Thursday, July 24, 2014

post tecnicamente inutile. ed anche un po' tecnicamente psicopipponico.

ho degli amici su feisbuc. come chiunque sia iscritto a quel soscial. in realtà sono friends. poi in italiano diventano amici. ma probabilmente è una variazione diatopica inversa: la traduzione in due lingue diverse di una parola che coltiva il paradosso di un aggancio - interidiomatico - del significante ma che cela - verosimilmente - significati diversi.

tutto questo per dire che sono amico su feisbuch di uno che nella realtà, fuori dal piccì, mi cacherebbe via con ignominia. è un intellettuale di fama quanto meno europea. fuori dal giro mainstream fazianesco-serresco-mazzettinesco  [ie loris mazzetti, capostruttura di raitre, il braccio armato di mamma rai. il giunto di collegamento fattivo e necessario acciocché la trasmissione spieghi ad un nutrito e selezionato pubblico, target della vendita di spazi pubblicitari, cosa è cultura e cosa non lo è. e soprattutto cosa deve essera acquistato come prodotto culturale]. quindi questo intellettuale non lo vedremo ragionevolmente mai in tivvvvvù.

gli chiesi l'amicizia per curiosità, trovandolo su feisbuch. avevo letto un suo libro che mi colpì. e poi mi era stato raccontato nell'incedere risoluto dell'università dove insegna. questo intellettuale è un linguista. probabilmente è uno che - sconosciuto ai più - ha nella sua testa le quasi totalità delle meraviglie di quella cosa complessa e non completamente domata che è appunto una lingua, studiata però nelle accezioni teoretiche di un linguista.

è un personaggio molto critico, nel senso etimologico del termine. e che ha sufficiente considerazione di se medesimo 'sì da emettere i suoi verdetti su cose del mondo, soprattutto in ambito politico e culturale. cosa che peraltro fa il 90% degli iscritti ai soscials. solo che l'89% lo fa su ogni scibile, pensando di essere tutti grandissimi cazzuti con bagagli pre-culturali che in realtà nemmeno giustificano le ignoranti cazzate che esalano. l'1% lo fa con altrettanta sicumera, e forse medesima tracotanza, ma con l'attenuante di essere suffragati da competenze e conoscenze tali da rendere la tracontantaggine quanto meno con cognizione di causa. sono stronzi [quasi]uguali, ma non sono ignoranti. è già un passo avanti, considerevole peraltro.

ebbene. relativamente all'operazione "costa concordia", raddrizzamento, galleggiamento, traino in porto del relitto, chiosava a concludere - nel gorgogliare della sua attività soscial piuttosto frequente - che "Conclusione per me triste e lieta: a. la cooperazione aiuta a esprimere il meglio; b. gli esseri umani fanno cose buone quasi solo in campo tecnico.)"

questa cosa mi ha fatto riflettere. la storia delle cose buone quasi solo in campo tecnico. poi volevo farci un post. ma mi son perso via nell'introduzione, logorroico come sempre. roba che uno arriva al nucleo del ragionamento già spompo. per andare a comporre un post tecnicamente inutile. tecnicamente perché di tecnica avrebbe voluto parlare. o quando meno evocar un paio di suggestioni. inutile perché è un mio post. ed io sono nella fase di nuovo nevroticamente auto-denigratoria. [e per un mese e mezzo non potrò scaricare il mio understatement disequilibrato su odg].

comunque.

il nucleo sarebbe questo. l'uomo fa cose buone [solo?] in campo tecnico perché è più "semplice". e soprattutto con un nesso causa-effetto piuttosto corroborato, che garantisce risultati: tipo le funi speciali che stanno trainando il relitto [pare 4000 eurI al metro e ce ne vogliono un paio di chilometri] . lo tira, non può spingerlo ovvio. bisogna saperlo usare in maniera corretta. ma anche in questo caso è tutto sommato "semplice".

la tecnica non so se abbia ancora tutto il fascino che evocava col concetto greco di τέχνη (téchne), "arte" nel senso di "perizia", "saper fare", "saper operare" [l'ho pigliato da uichipedia, che credete?]. Ora la tecnica è "saper fare" a rimorchio  e nel solco del terreno dissodato della scienza, che ha altre levature, spietate onestà fattuali e di definizione. lo scienziato non può mentire, nel capire come vanno le cose. il tecnico - e l'ingegnere suo sacerdote [μηχανικός mi̱chanikós in greco, e questa me la ricordavo da par mio], deve far cose che funzionino: e pure possibilmente col maggior rapporto benefici-costi. la scienza usa la logica binaria. che tutto sommato è semplice: è corretto o non è corretto. la base del controllo è l'applicazione pedissequa del principio di non contraddizione. nella applicazione tecnica il concetto si riassume in qualcosa di meno "alto"[?]: va, il resto non è affar nostro. e quindi le cose non possono non andare. oppure, appunto, non si fanno.

rimettere in galleggiamento quella nave, per quanto complicato è dentro un quadro ben definito, noto, chiuso dentro equazioni che non sono semplici. ma che quelle sono. quel po' di aleatorietà al limite la si prova ad annichilire col fattore due, tanto caro agli ingegneri: serve tot per farlo funzionare? noi ce ne mettiamo il doppio. al limite di paga, ma se ci sono i soldi una cosa tecnicamente possibile è come se fosse fatta. ma proprio perché il recinto, per quanto ampio ed articolato, è chiuso.

quel contatto feisbucchiano è un linguista. i linguisti si definiscono dei matematici mancati, che non sono abbastanza intelligenti da far i matematici. al netto del [finto?] understatement c'è lo iato che ci separa - noi laureati in ingegneria, parenti applicativi delle scienze dure - con i fenomeni della complessità. che sono quei fenomeni che avranno pure delle loro equazioni, da qualche parte, ma non riusciamo nemmneo a scriverle. figurarsi risolverle. e quindi ci si rifugia nella panacea probabilistica [prima dell'evento complesso], statistica [analisi a posteriori dell'evento complesso], stocastica [se si vuol far i fighi]. il linguista ha a che fare con uno degli aspetti della complessità delle cose umane: come il linuaggio nella testa cosciente di un popolo sintetizza la descrizione del mondo, o come ne influenza la percezione. posto che non si sono ancora messi d'accordo su cosa venga prima. e posto che probabilmente la questione è circa così. perché non sono un linguista. sono un laureato in ingegneria per sbaglio che non si sente ingegnere. e soprattutto ho bevuto birra, da solo, dopo una mezza giornata a far l'imbianchino delisticazzi.

e quindi, al posto del rutto, scrivo post. le cui utilità, peraltro, si assomigliano [conclusione legata al contesto di queste settimane, oltremodo auto-nichiliste].

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