Sunday, October 31, 2021

delle relatività dei bloggggghe

avevo deciso fosse venuto il tempo un nuovo blogggghetttino. avevo capito che, quello che stavo riempiendo di post, non avrebbe dovuto averne molti altri, dopo il post - venuto di getto, senza pianificarlo, pesante e liberatorio - in cui raccontavo del primo anniversario, di quando mio padre si ammalò. capii che quel blogggghe doveva chiudersi più o meno lì.

solo che mi rugava che in quello nuovo ci fosse scritto, a memento definitivo, creato in un qualche giorno di novembre. novembre, il mese che vorrei finisse ancora prima che cominci. poi però passa. specie nell'ultima decade. ma ormai è quasi del tutto andato.

così lo creai il trentunottobre. non mi andava di aspettare dicembre. che invece è mese che amo molto.

aprii quell'altro primo blogggghe, su suggestione della queeennn: dai, aprine uno, che così ti leggo, ti farebbe molto bene e lo useresti alla stragrande. ah, incidentelmente - aggiunse - conoscerai milllemila donne. io, babbbbbodiminchia, lo aprii per questo. babbodiminchia io. aveva invece ragione lei, non tanto per le donne da conoscere. non fu quella la cosa più importante. comunque, quando mi titillò, i blog erano strumenti di comunicazioni relativemente nuovi. almeno in italia. meno negli iuesssssei. che già servivano a raccontare [anche] delle guerra in irak, fuori dai filtri meinstriiim. e poi venne la blogosfera.

insomma. il trentunottobre nacque il blog relative. che non so mica ancora bene se fosse in inglese o in italiano ["non è la stessa cosa, i meccanici fregano con la lingua, non è la stessa cosa" [cit]]. bisognerebbe aprire un dibattito in redazione, con gli autori. di certo, per certi aspetti, è stato davvero un qualcosa di importante. e non solo perché ho avuto modo di conoscere persone davvero interessanti. che sono variegatamente nel mio cuoricino. ognuno con il suo nicccheneim, quasi mai col nome vero. persone che credo che sarebbe stata un po' più grigina la mia esistenza, non le avessi conosciute. [che poi, in questo periodo, la mia sociopatia abbia raggiunto livelli preoccupanti, che sia regredito, è un fottuto altro paio di maniche, e di camicie]. in quel blogggghettino ho infilato davvero di tutto, nella maniera più roccambolesca possibile. roccambolesca nel senso che quello che mi girava in testa, roccambolando, lo roccambolavo spesso là dentro. era davvero uno zibaldoncino in millesimi.

e scrivevo. scrivevo. scrivevo. e veniva facile farlo. certo. è pieno di refusi che levati. è onusto di post iperombelicali. c'è una densità da nana bianca di periodi circonvoluti, contorti. ma come cazzo mi piaceva scriverci sopra, la qualunque seriosa minchiata, o semplicemente minchiata.

l'amica roby mi disse di apprezzare di più questo di blogggghettino [questo, nel senso di questo dove leggi questo post]. che invece è davvero tutt'altra roba. e non solo perché è in un culdesac commmmmiunitario, e quindi ad andar bene - ma bene - siete in cinquesei. è come se mi fossi nascosto qui dentro. nessun legame con nessun altro bloggggghe. ci arrivi perché ti passo un link. non per caso. ci ritorni per affetto o compassione nei miei confronti, o qualche piacere al bordo dell'ICDC-11. forse era sociopatia anticasuale. qui scrivo meno spesso. per quanto forse di più. ho la sensazione che sia pieno di refusi. onusto di post iperombelicali. un buco nero di periodi circonvoluti. ma non ci sono troppe minchiate. e non credo sia necessariamente un merito.

di certo ora, il blogggghe, è strumento molto da matusa, piuttosto cringe per uno che per lui il feisbuch è da vecchi, ora che anche il feisbuch cambia nome. provano ad incul[c]arci i metaverso. io sto qui a scrivere su di un bloggggghe. figurarsi.

però sticazzi.

e sticazzi anche il fatto che io non lo so, che alla fine forse sono più affezionato all'altro. e qui ogni tanto ci butto su roba, quando supera il filtro della censura degli autori qui dentro.

di più.

non so nemmeno quanto sia così scaltro ritornare, coazione a ripetere, su cose che sono andate. passate. mentre la vita - mi dicono dalla regia - è hic et nunc [questa è la seconda volta che la scrivo, oggi].

di più.

coazione a ripetere su qualcosa che è fottutamente così poco addentellata sulla storia del fare. che è poi la cosa che dovrei disciularmi a fare. che scrivevo seriose minchiate. tante. il paradigma di quel che mi è parato davanti stamani, appena sveglio. quando consideravo che nella vita ho provato a fare poche cose, ma molto convinte. però quelle poche me ne son riuscite quasi nessuna. c'era una gran camera di compensazione in quel blogghe di minchiatine più o meno seriose. che mi divertivo a scrivere. ma minchiatine su di un blogghettino di provincia son rimaste.

quindi sticazzi relative, evviva relative. che l'amica roby quando lo aprii faceva ancora le elementari [se ho fatto bene i conti]. pedddddire, quanto sia un buuuuummmer quella roba lì.

eppure. eppure.

mi son sovvenute due cose. che quella del trentunottobre la scelsi tirato dalla contingenza. ma ha un suo senso ex-post. un senso per certi versi. che - ora - sto rivalutando l'aspetto antropologicamente interessante di questa notte, che è la propaggine più avanzata verso novembre. che ha una valenza potentissima nelle culture di tutta europa. e forse anche oltre. [continuo ad aver studiato altro]. la notte in cui il regno dei morti si avvicina a quello dei vivi. il tempo dell'autunno che la luce si accorcia, il freddo arriva, e si ritira in un'approssimazione di letargo. l'eco di quando si muore. e che ci doveva essere un modo per esorcizzare la paura dell'inverno che si vede là in fondo. che ovvio incutesse timore. a noi l'allovuiinn ci fa una pippa. ed anche le sovrastrutture della festa cattolicheggiante ormai sono state smontate. rimane il senso profondo, archetipo, di quell'espediente che ci siamo inventati per simboleggiare quel passaggio. che è diventata questa notte di vigilia. quel ributtarsi nell'autunno più profondo. e farsi trovare pronti, per provare ad uscirne di nuovo vivi.

ecco. forse per puro caso. o forse no, chissà. ma quel blogghettino è stato un modo per esorcizzare il personalissimo trauma. ed il lutto mica solo mio da portare con, supportare. mi sentivo vivo, allora. e ci speravo eccome si potesse ripartire ed attraversare quell'autunno esistenziale. anche se non so di quanto avessi del tutto contezza fosse un autunno dentro. [certo confusi le primavere successive. ma è altro discorso]. ed il fatto oggi 'sto fottuto autunno esistenziale sia bello pregno e obnubilante è una correlatissima casualità. o una incidentalissima causalità. non credo basti scrivere in questo blogghe, molto cul de sac relazionale, molto più psicopipponico, a farmene venire fuori. sempre sia possibile [l'emozione dice di no. il raziocinio dice di sì]. e comunque è bene me lo ficchi in testa.

risvolto finale. nella testa, confusa, per l'idea confusa del post che avevo in testa nel pomeriggio, il post avrebbe dovuto finire qui. [a dirla tutta, l'avevo vagamente immaginato più lieve. e invece forse tanto lieve non è. giusto per ribadire quanto sia poco fluido e fluente il turbinio ispirativo-creativo, e quanto non l'abbia esattamente sotto controllo. mi sovvengono cose, e quando non le censuro escono un po' come cazzo vogliono. sempre troppo prolisse e pesanti, come da sensazione percepita]. poi ci sono tornato, sul vecchio blogggghe. volevo usarne il fascione come immagine da mettere qui sotto. mi serviva lo screenshot.

ed ho capito una cosa che forse non ho mai del tutto realizzato. in quel bloggghe ho cambiato spesso l'immagine del fascione. erano quasi sempre foto mie, photoscioppate con modalità psichedeliche, che ho smesso da tempo per pudore [oltre al fatto photoscioppi sempre meno]. era un modo di renderlo creativo anche così. ecco. ad un certo punto nel fascione ci misi un dettaglio di amore e psiche di françois gérard. e lì è rimasto. e ri-aprendo quel bloggghettino, poco fa, ho percepito una scintilla: mi sono accorto di quanto sia importante quel fascione. quanto la bellezza di quel quadro, il riverbero che mi ha provocato e che mi provoca, sia molto correlato al ricordo affettuoso che ho di quel blogggghe. la cosa mi si è spalancata nitida ed improvvisa, inconfutabile. e c'è di più. che è un qualcosa di totalmente sganciato dai ricordi, che sono stille pericolossime, che a maneggiarle come mi vien da fare spesso porta nocumento. provo a non farmi fottere dalla malinconia nostalgica di quel che vissi - magari scrivendoci sopra, che quando scrivevo ero incazzato, depresso [nel senso per capirci], o smadonnavo per la complicazione del periodo. mica quest'allure figoso, come rischio di guardarlo adesso. ecco. appunto. quel quadro, quelle sensazioni, sono immanenti: tempo indipendenti. erano allora quando lo infilai sul fascione. lo sono ora. senza ricordi da rimpiangere [surrettiziamente]. non so cosa questo significhi, giù nel dettaglio profondo. forse devo pensarci. di sicuro questo post è già lungo di suo. so soltanto che la sensazione che ho avuto nel piacere di ritrovare quel fascione, è stata rassicurante. è stato bello. come una sorpresa gradita, che uno non si aspetta. però poi quando ti compare davanti è tipo una boccata d'aria fresca. tipo uno squarcio nelle nuvole, e s'intravvede l'azzurro. che magari si richiude. però è roba immanente, è qui ed ora. hic et nunc, appunto. roba che fa passare anche l'autunno. ed il mese di novembre, ormai qui. ma poi lo svanghiamo. accompagnati da amore e psiche.




Thursday, October 28, 2021

sulle considerazioni attorno al didielle [versione non da checca isterica]

in effetti ieri mi è scivolato il piede dalla frizione. e ne è venuto fuori un post che un po' da checca isterica. non che la sensazione fosse del tutto misconosciuta. uno degli autori osservava col sopracciglio alzato. uno sguardo eloquente. era lì a ricordare: ma che cazzo scrivi con questo maglio sbeccato, ci sono alcune incongruenze logiche, dimentichi alcuni pezzi della questione, fai prendere aria all'iperbole aggettivizzante. è uno sfogo, rispondeva un altro. è una cifra stilistica da gioco pezzottato di frustrazione. ecco, frustrazione, sì. unito a tutto il contesto, che certo non è esattamente accompagnato dai fuochi artifiziali esistenziali. per quanto, invero, non vi sia nulla di cui lamentarsi. però frustrazione un po' stitica. per dare un'idea [solo] figurata della fatica con cui si inanellano ogni singolo periodo di ogni singolo post. insomma tutto sto affollamento qui. nonché il dibattito tra gli autori conseguente.

intanto io scrivevo.

questa sera provo a raccogliere le idee. ed osservare un po' più da lontano, con parte di sopracciglio alzato. e buttar lì qualche considerazione con molto meno coinvolgimento emotivo. alcune sono fottutamente negative. evito mi facciano fare lo sceich dei succhi gastrici.

innanzitutto ho pensato al travolgimento emotivo. da cui il post da checca isterica. e mi son chiesto: ehi, ma io un impeto emozionale dov'è che continuo a percepirlo negli ultimi tempi? occcccazzzo. ma nell'accozzaglia variegatissima no griiiinpassenovacseetalter. occazzzzzzzo. in effetti ci ho riempito un paio di due-tre post su 'sta cosa. ecco. sì. però in effetti mi appare di nuovo chiaro il senso, l'oggetto per cui adoperarsi, che è sospinto dal travolgimento. per cui può aver senso scendere in piazza e manifestare. ed è di nuovo un loro ed io. loro sono accozzaglia travolta emotivamente per - imho - un individualismo solipsista. li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà dei cazzi propri. io ero checca isterica nel post per un qualcosa che soprattutto trascende da me. che sarebbero i diritti civili di tutti. non ne faccio una questione che io so mejo loro, neh? mi è ontologicamente proibito dal mio understatement nevrotico. ma una questione di alterità. siamo travolti per due paradigmi diametralmente opposti. e son ben lieto vi sia questa diversità.

poi.

che il parlamento italiano sia retroguardia culturale, rispetto al paese, l'ho sentita declinare in tanti di quei miillemila modi diversi, che comincio ad avere il sospetto possa diventare un vuotissimo modo di far prendere aria ai denti. o nella migliore delle ipotesi una tristissima inutile ovvietà. che se poi le leggi le fanno e specie le affossano loro, siamo un po' tutti nella merda. tanto che forse non è proprio un caso si va ad ingrossare l'astensionismo. che poi è il modo di preservare la mediocrità là dentro. e la retroguardia culturale. e così ancora più nella merda. e non è da checca isterica.

al netto della retroguardia, là dentro han fatto onanismi di tatticismi. tutti. chi è andato diretto senza voler mediare, per tenere il punto sulla bandiera dei diritti civili. chi è rimasto fermo in attesa si schiantassero gli altri, con il rischio non si schiantassero. chi ha cambiato idea rispetto il voto alla camera perché è il solo modo per dimostrare, non solo di esistere, ma di essere determinante. tutti. han fatto le prove di quello che potrebbe tra qualche mese. con l'elezione del nuodo PdR. continuo a pensare sia uno scempio lo si faccia sulla pelle delle minoranze, che quella legge voleva tutelare. ma tant'è, è accaduto: questo non è un post da checca isterica. la situazione è talmente articolata e vasta, che ciascuno ha il suo pezzo di ragione [sui diritti non ci devono essere compromessi. chi troppo vuole. bisognava mediare. non ha senso mediare con la minaccia del voto segreto che tutto ottunde. proviamoci sulla base della coerenza di quel che è già stato votato. possiamo ri-pensare quello che abbiamo già votato ci vuole realismo politico. è colpa tua. no è colpa tua]. pezzi di ragione che sembrano tali se tolti dal contesto, osservando solo un piccolo spazio di cielo [plumbeo, per quel che ne è uscito]. che ciascuno ha sbandierato, per distrarre dalle voragini dei torti e storture, lasciata aperta dal trapuntino che era corto. per tutti.

io non lo so, davvero, se e dove e quanto si potesse mediare. come trovare un compromesso. al netto, probabile, che nessuno là dentro avesse davvero intenzione di farlo. non lo so perché mi mancano dettagli percettivi, che non so cogliere: anche solo per aver avuto la fortuna di non essere mai stato discriminato. almeno: non per le istanze che quel didielle voleva tutelare. e immagino siano dettagli che non si possono cogliere con la sola empatia. non lo so perché sono sfaccettature talmente prismatiche, che la variegazione delle possibili conseguenze, nei vari ambiti, erano davvero più ampie lo spettro del visibile. così ampie che alcune olezzano di strumentalità che non sfuggono, nemmeno ad un anosmico come me, nemmeno in questa serata inediamente paciosa. sono convinto che nel dubbio, per quel che riguarda i diritti civili, meglio allargare che limitare. sempre e comunque. sono diritti che si portano sempre dietro dei doveri. non è mai un li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà dei soli cazzi miei, che può ledere l'altrui. vuoto per pieno: scopo con chi voglio; ho il diritto di non essere discriminato; posso disporre del mio libero arbitrio in situazioni delicate, anche ex-ante; anche decidere di andarmene, in certe condizioni. è facile.

dal punto di vista del responso in senso stretto, strettissimo, c'è chi ha vinto e chi ha perso, in piccolo e in grande. ha vinto la retroguardia culturale. ha perso la possibilità di un paese di agevolare la maturazione civile e sociale, condivisa e collettiva. non dimenticando che tra cultura e norma, vince la cultura. ha vinto la destra. ha perso l'approssimazione di un concetto blando di centro-sinistra. tatticamente ha perso il pidddddddddì. tatticamente ha stravinto renzie. quella cosa lì la sa fare, e la sa fare bene. usa con efficienza da commando di guastatori la sparuta truppa, che vota come comanda lui [di vivo, in quei italivivi, c'è solo il riflesso pavloviano di tener alto l'ego del loro]. il fatto che gli riesca bene non ne aumenta la stima, anzi. conferma il bias urticante che ho da quando mi si parò di fronte in tivvvvù [michele serra scrive della "più clamorosa svista di tutti i tempi nella storia della sinistra italiana". ehm, michè, nel mio piccolissimo angolo da irsuto: mai stato abbagliato, anzi. sempre pensato come un pericoloso corpo estraneo]. gli riesce bene anche perché probabilmente è cosa che ha preparato da lontano, più o meno con consapevolezza. poi a volte gli va di culo, a volte si incasinano da soli gli altri.

incidentalmente, il nuovo ulivo o quella roba lì, è già bell'è che andato. posto sia mai davvero arrivato. che ci ho mai creduto, come mi si parasse davanti con lo stesso entusiasmo di un portiere che spazza il davanti l'androne del suo palazzo, ed un foglio di giornale spinto dal vento gli passa accanto. noti quel movimento quasi romanticamente browniano, alzi un attimo lo sguardo, il foglio vortica via, abbassi lo sguardo, riprendi a spazzare davanti l'androne.

ci sono masse inerziali, all'interno del parlamento, che potrebbero essere fuori controllo. specie nell'incognita del voto segreto. è la degenerazione putrescente del concetto [nobile] di parlementare che non soggiace a vincolo di mandato. c'è chi può aspettare gli errori altrui. chi vorrà far le prime mosse, pensando di governare la partita. e chi è talmente cinico, spregiudicato, che potrebbe fare tutto ed il contrario di tutto: basta sostanziare il proprio esserci e voler essere determinante a spostare le inerzie, e speculare sulle prebende. e tra quattro mesi si elegge il PdR. potrebbe succedere anche l'impensabile.

l'impensabile. [e non so se sia ansia anticipatoria, o scaramanzia pezzottata considerarlo].

dovesse mai succedere, con un pezzo di civiltà conquistata in meno, sarebbe ancora più insopportabile.

Wednesday, October 27, 2021

il didielle e la caciara in senato [versione checca isterica]

sarà pure solo un simbolo, neh? che poi dovrebbe essere il posto dove si rappresenta il potere del popolo, per interposto rappresentante. e questo farebbe di quel simbolo un qualcosa di alto. per dire, se lo scrive un intimo anarcoide blogghettaro incistato sui tempi e su questi mezzi desueti. figurarsi.

soprattutto per questo la caciara che manco in curva allo stadio è irritante. oltre che irridente verso tutti coloro che dovrebero rappresentare. figurarsi la caciara e le ovazioni sguaiate quando viene affossata una legge. figurarsi affossare una legge che avrebbe dovuto tutelare chi è discriminato, perché variegatamente non intruppato nella panciona della gaussiana paciosa della pretesa normalità. figurarsi per chi discriminato perché variegatamente non intruppato per qualcosa che sente di sé, quindi di essere.

credo che quella caciara, che nemmeno all'osteria da ubriachi, è una produttoria di decadenza culturale, etica, civile. ed è la manifestazione più plastica dei cattivi pensieri, delle intenzioni smargiasse pittate di diplomazia, della retroguardia culturale di quella masnada dell'eccellere nel nequiziare, che dovrebbe essere classe dirigente politica. senatori della repubblica. meno che nanietballerine messi assieme.

io non so nemmeno quanto siano stati tatticamente poco abili gli altri. quelli che il didielle volevano approvarlo. non so nemmeno che senso abbia la tattica in questo genere di istanze. la poltiglia civile è stato infilarsi in questo gioco loose-loose. far finta di voler mediare per trovare un compromesso che non sarebbe mai arrivato. il giochetto surrettizio della disponibilità alla trattativa e la foglia di fico del voto segreto. il cinismo putrido del voltafaccia per dire che gli altri sono intolleranti, mentre si bada ai soli tatticismi parlamentari, la falange obnubilata di un egotico che si crede un genio della politica, da tappetaro dell'inguappo qual è [intanto se ne stava in arabia, giusto per coerenza].

ci abbiamo perso davvero tutti, oggi. poi ci saranno pure millemila altri cazzi pragmatici per una fetta consistente della pancia paciosa della campana gaussiana, figurarsi. ma ci abbiamo perso tutti. giochetto loose-loose. e ci hanno perso pure quella marmaglia sguaiata, che dovrebbe essere l'eccellenza. potrebbero invece essere pisciati in testa da gran parte dei cittadini che dovrebbero rappresentare. 

tra norma e cultura vince sempre la cultura. per questo non basterà certo la norma di un didielle a sistemare gli effetti di un modo di pensare retrogrado. quando non fobico ed ostracistico per diversità latenti che non si sanno ammettere di sé [parentesi: io sono maschio eterosessuale binariamente certo. nel complesso ho scopato molto meno di quello che avrei voluto e le previsioni non sono così incoraggianti. però. provo a immaginare quanto deve essere triste e frustrante castrare certi slanci intimi e desideri profondi, che vorrebbero ma non possono. io almeno so di non aver ho scopato abbastanza. me ne sto quasi sereno nella mia poca realizzazione [anche] in questo ambito. comunque sereno per la mia consapevolezza. penso sia triste per tutte le non eterosessualità latenti e soffocate. è triste la non accettazione del sé. anche in questo ne so qualcosa, ma ambiti diversi. è triste. sì. però se ce n'è qualcuno tra i fobici affossatori del didielle, beh, se la merita tutta la sua tristezza [oltre essere abbastanza conivnto che qualcuno in quell'accozzaglia fobica ce n'è di sicuro]. fine parentesi]. hanno affossato la norma. hanno aizzato la retroguardia culturale. loose-loose. quando si affossano dei diritti non è mai un giorno di cui andare fieri. non vi è mai da gioire. qualunque sia il motivo per cui è capitato.

per questo sono in malafede. per questo non meritano il rispetto che spetterebbe a chi si adopera in quel posto così importante, nel suo essere simbolico. per questo siamo un paese che è messo così male, davvero male. per questo è loose-loose. hanno perso tanto anche loro. sono talmente sotto la media da non accorgersene nemmeno.


[comunque niente. ci sono anche altre considerazioni. meno da checca isterica]

Wednesday, October 20, 2021

osteggiamentismi [per nulla sgarruppati]

che poi, a furia di sbrodolare nel post precedente mi son scordato di scrivere una cosa. anzi la cosa che probabilmente l'ha ispirato, da lontano. per dire come son messo lì.

e la cosa sarebbe su un tipo di analogia passionale con l'accozzaglia variegata. la passione anche nell'assertiva convinzione ignominiosa verso coloro che si ignominizzano. e di nuovo l'analogia finisce qui.

perché sono fondanti le istanze per cui adoperarsi, occhei. con la passione che a volte si fa sgarruppata. e ne so ben qualcosa. poi ci si può battere - la faccio brevissima e transciant - per il noi o per l'io. un noi moooooolto ampio, un io che io son io e null'altro devo rendere conto.

però sono altrettanto importanti le istanze da osteggiare, confutare, respingere. e l'impeto di quella passione la consoco, anche quando sgarruppata. e fin qui, occhei. ma - ancora - l'analogia tra la variegatissssssssima accozzaglia  e me, finisce quivi. perché ci sono osteggiamenti ed osteggiamenti. ci sono respingimentismi e resistenze. e ciascuno ha le proprie. e questa cosa, capita, può avere conseguenze ben belle nette.

nel mio piccolissimo e personalissimo, ma molto chiaro, lineare, fondante, ontologico, c'è l'antifascismo. credo che i cinquesei non saranno tanto meravigliati di tutto ciò. evabbhè. ma è roba per nulla sgarruppata, per quel che mi riguarda. questo significa essere contro ogni forma di fascismi. e che si porta dietro anche delle conseguenze semplici. dove ci stanno loro, figurativamente, non ci posso star io. ma anche meno di figurativamente. se in una piazza si manifesta a favore di un'istanza e compaiono loro, in qualunque declinazione, a fare la stessa cosa, io da quella piazza tenderei ad andarmene. e rimetterei in discussione l'istanza. facile. è tipo una cosa da principio di esclusione di pauli.

evidentemente i variegatisssssimi accozzagliati nogriiiinnpassseetalter non la vedono così. tecnicamente è una cosa che può succedere. così per contrastare un qualcosa che si osteggia vanno bene anche i fascisti. so scelte. così, se ce ne fosse ancora bisogno, per me 'sta cosa è ancora più dirimente. l'esclusione di pauli, appunto.

questo non significa che tutta l'accozzaglia variegatissssssima sia fascista. e ci mancherebbe. e non mi meraviglia che i fascisti provino a cavalcare, affiancare, sostanziare quella [loro] lotta e [parte] di quelle piazze. però è marcescente anche la sola contiguità. poi vabbhé, chissà che nesso c'è, tra una manifestazione nogriiiinnpasssevacsevariegatissssimiaccozzagliati ed un assalto squadrista alla sede della cgil. forse c'è un nesso che sta tra il temporale ed il causale. forse non è così casuale. [parentesi. è rimasta poco nel riverbero mediatico, dopo. ma questi figuri variegatamente fascisti hanno pure provato ad assaltare parlamento e palazzo chigi. da una parte sembrava patetico, con quello spiegamento di forza pubblica. da una parte un qualche brivido lungo la schiena.]. e che comunque è probabile non stia tornando il fascismo. ma quell'assalto, un secolo dopo, un qualche valore simbolico ce l'ha. e nel dubbio, con questi simboli, mi viene da tenere le antennine ben rizzate.

appunto. ognuno ha i propri fondamentali di riferimento anche nell'essere contro qualcosa. quindi: che dove stanno i fascisti non ci sto io, l'ho già scritto? si è diversi, senza per forza voler sostenere di essere migliori. ma rimarcare l'alterità ebbene sì, eccome. io sono altra cosa. e ne son ben serenamente lieto. senza 'sto gran bisogno di ostentarlo, acclararlo, smargiarssarlo - il blogghettino, tecnicamente, non vale ovvio. e non è solo perché sto in una maggioranza, tutto sommato silenziosa e placida. cosa che peraltro mi capita piuttosto di rado: stare in una maggioranza, dico. ma anche perché non ci si sente in guerra contro nessuno, al limite in modo simbolico alla pandemia - il virussssse in fondo fa quello che evoluzionisticamente sa fare, mica puoi prendertela con isso. nel mio piccolo non mi sento in guerra con nessuno, perché quel che potevo fare anche per un sentire collettivo e sociale l'ho fatto. forse è la stessa cosa che pensano i variegatisssssssimi accozzagliati, ma stigrandisssssimicazzi. però, mi sbaglierò, ma percepisco una generale incazzatura diffusa in quella controparte. per questo un po' li perculo. e poi, se non cacci i fascisti dalla tua prossemica, è il minimo da attendersi. oltre al fatto che noi, e quando va bene, si è pecore addormentate. che non si accorgono della dittatura che è in essere.

curioso che non rinneghino chi, di una dittatura veraveramente che ci fu, hanno una irrefrenabile tensione nostalgica.

anzi no, sto ironizzando con troppa leggerezza. non è così curioso. di nuovo: è una contiguità. e sento l'eco del punto dell'individualismo solipsista. che li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà [decido solo io per me] non è così distante dal me-ne-frego fascista. è tutto in un'accozzaglia omologa.

così che me ne tengo ben lontano, esattamente come dai fascismi. e mi sento nell'intimo prossimo a ciò che don milani racconta della scritta dei soldati ammmmericani, fatta su di un muro nel loro passaggio, durante la liberazione d'italia. che tanto gli rimase impresso nella testa, nelle intenzioni, nel suo fare et adoperarsi. quello che gli sembrava la risposta più opportuna e contrapposta al me-ne-frego. la scritta che recitava: I care.

Sunday, October 17, 2021

istanze idealizzate e sgarruppamenti

che poi io, tutta la variegata accozzaglia no griiipasssenovacse, un po' la capisco. cioè, contestualizzo. nella mia microbolla leggo di proclami con lo strozzo in gola dall'emozione, verso questi o questi altri nuovi eroi o paladini. tutti coloro che acclarano, in fatti e dichiarazioni, la loro contrarietà al griiiipassse. dualmente lo stralo, l'ignominia, il pestevicolga verso coloro che, personalità più o meno note, fanno dichiarazioni a favore del certificato verde [la sintassi diversa e distinta, per il medesimo complemento oggetto, qualche senso pragmatico dovrebbe comunicarlo, ratificando la parte dicotomica - se dicotomia deve esssere - in cui mi colloco].

almeno nella parte costruttiva non [mi] è roba misconosciuta. quella strapazzante passione, quella ostentata assertività, quel debordante impeto di rendere edotti gli interlocutori [mi] è roba ben nota. ognuno è un unicum, occhei. il qui e ora è un hic et nunc cangiante, cangiantissimo, occhei. i contesti sono un'esplosione di strati non sovrapponibili, occhei. ma in fondo sono stato ben anch'io quell'accorato tentativo di essere e presentarmi al mondo. trenaticinque-trenta-venticinque anni fa, però. era una fottuta necessità di struttuare [strutturarmi] un'identità. una spasmodica ricerca del sé, per me e per il mondo, quello che stava fuori me. in fondo è un processo che facciamo ben tutti, neh? mica pretendo particolare originalità. però, per tuttttttuncomplesssodicose, la mia è stata un po' sgarruppata, un po' veemente, un po' radicale, un po' laocoontica, e pure tutto sommato coerente. è che forse non mi son sentito mai del tutto soddisfatto del risultato. sgarruppato. e qualche pisciata fuori dal vaso mi è ben venuta, nel tentarci. ad essere, ad esempio, sottilmente e surrettiziamente stronzo verso mio fratello. anche per quello, credo, oggi vivo un senso di minorità nei suoi confronti. roba rarefatta, consistenza tipo nebboliona. però c'è. e non è solo perché lui è quello che si è realizzato, quanto meno per il paradigma piccolo borghese.

ecco. mi arrogo il pensiero di percepire qualcosa di simile a quella roba lì. che è stata fondamentale quanto sgarruppata, appunto. ed è la sgarrupatezza che - di nuovo - percepisco. 

[parentesi. che abbia una sua necessità e fondamentalità in alcune suggestioni con odg. in cui lei al limite mi faceva notare come siano tipiche dall'adolescenza e prima gioventù. specie nella idealizzazione delle istanze. che può generare anche sgarrupatezza. è uno degli effetti dell'impetuoso crescere delle connessioni neurali di quel periodo della vita. unito ad un vigore fisico che uno crede debba non passare mai [eh, si vabbhè. [parentesi ombelicale: quante scopate potenzialmente micidiali mancate. quando si era - tra l'altro - aitanti ormoni con le scarpe ai piedi [cit.]. quanto mi girano i coglioni, ora.]]

tecnicamente l'analogia finisce qui. e non solo perché sarebbero pure fuori tempo massimo da un po'. almeno la mia personalissima e piccolissima bolla che declinano in quelle sgarruppaggini. e quelli che -  leggo - prendono, condividono, ripropongono. il grande punto dirimente tra tutto il variegato loro e me - e pure il mio sgarrupatissimo me di allora - è la declinazione dell'oggetto di quella passione tipo la potenzaènullasenzailcontrollo. questi variegatissimi nogriiipasssenovacse urlano convintamente di li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà. di non vaccinarsi di non esibire lasciapassare in nome di li-ber-ta-li-ber-tà-li-ber-tà. credo c'entri poco la libertà. penso sia la pretesa di un individualismo solipsistico. che poi sarebbe far quel cazzo gli ispiri la propria intuizione di li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà, sentendosi [appunto] liberi di non doverne rendere conto a nessuno, tranne a sé medesimi e il loro insopprimibile desiderio di li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà. quello che trovo disturbante è che manca del tutto il concetto di comunità e di collettività, tranne il giochetto di pensarla che quella li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà deve essere per tutti: liberi [loro] e anche per gli schiavi, che sarebbero meno schiavi se volessero esercitare quella li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà. che è un po' come fare una bella produttoria, e mettere come ultimo moltiplicatore uno zero. a me interessa che 'sta merda di pandemia passi, possibilmente in tutto il mondo. le limitazioni che si è sopportati, la necessità di vaccinari - che vabbhé per me è stata un'opportunità - va in quella direzione. semplice. non mi sfuggono le contraddizioni del contesto: il griiiinnnnpasssse come strumento surrettizio a vaccinarsi, la complicazione del tampone ogni due-tre giorni ed il relativo costo e tutto lo schiumare effetti che ne conseguono. però continuo a pensare sia il modo più efficace per fermare 'sta merda pandemica, qui, ovvio. qui da noi. e non mi nascondo le sperequazioni tra il nostro mondo ricco ed il resto dell'umanità. che poi si portano dietro la conseguenza un po' inevitabile che ci si deve salvare tutti. che fintanto 'sto virussse [che fa quel che nel suo piccolo deve fare] circola, allora non ne siamo del tutto al riparo. mi è chiaro che qualche azienda farmaceutica farà i gazziGlioni.  e potrebbe farne anche qualcuno in meno, ad esempio liberalizzando per un certo tempo i brevetti. ma, dal mio punto di vista, non è mai solo una cosa tra me e me. ma è qualcosa che coinvolge - appunto - la collettività. il bene della collettività. che non è esattamente essere così esalare passionalmente che ciascuno debba ambire e pretendere la propria li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà.

penso che l'elemento davvero dirimente sia questo. noi, invece che io. ho avuto le mie sgarrupatezze di creazioni del mio sé, strutturare la mia individualità. ne sono uscito un po' non del tutto in bolla, ma sticazzi. però coerentemente mi sono sempre entusiasmato per qualcosa che considerasse soprattutto l'altro. e le condizioni migliori per tutti. [poi vabbhé, ho tutte le mie nevrosi ombelicali. ma è l'effetto di non essere uscito del tutto in bolla. che peraltro dragano un sacco di energie e [me] le portano via ai tentativi di adoperarmi per l'altro]. 

in un'ipotetica interlocuzione verso qualcuno dei questi nogriiinpasssenovacse - probabile l'incipit sarebbe servo, schiavo, aprigliocchi, siamoindittatura e cose così. [evabbhé] - la confutazione immediata sarebbe: noi vogliamo il bene di tutti proprio perché da liberi [li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà] "siamo noi a presidiare, a beneficio di tutti coloro che la penseranno ed agiranno come noi". ed immagino lo dicano con convizione. individualisti solipsistici non credo faccia piacere a nessuno. specie a dei solipstici. e sono convinto si sentano davvero portatori di istanze del bene.

quindi bisognerà pure individuare un male, da cui contrapporsi. dopo li-ber-tà-li-ber-tà-li-ber-tà, l'altro termine che si sente spesso è dittatura. siamo - variegatamente - dentro una dittatura. che sarebbe poi quella da cui difendersi e, se viene, da abbattere. che - in alcune istanze - utilizza un virus che non esiste [o e le varizioni sul tema che si può sconfiggere con le cure domiciliari e attenta vigilanza].

nel mio piccolo, ed in maniera duale, vorrei solo che il venisse battuto la pandemia, e non vedo tecnicamente delle dittature.

siamo in una bella contrapposizione logica.

e poi esiste il rasoio di occam.

[naturalmente il post che avevo in mente all'inizio non è quello che ne è uscito. e questo mi pare un po' spuntato, forse financo banalotto. al netto del fatto sia al solito troppo lungo. è anche questa la fatica, di cui ogni tanto vagheggio. che poi al solito, sticazzi, neh? ci sono i problemi veri nel mondo. per quanto, che quello che mi riesce di scrivere non sia esattamente del tutto sotto controllo, non so più neppure bene se prenderlo come: elemento frustrante, indicazione su cui riflettere, o semplicemente fottermene. potrei adoperarmi, qualsiasi cosa significhi, o al limite a scopare [cit.]. tanto è decisamete probabile non vivrò mai di quello che scrivo. e sarebbe comunque roba piena di avverbi. che, tra le altre cose, oltre a distrarre dal senso essenziale, notoriamente azzoppano la leggibilità. appunto]

[updt. e comunque mancava un punto centrale. a furia di scrivere a randomica ruota libera, l'ho lasciato indietro. e sta in un altro post. che tipo è gemmatura di questo]

Monday, October 11, 2021

la parte psicopipponica, le birre, le altre metonimie /3

la sto tirando lunga con 'sta storia del mimmolucano.

occhei lo iato - e più ci penso e più mi sembra sia largo lo iato tra legge e giustizia.

occhei perché è così divisivo. posto che magari è una percezione mia. ma stigrandissssssimicazzi.

però c'è anche un ultimo aspetto. e il dubbio mi è venuto leggendo alcuni della mia microbolla, che asettici usano il dito per nascondersi. ed il dito è: le sentenze si rispettano. ed è forse questo dubbio - che tanto mi ha disturbato - che ha scatenato 'sto scialacquio di post debordante, tripartito.

specie perché tanto mi ha disturbato. anzi, diciamolo pure, mi ha fatto girare un po' i coglioni.

quindi adesso faccio un'inferenza un po' così, transccciiiant. e magari pure un po' giudicante. ma ci provo, uguale ad argomentare.

e se fosse una insidiosissima, sottilissima, imprescrutabilissima, inconsapevolissima, ma utilissima coda di paglia?

utile a tacitare una specie di titillo. quella roba che apparecchia il bancone col coinquilino, e serve la birra: la legge morale. e quando arriva con l'ordinazione: la rossa per chi è? vi ho portano anche altro: qui le patatine, qui i pistacchi, qui le olive, qui le ciotoline con gli assoluti che ci fanno consapevolezza si sia umanità, ed elementi fondanti di civiltà, umane genti. a proposito: offre il giro il signor inconscio collettivo, è seduto là in fondo, vi saluta.

e quindi tu sei lì a prenderti 'sta birra col conquilino, in quel posto così intimo e spesso piuttosto misconosciuto. solo che a prenderti la birra non è esattamente com'è il vivere quotidiano, è qualcosa che viaggia in attimi che stanno altrove, che non ci sono ma sono immoti ed eterni, prima che ce ne renda [caso mai] conto.

e poi, fuori dal quel posto con il bancone ed il tuo coinquilino, nel mentre sei intento a pensare di star a vivere le tue cose, salta fuori - ad esempio - uno come mimmo lucano - che può essere preso pure lui come metonimia.

uno che - molto probabilmente - ha messo in pista un qualcosa che da una parte forse è una sgarrupatezza leguleo-amministrativa. 'sto personaggio che è antipersonaggio, dimostra che la questione immigrazione la si può gestire. che significa anche solidarietà verso tocchi di umanità, che si fa integrazione e che - nel dettaglio - porta a far rinascere un paese che si stava spopolando. risolve nel piccolo un piccolo pezzo di problema epocale. è una prova provata che si può usare umanità e solidarietà verso un altro pezzo di umanità che mediamente si fatica ad accettare. perché diversa, diversamente pigmentata, diversamente acculturata e religiosizzata. ovvio sia più complicato aver e che fare con loro. e tutto questo, riesce a farlo mica un santo, un supereroe, una persona straordinaria. no, lo fa uno che è un antieroe, non esattamente capopopolo, figurarsi condottiero. lo fa uno con cui si potrebbe giocare e battere a tresette col bicchiere di bianco su tavolo di formica, pomeriggio assolato, nel bar che ha nella coorte interna il campo di bocce. minchia. ci riesce uno così. sovverte il bolo percettivo dell'invasione: di cui lo sproloquio del post di prima.

ci riesce un personaggio del genere. e magari quello stronzo del conquilino, o uno che si appoggia al bancone mentre si piglia la birra che ci ricorda che quegli altri i negher - per metonimia, ovvio - sono esattamente, ma proprio esattamente, come noi. e tutta quella ritrosia e paura dell'altro non è perché si sia stronzi, ma è per qualcosa che arriva ancora più da lontano. ma questo non giustifica mica il fatto non si possa andar oltre quella paura. mica si nasconde sia faticosetto. ma che si può fare. ce l'ha fatta uno come mimmo lucano. e come ce l'ha fatta. soluzione semplice ed efficace: il negher non solo si abbraccia, ma diventa risorsa, parte fondamentale della soluzione. incredibile, signora mia.

e poi magari, davanti a quella birra, ci viene ricordata anche un'altra banalità. siamo tutti pezzi di un'unica umanità, occhei. ma che esistono umanità differenti, con difficoltà e possibilità differenti. che gli ha solo detto di nascere in un punto di mondo meno azzeccato del nostro. e noi con zero meriti - zero - rispetto a loro, per queste possibilità in più che si ha. mica ce le siamo sudate e guadagnate sgobbando duro. no. no. abbiamo avuto solo un gran culo. e vantarsi del culo non è qualcosa di cui andare esattamente fieri. soprattutto mentre si prende 'sta birra. è proprio la precipuità di vellicarsi quella birra in quel contesto: non pigliarsi per il culo. così come appare non altro che idiota ostentare l'inevitabilità e l'ineluttabilità del così-è-capitato-e-stocazzo-a-tutto-il-resto. lì, su quel bancone, non funziona così. poi fuori da lì ce la possiamo raccontare come la si vuole. si può rimuovere tutto: ma di che cazzeeebbbirrraparli? smettila di drogarti! invece di scrivere 'ste stronzate, guardati una qualche serie sul netflics.

eh sì, peraltro, che magari dopo il terzo giro di medie - nel senso di birre - può saltar fuori la questione che, magari, questi non sono solo umanità meno fortunata di noi. ma agli stessi blocchi di partenza, ci darebbero la biada. talmente affamati, talmente abili a sfruttare qualsiasi possibilità sia data loro. ci dice bene non solo il passaporto che troviamo nel taschino quando si nasce, senza particolare merito, ma anche lo status quo da grandi. noi col culo al comodo, ormai per prassi consolidata. mica dovrebbe essere così per forza per tutti. ma in quanti e tanti saremmo semplicemente soverchiati. [parentesi: chissà quanti fottuti geni, quanti fottuti artisti, quante fottute eccellenze sono sprecate, perse, svanite. contributi al bene, all'intelligenza, alle conquiste dell'umanità irrealizzate: perché non istruite, mai coltivate, raccolte, nei bambini del secondo, terzo, quarto mondo. d'altro canto, senza scomodare la piramide di maslow, se il problema più cogente della giornata è arrivarci vivo, alla fine della giornata, stigrandissssimicazzi ai potenziali nobel per la medicina, la fisica, la chimica, l'economia, la letteratura - anche il nobel è metonomia, ovvio. e mica lo penso per una qualche ubriacatura buonistadelcazzoterzomondista. no. no. è una questione probabilistica. il genio è un evento molto poco probabile, coltivato adeguatamente, evitando si autodistrugga. evento poco probabile, appunto. però: moltiplica quell'evento poco probabile per un campione numericamente più grande in maniera fottuta. quanti casi - potenziali - salterebbero fuori? una fottia in più. tutta roba persa. fine parentesi].

insomma. ci sarebbe da mettere un po' quiete ed ordine tra queste sollecitazioni. che su quel bancone si è continuato coi giri di birra. ed il coinquiino ha mica la sovrastruttura di dire una cosa per l'altra. non si cura di star per forza simpatico. poca piaggeria, al limite non risponde, o esprime la sua contrarietà in modo chiaro. e col bicchiere in una mano, le noccioline nell'altra [nel frattempo, con l'altro giro, l'oste legge morale ha portato altre ciotoline, anche una con quella cosa più elaborata che si chiama empatia], titilla con tutte quelle cose lì.

io lo capisco che il titillo è fastidioso. minchia se lo capisco. fa si ci si porti dentro una specie di senso di colpa irrisolto. sottile sottile. non premeditato, ovvio. ma sostanziato dai fatti, che rimane mentre portano via i bicchieri vuoti. e ci si alza dal bancone.

per questo ogni tanto mi viene il dubbio che vi sia un modo per tacitarlo. ed un modo è farlo andando in controfase. se non si può negare l'evidenza del modello riace - ormai è metonimia anche questa - ovvio che il baco penale-amministrativo è una bella foglia di fico: dagli addosso al mimmo lucano. se vuoi fare quello [finto] distaccato, puoi usare: le sentenze si rispettano. e finisce lì. tutto il resto appeso, silenziato. rimosso: mai preso birre con chicchessia, io.

[piccolo epilogo, peraltro credo dovuto e inevitabile. io, altresì, di birre mi sa che ne sto pure prendendo troppe. e mi sorge il dubbio che - oltre ad andar controfase - si può fare esattamente l'opposto. quindi mitizzare tutto quello che ha a che vedere con la questione migranti, migrazioni, fenomeno migratorio [che fenomeno fottutamente complesso rimane]. forse per il medesimo senso di colpa irrisolto. non che sia un problema in sé, al pari del negare e far i [finti] integerrimi e la storia delle sentenze da rispettare. basta saperlo, o qualcosa gli si approssimi un po'. credo sia interessante chiedersi se ci sia anche questo. posto che preferisco, in casi come questi, fasarmii piuttosto che contrario. allargare il bene comune e condiviso - qualsiasi cosa significhi - è sempre meglio che il contrario, contrarlo. anche solo provarci ad allargarlo. però, ribadisco, credo sia interessante chiederselo, per una semplice questione molto di pragmatica: ho idealizzato troppe situazioni e troppe persone. comunque 'sta cosa ti torna indietro, tipo metter il piede sui rebbi di un rastrello disteso sul prato: presente dove finisce il bastone, e come? ecco. sfrondiamo di idealizzazoni e mitizzazioni. forse mi sento così coinvolto perché ho una personalissima versione di coda di paglia. non è solo quello, ovvio. ma mi chiedo se ci sia anche quella roba lì. poi, il resto, è una specie di piccolo, piccolissimo, impercettibile [quasi solo impalpabile, fintanto che non farò davvero qualcosa] perequazione. c'è da farla in quanta più gente possibile. perequare. o controreazionare un sistema complesso. che poi è la mia interpretazione un po' onirica, da teoria dei sistemi, di quello che dovrebbe essere essere e fare cose di sinistra. anzi, che sinistra? del fatto di essere umani. cose così.] [della controreazione sul sistema complesso, prima o poi, mi mettero a scriverei il post]

Sunday, October 10, 2021

i care. [semplice piccolo post breve]

probabilmente oggi il concetto di appagamento, serenità, gioia e felicità sarebbe stata una cosa semplice. oggi nel senso di oggi diecidiottobreduemilaventuno.

una fidanzata - o quella roba lì - con cui essere e camminare alla marcia perugia-assisi. [magari scopando un po' brilli la sera prima, dopo una cena in due. coccolandosi la sera dopo [ho una certa. ventiquattrochilometri so' tanti.]]

i care. è tutto dentro lì. we care, in due a condividerlo e condividercelo. assieme a tanti altri. piccolo e semplice.

[dai: per essere breve è breve]


ma a parte lo iato, perché è così "divisivo"? però non è [ancora] la parte psicopipponica. /2

e quindi, vabbbbbbbbbbhè. c'è il post dello iato tra legge e giustizia. sofocle e la sua antigone avevano già raccontato tutto. al limite aggiungo qualche considerazione mia. [peraltro è interessante, forse ineluttabile, che antigone sia una donna.]

però credo ci sia anche dell'altro.

perché, questa severità nei confronti di mimmo lucano, nei confronti di chi gli è contro? contro, va detto, in maniera variegata.

nel senso della bolla percettiva di cui ho contezza io, diretta ed indiretta. che include non solo i contatti diretti feisbucchiani, ma anche le bestiacazzate che leggo di quel capitone sempre più bollito. oltre il fascistume mascherato degli accoliti di quell'altra, la sorelladitalia.

perché uno come mimmo lucano, soprattutto mimmo lucano condannato a quello ipertrofia di pena, non lascia così neutri. o indifferenti. [credo, almeno]. 

perché sta così sui coglioni a taluni: buonistadelcazzoimbroglione, le sentenze di rispettano [e si finisce lì]. ed altri si mobilitano e - immagino - si adoperebbero per lui, e mica solo firmando petizioni onlaiinn. [io, ad esempio, questa seconda categoria].

perché così divisivo?

ho ascoltato parecchie considerazioni, nei microfoni aperti, in altre trasmissioni con il parere probante dell'ospite [sic.], che danno una lettura di sistema. forse, financo, con un tocco di risvolto dietrologico: quella sentenza è così dura perché è un monito. quel modello di integrazione e di gestione del fenomeno migratorio è da osteggiare e frantumare. perché funziona. colpire mimmo lucano per scoraggiare gli altri cento. è da osteggiare e frantumare per due motivi:

la bbbbbestia del capitone è in difficoltà a dover confutare il modello riace, nel suo proluvio comunicativo. cioè: lucano e riace possono depotenziare il racconto spaventevole del fenomeno migratorio. che è quello di tirare forconate alla pancia paurosa della gente. il diverso, lo straniero, il foresto, il povero, incutono il timore di quello che è altro, che non si conosce. la novità, che non è piacevole. perché è fuori dal recinto comodo dello status quo. credo ci sia una specie di archetipo conservativo che gli sbatte contro. e ce lo portiamo dentro nel profondo. senza accorgercene. mica perché siamo stronzi. ma perché costa un sacco di energia. è una questione conservativa, quella per cui si utilizza il minimo energetico. questo sfruttano gli stronzi che prendono la via facile, e ci costruiscono carriere su 'sta cosa. roba tutto sommato facile. pungola la pancia. schiaffeggia le paure. e prometti che sei lì per difenderli [dal disagio che hai provocato, ma mica se ne rendono conto] ed avrai la sollecita riconoscenza di quel popolo spaventato. e con la pancia paurosa forconata. che qualche irresponsabile promette di difendere. è un giro perverso. da una parte forcono la pancia, da una parte prometto di difenderti. basta dichiararlo, non serve scendere nell'argomentare sul come, specie in situazioni complesse. da una parte non ne sarebbero capaci. dall'altra, proprio perché complesse, non ci si inoltra a comprenderle: figurarsi, impaurente anche quello. meglio una soluzione semplice e definitiva: rimozione. basta evocarle, è già cosa rassicurante. figurarsi uno come mimmo lucano che una via di soluzione può averla trovata, e messa in atto. smentisce il racconto che impaurisce, dimostra che le cose si possono addirittura fare. e per di più vincendo la paura dell'altro. capisco sia un po' destabilizzante il fatto che il negher - come metonimia - diventa parte del tuo locale, della tua prossimità, della tua comunità. minchia, lo puoi abbracciare. pazzesco.

però la bbbbbestia del capitone - anche questa metonimia - è roba che affumica ed avvelena un po' i pozzi. incide sul percepito. che è importante, neh? ma poi la ciccia arriva dopo. la pragmatica dei piccioli è successiva. ma è fottutamente più interessante. quali altre modalità di accoglienza, che non integrano allo stesso modo. ma che i finanziamenti li ottengono: magari in modalità amministrativamente corretta. quanto erano infastiditi dal modello riace? soprattutto la sua notorietà. non mi meraviglierei a scoprire che in tanti, tra i solidali, un po' non lo vedesssero di buon occhio. siamo grandi, vaccinati, e disincantati: la favola del buon cuore, a prescindere, di chi si occupa di portare aiuto agli altri, è robetta da verginelli ingenui. ora. io non sono così complottista e dietrologico. forse sono ugualmente ingenuo, forse voglio preservarmi almeno e/o anche dalla paranoia. non credo che chissà quale lobby dell'accoglienza abbia pungolato il pubblico ministero, il giudice che ha inflitto quella condanna lunare. [le sentenze si rispettano. col cazzo non possa esserne profondamente in disaccordo, nel mio intimo e nel dichiararlo]. quindi quella sentenza avrà ragioni tecniche che non si sono sostanziate dai tuuuiit del capitone - sempre metonimia - quanto meno a livello conscio. né tanto meno perché qualche potente lobbista ha preso sotto braccio il giudice sussurandogli con tono falso cordiale: amico mio, sentiammmmè... . quindi le ragioni tecniche, si leggeranno. e vabbhé.

però penso vi sia qualcosa di ancora più profondo. per la storia che mimmo lucano possa stare così sui coglioni, così come suscitare reazioni di profonda solidarietà. è davvero cosa psicopipponica. roba che c'entra con la roba di quell'ambito così personale, intimo, fondante. dove ti metti lì a prendere una birra con il tuo coinquilino. quando, vuoi per la birra, vuoi per il contesto, non ce la si fa a prendersi per il culo, o raccontarsi cose diverse da qualcosa che può approssimare il concetto di verità. ragionando su dei fondamentali, forse degli assoluti, che abbiamo lì sul tavolo della birra. chissà chi ce li ha messi, quando e come. ma ci sono. forse sono proprio connaturati a quel tavolo, al fatto esista un posto del genere e si possa prendere la birra con il coinquilino. alcune dottrine, e costrutti che son venuti fuori, la chiamano coscienza. non so se sia esattamente quella roba lì. posto abbia senso porsi la questione.

capisco non sia così semplice ammettersi si possa prendere quella birra con il coinquilino. che non esiste nessun coinquilino, nessua birra, nessun tavolo su cui vellicarsela, la birra dico. mi arrogo l'idea che però lo possiamo far tutti. e certe reazioni - ad esempio - alla sentenza di mimmo lucano sono l'effetto di averla presa quella cazzo di birra. solo non è stata una bevuta così rasserenante. anzi. per millemila motivi, che mi guardo bene dal giudicare. figurarsi. quindi è una pessima bevuta. anzi: mai bevuto nulla io. non esiste nulla di tutto ciò. che cazzo dici? smetti di farti le psicopippe. e soprattutto di scriverle, che scoglioni la gente. [che peraltro fai sempre più una fatica della maTonna, cosa ti ci applichi? e perché? non vivrai mai della tua scrittura contorta e circonvoluta, onusta di avverbi.]

però io magari lo scrivo uguale. in un altro post però.

Wednesday, October 6, 2021

caos da nobel

qualche millemilamesi fa scazzai con l'amico daniele. nella retorica dello scazzo, a coprir motivazioni più profonde, gli sbattei sul naso le quattro interazioni fondamentali della fisica. lui sosteneva di dover piantar della segale proprio quel giorno (1), 'ché c'era la luna buona. io gli risposi che era un cazzo di ingegnere e avrebbe dovuto far riferimento a qualche approccio razionale in più. e che la luna piena non poteva influenzare i suoi cazzo di semi di segale. le interazioni fondamentali sono quattro. non ricordo se gli citai anche l'interazione nucleare debole. che è quella responsabile del decadimento radioattivo, per le sostanze che decadono radioattivamente.

carlo rubbia vinse il nobel per la fisica per la scoperta - sperimentale - delle particelle che determinano l'interazione elettrodebole. ai tempi frequentavo la terza media. il vittorino, nel senso del preside delle mediiieue(2)venne in classe ad annunciarci quel riconoscimento così prestigioso per l'italia. citò i quark, che effettivamente non hanno molto a che vedere con l'interazione elettrodebole. solo che mica lo sapevo allora. però sapevo cosa fosse il premio nobel. e probabilmente mi invaghii pure di quella disciplina chiamata fisica. che vabbhé la materia scienze che si studiava. però 'sta fisica mi sembrava - a naso - più interessante. avrei fatto il fisico, quasi quasi. avevo le idee chiare. infatti.

sono passati trentasette anni. nel frattempo altri italiani hanno vinto il nobel [oltre al fatto che dario fo se ne andò il giorno che lo assegnarono a dylan. pensa te a volte gli incroci che ne escono. per quanto dylan non è esattamente italiano. ma in fondo, ha senso ragionare sulla nazionalità quando si parla di nobel?].

ed oggi se l'è vinto 'sto parisi. per le sue ricerche, il suo contributo alla comprensione dei fenomeni complessi. che più che il nobel - esticazzi - credo sia quella la cosa veramente faica(3). l'ìntuire un ordine nel bel mezzo del caos. che a questo punto il tutto si sfuma. che se c'è un ordine e c'è inizio di comprensione, allora si può parlare ancora di caos? oppure è esattamente il contrario. che è il concetto di caos cui si può associare un qualche pattern di conoscenza, quindi di ordine. non è l'ordine in sé. ma il suo disvelarsi, che permette di interpretare il caos. che non è più qualcosa di imperscrutabile, annichilente. che non ha senso o va esclusivamente ed immarcescibilmente per i cazzi suoi. no. è qualcosa che può raccontarci situazioni. che si può analizzare, che si può osservare ed ascoltare, come suonasse una sinfonia tutta sua. ma sinfonia rimane, come succedersi di elementi armonici, a loro modo. è come spingere la linea frastagliata dell'inconoscibile un po' più là. non significa mica che si arriverà a capire tutto di tutto. no. ma che è - l'ulteriore - danza che porta a spingersi dentro i fenomeni naturali, nel senso più ampio, più completo del termine. i fenomeni dove si balla il turbinio della molteplice variegatezza delle cose. e ne salta fuori qualcosa che si riconduce al comprensibile(4).

così a comprendere - sempre con senso critico del dubbio gentile - che forse non tutto è del tutto comprensibile. anche se viene da dirci: e per fortuna. e rimane irridubicile alla gnosi. irriducibile: mai termine fu più azzeccato e affascinantem come una frazione di numeri primi. ma nel frattempo è esperita anche la possibilità di far pat-pat sulle spalle a quello che sembrava non fosse altro che acme di casualità, senza un fine a sé medesima. inconoscibile. e invece si scopre aver una coerenza, un significato, un senso. là dove e quando sembrava esattamente il contrario.

ci si è fatti amici un pezzo di caos. ma nel verso che è lui ad essere diventato amico nostro. noi stelle che vi si danza dentro.

(1) [ovviamente il problema non era la segale, né la luna piena, né il fatto volesse piantare quel cazzo gli paresse, dove cazzo gli paresse. il fatto è che due giorni prima mi aveva promesso collaboratia, a piene mani e polmoni, nei giorni a venire, per una sistemazione hard gardening cui tenevo e che avevo in testa di fare da tempo. che potevo fare solo con i suoi strumenti. quando mi chiamò quel sabato pomeriggio dicendomi: dopo passo a seminare la segale, capii che si era lanciato con generosità a offrir il suo tempo, ma che solo parole sarebbero rimaste. già accaduto altre volte. così se ne era subito dimenticato e non ci sarebbe stato nessuna sistemazione hard gardening. e questo mi fece discretamente girare i coglioni. oltre a generare una certa delusione]

(2) [come lo canterebbe elio in tapparella, nel verso daaaaaaannnata festa delle medddiiueeee]

(3) [per quanto sia tra l'affascinato e l'incuriosito che non è che abbia bazzicato poi tanto, nelle mie letture divulgative. però sarebbe interessante fare. anche se non mi meraviglierei non farò poi tanto. giusto per non dimenticare che - in miliardesimi - c'è dell'inconoscbile irrididucibile nel caos delle personalissime istanze nevrotico-compulsive [non volevi metterci l'angolino ombelicale?]]

(4) [che ne so, anche l'evoluzione di una pandemia. o come stiamo sputtanando il clima di un pianeta. e quali saranno gli effetti]

Sunday, October 3, 2021

iati [è verosimile non sia un post tanto originale] /1

che poi ha già scritto tutto sofocle. con la sua antigone che viola le leggi degli uomini, per onorare leggi che Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove [cit. e ovviamente ho chiesto al signor gugol]. quindi è verosimile non sia un post tanto originale.

liquidare la condanna di mimmo lucano con l'adagio "le sentenze si rispettano", è come - millllleMiGlioni più in grande - liquidare il cambiamento climatico in atto con "non ci sono più le mezze stagioni".

un sistema legislativo è architrave del contratto sociale. visto che ci si trova a vivere assieme, meglio farlo senza far venire giù tutto. mica ce l'ha spiegato nessuno. è qualcosa che è gemmato dai noi medesimi. poi in seguito, consapevoli, si è studiato sul quando comparvero e di dove. dovremmo provare a convivere senza esser dei bruti [come la storia del fatti non foste], che si scannano. certo, c'è il fatto che le leggi sono scritte da donne e uomini, verosimilmente onorando alcuni fondamentali, ma pur sempre perfettibili. poi si declinano nelle sfaccettature della realtà. a volte un gran rebelòt. roba che tende ad essere meno iperuranica della teoretica del diritto. e per applicarle servono donne e uomini, quindi questione fallibile. leggi umane, calate su realtà irregolari, applicate da uomini. ci sono un sacco di situazioni in cui 'sta cosa funziona, abbastanza dai. poi ci sono gli iati. quando giustizia e legge si scollano, e si creano intercapedini. ed a volte lo iato è tipo un spinnaker quando si veleggia di poppa.

credo che la condanna a mimmo lucano, e la condanna a trediciannieduemesi, siano uno spinnaker simile. ovvio che la sentenza la rispetto. anche perché non saprei come fare a non farlo, volendo. è altrettanto ovvio possa esserne per nulla convinto, giusto per usare un eufemismo blando [c'è dell'amara ironia, se non si era capito]. da una parte l'intepretazione di una legge degli uomini, in un preciso contesto di realtà. dall'altra le leggi che, particolare a 'sto giro, non sono d'oggi, non sono di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove. la legge morale. che sento effluviare dentro. per cui [intepretazione della] legge e giustizia si scollano. e di parecchio.

dal mio personalissimo punto di vista il discrimine è anche piuttosto facile. quando ci si adopera per il bene di qualcun altro, più o meno in ambasce, e non si traggono vantaggi immeritati e sostanziali, lì è la giustizia. facile. poi mimmo lucano - che non è un santo, non è un eroe, è un uomo - può aver fatto un gran mischione, un gran casino, irregolarità importanti. anzi sembra che proprio sia andata così. può essere benissimo che lo abbia fatto con contezza, forte della convinzione che, al fine del giro magari sgarruppato, si garantisse assistenza, si favorisse integrazione. e questo fosse sufficiente. tecnicamente è un illecito. occhei. tecnicamente ci sono corte dei conti e tar. e poi c'è la giustizia, con il resto rimasto scollato ed indietro. quello sproposito di anni sono un'altra roba. io posso pure rispettarla. ma lunare rimane. se ha un senso tecnico, non ha morale. s'ha da rispettare il tecnicismo leguleo. s'ha da contestare e opporsi in etica a morale, proprio per la sua mancanza di morale.

e fin qui, vabbhé, ispirandosi [sgarruppato] a sofocle. nulla di così originale.

poi. spiace ribadire l'ovvio. ma nella personalissima et piccolissima bolla mi è stata contestata la contestazione. dietro lo scudo dell'adagio: lo sentenze si rispettano, sempre! per non aggiungere il pernicioso: comodo invocarlo quando condannano quello coi capelli di kevlar! vidimando il tutto con: siamo in uno stato di diritto. [poi vabbhé, gli scappa via il piede dalla frizione, e già si cala il maglio dello stigma dopo il primo grado. presunzione di innocenza: magari un'altra volta].

'sta cosa, ma stigrandisssssssimicazzi, mi ha dato un pochino fastidio. però è stato un provarci a ragionare sopra. sarà che mi sento sbarellato, nonché debosciato. quindi potrei risolvere il tutto con un'alzata di spalle, un singhiozzo ed un rutto [cit..]. e soprattutto sono soverchiato dall'inedia. quindi ci ho pensato sopra. forse così alimento l'inedia. e l'inazione al fare.

perché mi è rimasto il titillo dentro. sul farsi scudo dell'adagio di cui sopra: le sentenze si rispettano. che magari è spocchioso. spero non [troppo] giudicante. ed è molto psicopippa. però magari lo scrivo in un altro post. [anche se poi di post ne son venuti fuori altri due. pre-psicopippa, e molto psicopippa]

[chiosa più generica a chiusa. c'è gente, più preparata di me al riguardo, che sostiene che il processo che porta a celebrarsi un processo, non sia del tutto in bolla. in italia, in questo momento. alcuni lo sostengono da un bel po' di tempo. altri meno. io non mi sento di esprimermi al riguardo. proprio perché non ne so abbastanza per un argomento così complesso e delicato. non ne so abbastanza specie per le tecnicalità che si vorrebbero cambiare, e come cambiarle. quindi gNente psicopippa. ho la sensazione però che ci si muova, a volte davvero molto, dentro scieicherando i succhi gastrici della propria pancia razionale. per non il dire il percepito personale o, peggio, il sentito dire. credo sia questione assai delicata. che le storture siano da raddrizzare privilegiando il reo. però poi, a volte, ci sono le vittime. che a furia di pensare la reo [sacrosanto] a volte vengono dimenticate, facendo subire loro un'altra ingiustizia. il crinale è stretto. e calibrare con senno non sarà mai cosa facile. e forse mai ci si riuscirà. quanto meno nel contesto peracottaro italico. e magari ci sarà sempre un giudice, che gonfierà lo spinnaker dello iato. anche nel migliore dei sistemi possibili, l'uomo è fottutamente errante. e non nel senso di uomo che va]