Saturday, June 27, 2020

questa pervicace necessità di Verità

la signora qui sotto si chiama Daria Bonfietti. quarantanni fa, come oggi, perse il fratello. stava sul dc-9 inabissato nei pressi di ustica.
quel giorno io non lo ricordo. non ho memoria della notizia e di quel che ne seguì dopo. mentre ricordo esattamente quello accadrà soltanto trentasei giorni dopo, a bologna.
quando cominciai ad ascoltare di utisca, quei primi ricordi, ricordo di come fosse qualcosa di intossicante, fumoso, stridente, disturbante. ero poco più che bimbo, però la sensazione era quella di una cosa distopica. anche se non sapevo esistesse la parola distopica. ma è quel senso di spiazzamento lì. una realtà che però non è quella. vaibrescion. nulla più. però me le me le ricordo bene.
passarono alcuni anni e, nel millenovecentottantotto, il corriere rilanciò la pista del missile. erano mesi particolari quelli. mi accompagnavano a scuola in auto. ero in una sorta di assoggettamento manipolatoria. senza ne avessi contezza, ovvio. ed io mi ricordo il rossetto di costei. ed ogni tanto questo brufolo liscio che le spuntava sul mento. ed io che leggevo il corriere. erano passati solo otto anni. pareva un'era geologica. una cosa lontanissima nel tempo. [che ti fotte, quella cosa lì quando sei ggggggiovane. che il tempo pare così dilatato. e così vieni su con l'idea ingenua di avercene davanti praterie e praterie e praterie. e poi ti ritrovi che ne è passato troppo così in fretta, e sta prateria è molto più veloce da passare]. e pareva che mancasse poco a sapere della verità. e poter ovviare a quelle vaibrescion da situazione distopica dei primi ricordi.
ecco. ne sono passati cinque volte di anni, da allora.
quello di quest'anno è un anniversario tondo, importante, come tutti i decennali.
è anche per questo cho visto Daria Bonfietti in tivvvvù. forse la passano tutti gli anni. o forse questa volta ha avuto un po' più di minutaggio. chi lo sa. ma almeno ho scoperto essere lei la presidente delle vittime della strage di ustica.
e quando l'ho vista non mi sono neppure concentrato troppo su quel che [sacrosantemente] diceva. ma mi è partito questo pensiero tangenziale. ho pensato a quanto sia ineludibile, inestirpabile, inevitabile, indifferibile, indispensabile la pervicace necessità di Verità. com'è il respirare. osservavo questa signora ormai un po' anziana. che non ostante la figura smilza, quasi eterea, sembrava conficcata indissolubilmente dentro questa ragione della sua vita: sapere cosa è successo quella sera.
e da quello specifico ci ho visto qualcosa di più grande, trascendente, dell'obiettivo della vita di questa signora. a lei la sorte ha assegnato questa cosa qui. una strage di stato, un fratello morto, la richiesta di verità, come il primo tassello per qualcosa che può approssimmare il concetto di giustizia. lo porta avanti lei, per tutti. per tutti. anche per me, per dire. parte dalla declinazione di qualcosa di puntuale, accaduta in un contesto.
ma è una cosa molto più ampia. come fosse la metonimia di quell'esigenza che ci portiamo dentro, più o meno tutti. di fronte ad una tragedia del genere sapere com'è andata. e fintanto che la cosa non sarà disvelata è come se all'intelligenza collettiva dell'umanità fosse tolto qualcosa.
Daria è come se fosse il punto di appoggio, di un'esigenza che è dentro di noi. e la tensione verso di questa ci è connaturata. forse non ce ne rendiamo troppo conto. forse non ci si pensa.
certo. qualcuno lo sa perfettamente cosa accadde quella sera. e per quei paradossi sperequativi, cosparsi quasi ovunque, bastano pochi ad ostare, per non dare respiro a quell'inevitabilità dei moltissimi.
ecco. questo mi è sembrata Daria. nella declinazione che le è toccata in sorte. la presenza necessaria per poter accumulare tanta di quella inevitabilità dei moltissimi, per far crollare quel paradosso sperequativo. e lasciare che il correre delle cose inevitabili dell'evoluzione collettiva, vada dove non può che andare. un piccolo progresso per l'umanità intiera. per questa cosa qui sta toccando a Daria.
ma la storia è piena di Daria, e continuerà ad esserlo. è inevitabile. 'ché sono funzionali all'evoluzione. e c'è una parte dell'intelligenza collettiva che non sa che andare da quella parte. e che trascina tutto il resto dietro di sé. con i suoi tempi, ovvio. che non sono esattamente quelli di ciascuno di noi. neuroncini a volte un po' spiazziati dentro.
e la cosa indissolubile è che lo è anche per me. non ostante le mie buchette. che quel fluire di cose, se ne fotte delle mie buchette. perché son dentro in questo fluire pur io.
penzi te.


Saturday, June 20, 2020

cuscinetti a sfera e solstizi

c'è stato un tempo in cui l'hard gardening mi tirò fuori da una impasse di quando ormai c'era l'odore che l'aziendina stava venendo giù. solo che, anosmico qual sono, l'odore c'era ma non lo percepivo. ma tutto il contorno racconta quello. quindi feci hard-gardening di bbbbbestia. mi trovari pieno di segni, graffi, reliqui della mia poca esperienza. e molta voglia di secernere endorfine. fu l'estate, peraltro, in cui conobbi l'amica viburna.
ripartii da lì. dall'hard gardening. e mentre hard-gardenizzavo pensavo a sproloqui di post. che poi postavo quasi felice. e se ne uscivano fluenti. forse addirittura interessanti.
questo accadeva allora.
ci sono due cose di questo periodo e quest'altra nuova impasse, che mi danno una - psicopippnonica - affrantevolezza.
che non riesco più a scrivere.
e che mi sono fottuto questo solstizio. l'avvicinarsi, dico. e solo questa sera me lo sono goduto. giusto il giorno prima.
però oggi ho fatto pace con i cuscinetti a sfera.
ne scoprii l'esistenza da bambino. quando con improvvida volontà di rendere più fluido il rotolare dei miei pattini - o schettini, come li chiamava matreme - mi adoperai a maneggiare con il bullone attorno ad una delle ruote.
"sbagliavo in fretta, non mi fermavo, provavo tutto" [cit.], incredibile come in fondo promettessi bene, allora. e come poi non si mantenne 'sta promessa. ma vabbeh.
insomma uscirono queste sferette una volta reso lasco il serraggio tra la ruotina di gomma dura ed il perno. e mi sembrò qualcosa di irrimediabilmente compromesso. non prima di aver provato lo stupore di vedere rotolare ovunque per la strada queste palline. che erano con questa cosa grassosa nera intorno. e soprattutto era stranissimo, quasi esoterico, che ci fossero 'sti cosi uno accanto all'altro a rendere così rotondo e fluido il movimento delle ruote del pattino. roba da non riuscire a spiegarsi. e che avevo scoperto perché lo volevo più fluido, quel movimento. e cosi provai ad ingegnarmi e rendere più lasco quel bullone, e già che c'ero guardandoci dietro. e tutte 'ste sferette che uscirono. ed io non riuscii più a rimettere esattamente in maniera funzionante quel meccanismo. che sicuramente ne persi qualcuna a provarle e rimetterle dentro, serrare il dado, e trovarmi con le dita nere con la patina di unto grassoso. e le ruote che non giravano più così bene. anche quello contribuì redermele un po' avulse.
un mistero queste sferette. da allora una specie di eco di qualcosa che non riuscivo a controllare del tutto.
che poi scroprii si chiamavano cuscinetti a sfera.
e solo qualche anno dopo ne capii il principio di fondo. questa collaborazione sferica. quasi rinunciassero ai tre gradi di libertà che ha ciascuno, per mettersi ordinatamente e coordinatamente ad un obiettivo: far rotolare lungo un asse l'elemento che le contorna, per cui sono a servizio. che da soli combinano poco, vagolando quando si lasciano correre via. ma combinati ed in interazione reciproca funzionano, e funzionano bene. forse la cosa che funziona meglio.
e che anche devono lubrificarsi. spesso con il grasso, quel elemento connettivo anche piuttosto sgradevole. ma necessario. riduce l'attrito, favorisce la continuità e ne ammorbisce lo sforzo. come se ci fosse un significato profondo in tutto questo. anche solo per cavarci fuori un post.
per certi versi è tutto molto meno naturale dell'hard gardening. ed è uno sporcarsi diverso. a sistemare manufatti che sono punti di arrivo della meccanica più o meno di precisione. ed il risultato è lì. nel parco corone di una casette shimano hypeglide c, che ha ritrovato quasi del tutto il suo colore bronzeo, dopo averlo pulito da quell'indistinta morchia nerastra ed unta, ad averci estratto cose che non immaginavo si potessero nascondere in un parco corone.
e soprattutto le sferette. ventisette nella base del mozzo, ventitre nella parte superiore. poi quelle più grandi: nove più nove da una parte e dall'altra del perno attorno a cui gira la ruota. tutto ingrassato a dovere, forse un po' troppo. le sferette prima ripulite dal grasso vecchio e poi re-inserite, una ad una, con la pinzetta.
quando l'ho visto fare, nel primo dei tutoriale di iutttttubbbe - il nuovo oggetto transazionale per oviare a questo periodo incartato - mi son detto: toh, di nuovo le sferette, che ci si adopera per non farle scappare via. sarò buono di far una cosa così anch'io? contarle, metterle da parte, pulirle, ri-montarle com'era all'inizio. una sensazione di inadeguato deja-vù.
e invece l'ho fatto.
ho rimontato tutto, e ora la ruota gira in maniera quasi silenziosa. non si sente nemmno più il tic-tic-tic-tic-tic-tic-tic-tic di quando il meccanismo delle alette che si sollevano in una direzione - grazie ad un anellino sottilissimo - e lasciano correre nell'altra. sarà il grasso eccedente.
però è come se avessi fatto pace con i cuscinetti a sfera. sapere di sapere come trattarli e gestirli. acciocché ci comportino come devono e rendano fluido quel moto rotatorio.
mentre facevo tutto ciò percepivo il sole alto, dietro gli alberi. inclinazioni davvero particolari, luci che arrivano  da dove non sei abituato arrivino. è il solstizio, bellezza. che è ormai e qui, e non me lo sono goduto come avrebbe meritato.
fanculo questo tempo paralizzante. non ostante  non abbia di che lamentarmi.
poi questa sera sono finalmente uscito, con l'altra bicicletta ri-sistemata dopo anni. ho guardato poi il cielo dopo le 22.00 ancora chiaro, verso nord-ovest. che è quasi strafottente quanto il nodo del tramonto stia così a nord.
ho guardato il chiaro. con addosso questa stanchezza [anche per la tensione] delle sferette da ricollocare tutte per bene, dopo avero compulsato i tutorial iutttttube, che sapessi quasi a memoria cosa e fare e come [o forse questa paura fottuta di sbagliare].
le sferette le ho montate.
ho omaggiato il solstizio.
il post, forse non così pregnante, è venuto.
mi piacerebbe tornare a leggere.
cose così.