Sunday, November 27, 2022

paradigmi [o paradigmamenti immoti] [è quasi più lungo il post che la storia narrata]

il risotto pere e zola avanzato non l'ho buttato. e non solo perché era venuto davvero bene.

che cambino o non cambino i paradigmi ci son cose che non si fanno, tipo buttare il cibo. appunto.

a 'sto giro c'era davvero la sensazione qualcosa di nuovo e di bello si stesse approssimando. qualcuna per cui valesse la pena immaginare di cambiare il paradigma: si può anche smettere di essere single, cominciare a pensarsi in una relazione. lo sapevano solo l'amica paola ed odg, cui l'avevo buttata lì, quasi per caso: ah, dimenticavo, sto inziando a frequentare una personsa. ad altri, cui voglio bene, ho buttato lì mezze frasi quasi casuali, in modo più o meno mimetizzato: forse ci sono novità, sto cercando di vivere questi giorni con un rinnovato entusiasmo, sto davvero bene. cose così.

l'ho conosciuta col mezzo più sfighinz del deiting. quello del signor feisbuch. mi aveva colpito il riferimento a certi desideri, con valori, ideali, speranze simili a quello per cui credo valga la pena battersi. poi sì, ovvio, mi sembrava caruccia. son sempre un banale maschio.

mi ha risposto dopo un bel po' di tempo. tanto che quasi non ricordavo di averla contattata. ne abbiamo impiegato molto meno a decidere di incrociarci, peraltro proposta venuta da lei. doveva essere passeggiata al parco nel uichend. e invece le ho proposto anche un'occasione prima: un incontro alla radio con un partigiano. erano due anni e mezzo che non mettevo piedi nell'auditorium. guarda caso il giorno del compleanno di fratteme. genetliaco che peraltro è un po' di genetliaci suoi che mi scuote, come da post.

e quindi ci siamo conosciuti, senza scriverci eccessivamente prima. che è il modo più efficace che ho di autosabotarmi, scrivere intendo.

ero imbarazzatino, agitatino, ma nemmeno tantissimo. dopo l'evento alla radio abbiamo peregrinato un pochetto, cercando un posto per bere qualcosa. pioveva. lei molto più a suo agio di me. e quindi si è parlato da subito un sacco. tutto sembrava uscire con molta naturalezza, ascoltare e suggestionare. ci hanno praticamente cacciato dal locale, mentre noi due discorrevamo ed intorno ritiravano tavoli e sedie. tempo volato. pioveva ancora più forte e lei mi si è abbarbicata al braccio, come la cosa più ovvia, scontata. era bello sentirla così vicino. chi ci ha incrociato avrà sicuramente immaginato fosse un gesto consueto fra di noi.

quella con l'auto era lei. sotto casa le ho chiesto se potevo vellicare la sua mano, già sapeva non sentissi gli odori e memorizzassi col tatto.
- eh, ma indosso i mezzi guanti.
- ah, allora nulla.
- beh, li posso togliere.
- ah, occhei. 

gliele ho sfiorate velocemente, come spiazzato. quindi me ne sono sceso quasi fuggendo. ho avuto la sensazione - ma potrei benissimo sbagliarmi - di aver intravisto una piccola delusione per il fatto non l'abbia baciata. dai, ci vediamo nel uichend.

la mattina dopo le suggestioni sono arrivate subito da lei.
- ah, a proposito, mi sono abbonata alla radio.
- ah! non ho osato suggerirtelo. ma sono contento l'abbia fatto anche grazie a me.

lì, tra l'altro, ho capito che qualcosa poteva cambiare. perché il panico non mi ha avuto. non ho provato il desiderio di fuggire [figurativamente] altrove. non si è scatenata la coazione a ripetere del cercare pregi e soprattutto difetti della ragazza, valutando i pro e i contro, anticipando pensieri tossici di cosa avrei potuto non poter far più, delle piccole difficoltà ed imprevisti ad uscire dalla zona di comfort.

vediamo che ne vien fuori, mi son detto. nessun aspettativa di chissà cosa. nessuna pretesa di situazioni magnifiche ma molto immaginifiche. è una persona accogliente, intelligente, fuori da comune. e su molte cose è molto più capace ed abile di me. non può che farmi bene frequentarla. ne avrò sicuramente da imparare.

ero stranamente sereno. forse addirittura pronto. anche quando il giorno dopo mi ha invitato ad una cena improvvisata a casa sua, con degli amici. ma per quella sera c'era già da ascoltare mauro pagani. ho declinato. avremmo avuto altre occasioni.

poi sì. qualche pensiero di ubbia mi è venuto. e se poi avvampo come un fuoco di paglia? e se poi qualcosa non va? e se poi la deludo o mi delude? e se poi questa cosa si infrange addosso ad un'altra versione di fallimento? è una madre divorziata con creature che sta crescendo. non combinerò qualche casino? non è che rischi di pigliarla in giro?

per un attimo ho tergiversato. ma giusto un attimo. ci ha pensato poi lei, in una luuuuunga passeggiata al parco, con la cagnolina che scorrazzava qua e là, a fugare molti dei dubbi. mostrandosi ancora più interessante, strutturata, centrata: un occasione che il caso o il destino sembrava volermi regalare. con il sottotesto: sarai mica così pirla da lasciarla andare, vero? anche quando mi ha raccontato un'altra parte della sua storia. di come stia provando a fermare una sorta di tradizione complicata famigliare. di come stia affrontando situazioni complesse, che abbatterebbero la stragrande maggioranza delle persone. cose che hanno devastato, a loro modo, la mia famiglia materna, con tutti i riverberi che ormai ho capito esserci stati, fin giù ad incasinarmi un certo modo di strutturarmi, parecchi lustri fa. per lei è il quotidiano, gli affetti di oggi. lei raccontava. da una parte mi sentivo in soggezione per quella sua capacità di farsene carico, un po' avevo voglia di abbracciarla, per la sola ragione di abbracciarla.
- è tutto dentro un racconto che ho scritto.
- mandamelo, lo leggo volentieri.
- però ora sono andata anche un po' avanti rispetto a quello.
- bene. ragione di più per leggerlo.

racconto che poi ho letto. e quindi ho capito che era davvero incredibile. tutto stava capitando velocemente ed in maniera così improvvisa. che vai a pensare una cosa simile l'inizio di novembre. che son giorni pregni di ricordi, questi. ma poi è il caso. o il destino. che forse son la stessa cosa. vivere 'sto potenziale cambio di paradigma proprio adesso.

anche il fatto ci siamo baciati il giorno in cui se n'è andato patreme. un po' l'ho voluto, con un banalissima scusa, per incrociarla sotto casa durante la passeggiata serale con la cagnolina. non mi decidevo. mi sentivo tanto pirla quanto desideroso di. pensavo: adesso la bacio, ma più ci pensavo e più mi sentivo impacciato e ridicolo, con la paura sottile di non aver capito e/o di lasciarmi scappare quel momento architettato. così ci ha pensato lei. i quindici-venti minuti successivi ho la vaga sensazione faticherò a dimenticarli.

ci siamo dati due appuntamenti. 

ci saremmo visti il martedì dopo, a cucinare assieme risotto pere e zola. la prima persona ospitata nel nuovo appartamentino, che non era ancora del tutto sistemato. avrebbe fatto lei da catalizzatore per terminare le cose in sospeso.

quindi il uichend, successivo [questo] che lei avrebbe avuto libera. sarei dovuto tornare al lago, per il sabato, ma sarei potuto ripartire la sera stessa o la domenica mattina presto. il giorno del compleanno di patreme [oggi]. mi sembrava l'ennesima coincidenza che rimetteva in prospettiva il mese di novembre. un caso, ovvio. ma per fortuna che c'era.

così mi sono messo ad attendere il momento. godendomi alcuni eventi di bookcity. alcuni scelti pensando a lei. oppure quello sulla resistenza delle donne [grazie amica roby, che bellissima intuizione avesti], che mi sono gustato con l'emozione del momento che andava anche a lei, così attenta a certe istanze. mi è venuto naturale, dopo, fare una cosa che solitamente non faccio: il firmacopie, chiedendo a benedetta tobagi di dedicarlo a lei, glielo avrei dato con calma. tempo ne avremmo avuto.

ed è stato davvero un uichend strano. ad ascoltare gli autori a bookcity, le loro suggestioni stimolanti. oltre al fluire di pensieri, di considerazoni, di [nuove?] intuizioni, che sembravano sgorgare zampillanti e copiose, cui faticavo a star dietro. con l'idea di condiverderle [anche] con lei. mi è sembrato di essere un'altra persona. ho smesso di osservare le fanciulle con un piglio interessante, che son così frequenti a quegli eventi. ho scambiato battute con sconosciuti. come se qualcosa si fosse sbloccato, ed avesse [ri]cominciato a girare in un certo modo. mi sentivo meno incerto, come aver smesso i panni dell'impacciato che, con degli estranei, sembra aver paura della propria ombra.

tipo una cosa che si rimette in moto. e di colpo provare il desiderio di vivere assieme a qualcun altro alcune cose. va bene aver fatto pace con la solitudine in una moltitudine. ma farle in due diventato, d'improvviso, più interessante, più coinvolgente. roba che ha ancora più senso viverci dentro. mica non lo sapevo fosse [anche] un effetto della dopamina. ma sticazzi, che cazzo di bell'effetto.

erano anni che non provavo il desiderio di baciare una donna senza l'obiettivo precipuo, oltre qualche corollario para-edonistico, di trombarmela [che penso sia meno trivio di scopare, ma fare l'amore è un'altra cosa]. già fare l'amore. cosa peraltro suggestionata da lei, all'interno di un incontro un po' fantasticato, un po' comprensivo di altre intimità.

avrei voluto scrivergliela, 'sta cosa del bacio senza secondi fini diretti, intendo. me la dici a voce - mi ha risposto - lì è condivisione più piena.

poi è arrivato il martedì, e il risotto pere e zola da preparare. ero tanto desideroso, quanto sereno e contento.

già dalla telefonata in cui mi diceva stesse arrivando ho percepito una nota stonata, tanto breve quanto distinguibilissima. e la sensazione di rapidissimo brivido lungo la schiena.

salendo le scale è arrivata la cagnolina, che si è infilata in casa come sapesse esattamente dove andare. un attimo dopo lei, anche se mi è parso stesse arrivando un'altra persona. tipo una controfigura. un filo di trucco e molto impaccio. come si trovasse lì un po' a sua insaputa, o controvoglia. unico dettaglio coerente la bottiglia di barbera importante, di cui mi aveva detto. buona che lo capivo anch'io. al brindisi: a questa inaspettata svolta del 2022, gli occhietti hanno riluciuto in maniera diversa dalla volta precedente, tra un bacio e l'altro sotto casa sua.

il risotto è venuto bene. ma c'era qualcosa che non girava altrettanto. con quella naturalità serena, complicità crescente come le volte prima. i discorsi ad immergersi in un mood asettico, se non a tratti annoiosi, per poi ripigliarsi un poco, ma senza decollare davvero. il linguaggio del corpo ad allontanarsi. quando l'ho invitata ad abbracciarmi lo ha fatto con naturalezza, ma con trasporto etereo. mi ha chiesto di un dettaglio sul suo racconto, quel che le ho detto non l'ha soddisfatta, come fosse una considerazione non azzeccata. altra luce delusa negli occhietti.

niente coccole sul divano, ma una passeggiata con la cagnolina fino alla sua auto: non voglio correre, voglio conoscerti meglio, abbiamo tanto tempo davanti.

non doveva succedere nulla, per forza, quella sera. ma non immaginavo di sentirmi d'un tratto fuori sincrono, fuori percezione, fuori posto. come se avessi sbagliato non so bene cosa: detto/fatto/suggestionato quel dettaglio che decretasse, improvviso: pecccccccaaaatoo, risposta errata, sei fuori! così a dare quella svolta che non ti aspetti. come se tutto quello che ci aveva portato lì fosse una riuscitissima, didascalica, messa in scena. il plot un romanzo che è quasi banale possa proseguire in un certo modo. e tutto che si manifestava con il concentarsi di un freddo improvviso, a scorrermi lungo la schiena.

l'ho accompagnata all'auto con dentro tutto uno scoppiettio di dubbi, di titubanze, di perplessità. non avevo capito un cazzo? rischiavo di combinare qualche casino? sarebbe finita con una nuova versione di fallimento?

di nuovo mi ha baciato lei. ma con il coinvolgimento di una coppia che è lustri che vive assieme. l'ho abbracciata. già sapevo sarebbe stato l'ultimo, anche se non me ne ero ancora reso conto.
- ti do uno strappo fino a casa?
- no, grazie. che se salgo sull'auto poi sarebbe ancora più complicato scendere.

mentre mi passava accanto salutandomi ho provato, all'inzio, una specie di sollievo. quanto meno quella serata sbagliata era finita. avrei avuto il tempo di ri-organizzarmi le idee, di ragionarci. fatti pochi passi però ho capito: quello era stato un duedipicche. inaspettato. ma mica serve che uno se lo aspetti, acciocché sia un duedipicche in piena regola. e non capivo quanto fosse più delicato oppure quanto più perculante.

nei pochi attimi successivi nel rientrare in casa mi è salito un moderato incazzo, oltre la stanchezza che di colpo presentava il conto, con il rebound che mi sussurrava nell'orecchio: vedrai domattina quanto starai di merda.

già. il mattino dopo. mi sono visto girare nei primi momenti della nuova giornata, quelli difficili a prescindere, di nuovo immerso nel paradigma immoto, con i resti della cena, la cucina in disordine, abbastanza piena di roba che nemmeno era stata sfiorata. così ho deciso di sistemare e rassettare tutto subito, non ostante il sonno e la delusione. in maniera tale non rimanesse più nessuna traccia del passaggio, reliquio della sera precedente. ho sparecchiato, lavato, riordinato. via pure l'orma della sua scarpa, appena visibile accanto a dove era stata pervicacemente seduta: scopato per terra, nel senso di passare la scopa sul pavimento.

il risotto pere e zola avanzato non l'ho buttato. e non solo perché era venuto davvero bene.

che cambino o non cambino i paradigmi ci son cose che non si fanno, tipo buttare il cibo. appunto.

infine c'era la bottiglia di vino, davvero buono, ancora piena per un terzo.
- te la lascio, così la finisci e l'apprezzi tu. [mi aveva detto. uau: che gentile concessione, ho pensato].

è stato liberatorio svuotarla nel lavandino, quasi con veemenza, senza troppo titubare, quindi scendere le scale per buttarla nel contenitore del vetro.


tre considerazioni finali [tanto ormai, se avete letto fino a qui], oltre alla numero zero, che sarebbe che andrò a cancellare chat e contatti.

  1. il libro con la dedica pensavo, almeno, di leggerlo. poi ho cambito idea. lo lascerò al bookcrossing sotto casa. che vagoli secondo la fantasia del caso. qualcuno ne sarà suggestionato, ne son certo. e tutto quello che di bello si propaga fa sempre bene al pensiero collettivo. che poi ci si sia una dedica, fatta pochi giorni prima, sarà la fantasia di chi la troverà a suggerire cosa c'è dietro: disfarsi di un libro pensato per qualcuno. forse immaginerà un'innamorata scaricata o un'amica delusa da chi lo ha donato. sono i romanzi più ovvi, quelli. che poi è più o meno ciò che mi è parso di vivere in queste tre settimane;
  2. sono abbastanza convinto di non aver fatto grandi minchiate a 'sto giro. autosabotatorie o meno. che sono più pronto di quel che pensassi, se ne val la pena. e so che può aver senso immaginare che il paradigma non sia per forza immutabile. anche se forse lo sarà, ugualmente. ma ha poco senso arrovellarvisici adesso;
  3. ora la sensazione è come pensare ad un banchetto pantagruelico, nel mentre di un bell'attacco di nausea: ma credo ci sarà un'altra persona, là davanti nel divenire. al netto di cosa ne sarà del paradigma. e può anche essere avrà pure le tette più grosse.


 
[img: guarda a volte le suggestioni iniziali...]


Sunday, November 20, 2022

post estemporaneo, anticausalità

ho provato ad officiare al meglio il rito di bookcity [ci arrivai per caso sei-sette anni fa, seguendo una suggestione di maurizio principato, un mostro di conoscenza musicale, andatosene troppo presto. raggiunsi il dal verme per ascoltarlo interloquire con un autore di un libro su un cantante che nemmeno ricordo troppo bene. e da lì cominciai a intercettare quanti più eventi possibili buucsittiani possibili]. i maschi alfa, quelli cinici ed anche un po' stronzi, collezionano seduzioni e scopamenti. ed ogni donna concupita è una tacca in più. io lo faccio con l'altro: tipo gli eventi dell'evento letterario condiviso e diffuso. i maligni dicono nacque per rompere i coglioni al salone del libro di torino. ed in parte ci è pure riuscito.

comunque.

stamani compulsavo il programma, spiluccando quel che avrei potuto seguire in giornata. con poco entusiasmo, però. più che altro sopraffatto da una stanchezza che non voleva lasciarmi. ed io a chiedermi: ma che cazzo me lo fa fare, sono stanco, ho freddo a prescindere, perché collezionare quante più figurine possibili? cresci, ed esci da queste ritualità.

per uscire sono uscito. però l'ho fatto per santificare la ritualità. per quanto stancamente ed in ritardo sul primo degli eventi che mi ero segnato.

sono arrivato alla casa della psicologia, accanto al castello, convinto di essere in ritardo. avevo già pronta la battuta per il volontario che mi avrebbe accolto con un "prego, di qua": siete Voi in anticipo, vero? in realtà mi ha guardato con un mezzo sorriso e mi ha risposto: no è in anticipo lei, mancano ancora dieci minuti. prego, di qua.

ah.

e insomma.

sono entrato in sala per la presentazione di questa cosa qui.

l'avevo scelto con l'idea di trovare - magari - indicazioni per una questione specifica, relativamente nuova per me. invece è stato abbastanza tutt'altro. il dispiegarsi di un proluvio di suggestioni che mi hanno portato ad essere turbato, coinvolto, titillato, rinfrancato, stimolato, affascinato, intimidito, grato, consapevolizzato. tutto assieme. in poco meno di un'ora. quando hanno chiesto se qualcuno avesse domande, si è percepito un momento di silenzio quasi ossequioso. per la serie: ma checccccazzzo possiamo chiederVi, dobbiamo ancora iniziare a capire da che parte cominciare e mettere in ordine tutto 'sto popò di roba. poi ne sono arrivate un paio: la prima di una che aveva capito una cosa per l'altra, la seconda di colei che ha voluto recitare la particina di una studiata, con tre citazioni, in altrettante subordinate di un unico periodo [tanto graziosa, caruccia ed imbellettata, quanto puntacazzista].

ad un certo punto, nel proluvio di considerazioni, stavo finendo di assimilare un concetto, così mi son perso la contestualizzazione di quello dopo. che provo a riassumere con le parole che ricordo distintamente. nel nostro stare al mondo, come essere interrelati, ci riconosciamo veramente solo nello sguardo degli altri, che precede il nostro giudizio su noi stessi, che a volte peraltro non siamo in grado di ammetterci.

e mi è sovvenuto cos'era la cosa che mi è capitata, sedici-diciotto ore prima, quasi lì accanto. passavo in bici, in maniera un po' improvvida per evitare la strada più trafficata, davanti all'ingresso della stazione di cadorna [gran figlio di puttana, il luigi, che dovrebbe essere l'onta dei verbanesi, altro che mausoleo sul lungolago]. un ragazzo di colore si sta rintuzzando nel suo sacco a pelo, accanto ad un muretto. avrebbe passato lì la notte, un cartone per materasso. il sacco a pelo azzurro. non è l'unico. qualcosa mi colpisce nel suo sguardo, che noto prima che lui noti me, mentre gli passo accanto pedalando. non riesco a smettere di osservarlo. anche quando si accorge di me e mi guarda. ed io sento un misto di cose. come un qualcosa che sta molto lontano dalla rassegnazione, unito a qualcosa di doloroso. come se coricarsi lì, in quel modo, gli costasse una fatica importante, che mette assieme il fatto sia una condizione, ed un gesto, che è costretto a fare e ma che lui non merita. percepisce la [contestuale] inevitabilità dell'ingiustizia che sta subendo, lì in quel momento. è uno sguardo duro. un orgoglio non [ancora?] domato.

ci ho pensato anche abbastanza turbato mentre pedalavo infreddolito. sapendo che da lì a breve sarei stato al caldo, con una cena frugale, ma fumante. e quindi un letto decisamente più comodo.

ecco. sì. in quel volto ho riconosciuto la mia dabbenaggine, per quando mi lamento [invero, sempre di meno]. oltre la mia incapacità [ancora] a non uscire da questo comfort un po' tossico.

io non posso salvare quel ragazzo lì. posto che magari nemmeno me lo chiederebbe. figurarsi se posso salvare tutti quelli che si coricano in quei contesti, con o senza quello sguardo.

però sì. il senso profondo di quella suggestione dell'evento di oggi pomeriggio è [anche] quello sguardo di quel ragazzo. non so che giudizio possa uscirne. e forse è anche una conquista non mi sia sentito del tutto una merda. però sì. siamo esseri interrelati.

spero di ricordarmelo, quello sguardo. e che qualcosa [mi] porti, prima o poi. ma ho la vaga sensazione che sì. qualcosa succederà.

o almeno lo spero.

Saturday, November 12, 2022

post genetliaco [in ritardo], seconda parte

il novenovembre di qualche anno fa scrissi un post più o meno omologo a questo.

ricordo perfettamente il punto in cui stava la 91, nel senso di circonvalla senso antiorario, quando mi sgorgò il magone ed un inusitato senso di colpa, spunto del post di allora. pensavo al compleanno di fratteme, che cadeva in quel giorno [come ogni anno, del resto]. e fui sopraffatto da un'onda emotiva, non esattamente rinfrancante. cose che succedono. tanto che ricordo dove fosse la 91. e se stavo sulla 91, a quell'ora di tardo pomeriggio, dev'essere stato il suo compleanno tra il 2015 ed il 2018. 2019 molto meno probabile.

in fondo mi venne una gran voglia di abbracciare fratteme, augurargli buon compleanno, e chiedergli scusa per tutto il bene che non ero riuscito a volergli. sentendomi anche un po' tiepidamente merdolinico, per essere stato non il migliore dei fratelli maggiori che un fratello minore potesse sperare di incrociare.

quel post colpì l'amico emanuele, che me lo commentò forse a voce, o via uotsapp, o sa il ciel come.

raccontai di quella sensazione, generatrice di post, ad Odg. che mi cazziò delicatamente, oltre la ferma cortesia che ha sempre mostrato. ma mi cazziò. iscrisse quel mio moto irrazionale all'interno di una ricerca un po' fuorviata, in cui mi facevo incantare dalle sirene del concetto di famiglia idealizzata, perfetta, volemosebene. ed io percepii distintamente non avesse capito quasi un beato cazzo. ma lasciai cadere la sua osservazione. lo ricordo bene, perché raramente è capitata una discrasia così. lei che mi offre una chiave di lettura, io che capisco in maniera pre-razionale sia una chiave piuttosto fuori strada. percepita come fosse roba davvero evanescente. o di pertinenza di altri.

mi è tornato in mente tutto ciò, questo novenovembre. di nuovo con una specie di onda emotiva. meno lancinante, e forse anche piuttosto illuminante. credo di aver capito il senso, anche di quella della volta scorsa, da cui quel di post. e perché Odg andò piuttosto fuori strada. come se si fossero uniti dei puntini, ed il disegno che ne esce è un po' più intelleggibile.

che poi è il motivo per cui scrivo questo di post. per quanto come introduzione e motivazione non è che si possa dire sia così sintetica et succinta. che poi potrebbe financo passare per il solito post psicopipponico ad analizzare compulsivamente le cose del passato. e invece - credo - sia un bel aprirsi alla consapevolezza dell'ora e qui, che poi servirà a cominciare dall'ora e qui che è già un passo verso il domani.

io al novenovembre ho associato il primissimo ricordo ricordi. mio padre che chiude la porta di casa, mattino relativamente presto, freddino, mentre andiamo a conoscere il fratellino all'ospedale dell'hometown. è un ricordo di un sottile disagio, lo associo al sonno che provavo quella mattina, al trambusto per questa novità che non avevo previsto e che mi fate fare 'ste cose che dormivo così bene. disagio: quella specie di ingrediente che, tanto o poco, si è infilato come spezia amaricante nel rapportarmi con quel fratello, che comparve quella mattina. questo per molti anni. è un dispiacere che colsi, tutto insieme, forse inaspettato, sulla 91 quel pomeriggio dell'altro novenovembre. è qualcosa che credo non riuscirà mai a passarmi. per il semplice fatto è stato. punto.

e poiché credo ci sarà per sempre, perché è stato, tocca farci pace.

sì. per anni sono stato geloso di mio fratello. matreme lo ha sempre ribadito come una specie di mantra caratterizzante. tipo lui avesse i capelli biondi, io castani. ma la gelosia era solo l'epifenomeno. il punto, al limite, era il perché, e cosa quella gelosia nascondesse. credo di averlo capito. e potrei giusto dedicarci un paio di periodi, 'ché sennò si rischia di tornare allo sguardo al passato. credo che quella gelosia fosse il segno più marcato della di ricerca di attenzione da parte di patreme e matreme, come se avessi - forse - davvero bisogno di conferme. qualsiasi cosa questo significhi. e lo sguardo al passato potrebbe anche chiudersi qui. 

poi c'è il resto, piuttosto inequivocabile. patreme e matreme hanno fatto del loro meglio. ne sono certo. hanno educato allo stesso modo, quanto meno ci hanno provato convintamente. poi uno è venuto su in una maniera, uno in un altra. vuoi perché le persone sono diverse, vivaddddio, vuoi perché la vita capita, e cose succedono. di certo: l'unico che proprio non ha avuto nessuna responsabilità è fratteme.

è vero che per me, quel giorno, fu l'inizio di qualche difficoltatina in più, sarebbe sciocco negarlo. è vero che l'effetto complessivo che ne è uscito fuori è stata un'auto-strutturazione un po' di pongo. ma, di nuovo, simbolicamente in quella foto io tengo in braccio lui - per quanto con l'attenzione di matreme. quindi lui, proprio è l'ultimissimo cui si potesse chiedere di farci o ovviare a qualcosa.

poi le cose sono rotolate in maniera molto variegata, decisamente variegata. talmente variegata che la crasi tra lui è me - anzi tra me e lui - in anni particolari ed importanti è stata mentre cercavo di strutturarmi in un certo modo radicalscìc, per tuttuncomplessodicose [già psicopipponeggiate qui dentro, peraltro]. e lui se n'è scelto un altro: molto meno radicalscìc, molto più efficacemente pragmatico. ognuno ha la sua maniera di essere. capire che la mia non era necessariamente il migliore della sua è stata una bella conquista, di nemmeno troppi anni fa. ma oramai era un po' tardino, almeno per rimediare ad alcune cosette. oltre al fatto che, secondo i paradigmi [piccolo]borghesi, non ci sarebbe partita: lui è quello riuscito. ma in fondo, stigrandissssssimicazzi anche ai paradigmi [piccolo]borghesi.

però, appunto, queste consapevolezze son arrivate. e non credo sia un caso che siano arrivate proprio mentre ho cominciato a far pace con me, per tutte le cose che non erano riuscite. più che osservare con stronza alterità [via via discendente, suvvia] quelle che sono riuscite a lui. anche se non so se e quanto riuscirò fare davvero mai pace con lui. non basta, ahimè, assenza di conflitti. io non mi sono goduto la fratellanza minore. lui non ha potuto sfruttare la fratellanza maggiore. anche se, forse, non mi stupirei più di tanto intuire che, in [anche?] questo contesto, sia stato più abile di me.

non credo di invidiargli nulla, se non il fatto ami il lavoro che fa - oltre a riuscirgli molto bene. il fatto abbia un figlio che è un predestinato è merito anche suo. merito di cui bisogna avere grande rispetto. e ne sono davvero contento per loro, a partire dalla creatura.

il resto è un percorso pieno di bozzi, che pure lui ha avuto i suoi. e siamo qui, in cui ormai dovrebbe valere uno stringrandisssssssimicazzi per quel che è successo. non che non sia stato importante. ma arrovellarvicisi, ora e qui, magari anche basta. ci si è trovati in due da quel giorno. poi è capitato quello che è capitato.

e non dispero del tutto che, qua e là, qualcosa di meglio possa ancora venir fuori: da qui in avanti. in qualunque modo potrà accadere. magari farci anche un po' più di pace, oltre che fargli un augurio di compleanno un po' meno imbarazzato.

magari financo fargli leggere questo post.

qualcosa sarà.

 



Saturday, November 5, 2022

faccio un altro post.faccio un post cazzaropolitico /post ultimo post- l'educazione sentimentale della fratella /2

sproloquiavo dell'educazione sentimentale della fratella qui. [peraltro, senza proprio citarla, l'educazione sentimentale].

la fratella proviene, politicamente, da un contesto molto particolare, dal bordo dell'arco costituzionale. e mica tanto imbarazzato a guardarci pure un poco oltre, l'arco. fa parte degli eredi di coloro sono stati dalla parte sbagliata delle storia. sono contesti di origine che danno un senso di identità che levati. per non dire dello spirito di appartenenza che cementa. quel sentirsi alteri alla massa, elitari nel difendere un punto di vista che ha perso. cazzo, se ti fa convinta e integerrima. a caricare a molla il revanscismo, che ti tengono ai margini, ma un giorno vedrete come sapremo rialzare la testa. e rimettere in prospettiva il punto di vista della storia, rielaborando il lutto della sconfitta dei loro ispiratori, rivisitando quello narrato fin lì. mi pare che, durante il dibattito della fiducia, uno dei suoi abbia evocato il ricordo dell'umido delle cantine da cui partirono, che erano sparuti, ora prendono il ventiseipercento e governano. anzi, no: vogliono ri-plasmare la nazione, ne hanno avuto mandato. non c'è nulla di più inarrestabile - in potenza - del desiderio di riscatto di un revanscista. lamentosità da chiagnaefotti compreso.

la fratella viene da quei luoghi. scomodiamo pure sigmund da chiacchiera davanti allo spritz: vuoi che la sua vicenda famigliare, il rancore verso il padre, non possa aver contribuito a farla partire proprio da lì? lei ed il suo incazzo e tutta la sua abilità di essere già a suo modo leader. che lei è sicuramente un talento in questo. fatico a pensare che il livello medio nei dintorni fosse così elevato - che spocchioso radicalscìc sono. e quindi la fratella se l'è pure meritato, nel senso profondo del concetto di merito.

e per certi versi, pazzesco, non siamo del tutto dissimili. perché una certa radicalità, alterità, in anni importanti pure io me la sono ricercata, provando ad onorarla. era un modo per definire una mia personale identità, che il conformismo, l'affollamento della pancia della gaussiana mi intristivano. o forse mi spaventavano, come mi sarei trovato lì in mezzo? come mi avrebbero notato, a me che mi cercavo ma mi sentivo un po' evanescente e poco strutturato? in questo un po' la sento sorella, la fratella. seppure da mondi, valori, ideali piuttosto lontanucci. lei scegliando l'eredità di quelli che erano dalla parte sbagliata della storia. io rimanendo affascinatamente scosso dalla dottrina sociale della chiesa: l'addentellato avessi a disposizione per essere di sinistra, lì, in quel momento. lei la saga tolkeniana, i mito degli sconfitti che rialzeranno la testa orgogliosi, mai vinti. io un francescanesimo duro et puro, ed una simpatia inconsapevole per la teologia della liberazione. una specie di cattocomunista desideroso pacifista [e sticazzi tutti i conflitti interiori che mi immalinconivano].

però io la so l'eco di quella cosa lì. di quello per cui hai riverberato durante l'adolescenza e la prima giovinezza. specie per quelle scelte, tanto più radicali quando fondative per la tua personalissima costituenda identità di donna e di uomo.

la fottuta importanza dell'educazione sentimentale.

sono cose che non scordi. che non sono spente e che conservi come qualcosa di importante e prezioso, cui quasi vuoi bene. perché sei venuto fuori così anche [soprattutto?] grazie/a causa di quello. e danno la sensazione di essere ancora vivo. e fottesega se si è capito abbastanza quasi tutto del perché le si è abbracciate. importa poco se l'atto pratico - oggi - non si intellegge, se il fare secondo quei sacri fuori è giusto un folatina di alito che scalda le mani intirizzite. sticazzi se i giri che ho fatto finora sono stati ampi, anche arabescati. quella è roba che non si scorda. e si agita dentro: una volta con la convinzione avresti ribaltato il mondo, oggi con l'illusione siano il tuo modo di stare al mondo. solo che la convinzione era illusione, e l'illusione il pat-pat sulle spalle al principio di realtà.

financo per uno irrisolto come me. 

figurarsi per la fratella. una ha impresso una svolta storica a questo paese. quale dev'essere l'impeto con cui - quanto meno - dichiara che farà. la spinta che vorrebbe essere travolgente per il sacro fuoco che costei, ne sono convinto, deve sentirsi ardere dentro. con tutta la brace revanscista, che un mantice granderrimo ci ha insufflato tanta di quell'aria, con quei risultati elettorali. coloro che erano ai margini, ora dettano il nuovo modo di intendere una nazione, il paese si adegui e venga dietro.

io mica lo so se ce la faranno. come tutte le questioni complesse è talmente ampio lo spettro di come si dipaneranno le cose che chiunque può dire la qualunque. qualcuno ci prenderà, ex-post. non mi sfugge che dovrà scendere ad una fottia di compromessi, per non direi svolte ad U rispetto alle postfsciocagate urlate [anche] per arrivare lì. che a sbraitare indignati dal cantuccio dell'opposizione so boni quasi tutti. non sono così difficili da sgamare le retoriche che anche meno. tipo sia stata un underdog, che è fuori dubbio. che non lo sia più da almeno vent'anni, è altrettanto certo. se l'è meritato, se l'è conquistato, nessuno lo nega. quando poi qualcuno ti scopre e ti lancia politicamente, in certi contesti, diventi altro. onestà imporrebbe di ricordaselo. senza che questo sminuisca quello che sei riuscita ad essere. anche se la mediocrità del contesto, a te che sei davvero la più brava, ti fa rilucere assaje.

ha dichiarato voglia continuare sovvertire i pronostici. non credo sia una boutade. è il patto, al momento vincente, con il portato di quella che fu la sua educazione sentimentale. per questo ho sentito i brividi lungo la schiena. non ostante l'assonanza, lontanissima, di come possa ancora cosa viva quel portato, financo in me. soprattutto per quell'assonanza lontanissima spero proprio non ci riesca.

e comunque se non succederà non sarà certo grazie all'opposizione [parlamentare e affine]. ma giusto per apoptosi fra di loro, nelle destre. che va bene il sacro fuoco di alcuni, ma poi si confida nella mediocrità, visione miope ed egoistica della quasi totalità.

e sempre non ci prenda gusto troppa pancia di troppi connazionali. che quello sarebbe sì un problema assai più serio. per non dire definitivo.

che tanto poi, se invece non finirà esattamente così, com'è sperabile, credo già come sarà un importante modo di porsi. ci sarà la lamentazione ed il recrimine tra lo sdegnato ed il frignoso. i revanscisti son maestri in questo. e se arrivasse in certi momenti e con certe modalità potrebbe financo essere molto utile, a loro.

speriamo non sia così.

non resta che vigilare, ed opporsi. lo devo alla mia educazione sentimentale.

Tuesday, November 1, 2022

faccio un post cazzaropolitico /post ultimo post- l'educazione sentimentale della fratella /1

perché son talmente rapido e sul pezzo, tipo un cronista di nera sul luogo del delitto prima degli sbirri, ci scribacchio solo ora. [c'era dell'autorinia, se non si era capito.].

roba che col nero un po' ci ha che fare. la storia della fratella d'italia. intendo. che l'eco non solo si è smorzato da mo, che ormai è mesozoico nel turbinare del meinstriiim. l'eco delle consultazioni, l'incarico, la lista, il giuramento e le inquietanti discussioni alle camere, per la fiducia.

ero rimasto allo sbrego delle elezioni. e qui c'è già un governo - nero - nel pieno delle sue funzioni.

è stato un bel turbinio. tocchi di pensieri abbozzati, sensazioni, mezze idee. e tutto il proluvio di cose ascoltate e lette. da gente più in gamba e intelligente di me. però spesso intravvedevo dei rimandi a baluginii di intuizioni che mi sembrava di aver avuto. tipo specchietti qua e là, in cui mi ci trovano robe già frullatemi dentro.

con tutta l'eco emotiva che la fratella suscitatomi. roba decisamente variegata e fottutamente [auto]spiazzante.

già

perché mica lo nego, che un moto di emozionante, imbarazzante, orgoglio per questa donna l'ho provato, col retrogusto da piccolo incazzo. tutta roba che ho comunque cercato di dominare e rimettere in prospettiva. 

che, occhei, è un momento storico per la storia di questo paese. la prima donna ad essere presidente del consiglio dei ministri. con tutto il significato simbolico e di tappa fondante che si porta appresso. [questa la parte emozionante]

però si tratta della più destra ci poteva capitare, a fronte della più travolgente affermazione elettorale di destra della storia della Repubblica. [questa la parte imbarazzante]

con il rammarico di veder scippato, per sempre, questa primigenie alla sinistra, che ne ha così di cose da [re]imparare. anche solo per la rappresentanza e i cuori che dovrebbe accendere, oltre alle menti. [questa la parte da piccolo incazzo]

già.

perché in fondo credo che tutti quelli che non votano a destra, da carlovuinston [escluso] in qua per intenderci, la vorrebbero una fratella dalla loro parte. che non sarebbe una fratella, ma una donna che sappia esprimere un'idea di paese - non nazione - che sappia ispirarsi a valori per cui valga la pena sbattersi, entusiasmarsi, dare testimonianza. e nell'immaginifico delle cose che stanno in universi paralleli, avrei financo saputo godermi anche l'emozione di vederla emozionata, la fratella. lei che ha rotto la cupola di cristallo, ne ha orgogliosa contezza e non ne nasconde appunto l'emozione. e invece noi muuuuuuuti. a tacersi, svicolare, anche l'importanza di questo passaggio. che non si sappia troppo in giro l'empatia per i moti pre-commovevoli verso costei. la fratella.

poi ha dichiarato e replicato alle camere, per la fiducia. e tutto si è rimesso quasi in bolla, ma non è stato così rassicurante. anzi.

perché quello coi capelli di kevlar, ventottoannifa, da abilissimo venditore di tappeti, era riuscito a piazzare il più lisergico dei prodotti da imbonitori. gli era venuto bene il più grande spottone pubblicitario della storia d'italia. così aveva convinto una parte importante di elettori ad acquistare la sua idea di paese - non nazione - che discendeva rutilante dalla sua tivvvvù commerciale, piena di opportunità, ricchezze, pailettes, lustrini, e perché anche un po' di figa. garantiva lui. se l'aveva fatto realizzando un impero personale, perché non avrebbe potuto riuscirci per l'intiero stivale? ma di venditore di tappeti si trattava. a rincoglionire con degli spot. non era la visione di uno statista, era un'offerta commerciale.

quell'altro, il più pistola dei due matteo, si era trovato nel posto giusto al momento giusto. a dispetto della mediocrità abilmente camuffata. in un partito leninista senza correnti. il cinisimo di un social media manager ha fatto il resto. giusto il tempo di esalare arroganza verso i migranti, e soprattutto chi li tira fuori dal mare: bersagli facili, molto effetto sulla pancia peggiore. un combinato disposto stronzo. poi il pallone aerostatico dell'importanza [auto]percepita, con la sua insipienza, si è sgonfiato. d'altronde patacca era e patacca ha dimostrato essere. e comunque solo i pistola segano i rami su cui sono seduti. evanescente nella pochezza di un grandissimo millantatore coi rosari e 'sta gran voglia de abbuffasse alle sagre.

la fratella è davvero altra roba. mai pensato fosse sprovveduta politicamente. non foss'altro per il fatto che fa politica da trent'anni. e non per cooptazione ricevuta, financo in contesti non esattamente semplicissimi. per dignità e convinzione dell'esserci, in quel contesto, potrebbe pisciare in testa ai due di cui sopra. e secondo me si è percepito tutto nei discorsi, e repliche, per la fiducia. ed è stato un brivido lungo la schiena. ma non di quelli piacevoli. perché quell'evocazione di nazione - non paese - che n'è uscita è in presa diretta con il modello della destra più convinta e certa. ohibò. non che la cosa possa stupire: da lì la fratella viene, e il pieno di voti ha fatto. è che sentirlo snocciolare con la retorica, il para e metaverbale fa un certo effetto. e comunque non si è mai del tutto pronti.

e poi c'è quell'eco, quel riverbero di fuochi lontani, che ho riconosciuto, perché ci sono passato pur io. e capisco perfettamente lo spirito e la convinzione che ti spingono a pensare, affermare, immaginare, enuncire cose. a farle, invece, parliamone - per fortuna.

mo però basta. che tanto per cambiare sono andato lunghissimo. e c'è ancora tutto un gran pezzo. anche perché: dov'è l'educazione sentimentale?

ma in un altro post.