Saturday, September 24, 2022

faccio un post cazzaropolitico /7 - le elezioni, la destra, il fiore del partigiano, ne usciremo comunque

e quindi è finita. la campagna elettorale. e si vota. finlmente, per certi aspetti. sono mesi et mesi et mesi et mesi che sapevamo sarebbe arrivato il voto. e sapevamo avrebbe vinto la destra. evito l'ipocrisia retorica di chiamarlo centrodestra, che provano a vendercelo così, ma farmi perculare anche no. e quindi niente. vincerà la destra. prima iniziamo e prima finirà: passeranno anche loro.

non sono mai stato così serenamente rassegnato, o distaccatamente preparato. scrissi millemila post, in passato: prima, durante, dopo di elezioni. di attesa, di partecipazione, di disperazione o di similgioia sugli esiti. il risultato non mi deprimerà, così come il suo opposto non mi avrebbe esaltato. devo ancora capire se è un segno di disillusione da viale del tramonto, o di maturità e di equilibrio psichico.

sia quel che sia, è probabile andremo incontro al peggior governo degli ultimi trentanni. che lo so che lo si è detto in almeno altra mezza dozzina di occasioni. e quindi si perde un po' di credibilità. ma a 'sto giro ci sono gran belle probabilità sia davvero così. anche se il primo gabinetto gialloverde sarà un osso duro da scalzare. e forse abbiamo dimenticato, tipo i bozzi che poi passa il dolore, cos'era la lisergia di quando era primo ministro lui. quello coi capelli di kevlar. che gli epigoni sembrano figuranti rispetto a costui. e costoro, tra nemmeno dieci anni, saranno ben lontani dallo stare sulla cresta dell'onda, anche se faranno finta di. figurarsi dopo venticinque. anche in questo caso: chissà se perché saranno semplicemente spazzati via, o per evitare il senso del ridicolo. che poi è l'effetto che fa un bisnonno satiriaco affffffà i video su ticccchetoccche.

a 'sto giro probabile toccherà alla sorella fratella d'italia. matriarca che si guarda bene dal criticare il patriarcato, figurarsi metterlo in discussione. è sospinta dall'onda del: e mo proviamo lei, che ancora non ha tentato, a vedere che magari combina qualcosa di buono. se, vabbbbbhè. che tanto poi non resta che attendere. per scoprire chi spunterà, al prossimo giro, a condensare i favori di coloro che non sono di sinistra, nonché paghi di proposte di soluzione banali, a problemi complessi. in fondo è tutta lì la questione. essere al posto giusto al momento giusto. che delusi da uno, ci sarà un altro pronto con il suo pifferetto magichetto. c'è chi ha menomato l'antropologia di una nazione, ma poi alla fine si trova con il ghigno sclerotizzato dal botulino, triste solitrio y final. chi meno potente aveva una classe dirigente, ma la capacità incompetente di un ciarlatano, aveva anelato ai pieni poteri ed è rapidamente caduto, sunset boulevard 49. chissà come e quando chi ha ben più cameratesco carisma, ma senza classe dirigente. con i suoi sodali a farle la guerriglia.

che quelli son bravi a conquistare i consensi. il potere in potenza è un ottimo collante. e poi però il fio di governare sarà ben altra cosa. specie in questo periodo non esattamente semplicissimo. per certi versi, cinicamente, diventare ora la prima donna presidente del consiglio è una bella rogna. le sfide complicate sono allettanti da vincere. si possono però perdere ancora più malamente. anche se bisognerà cercare personggi eminenti, che tra i maggiorenti del partito la pochezza arditamente impera.

non sarà semplice sopportarli, ovvio. ma un po' ci siamo abituati da mo. ci saranno istanze da retroguardia culturarli, ridiscussione e forse retrocessione di diritti civili. e questo farà male dentro, e magari anche fuori, a molti. per il resto è verosimile che tanto i fenomeni comunque non lo faranno. che dalla nato non si esce. figurarsi dall'europa. e se ne combinano qualcosa fuori dal vaso, poi ce la faranno spurgare. fanno i finti scandalizzati per le uscite di ursula. ma in fondo lo sanno tutti che le cose girino così. e la maggior parte aggiungono a microfoni spenti: e per fortuna.

e poi faranno apoptosi. si saccagneranno e si neutralizzeranno tra di loro. tanto ci sarà comunque sempre qualcuno, lo sapete, di fuori da loro da accusare. e quindi la versione riscaldata dalla fiamma che sgorga dal sacello del chiagggnaefffottti. sono trent'anni che da quelle parti alzano in 'sto modo le cortine fumogene. l'europa, i poteri forti, la finanza internazionale, i venusiani, la lobby gender-pluto-demo-giudaica-lgbtqia+, mork e mindy, peppa pig. ci penseranno loro a farsi fuori. e forse toglieranno il piacere a renzie, annullandogli il nuovo sciò. che si vanta di far fuori governi ogni due anni. si spacciava per statista, riesce solo a fare il bullo istituzionale, che spacca cose. quei fenomeni baracconeschi non li hanno solo a destra. o forse sì. destra è comunque.

siamo sopravvissuti all'era del padrone del vapore. sopravviveremo anche a questo. che le cose che buttano male sono ben altre. ci tocca la sorella fratella d'italia. puzzette, rispetto a quello che succede in russia, a proposito di democrature, e figurarsi in ucraina che la guerra ce l'hanno in casa. per non dire delle nazioni e popoli disperanti, che hanno ben altre malasuerti, senza che nessuno di loro se la sia meritata.

sopravviveremo. comunque. a me basta che questi non vincano con i due terzi dei seggi. che almeno la Costituzione sarà messa in sicurezza, che è come portare il fiore al partigiano. da lì a discendere - per loro - sarà un sospiro di sollievo in più. e sarà più facile uscirne. che tanto ne usciremo comunque.

inizia qualcosa di nuovo con 'ste elezioni. probabile non sarà piacevole. di certo è anche il primo giorno della fine. cominciamo a resistergli da domani.

Friday, September 23, 2022

faccio un post cazzaropolitico /6 - apolidismi sinistrati

sono sempre stato di sinistra. e financo radicale, con importanti tratteggi libertari. ci ho messo un po' a capirlo, ancora di più per coglierne gran parte del perché. solo che la mia educazione sentimentale, a riguardo, non è stata esattamente lineare, ma un arabesco. e se saltano i canoni poi uno rischia di rimanere spiazzato. apolide.

sono di sinistra perché, della formazione cattolica, la cosa che mi ha travolto è stata soprattutto la sua dottrina sociale. fu un prete missionario. partì tutto da lì. ho anche in mente dov'eravamo, come non volasse una mosca, noi quindicenni ammutoliti, quando accadde. e di come ricordo mi presi un specie di impegno con me medesimo. il pacchetto era ben più ampio. ho disconosciuto quasi tutto, tranne quella, l'eco della dottrina sociale. che per certi aspetti: cazzo se è di sinistra.

la radicalità fu una specie di reazione alla mia timidezza. cercavo me stesso, avevo imbarazzo a spiegare la cosa un po' complicata che trovavo girare dentro. per cui era difficile intrupparmi troppo nella panciona gaussiana dei maschi alfa che limonavano con le ragazze. avrei voluto limonare duro pure io. ma i maschi mi sembravano banali. speravo di distinguermi per altro, roba meno appariscente. ma con quella si limonava poco. per questo entrai così in sintonia con l'amico daniele. che era ancora più altero e duroetpuro nella sua radicalità esistenziale. e sembrava per nulla attratto da nulla sentimentalmente, figurarsi limonare. staremo larghi, pensai, a frequentare uno come lui. avrei consolidato la mia necessità di autodefinirmi in maniera parimenti non banale. inutile ribadire che limonai poco.

il combinato disposto cominciò a trovare una qualche forma di sostanza riconoscibile durante il corso di analisi I, sugli sgabelli per arrivare all'ultimo momento a lezione, ma essere comunque lì in prima fila, a volte appoggiati alla cattedra. stratagemma che usava anche l'amico marco. vicinanza per abitudine diventammo protoamici. girava con un giaccone sfondato, pantaloni non esattamente attillati e con un 0.56% a pennarello sullo zaino di tela grezza. gli chiesi cosa significasse: è la percentuale di DP [democrazia proletaria] alle comunali di roma del '90. fu uno cui forse ho voluto anche un po' di bene. e con la sua logorrea puntacazzista capii meglio anche di me. sì, ero di sinistra.

e rispettando la più ortodossa tradizione di sinistra, avevo già contribuito con la mia personalissima scissione. peraltro ex-ante. più di sinistra di così.

già. perché intuivo il portato emotivo, che quella fosse la mia natura e qualcosa prossimo all'ideale cui tendere. ma c'era quella pregiudiziale ipercattolicheggiante che mi distraeva parecchio. per giunta ancora a bagno maria di una specie di perbenismo da giglio immacolato, quello che nell'iconografia classica tengono in mano i santi, i puri, i brav gent. e l'amico marco, con la sua estetica, il suo cinismo cazzaro, la sua formazione altra, mi sembrava lontanissimo. eppure mi sentivo appassionato per le stesse idee. per non dire dell'auletta brenta. i sinistrorsi dichiarati del politecnico. riserva indiana. controllati a vista dalle greggi caciarose dei ciellni, pletore che sciamavano. mi stavano sui coglioni i ciellini. mi imbarazzavano quelli dell'auletta brenta, seppur mi incuriosivano. e probabile intuivano una alterità, e quindi mi osservavano straniti.

e poi le frequentazioni a casa del pasquali. io gli pagavo l'affitto, per la stanza nella casa a ridosso della cerchia dei navigli - e ogni volta mi imbarazzavo a chiedere i soldi a mio padre, che non si navigava affatto nell'oro. lui non si faceva problemi, erano menate mie - ed il pasquali mi sbandierava l'esenzione dalle tasse, risultando senza reddito, figlio di genitori ricchissimi. da quella casa passava di tutto. tanti compagni, giocando come navigassero in miseria, ma molti gran figli di papà. quasi tutti nella loro estetica che non mi convinceva. quasi tutti a recitare una parte. molta mediocrità - nella media, comunque alta - e qualche testa davvero sopraffina. bene o male tutti avviluppati in un conformismo di ritorno. che le canne si fumavano ovviamente seduti per terra, sulle sedie faceva poco compagni. molti limonavano duro. io ovvio non fumano e non limonavo.

mi sentivo spiazzato. ma quel paradigma di fondo, quella specie di ideale cui si riferivano, mi catturava. non importa quanto ci credessero loro. catturava me. io che ero un bravo cattolico convinto. oratoriano integerrimo. che suonava la chitarra ogni domenica in chiesa. quindi spiazzato un po' anche lì. avessi raccontato come la vedevo politicamente. insomma di là con le idee, di qua con il contesto quotidiano. non che le cose fossero mutue esclusive uno con l'altra. però un po' scisso sì, lo ero, neh?

per un paio di volta ho votato la rete [amica roby, se passi ancora di qui, cerca su uichipedia. forse si è sciolta prima che nascessi tu]. forse il voto più convinto abbia mai dato. magari non è un caso la cosa sia poi andata a scemare.

ricordo vivido con quale emozione lessi il bigliettino-pizzino che matreme mi portò ai seggi nell'aprile novantasei. un attimo dopo la chiusura dei seggi. non c'erano cellulari. fu l'unico modo di avere gli exit poll. feci lo spoglio rasserenato, ogni tanto mi spuntava un sorriso, senza ragione apparente.

quando irruppe nichivendola ebbi un sussulto. e lo votai con una certa convinzione. cioè. in realtà non per votare lui, in quanto nichivendola. bensì per quella che allora era solo sinistraetlibertà. che sarebbe poi confluita in sel, aggiungendo l'ecologia lì in mezzo. a dirla tutta mi convinceva poco ci fosse il nome nichivendola nel simbolo. quasi una personalizzazione inopportuna. ne parlai con l'amico itsoh, cui forse allora eravamo un po' più prossimi da quel punto di vista. a lui non la cosa non sembrò poi così strana o simili. ci sta, mi disse. in maniera anticausale lui fu assolutamente coerente. che poi si invaghì e partecipò attivamente, quando ne divenne segretario, quel fulgido esempio di understatement disinteressato che era già renzie.

ora.

perché un lungo post cazzaropolitico, se è un elenco di reminiscenze mie? peraltro un po' tristine come ogni scissione sinistra.

perché, in fondo, è l'eterno ritorno di quello che accade da lustri. quindi capita pure oggi. con la fiducia e la speranza e l'entusiasmo che sono evaporati. anzi. sublimati: nel senso di passaggio dallo stato solido a quello gassoso. che continuo ad essere di sinistra, e pure con il desiderio di una certa radicalità, nelle scelte e nel modo di porsi collettivo. e quel senso di straniamento è roba che palpo con una certa voluttà. ascolto i due leader della coalizione che forse mi rappresenta di più. e li trovo serenamente insopportabili. incapaci di uscire da un certo cliché che poi se lo tirano dietro il marchio di radicalscìc. un'estetica nel porsi che mi fa strano, come lo zaino di tela grezza dell'amico marco. mi turo il naso per quello, non certo per le idee e la prospettiva. anche se mi dà poca sicurezza il fatto debbano portarle avanti quel tipo di classe dirigente.

per non dire poi della nebulizzazione ancora più a sinistra. che provo a scambiarci due parole al banchetto delle firme. e sembra mi sgamino come elettore altro. come uno che è di un'altra estrazione, un'altra estetica, un'altra roba. sì. forse non credo [e non voglio] ci sarà la rivoluzione. e che il capitalismo ha i secoli contati. ma non per questo mi sento lontano dal vostro sistema di riferimento di intenti. poi, da puntacazzisti quali siamo, possimo anche scazzarci per un avverbio di una dichiarazione programmatica. o forse io continuo ad essere un po' apolide. pur stando in quel campo, termine che non uso così a caso. e che credo sarebbe meglio fosse molto ampio. molti differenze nell'unità di quei principî. e poi è un grande esercizio di sintesi. che significa smontare un po' di puntacazzismo e di narcisismo.

credo che l'amico marco e la fascinazione reattiva che ne subivo sia davvero la sintesi quasi perfetta. ed il fatto l'abbia scoperto stando sugli sgabelli. scomodi ma funzionalissimi al bisogno. così incuriosito e con trasporto, ma con quella specie di alterità reciproca. solo che lui - figurativamente - si sente a casa in quel contesto e consesso di modi di porsi. quasi borghesi tra di loro. tutti compagni, ma nel senso di sodali e molto simili. niente di male, neh? figurarsi.

sono io a sentirmi apolide. senza casa e senza terra di rappresentanza. anche se con lo sguardo alto, oltre l'orizzonte, al cielo dell'ideale: comunque un po' bel po' di roba. sono abbastanza convinto sia lo stesso, tra loro - qualsiasi cosa significhi loro - e me. continueremo, coazione a riptere che siamo di sinistra, a puntualizzare l'ovvio delle nostre alterità di opinione et alter, ben alimentati dal nostro puntacazzismo. che la destra si unisce anche quando si scanna. la sinistra si scanna anche quando si unisce [il chiasmo non è mio]. ecco. staccare lo sguardo dal dito. e magari staremmo meglio da questa parte. il sol dell'avvenire. la necessità ci trascende. per fortuna.


[img. il bigliettino-pizzino di matreme. bei tempi. ne verranno altri]


Wednesday, September 21, 2022

dei saluti alla propria mamma

la mamma dell'amico Omar se n'è andata. non è stata una cosa improvvisa. non è stata una cosa complicata - anche se vai a sapere tu cos'è semplice e cos'è complicato in quei frangenti lì. sono mesi e mesi e mesi che percepisco l'amico Omar come riverberante di una malinconia straniante. anche senza vedersi da molto tempo. come se avesse cominciato a cogliere quello che stava arrivando, prima che ancora si acclarasse. o forse non ne ha mai parlato. in questa specie di bolla, come giona nella balena. lo capisco. è quello che accadde a me, anni fa, in quel mese di consapevolezze cui passai in mezzo, che sapevo avrebbe cambiato tutto per sempre.

conosco l'amico Omar da quasi un quarto di secolo. siamo sempre meno giovincelli, ma ha un suo fascino anche questo. per tutta una serie di coincidenze, incroci del caso, è grazie a lui se ho cominciato una carriera, la mia carriera lavorativa, e tutto quello che n'è venuto dopo. di rimbalzi in rimbalzi e di indirizzamenti in indirizzamenti. anche il fatto sia finito là dentro è anche perché sapevo avrei incrociato lui. oltre al fatto che con serena pacatezza mi suggestionò: se non accetti e non vieni a lavorare qui sei un gran pirla. sarei stato un gran pirla, sì. non ostante tutto, che ancora stia contando i mesi, anche ora che sto finendo il novantaquattresimo.

diventammo amici in corridoi della bicocca industriale che ora nemmeno esistono più. lui era un collega che si stagliava altro e diverso rispetto a quella pletora di cantinari, nerds, frustrati, imboscati. intravvidi una sensibilità e capacità emotive che il resto proprio sembrava giocare in un altro campionato. pensavo di stargli sui coglioni. ed invece si scoprì pian piano. non ostante un brianzol-cinismo che a volte mi spiazzava. ma allora ero un verginello imberbe.

fu l'unico collega che continuai a frequentare dopo quel primo lavoro. fu il primo cui dissi me ne sarei andato far l'ingegnere - e che andassi in un'azienda triste me lo disse facile lui [allora continuavo ad essere un verginello imberbe]. aveva ragione lui. ma fuori da tutto ciò, ci fu una cosa che mi colpì da allora. il fatto che non nancondesse le sue piccole-grandi difficoltà. i suoi piccoli-grandi dolori. come se li attraversasse con una maturità che stavo cominciando a strutturare. ricordo, come fosse ora, la sera che mi accompagnò in stazione, me ne tornavo a sixth-saint-john dopo una cena a casa sua. mi raccontò delle traversie stesse attraversando. e la volontà di venirne fuori, e di accompagnare con una determinazione incantevole chi attraversava quelle stesse traversie. la fatica e la decisione di uscirne. come chiamata inevitabile, pronto a non mollare costasse quel che costasse. una declinazione dell'amare che ho visto poche altre volte. fu una cosa struggente. e che mi segnò.

l'amico Omar è sempre stato bravo a raccontare gli altri. come se ne fosse un narratore inconsapevole. così è stato anche per la sua mamma. l'ha sempre tratteggiata con un'ammirazione mai banale e a suo modo cazzara. che da una parte me l'immaginavo con una assertività e tenacia da mettere tutti in fila. come mi son sempre immaginato chi cucina in una mensa scolastica. che devi saperti muovere, senza troppo titubare, per sfamare un sacco di creature. probabilmente era così anche fuori dalla cucina attrezzare: a tener testa, o forse surfare attorno, le indicazioni delle sue due creature così capaci e studiate. e nipotanza varia.

quando lo conobbi, l'amico Omar era già orfano di padre da tempo. e mi sembrava una cosa così a me avulsa. che capita. ad altri, peraltro. da verginello imberbe qual ero. non ci è voluto molto tempo acciocché ci passassi anch'io. meno degli anni da quando sono là dentro, per dire. ora l'amico Omar passa attraverso quest'altro varco, stretto e straniante. che non dirà più a nessuno: mamma. non sono più così sbruffoncello. e quindi so che quel varco arriverà anche per me. prima o poi. per questo mi sembra così più vicino, quasi empatico, questo dolore, questo passaggio, questo commiato che, almeno, non è contronatura: qui è il figlio che accompagna la madre nell'ultimo saluto. ma saluto sempre struggente rimane. ed un rapido pensiero è andato a quando mi capiterà. anche se per ora so di essere un mezzo privilegiato.

e quindi, per l'amico Omar, ci sarà l'elaborazione, la presa di consapevolezza, farsi abbracciare da questa nuova realtà. non si è mai sottratto a ri-guardare e re-intepretare le cose meno liete, che l'hanno attraversato e a cui è passato attraverso. immagino che questa non sarà semplice. affatto. ma sarà sempre un germinare di cose, pensieri, emozioni che non lascerà svaporare perdendole come fossero passate invano.

che la terra sia lieve. e chi rimane inceda con altrettanta levità. il fatto sarà complesso non significa che non possa venir fuori qualcosa per cui esserne financo lieti. specie se lo si farà portandosi dentro il ricordo e la presenza di chi se n'è andato. e so che l'amico Omar sarà speciale anche in questo.

Sunday, September 18, 2022

fiducismi.

la mia amica chiara - mi cita eraclito - mi suggestiona ricordandomi il caso e necessità. le avevo scritto di averla pensata, mentre parlava un suo omologo, docente a roma 3. discettando sull'importanza di far capire ai futuri giuristi le nequizie degli errori giudiziari. è l'intervento all'interno di un documentario. è l'ultimo di quelli che mi sono spazzolato questo uichend. di sole, vento, aria tersa, freschitudine arrivata d'amblé, pensieri tristevolini, consapevolezze che le cose gravi sono altre.

caso e necessità.

caso, perché a vedermi quell'infilata di documentari ci sono arrivato ascoltando il suo direttore artistico alla radio. per caso. che poi sarebbe uno che associo inespugnatamente a quando conobbi la viburna. che poi sarebbe uno che nella hometown era quasi di casa. e ci ha girato pure un filme. pedddddire.

necessità, perché ad infilarmi in quella visione di documentari è stato per ovviare e mitigare i pensieri tristevolini. e ribadirmi che il mondo, anche quello vicinissimo, è pieno di un sacco di cose che sono dei cristalli caleidoscopici che ti stordiscono, ti ammaliano, ti commuovono, ti stimolano, ti rivoltano. che c'è più vita nei tatuaggi tamarri di un ecs-pre-delinquente che intieri trattati di sociologia.

caso e necessità e documentari in concorso e non.

quelli non in concorso, bellissimi. tanto supportati da produzioni ricchissime quanto quasi asettici - oddio, quello su sarajevo anche poco asettico, suvvia.

quelli in concorso, più essenziali - ma di fattura alta, altissima. ma pazzescamente segnanti. ed è stato una specie di climax. uno più toccante dell'altro. nell'ultimo ho faticato a trattenere due lagrimucce, peraltro invano. sentendo dietro di me persone che hanno lottato meno, nel tenersele.

alla fine di ogni proiezione - minchiaz, era sempre un festival - si teneva un breve incontro col regista, e con i protagonisti del medi e lungometraggi. per tutti - tutti - la domanda del rappresentante del comitato, sempre più stanco, provato e descamisado, è stata sempre la stessa. come hai fatto e conquistarti la fiducia delle persone che hai raccontato da dietro una camera?

da come veniva posta, la domanda sembrava un qualcosa di un po' ovvio e scontato.

per nulla ovvia e scontata le risposte. anche se semanticamente tutte piuttosto simili. ma per ciascuna e ciascuno, si è quasi percepito il senso di tatto, attenzione, cautela, intelligenza emotiva che ha portato quelle registe e registi ad entrare in sintonia con le persone e le loro storie. tocchi di umanità per nulla gaudenti, zero baci e abbracci col successo e la fama. tutta umanità difficoltosa, rejetta, sconfitta, stigmatizzata, violata. coloro che per i benpensanti sono i coatti di rozzano, il brigatista tortuturato, le persone con malattia mentale del passato e del presente, chi si è fatto ventunoanni di carcere da innocente. umanità altra.

e tutti - tutti - a raccontare di una fiducia conquistata un pezzettino alla volta, anche come sfida nel cercare di andar oltre i luoghi comuni della pancia perbenista della gaussiana. e dall'altra parte tutti - tutti - di come aver concesso quella fiducia sia stata una scommessa, oltre che una fatica. che a raccontare storie in un prodotto cinematografico documentario, ci sarà pure la difficoltà a voler fare del tuo meglio, per te regista. e farlo al meglio per il rispetto dell'umanità che vai a raccontare. ma anche per l'umanità che si racconta mica deve essere tanto semplice. perché in fondo ci si mette a nudo. sfidando la pancia gaussiana benbenista, oltre il proprio pudore.

senza quella fiducia ricercata, conquistata e concessa, certe cose proprio non riescono a venire. e forse è quella la cosa che più ho ammirato in costoro. io sempre più orso e intimidito. ammirando - davvero - con l'invidia buona, quella capacità e quella abilità. che forse avevo [ho?] pure io. e che credo sia la parte più affascinante di quello che costoro hanno realizzato.

ad esempio: la regista del documentario sull'umanità di rozzano è una donna per cui potrei financo innamorarmi - forse un filo fin troppo giovane. una che sembra uscita da una famiglia illuminata della zetatielle più esclusiva della città. una bellezza per nulla sfrontata, di quell'acqua e sapone da scuole esclusive, riservate, quelle per il perpetrare il fatto tu stia nella zetatielle più esclusiva della città. che magari queste le ha pure fatte quelle scuole. e poi se n'è andata nelle case dormitorio di rozzangeles, a incontrare gente, a farsi conoscere ed accettare, zero pregiudizi o timori, entrare in empatia con loro. e conquistare la loro fiducia. ben riposta, peraltro. con una chicca che racconta un umanità ed una bellezza consapevole, che ti vien quasi voglia di dire loro - da orso qual sono - dammi un cinque bro, che avrei un sacco di cose da imparare da te.

fiducia. quel punto di inizio imprescindibile. condizione di partenza necessaria. che il germinare dell'emozione artistica, credo, parta proprio da quello. e non sarebbe la stessa cosa senza. e il fatto ci sia stata è un regalo per tutte e tutti. anche per il mio caso e necessità.



Thursday, September 15, 2022

post d'intermezzo settembrino. delle piccole contraddizioni che albergano. o forse mica tanto piccole [occhio, non l'ho riletto. refusi e imprecisioni a gaggggganelle]

la coerenza è un valore ontologico che possono permettersi i gggggiovani onusti di belle speranze e di ideali che scaldavano il cuore. io lo ero. però, da ingegnere, ho bruciato la mia laurea e col cazzo che vivo solo di parole. ma quello che cerco e che voglio non credo più sia nemmeno solamente quella cosa che si chiama amore. figurarsi l'unità. forse un po' di stima. e pizzichi di intimità. vabbhè, cazzo, sto già divagando.

io lo ero. appunto. e ci ho ben provato ad essere del tutto coerente. poi la vita è una pasticciata teoria dei grafi. e le cose si biforcano. e triforcano. si attorcigliano. e si ingroppano - nel senso che forma un gróp, un nodo: ehi, che avevi capito? quindi non è che proprio si abbandoni quel valore ontologico. è proprio un questione di cose che succedono. molteplicità che capitano. e quindi sei un po' di cose. ma anche il contrario. tipo il nastro di moebius. che non si può definire il verso. e che mi ero pure imparato la formula analitica che lo definisce.

quindi sono un bell'elenco di contraddizioni. ed in fondo anche un po' stigrandissimicazzi. figurarsi se mi metto a scioglierli 'sti gróp. già è faticoso mantenersi vivi - a volte meno. a volte un po' di più. e poi vale l'assioma dell'amico luca. quando gli dicevo che provavo a stirar alla bell'è meglio le camicie. giusto per dar un minimo di senso d'ordine. e lui, argutamente osservò: masssssì, il minimo indispensbile. anche perché le indossi, ed ora che sei al portone in fondo alle scale già un po' si sono sciupate.

quindi. tipo.

sono sempre più fottutamente attratto dalla cultura ebraica. e tutto quegli strati millefoglie di sintesi che ne ha fatto essere un popolo che è stata diaspora. e quindi disperso nel mondo, cittadini del mondo, popoli delle nazioni in cui vivevano, e popolo che si crede eletto. e tutti sincretismi dal tratto comune che ne è venuto fuori. sono agnostico, laico, razionalista scettico. eppure c'è qualcosa di magnetico in quella cultura, tradizione, essenza. però ho visto cosa succede nei territori occupati. ho percepito la determinazione spaventevole delle frange sioniste. piccole nebulizzazoni dell'arroganza, della paraonia da accerchiati israeliana. con la sensazione che lì, la pace, non ci sarà mai. e vinceranno gli israeliani. e quindi è naturale pensare: io sto dalla parte degli altri, anche se non mi sfugge non ci sia storia sulle abilità, le capacità, la determinazione. i soccombenti contro il meritco cinico. una cultura ultramillenaria che ha declinato in una maniera da lasciarmi a tratti incantato contro il desiderio di audodterminazione di un popolo quasi lasciato andare a sé stesso.

da giovane ero pacifista senza sé e senza ma. facile farlo nell'acme della sbornia economica, in un mondo [quasi]cristallizzato in blocchi, ma quando si vive nella parte più ricca e libera. mi definivo anche non-violento. che in effetti quelle due volte in cui mi son trovato a far a botte è perché di fatto le ho prese. sono stato obiettore convinto. anche se di fatto l'obiezione non esiste più quando ti fanno la legge che regola il servizio civile. quindi ben prima che lo stato mi riconoscesse quello status giuridico. di tutto questo non è che sia svaporato tutto, neh? quando conobbi il mio nonno putativo, mi disse: occcchei, sei contro la guerra. e che avresti fatto nel '43, con i tedeschi e i repubblichini? ora. non so quanto, come, se, perché abbia senso equiparare la lotta partigiana contro i nazifasciti con la difesa degli ucraini contro gli invasori russi. [eserciti contro eserciti. non popolo contro popolo]. e tutti quelli che discettano sul discettare della discettevolezza delle eventuali differenze, credo piscino fuori dalla tazza. e se sono autorevoli allroa: si tratta di autorevoli minzioni, la cui parabola non viene convogliata all'interno della ceramica, indi al sifone di scarico, indi ai sistemi di fognatura. credo vadano sostenuti ed incoraggiate le voci che nei due paesi, provano a prendere posizione contro la guerra - in russia, intuisco, sia quel cicino più complicato farlo. i fautori della via negoziale alta. coloro che ci mettono la faccia, il cuore ed anche il culo per testimoniare quegli ideali. da una parta di minoranza, ma comunque di avanguardia per far sì nasca nuova umanità. anche per questo io non riesco ad essere d'accordo sull'invio di armi all'esercito ucraino [si noterà che non ho scritto: sono contrario all'invio di armi]. perché questo significa:

  • alimentare un conflitto;
  • assicurare un canale importante e fondamentale per il contrabbando [lo afferma pure l'interpol, peedddire];
  • scaricare i magazzeni delle aziende produttrici, acciocché possano riempirli nuovamente;
  • sostanziare  quel paese come alle dipendenze e volontà dei paesi egemoni del blocco occidentali. o meglio: la classe dirigente, espressione a tutela di certi potentati economici [miiiiinchia, che tirata pre-antimperialista].

e questo è bellissimo, da un certo punto di vista.veppure, pragmaticamente, significa che se così non fosse, è decisamente probabile che da qui a qualche settimana l'esercito ucraino debba arrendersi. e far sì che l'esercito russo possa completare una occupazione più o meno piena. e minchia, anche su questo non riesco ad essere d'accordo. non che non stimi e appoggi, moralmente e col cuore, chi rischia il culo in nome della risoluzione dei conflitti in maniera non violenta. però, pat-pat sulle spalle al principio di realtà: il 24 febbraio, cosa si sarebbe potuto fare? quale capacità di interdizione i pacifisti? ed un mese dopo? e sei mesi dopo? io vorrei, che banalità a sottolinearlo, che la risolzione del conflitto, di quei conflitti avvenisse ora, un mese fa, sei mesi fa. ma visto che ora non si riesce: come la mettiamo? basta armi, ed ostare a tutto quel che ne discende. o basta a quella difesa - compromessa, violenta, incarognita quanto si vuole, ma pur sempre difesa di uno stato sovrano - e mollate il colpo a quel punto di acculzione di merda, rogna e carognità del ditttore russo? io, a tutt'oggi, questa dicotoia contradditoria non riesco a risolverla.


comunque.

ne avevo ben in mente altre. solo che sono andato giù sproloquiando lungo. magari ne faccio un altro.

prima però una contraddizione di un paio di righe.

forse - forse - mai come ora credo di essere pronto per un qualcosa che somigli ad una relazione. mi è plaga da comfort zone la solitudine nel 85% del tempo che mi godo, libero.

non rileggo. lascio che i refusi stiano in panciolle, le imprecisioni grammaticali facciano la ola. e pubblico.

Saturday, September 10, 2022

faccio un post cazzaropolitico /5 - bensgiamen piddddì malusssèn de noartri [però senza la penna di pennac]

questo post me l'hanno ispirato, in maniera asincrona, la mia amica chiara ed il mio amico itsoh. a loro insaputa, ovvio. anche perché non si conoscono. ed è una dura lotta a stabilire chi sia la/il più arguta/o e la/il più intelligente dei due. di certo hanno cifre stilistiche piuttosto differenti. e pungoalmenti pugnaci che giungono da lati diversi. non credo leggeranno questo post. e comunque non sono responsabili delle amentà che lo riempiranno.

e poiché è un post cazzaropolitico sul piddddì, potrebbero germinarsi copiose. le amenità, intendo.

chi vota a destra, maramaldeggia il piddddddddì. e ci sta, suvvia.

chi non vota a destra ma sta a destra del piddddì, maramaldeggia il piddddì, 'ché lo accusa di essere una cellula dormiente bolscevica, che se non stai acccuorto: vuoi vedere che questi ti rifanno la rivoluzione d'ottobre?

chi non vota a destra e sta a sinistra del piddddddì, maramaldeggia il piddddì, 'ché lo accusa di essere la testa di ponte del neoliberismo più turbo che si sia, che se non stai acccuorto: vuoi vedere che questi liberalizzano anche l'aria che respiriamo, e tirano dentro nella segreteria nazionale qualcuno del bilderberg o del board di davos?

molti di coloro che votano piddddì maramaldeggiano il piddddddì. a seconda del muuud e vaibrescion di giornata percepite, del sentiment che traspare: quando lebur, si attivano i neoliberisti del pidddddì, quando turboneoliberista si attivano i laburisti del piddddddì.

insomma. si può ben dire che più o meno tutti maramaldeggiano il pidddddddì. ognuno con le proprie accezioni, straconvinte et cristalline. con la differenza che, impressione che ho, chi non vota a destra lo faccia con molta più pugnititudine. quasi con un gusto: che in fondo anche il masochismo è un piacere, perverso. ma pur sempre un piacere. ognuno insomma ha le sue buone ragioni. tanto che ti chiedi se il piddddddì non abbia come scopo quello di farsi maramaldeggiare. c'è per quello. ce l'abbia scritto nello statuto, nemmeno sottinteso.

così, per rimbalzi di associazioni di idee, mi è venuto in mente benjamin malaussène, nel senso di capro espiatorio della saga, che tanto mi significò durante la prima età adulta, quella onusta di belle speranze [che in fondo, coglioncello che ero, immaginavo che alla fine tutto si aggiustasse splendidamente e con proluvio di emozioni, come in quei romanzi]. solo che il piddddì non l'ha scritto pennac. e quindi è tutto molto più triste. e non ti viene proprio in mente di tifare per lui, a prescindere, come si tifava per benjamin.

per quanto, per un individuo politico del genere si può comunque provare un po' di tenerezza. pur non avendocelo mai avuto nel cuore. anzi. tecnicamente è il voto più a destra mi sia mai capitato di esprimere, in questo ultimo quarto di secolo ed oltre [amica roby, sei ggggggiovane, tu, ovvio ti accalori]. ed il prossimo è probabilmente il voto più scipito e meno convinto andrò a dare, da un quarto di secolo ed oltre. in funzione antidestra. questa destra. e sticazzi se il nipote di gianniletta lo declama come il voto utile, oltre che come unica retorica di proposta politica. perché in fondo, pat-pat sulle spalle al principio di realtà, mi sa che il nipote di gianniletta ha - ahinoi - ragione. pragmaticamente. è l'istanza più efficace a provare a rendere meno trionfale la vittoria della destra. questa destra. il resto son psicopippe retorico-propagandistiche da campagna elettorale. la legge elettorale è infame. ma è semplice. noi o loro. chi ha più noi, funziona meglio contro loro. e dubito mi si riuscirà  convincere del contraio. eppppoi sono un vergatore di post che non legge nessuno [a parte i fidati tre-quattro]. non ho fatto le scuole alte. non sono arguto. probabile mi sfuggiranno le nuance argomentative da cambio di paradigma, che molti altri pensatori pensano e propongono. e quindi non mi sfugge la banalità del mio probabile voto. per nulla convinto. per nulla appassionato. per nulla risultato di capziosissimi ragionamenti. ma me ne farò una ragione. tanto ci troveremo avviluppati nella palta, non so se sopra o sotto la vita. ci sarà modo di discuterne e recriminare anche dopo. più o meno scazzandoci.

però. di nuovo. mi sovveniva la curiosità dell'immaginare il perché di questa acredine. specie per quelli che ne sono meno lontani. anche alla luce, appunto, io non l'abbia mai avuto così nel cuore. e quindi, in fondo, posso fare il maramaldo e scrivere piddddddddì. ma non mi ha mai scombinato più di tanto il sentimento. anzi. forse è proprio questa alla luce che provo a capire gli altri.

tipo la suggestione che mi ha dato l'amica chiara e che ha confermato l'amico itsoh. da direzioni peraltro complementari e contrarie. come se si fosse trattato della delusione degli amori che finiscono male. per un tradimento che si sostanzia anche solo nella volontà. ma che si fatica, comunque, ad accettare. non vorrei rivangare l'ovvio, ma io un'acredine del genere ce l'ho solo verso una persona. per quanto lei sia solo il complemento oggetto. l'incazzo più complicato da risolvere è verso sé medesimi, per la fiducia, [totalizzante?], che vi si è riposta, per poi scoprire di averla riposta nel modo peggiore possibile. non è il piddddddddì in sé, ma è il piddddddddddì in me, nel senso di loro, cioè coloro che lo maramaldeggiano con convinta e spigolante pugnacitudine. e tanto più arguti, tanta più fiducia è stata riposta, tanto più è il sentimento di critica feroce ora.

come se non gli si perdonasse il compromesso con il fatto di essere, ontologicamente governativo. così da sporcarsi con l'evocazione che "non ci sono poteri buoni". ed essersi scoperti "così coglioni da pensare" che il piddddddddddì potesse essere un'eccezione. senza fare peraltro abbastanza, e quindi di fatto non fare. a guardarla da una parte o dall'altra. come se la fusione fredda [cit.] della tradizioni cattolico sociale e comunista avesse fatto un po' e un po'. quindi come un inevitabile rigurgito democristiano. e quindi scontentando un po' tutti.

governativi, come chi sa sta al governo undici degli ultimi dodici anni, senza aver vinto di fatto nessuna elezione nel mentre. e proprio per questo, o per ondivaghezza della classe dirigente, non essere abbastanza laburisti [quindi neoliberisti], oppure non essere abbastanza liberaldemocratici [quindi bolscevichi]. nessi causali che si inseguono vorticosi, intorcigliando l'appartenenza, intossicando l'affezione. il partito delle zetatielle, la classe operaia che non si sente rappresentata, le persone meno abbienti che si sentono abbandonate, e vanno a provare l'improbabile novità del momento: chi si spaccia meglio per chigovernavaeranoglialtri. per gli ecs è il revanscismo sentimentale di chi vi aveva creduto. sia guardando dal lato destro, sia guardando da quello sinistro. mai abbastanza, ovvio. quindi sentendosi traditi.

immagino che quell'amarezza non sia molto diversa per entrambi gli appartamenti delle due ali. la differenza è al limite di quanto si sta stretti in quell'amarezza. in termini di spazi politici, in termini di densità di spleen. a destra del pidddddddddì lo spazio di praticelli verdi, da villette a schiera, con un sacco di gente rappresentata, di possibili elettori: densità di una megalopoli cinese. a sinistra del pidddddddì spazi di azione da praterie che manco la conquista del vuest, con sparuti tassonomici puntacazzisti possibili elettori [tra cui io]: roba da riserva indiana e densità che i sociopatici atomi di idrogeno dello spazio intergalattico guardano con invidia.

e così, insomma, abbastanza tutti a lamentarsi di 'sto pidddddì. questa specie di malaussène scritto male. forse è il combinato disposto del tafazzismo della sinistra, anche a partire da quella appena-appena rosina, del riflesso pavloviano ad essere governativi, del tentativo di unione di tradizioni rispettabili e storiche che si è declinata in un brancaleonismo di correnti et potentati. che ad essere teneri è tipo lo studente dotato che però non si applica. ad essere più severi è che le consorterie hanno prodotto tutto ed il suo contrario. a seconda della consorteria egemone in quel momento. per non dire delle chicche. il giobbbsacct, il rosatellum, gli accordi con la libia, la riduzione dei parlamentari [l'hanno voluta anche loro], la pilatesca gestione dello ius scholae - che se lo voti poi perdi le elezioni, che tanto poi le elezioni le hanno perse alla grande. ovvio che poi non bastano le unioni civili e il tentativo del didielle zan [gestito tatticamente maluccio]. poi, in tutta sincerità, caro pidddddddddddì, un po' fa specie osservare taluni fare dichiarazioni di puntuta lealtà al partito contro alcuni detrattori del partito stesso, e ti domandi se erano gli stessi che facevano le stesse dichirazioni di lealta quando comandavano i detrattori di cui sopra. che ti chiedi dove finisca la fedeltà al partito e dove inizi la necessità di esserne, sempre e comunque, nelle posizioni apicali.

quindi ad essere più precisi, abbastanza tutti a lamentarsi di 'sti piddddddddis. che sono stati uni et trini, quadri, penta e via così. tutto ed abbastanza il contrario di tutto. a vocazione maggioriataria e con alcune scissioni nel mentre - falangi da stay behind rimaste nel piddddddddddì compresi. quindi un po' è quasi inevitabile, in sequenza deludere gli innamorati della parte di qui e della parte di là. e non c'è come un innamorato deluso che si sente tradito ad essere convintamente a dagli al pidddddddddddddì.

amici delusi, venite qui, facciamoci una birra. che così, con il clima di condivisione che viene a crearsi, financo sopporterete la mia scelta, diversa dalla Vostra. ribadisco, è la meno convinta abbia mai fatto. ma la più pragmaticamente efficace per mitigare la vittoria della destra. di questa destra. sarei disposto a votare anche per renzie, figuratevi, se fosse la scelta più efficace. e che sarebbe molto turanaso oltre che scipito è in fondo un dettaglio. certo, avrei preferito si unissero abbastanza tutti. e non mi sfugge sarerebbe stato un gran casino dopo. ma un gran casino dopo sarebbe comunque meglio di questa destra a trionfare. e ne avremo presto la conferma.

non si sono uniti. forse era inevitabile. forse i narcisismi avranno come risultato quello di picconare quel che è la Repubblica per come la conosciamo oggi. il paradosso che è sarà pure un malaussène venuto fuori male. ma è il meno narcisista di tutti. come lo è benjamin nei romanzi.

e comunque un po' di sola opposizione, per più di un anno, non gli farà male. al piddddddddì. magari saranno pure più convincenti che come ontologicamente goverantivi. e comunque si abitueranno pure loro. benvenuti nel cleb.