Saturday, July 25, 2020

di lucciole, cave, cascine e fluire continuo

oggi ho ascoltato raccontare un aneddoto.
piano city, edizione di almeno l'anno scorso, o forse più - chissà, forse addirittura quella appena prima la curva del punto angoloso di sei anni fa, che fece scoppiare il bubbone. doloroso. ma cazzo quanto è stato salutare, alla luga. molto meglio ora.
dicevo.
piano city.
evento all'interno del parco delle cave, a due passi da cascina linterno. ovest milano.
è fine maggio, la pianista, a due passi dalla marcita della cascina, sta eseguendo uno dei notturni di chopin. tutti ascoltano in intimissimo silenzio. anche le lucciole sembrano apprezzare, ormai sono tornate di casa lì: circondano il pianoforte, le note che fluttuano, la maestra, che interrompe l'esecuzione. è sopraffatta dall'emozione di questo pigolio luminoso che l'avvolge. il divenire della sonata lascia spazio a questo baluginio che la strugge dentro. si fa ancora più silenzio, ancora più intimo. qualche diecina di persone osservano e rilucono nell'evento di quel momento.
mentre lo raccontavano mi sono commosso. e qualcosa deve aver anche traguardato i condotti lagrimari.
non che sia tutta 'sta gran novità, in questo periodo. sarà la coda - [ancora quanto] lunga [?] - di questi tempi nuovi, come ne siamo stati avvolti, come ci riverberano ancora addosso. io ad esempio mi commuovo anche solo a sentire raccontare certe cose. sarà che son diventano un maschio ancora meno alfabetogreco dominante. e quindi reagisco così. diversamente dalla maggioranza dei bisssssesssmen esistenziali. che non si sono fermati - dentro - o ci hanno pasteggiato sopra. diversamente. appunto. ognuno fa come gli viene. e tutto sommato va bene così.
dicevo.
le lucciole.
mi sono commosso anche al pensiero delle lucciole. o forse proprio per questo.
che ci deve essere qualcosa di personalmente archetipo, quando le vedo, quando ci penso a cosa avvolge il momento di quando capita di vederle. l'amica viburna, più volte, mi disse di aver deciso che valeva la pena conoscermi dopo aver letto di un post sulle lucciole che scrissi in un post di milllllllemila post fa.
ecco.
le lucciole.
ci dev'essere un archetipo, dicevo. però oggi hanno anche spiegato la storia del fatto sia così importante, dal punto di vista ecologico, del fatto tornino le lucciole. che forse è un po' meccanicista et di catene di nessi causali. quindi toglie un po' di poesia. o forse balugina uguale, come il pigolio luminoso di una lucciola, il senso profondo. da archetipo ed inconscio collettivo. le lucciole si nutrono di lumachine, che a loro volta si nutrono di erbette e fitorganismi estremamente delicati. basta pochissimo inquinamento, alterazione del contesto e dell'ecosistema, per sminchiare tutto. quindi niente erbette e fitorganismi. niente erbetta delicata, niente lumachine. niente lumachine, niente lucciole. le lucciole stanno solo dove l'indice biotico è estremamente elevato. che pure indice biotico sarà poco poetico. ma porta seco la potenza riassuntiva del fatto sia qualcosa che è fottutamente legato alle condizioni ottimali acciocché si crei un equilibrio favorevole alla vita. tutta. mica solo la nostra. tutta. e dev'essere qualcosa che è innestato nel kernel della nostra esperienza più profonda.
mi piace pensare che è anche per questo che le lucciole emozionano così.
quindi figurarsi al pensiero che lasciano in sospeso un notturno di chopin. la notte, il contesto dove naturalmente le lucciole si acclarano.
e figurarsi che 'sta cosa del notturno di chopin è accaduta in un luogo dove fino a pochi decenni fa c'erano le cave da cui si è estratta la sabbia e ghiaia per l'esplosione edilizia di milano. quando che sarebbero state spazzate via le lucciole - come metonimia ovvio - non ci si pensava. figurarsi. e quel posto era un obbrobrio dal punto di vista paesaggistico e non solo. il rumore dei tir ininterrotto, il rumore del dragare, le volute di produzione di cemento, che impestava tutta quell'aria. un piccolo angolo infernale. in periferia.
han chiuso tutto, anche perché rimaneva ormai poco da costruire. e farlo con quei criteri scriteriati.
la falda si è ripresa la cava. la natura si è ripresa quello che dev'essere. e soprattutto un manipolo di accalorati entusiasti, pervicaci, ha fatto in modo che potesse accadere in maniera mirata, coerente: accompagnandola, la natura, a depurare quella diecina di ettari.
e tutto è fluito così. come in questo continuo divenire. accompagnando le cose in modo coinvolgente quello che viene. ci è voluto tempo. ci son voluti sforzi. c'è voluta la caparbia di questi scriteriati critici verso quel tipo di evoluzione, di costruzione del futuro dissennata [eufemismo]. come avessero incanalato con i tempi e stagioni necessarie quel fluire. tipo l'acqua nelle marcite, che son state ripristinate. la marcita: dove l'acqua che vi scorre sopra, d'inverno, non fa gelare le radici dell'erba. e si comincia a foraggiare a marzo. e lo si fa sette-otto volte in un anno.
è rinascita lenta, ma per certi aspetti inevitabile, che sembra fottersene anche dei singoli. e che invece è solo nella collettività che trovano senso a favorire quel fluire.
e tra le altre poi tornano le lucciole.
e baluginano.

baluginano