Thursday, May 28, 2020

un post lungo multipartito, tipo una lunghisssssssima psicopippa a tocchi /1: il berlusca e papà Cervi

e quindi dunque mi gira nella testa questa lunghissssssssssssima psicopippa, da tempo. poi siccome di mio sono molto pensiero-azione [c'è sempre dell'amara autorionia, se non si era capito], sto rimandando. figurarsi mo mo che non sono esattamente argento vivo esistenziale, posto lo sia mai stato.
e comunque niente.
c'è questa sequela di pensieri che se ne trotterellano attorno allo spirito dei tempi, da quello che mi pare di intuire dalla mia personalissima e ridottissima bolla. se volessi spararla grossa, una specie di chiave di lettura pre-pre-pre-pre-sociologica. e come 'sta cosa sia in infilata di nessi causali a ripetizione da parecchi lustri. e di come ci siamo sbracati mediamente un po' via. per non dire di come potremmo farlo ancora più, a tendere. che poi al limite si posta qualcosa sui soscial. come fanno tanti, tantissimi signor nessuno. che poi, a caso o qualcosa che gli si approssima, hanno il loro quarto d'ora di celebrità. quando diventano fonti di informazione per i giornali, o qualcosa che gli si approssima. specie - guarda caso - quando uno vomita il suo livore. che la bacheca soscial deve avere qualcosa di venefico, che sembra riesca a tirarlo fuori come un bel catalizzatore, 'sto livore. ma sto già correndo troppo. sempre che ci arrivi al livore: nel senso di scrivere come si inserisce nella psicopippa, intendo. non esalarlo nei soscial, da perfetto signor nessuno qual sono pure io, ovvio.
vorrei fare post relativamente brevi.
ma tanto per cambiare sto già andando lungo.

va bene.
ci sono un paio di personalissimi aneddoti, che mi sembrano possano fare da prodromi, alla lunghisssssssssima psicopippa. qui volevo scrivere del primo. che poi tanto personalissimo non è. visto che andò in onda da quel personaggino un po' così che è bruno vespa [bruno vespa, sic!, che imperversa da più di cinque lustri in uno spazio blocco sociale ben definito]. ed in quell'onda ci fu berlusconi [berlusconi, sic!] a scambiarsi colpi di fioretto con bertinotti [bertinotti, sic!]. per quanto ho idea che ora sembrerebbe quasi uno scambio pacato, tra gentiluomini. ora, a confronto con quel che accade ora.
vabbhè. era ottobre del 2000. si avvicinavano al galoppo le elezioni con cui l'italia intiera avrebbe corso il rischio di trovarsi guidato dal personaggio che ancora non aveva i capelli di kevlar. con tutto il suo cucuzzaro. e quel che avrebbe significato. era una minaccia seria. la realtà superò le tinte più fosche. tanto che stava già venendo giù tutto. si sarebbe solo accelerato, da lì a qualche mese.
orbene. il ricordo è questo. quando berlusconi, maramaldeggiando, si rese disponibile ad incontrare papà Cervi, da sincero antifascista qual era, perfettamente inserito nel solco della riconoscenza verso la Resistenza [ci credavano tutti pochissimo. chi preoccupato, chi sollevato e ringalluzzito].



berlusconi [sic! berlusconi] fece una sostanziale figura di merda. bertinotti [sic! bertinotti] con la sua erre arrotata trattenne un mezzo sorriso del tipo: ahhhhh, l'hai detta la cazzata, ti sommergerà. vespa [sic! vespa] un po' s'agitava pensando che il suo l'avesse detta grossa [la cazzata].
io ricordo che sorrisi [dentro] come bertinotti [sic! emulare bertinotti]. ed il mio ragionamento fu molto semplicemente e molto ingenuamente questo: come si fa a votare un ignorante del genere? uno che fossimo alla maturità sarebbe pensantemente rimbrottato. se fossimo all'esame di storia contemporanea sarebbe bocciato. e questo vuol fare il presidente del consiglio dei ministri. dopo 'sta figura di merda è fatta. ovvio che uno così non può vincere le elezioni.
quando si dice: azzeccarla del tutto.
quando si dice: avere il polso del paese.
perché credo che il punto fosse appunto quanto fossi in effetti lontano dalla pancia della gaussiana. non che non mi fossi adoperato per spingermi nella parte della codina. un po' per anticonformismo, un po' perché avevo sempre cercato di costituirmi una mia individualità nella maniera più originale possibile. tanto quanto sentissi la necessità di realizzare una mia identità, perché forse percepivo il disagio [inconscio] non fosse 'sto granché strutturata. e quindi dovevo uscire molto dal coro, anche solo per riuscire ad ascoltare la mia [flebile] voce.
solo che dalla pancia ero molto più lontano di quanto avessi immaginato. avevo remato tanto. troppo, forse. e la pancia della gaussiana del paese era molto più sullo 'stigrandisssssimicazzi, se quello che sarebbe diventato il padrone del vapore per almeno un paio di lustri, si mostrava in tutta la sua ignoranza. e le sue figure di merda. anzi. da perfetto dissimulatore di starsene nella pancia, per mimetismo, se ci stava lui, lì dentro pancioso, allora era come se anche noi avessimo potuto essere un po' lui, anche pochino. con quello che di materiale comportava.
io, non ostante l'età, una laurea importante, 'sta cosa l'avevo proprio mancata di gran lunga. me ne stavo lontano.
e forse ero già lì lì a remare per allontanarmi una dozzina di anni prima, quando mi rappresentarono come un secchio, ed una lingua pronunciata. un secchione leccaculo. ero in terza superiore. durante il primo anno del triennio di specializzazione più dura, dell'itis più rispettato, rinomato e conosciuto in almeno tre province del nord-ovest [che allora erano due, ma era come fossero tre].


Wednesday, May 27, 2020

dicotomie [massì, un po' di lamentele giusto per tornare a scrivere un pochetto]

beh, dai, suvvia.
da quando sono nell'hometown non son più riuscito a scrivere.
ed ora lo faccio giusto per tornare ai vecchi tempi, quello delle giaculatorie.
credo di essere di nuovo in mezzo ad una buchetta. odg li ha definiti stati depressivi. credo sia quella cosa lì.
ma come? - uno giustamente avrebbe da riprendermi - sei in un bel posto, spazi verdi et ampi, il lago nell'ora del crepuscolo che accoglie placido le tue passeggiate, aria più pura, meno assembramenti, meno contagiati, meno gente, meno sbattimenti per aver pronto pranzo et cena, pure la pet-terapy cor cane: cazzo ti lamenti?
difatti mica mi lamento.
sono dentro una buchetta.
e vivo le dicotomie.
tipo di sentirmi in una situazione da cul de sac, per nulla sereno, sfiduciato, abbattuto, frustrato, imbarzottito. e quindi sentirmi pure uno stronzo, quasi irrispettoso verso chi, in questo delirio, ha perso la vita, si è ammalato più o meno duramente, ha perso il lavoro, o guadagna poco un cazzo, o è in una situazione oggettiva più di merda. roba da fare carte false per essere nella situazione - oggettiva - in cui mi trovo io. buchetta a parte, intendo.
oppure, a proposito sempre di dicotomie.
vivere con insofferenza il riflesso pavloviano di matreme, che ogni tanto le parte. come se le scivolasse via il piede dalla frizione. quello di considerarmi ancora un quindicenne cui fare il culo. ma il punto è che lo viva io: talmente male, spropositatatmente con fastidio, iper-reattivamente con turbamento che, probabile, 'sta cosa fa contatto con altro che lì lì a sbordare nel conscio. fa contatto e sono scintille. e balugina su un incazzo ex-post che coinvolge qualcosa nel passato. che quindi è passato. e non si può più modificare. e che matreme è stata una delle protagoniste - involontarie - ma non c'è mica stata solo lei. e nel contempo sentirmi pure uno stronzo che mi è chiaro il fatto sia matreme, con tutto il valore di quell'unica presenza che davvero conta, dopodiché sarò inevitabilmente, inesorabilmente, incontrovertibilmente solo. oltre al fatto che può essere la viva peggio di me, 'sta cosa, ma nel suo solito, consolidato, arroccato meccanismo di difesa, non fa altro che rimanere lì, in attesa che passi ad entrambi. io sapevo che questa cosa sarebbe potuta succedere. mica non lo sapevo. quando mi dicevano: dai, ficata, torni nell'hometown, io ero certo che questa trappola da convivenza era lì pronta a chiudersi. difatti.
ed infine, sempre per quel che concerne le dicotomie.
leggo post qua e là. alcuni sono catoneggianti e pieni di livore. puntuti e scritti bene quanto con la visione teleobbiettiva per quanto ci si spacci per dotati di grandangolo ampio. documentati ed estesi quanto esalanti un perculamento dileggiante se non la si pensa in quel modo, se si esce appena dalla banda passante del filtro strettissimo. ed in tutto questo sentirmi un pirla, perché soggiogato dall'eco dell'idealizzazione che mi ero fatto del personaggio. quando ci sarebbe da svitare di mezzo giro il bullone che tiene su un impiantito che, in fin dei conti, vuole farsi obiettivo, ma è surrettiziamente di parte. e verrebbe giù un gran bel pezzo di roba. ma non lo faccio. perché con poca voglia di far polemica, in quella bolla lì. perché non è il mio humus ideale. perché è controproducente. perché la vera rivoluzione per cambiare le cose è imboccare cifre stilistiche che vanno nella direzione opposta. tra gli incattiviti dietro una tastiera c'è una fottia di assembramento che levete. invece sono qui. in questo blogghettino che per tratti nessuno scrive e in pochissimi leggono. ci vorrebbe un po' di grinta esistenziale. mica la buchetta. capace al limite di intuire le dicotomie. a far le analisi, probabile, sono bravino. è uscire dall'angolo e far sintesi che servirebbe. ah cazzo, se servirebbe fottutamente. ed invece nulla.
lavoro. accarezzo il cane. arranco, nella buchetta.
cose così.

Sunday, May 3, 2020

considerazioni non assembrate /19: particolarismi puntodivistici sulla frustrazione pre-fase due

il mio amico itsoh è sempre titillo importante. [anche] per questo gli voglio bene. per quanto spesso mi faccia un po' incazzare. per quanto ultimamente abbia la sensazione di dargli più che altro fastidio [ma forse sono le paranoie mie. acuite dallo zeitgeist claustrale [anche se potevo scrivere più facile: clausura]].
ho letto il suo ultimo titillo postico. che mi spiace non poter condividere qui. ed ho pensato a quanto possa essere localizzato, personalizzato, ombelicale, relativizzata la frustrazione. su cui ragiono parecchio parimenti [cito] "Meditando provo ad analizzare la mia frustrazione che credo, spero, sia comune a tanti (pena il rinunciare alla speranza, il che non è mai un bene).".
l'amico itsoh non vive in italia. però siccome è persona sensibile non gli viene di non pensarci al suo paese natale. per quant [cito] "A parziale, minima, pallida consolazione, il fatto di non vivere più in Italia; consolazione magrissima, secca secca, arida."
l'amico itsoh, da lì in avanti, parte con la sua cifra stilistica importante, graffiante, sarcastica, urticante. che siccome è bravo usa con maestria, per far rilucere il suo punto di vista, e scaricare lì la [sua] frustrazione. a partire dal denunciare [cito] "questa pantomima istituzional-governativa".
ecco. l'amico itsoh appunto non vive in italia. di più. non vive in lombardia. di più. non vive a milano.
e quindi, ribadendo quello che già blatero da parecchi post, questa cosa si percepisce ben bene. senza che questo implichi un qualsivoglia elmento giudicante, ovvio. ma si percepisce.
mica per altro, perché in questo momento, ora, è decisamente più preoccupante e frustrante quello che succederà qui, anche e soprattutto per gli effetti pragmatici della regione. su quello che verrà nei prossimi giorni. per come si sarà pronti - eventualmente - ad intercettare gli effetti che ne sarà di questa fase uno.punto.uno, più che fase due. però un sacco di gente ricomincerà a lavorare. perché non si può fare altrimenti - dicono. e soprattutto perché un sacco di millemila istanze, 'sti fenomeni regionali - di cui hanno pertinenza - paiono essersele un po' perse qua e là. se non ignorate colpevolmente.
e questi effetti pragmatici, disarticolati su quello che - mi pare - si stia anche improvvisando, mi paiono ben più pericolosi dell'elencazione, retoricamente scritta benissimo, dell'amico itsoh. qui et ora.
non vorrei farla semplice, o troppo retorico, né far processo alle intenzioni. ma se devo sentirmi tranquillo perché la lombardia è pronta, tipo qui sotto, allora per un cazzo mi sento tranquillo.


poi può essere benissimo che a me stia più sui coglioni il potere costituito regionale, piuttosto che giuseppIfossette. per quanto giuseppIfossette, ed il cucuzzaro, mi fa tutt'altro che impazzire. [e poi uno ha le proprie classifiche di starsuicoglionamento].
poi può essere benissimo che l'analisi della mia frustrazione sia più banale della sua [sicuramente la cifra stilistica è usata meno bene].
poi può essere benissimo che non veda così prossimo il rischio di social-fascismo adveniente né sia oltre il livello di pericolosità ferale [cito] "l'idea dello stato corporativo rosso-bruno, questa vocazione a gingillarsi con lo stato di emergenza." [almeno da questo punto di vista non sono il solo. per quanto, provando a costruirmi un'idea vaga, io ascolti solo la radio e la limitatamente-ampia messe di commenti di persone ben più preparate. sicuramente di me. che lo spettro è ampio, ma ad un certo punto bisognerà pur mettere degli estremali. poi può essere che casualmente ed insopportabilmente tutti costoro [tutti] siano filo governativi. e che ascolto comunque mai in maniera acritica.].
poi può essere benissimo che [cito ] "questa spruzzatina di stato etico che ti tratta come un bambino dell'asilo e ti impone chi devi vedere" sia l'epifenomeno di un confine sottilissimo, o di un'antinomia de noarti. perché o non serve o è ininfluente. quindi a proiezione nulla, come la parte reale di un numero complesso totalmente immaginario. non serve perché io so benissimo chi sia il caso di chi vedere e chi no. e sono certo siano in tanti. non c'è bisogno che ce lo vietino, perché siamo oltre e più avanti, anche dello stato etico. e se è così, in questo momento 'stigrandissssssssimicazzi alle spruzzate di cui sopra. ininfluente perché coloro - abbastanza da far rumore mediatico? - che se ne fotteranno e non saranno responsabili, intanto vadano affffffanculo. che obbligheranno tutti gli altri a proseguire 'sto periodo e, potenzialmente, metteranno in pericolo anche me. forse loro se lo meritano pure, lo stato etico. anzi ne sono gli alimentatori, pur fottendosene. quindi non si proietta neppure su di loro.
confine sottilissima 'sta cosa, forse. lasciare in gran parte alla responsabilità individuale dei cittadini. da una parte è inevitabile, 'ché regolare tutte le millemiGlioni di sfaccettature. altrimenti altro che termini legulei o lontanamente assimilabili, ragionamenti capziosi, azzeccagarbuglismici simili. da una parte diventa il fianco su cui riversare le bordate, frustrate, di tutto quello che non si riesce ad indicare con precisione e pragmatica come farebbe stare più tranquilli tutti noi, [o come ci piacerebbe?].
poi può essere che credo sia più pragmaticamante impattante come si adopereranno le aziende, come applicheranno i protocolli per garantire per la sicurezza dei lavoratori. piuttosto che capire chi siano i congiunti, gli affetti stabili, gli amici veri. per quanto siano più generatori di psicopippe molto più colorite e gustose. [vabbhè, dai un po' retorica 'sta cosa, che confonde le pere con le mele].

poi sì.
alla fine passerà tutto. figurarsi se non passerà anche tutto questo. è venuto giù l'impero di alessandro magno, quello romano, l'ottomano. sono passate pestilenze, pandemie, virulenze deflagranti. figurarsi se non passa pure questa. poi al solito dipende come ne verremo fuori. globalmente e intimissimamente.
io un po' di robetta credo di averla inferita. o corroborata. tipo, tra l'altro, che dovrei farmi albergare meno l'esigenza di leggere esattamente quello che vorrei leggere. e che forse va bene ugualmente, che io sono oltre i pareri, financo di zagrebelsky [me cojoni, ovvio. ma pur sempre meglio di una pletora di gente con le idee smaccatamente apodittiche. che la conseguenza surrettizia è che sei un coglione se non la capisci come loro].
poi sì.
è chiaro che tra poche ore cambierà nulla, per quello che è la convivenza con 'sta cosa qui, questa fottutissima combinazione di basi azotate. e che sia appunto tutto che tranne che tranquillo. un po' forse sono infighettato. forse invecchio. forse è l'effetto di questi ultimi due mesi e mezzo.
poi sì.
è chiaro che sarà responsabilità di tutti. e sono ragionevolmente sicuro che andrà meglio grazie alla stragrande maggioranza di noi. che siamo mediamente meglio dei nostri. financo di molti 'sperti taskforchiani et intellettualoidi. e che titillano la nostra frustrazione.
e che in fondo, sticazzi pure loro.

e comunque chiedo scusa all'amico itsoh, per le estrazioni puntuali del suo post, che purtroppo non riesco a condividere. non è mai cosa ottimale. però mi è servito leggerlo, e chiarirmi qualcosa delle mie di frustrazioni.
e mo vediamo che ne sarà, al netto di tutte le psicopippe nostre. che il resto va avanti comunque.
per certi versi: per fortuna.

Friday, May 1, 2020

piccolo intermezzo: fondata sul lavoro

la premessa è d'obbligo. in estrema sintesi dice: [per il momento] ho il culo al caldo.
là dentro si sono comportati in maniera encomiabile. sarà perché istituzionalmente col loro codice, mescio tra il rosso e giallo. sarà perché i responsabili [mediamente] hanno una loro etica. sarà che il sindacato è tignosissimamente presente. sarà che è stato possibile farlo. sarà un mischione di 'ste cose. e quindi di conseguenza chi là dentro lavora ne ha beneficiato. pure quelli che hanno un cordoncino da consulente. quindi pure una [finta] partita iva come me. poi è verosimile che quello che faccio, come lo faccio, sia divenuto importantino. sono quei casi che un po' il caso ha buttato bene, un po' me lo sono meritato. quindi ho decisamente il culo al caldo, per il momento [comunque continuo a rimanere una partita iva].
faccio cose. sono utile. mi viene riconosciuto. sono messo in condizione di farlo nel modo più sicuro possibile.
che poi sarebbe una delle declinazioni della nobilitazioni dell'uomo, tramite il lavoro. su cui si fonda, Costituzionalmente, la Repubblica.
[poi tramite quel lavoro non mi sento esattamente realizzato. non mi piace. non fa propriamente per me. ma sono i dettagli del mescio tra le mie nevrosi e il daimon ignorato].

ecco. a proposito della sicurezza. guarda un po' 'sta cosa di questa putrida pandemia, che acclara piuttosto globalmente quello che è [distorta] normalità da tempo in punti particolari. la scelta tra lavoro e salute. mi viene in mente taranto, l'ex ilva, perché è la più famosa e non sono così informato.
ecco. a proposito della dignità. guarda un po' 'sta cosa che porta decisamente più alla luce tutte le realtà del lavoro in nero, sfruttato, sottopagato. che risale l'informazione mainstream il fatto che - ahinoi - come si mandano nei campi chi raccoglie la frutta e la verdura che così bella lustra et lucida finisce sui banchi del supermarket. per dirne una, neh? che continuo a non essere così informato.
ecco. al netto dei medici, infermieri, personale sanitario, che hanno dovuto arrestare la marea, e non saranno mai ringraziati abbastanza. la crisi che porta a rendere visibili quelli che sono solitamente invisibili, che si danno per scontati. quelli che peraltro hanno contribuito a tenere in piedi il tutto. mentre quelli come me se ne stavano al sicuro al lavoro in casa. [ognuno pensi specificatamente a chi vuole. lavoratori dei supermercati, fattorini, forze dell'ordine, addetti ai trasporti].

ecco. siamo in mezzo a questa complessità googoliana, con le storture, le difficoltà, l'idea dei riverberi che sarà, che se va solo malino è roba da narratore di fantascienza distopica. e in questo enorme puttanaio i nostri che si agitano, tipo vajasse, pare essere un gran derby tra ultrà riaperturisti e cautelativi che si deve far tutto in maniera uniforme [come se milano e un paesino montano molisano fossero esattamente la stessa cosa].
però. appunto. a proposito di sicurezza, dignità del lavoro. la retorica dei riaperturisti. occheiocchei a pensare agli imprenditori, piccoli e grandi che siano. figurarsi. se non ci fossero loro. mica non lo so, che [piccccccccolissimo] imprenditore mi hanno coinvolto a farlo, disastrosamente. ma un pensiero, un'attenzione, una precipuità sulla sicurezza di chi ci andrà a lavorare? un rigore al rispetto alle norme, inevitabilmente complicate, che garantiscono alla lunga la salute di chi poi il lavoro ce lo deve mettere col proprio culo? una netta e decisa attività di definizione dei principi, delle linee guida, dei processi che questa sicurezza deve garantirla? e se non viene rispettata che si fa?
facile dire riapriamo tutto [farlo evocare da chi non c'è più è sciacallaggio imputridito]. ci sono un sacco di persone che non riusciranno a farlo. mica non lo sappiamo. mica non si deve dimenticare, specie da chi ha il culo al caldo. quanto si considera la dignità, la sicurezza, di chi sarà coinvolto attivamente [o passivamente?] quelle ri-aperture?
sarà durissima. sarà ancora più complicata, dopo. gli effetti saranno disruptivi.
ci mancano solo i finti responsabili, con il culo immeritatamente al caldissimo, che fingono di aver a cuore le sorti del lavoro del paese. e lo fanno col culo degli altri.
sì. suvvia. è un po' da stronzi.
figurarsi farlo per pura speculazione politica, vantaggio da piccolo cabotaggio personale.
figurarsi farlo su qualcosa che dovrebbe nobilitare l'uomo e su cui è fondata Costituzionalmente la Repubblica.