile del DEI del politecnico di milano, ma è altra storia].
ora non mi devo più laureare. ma forse è un momento quasi tanto importante. non foss'altro per la percezione di essere piuttosto sul pezzo, come forse non era mai accaduto.
ci voleva la vacatio. per quanto troppo breve, che già un po' mi manca.
forse, improvvisando, l'ho pure imbroccata.
torno là dentro carico di 'stigrandissimicazzi. vediamo in quanto tempo li consumerò.
però, al momento, fa decisamente bene.




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