Saturday, March 19, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /2: empatie

oggi è stato un pomeriggio di solleticazioni et manifestazioni decisamente variegate.

nella milano da bere ce ne sono state tre. 

un flashmob della comunità ucraina in duomo.

un presidio-manifesta dei pacifisti incazzati [si scherza, neh?].

l'evento organizzato dal consiglio comunale all'arco della pace.

roba non del tutto sovrapponibile. in comune, ovvio, c'è una critica alla situazione merdosa nel bel mezzo dell'europa. roba con aspirazioni, ispirazioni, estetiche, contenuti diversi. dove per quelli troppo puri gli altri son guerrafondai. mentre gli altri se ne stanno alla larga da quelli troppo puri, a tratti financo troppo urlanti.

roba non del tutto sovrapponibile, appunto. però per coerenza alle ubbie delle contraddizioni, ho voluto farmele tutte e tre.

in quella di mezzo, dei pacifisti puristi, ho fatto un po' più fatica - a tratti - a starci dentro. più che altro è stato per osservare con quell'occhio un po' più critico, nel variegatissimo mondo della critica sofista. ed anche con retoriche che boh, mi interessano ragionamenti un po' più strutturati. anche i fumogeni e l'imbrattamento della sede di intesa, tre minuti dopo il passaggio del bandierone della pace, ha una sua significativa peculiarità. che mi convince fino ad un certo punto, al di là del contributo scenografico del tutto. anche l'adrenalina dei ragazzi che si incappucciano, affiggono manifesti, lanciano tempera rosso-sague e poi si defilano, furtivi e soddisfatti. ha una sua epica pure quell'azione rapidissima. che non riesco però a condividere. posto che vale sempre lo sticazzi al fatto non debba condivdere tutto. anche se ci sfilo più o meno assieme. se non proprio dentro, a lato. forse mi interessa una non violenza più di fatto. anche contro quel gesto, che trovo comunque carico di una violenza simbolica. che non si giustifica pure dalla porcate del bissssnnesssssasssiiusual di quella banca [oltre al fatto, probabilmente, mi presterà i soldi per la casa. sono ubbie e contraddizioni su vari piani].

quindi. va bene l'internazionalismo, le critiche al meinnnstriiiiim con l'elmetto, i dubbi ed i ragionamenti tra me e i miei coinquilini, la complessità del quadro geopolitico, financo la non violenza ed il pacifismo, assieme ai sofismi lì attorno. che poi quelli della sinistra riescono a dividersi, manco l'atomo, su tutto. anche su come considerare chi è invaso. le vittime insomma. [ieri simonetta gola, la moglie del ginostrada, in tivvvvù ha ricordato che anche le vite dei soldati ammazzati contano. sembra un'ovvietà. che le sofferenze dei civili sono lancinanti. ma la vita di un soldato non vale di meno].

e a proposito di vittime, alla fine, ho voluto farmi avvolgere dai più prossimi di costoro. standomene lì accanto alle persone della comunità ucraina. con le loro bandiere e i loro Слава Україні! (Slava Ukraïni! - gloria all'ucraina). ed è stato davvero intenso percepire e condividere tutto quel flusso impetuoso di emozioni. che poi sono quelle di donne e uomini che qualcuno ha invaso il tuo paese, bombarda le creature, le città, il luogo dei tuoi padri e delle tue madri - che poi è quello che è quello che significa patria, concetto degradato dalle retoriche merdosamente nazionaliste.

emozioni che fanculo pure al perché, alle cause, alle motivazioni per cui si è arrivati ora qui. che qui ed ora è qualcuno cannoneggia i tuoi più simili tra i simili.

è stato un bel bagno di empatia, che penso farebbe bene a chiunque. stasene vicini a loro, a tratti nel centro del loro star in cerchio. valeva solo la loro emozione, la loro preoccupazione, il loro dolore. ed anche la loro dignità, e sticazzi i passaggi retorici: morte al nemico, fiiiijebocccchineputin assassino/terrorista. non una parola contro i russi.

poi tutto questo non risolve le contraddizioni, non sbroglia la matassa, né mi farà cambiare idea sui [miei] fondamentali. né mi farà venir i brividi per un inno nazionale. ma è stato lo sguardo di costoro, nel cantarlo con gli occhi chiusi, a contare. e per certi versi mi arrogo pure il fatto di intuire, da lontano e da obiettore convinto, del perché quel paese non sia capitolato in due giorni: come peraltro tutti si aspettavano. con quella pervicacia e convinzione che ha permeato quello stare insieme, quel modo di esserci. che è l'atteggiamento di coloro che non hanno esattamente l'idea di arrendersi. anche se è ben chiaro quanto tutto questo costerà, comporterà in termini di sofferenze. non è roba per cui mi esalterò mai. ma è roba per cui nessuno può aver l'arroganza di discettare col sopracciglio alzato, o peggio di scimiottare o condannare per una qualche strozzautura retorica della minchia. [che col culo degli altri so bravi tutti afffà i puristi de li me coioni].

insomma. ha avuto tutto un suo senso, positivo, sussumermi quell'emozione condivisa.

al fottuttissimo merdaio intricato, alle ubbie, alle contraddizioni, tornerò a ragionarci - come tutti, specie quelli con il punto esclamativo alla fine delle frasi testosteroniche, col culo al caldo ed al sicuro.
ma dopo. da domani.

per questa sera molta empatia e baillame emozionale.

[e sono intimamente convinto sarebbe stata, precisa, la stessa cosa, ci fosse stata umana gente di altra nazione, altra bandiera, altro inno. è un internazionlismo dell'umanità presente]







Thursday, March 17, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /1

non che non ci abbia provato, neh?

a scrivere su 'sta merda di guerra, conflitto armato d'invasione e di difesa. è che qualsiasi pensiero - plumk - è come se non facesse in tempo a condensarsi dalla nebulizzazione per apparirmi banale, scontato. con il dubbio: ma che cazzo lo scrivo a fare in un post. ma che cazzo lo scrivo il post. non è più nemmeno un'autocensura disperante, come nei bei tempi andati: quando mi percepivo meno pregiato di una spugnetta per lavare i piatti consunta. no. no. è che proprio tutto mi sembra quasi superfluo appuntarlo su righe postiche. talmente è tutto molto più grande, incontrollabile, fuori dalla mia portata. o talmente chiaro, ovvio che può aver senso solo ad inanellare le considerazioni più azzeccate, originali, da pensiero laterale. tipo che dici: uau, 'sta roba qui si eleva dal borbottare a basso continuo del ragionare di un sacco di umana gente. sì, sarà pure una nuova versione da ansia da prestazione postica.

poi però ho pensato anche altro. che 'sticazzi l'ovvietà e la banalità. che forse può aver un senso anche appuntarsi dei piccoli appunti sparsi. che la vita scorre accanto sempre e comunque. anche roba per rileggersela tra un po'. sempre non si decida[no] di estinguerci. bastano una cinquantina di ordigni nucleari per spazzar via la vita umana dall'orbo terracqueo. sull'orbo terracqueo ce ne sono oltre diecimila. ne abbiamo a basta per vaporizzarci tutti molte e molte volte. ricominceranno i batteri a popolare la terra. il sole elargirà radiazione elettromagnetica opportuna per qualche miliardo di anni ancora. c'è tempo. magari viene fuori un qualcos'altro meno stronzo, altre creature senzienti e con la consapevolezza del proprio essere finiti. [si continuerà a morire, qualsiasi specie vivente. non c'è abbastanza energia per agguantare l'eternità]. quindi potrebbe essere che non ci sarà un tra un po'. per rileggersela, dico.

però in caso contrario comincerei con qualche appunto sparso. una specie di pattern minimale di fondamentali. che se poi ad incrociarli sono convinto usciranno una discreta quantità di contraddizioni. non è che uno viola le basi della logica. è che proprio un coacervo di puttanai intorcigliati, che è come girare su un nastro di möbius. tu cammini, cammini, e ti trovi ad un certo punto a testa in giù, rispetto a com'eri messo prima.

però almeno il pattern di fondo è semplice. roba basilare, appunto.

tipo che a stare dalla parte delle vittime civili non si sbaglia mai. mai. stare dalla parte nel senso che quello va su tutto il resto. e non bisognerebbe dimenticarlo. tutto quello che si auspica, si desidera, ci si adopera per, dovrebbe partire da loro. ora sono vittime di nazionalità ucraina. sento scorrere dentro la convinzione che se fossero russe, san marinesi, honduregne, neozelandesi, ivoriane, cingalesi non cambierebbe nulla. certo. certo. plomp: eccotela qui la prima contraddizione: facile tirarsi dosi di botti di attenzione e considerazioni per tocchi di umanità che sta a poche centinaia di chilometri. e gli afgani? e i siriani? e gli yemeniti? [yemen? occazzo, ma c'è pure una guerra nello yemen? [citofonare a riguardo arabia saudita e iran, che si tirano bombe per interposte popolazioni civili. quelle dei sauditi han sapore del bel paese italico]]. e son certo sto dimenticando qualcuno. non siamo [solo] stronzi. siamo umani. perfettibili. quello che è prossimo ci coinvolge di più. quando mancherà la cagnolina maya, ne patirò emotivamente. i morti bombardati oggi, sappiamo che ci sono. e poco altro più. non siamo [solo] stronzi. siamo umani. non riusciremmo, anche volendo, a prenderci carico di questi traumi. non ne saremmo in grado.

però stare dalla parte delle vittime civili, e metterli su tutto, questo sì. su qualsiasi ragionamento, più o meno cinico.

cosicché emerge l'altro fondamentale. non ci sono poteri buoni. in questo confliggere testosteronico il più sano ci ha la rogna. oppure, che è coinvolto di meno nel conflitto, ha diversa gradazione di stronzevolezza. ad esser bravi la si può limitare. gestire il potere è gestire una violenza confliggente in potenza, tanto più potenziale, tanto più lo si accentra, il potere. nei nostri sistemi, che si rifanno a democrazie liberali variegate e più o meno compiute, il tutto è mitigato e distribuito. ma punti di accumulazione non possono non essercene. di più. chissà cosa avrebbe pensato il finto anarcoide pre-lavorativo che ero, avesse letto quel che il matusa che diventai sta scrivendo ora: che in fondo quel potere è financo necessario. specie per garantire una qualche approssimazione del bene comune. che poi ci riesca compiutamente è altro affare. che poi si limiti la sronzevolezza è osservar quel che viene. ma non ci sono poteri buoni.

questo non significa equidistanza tra quei poteri che confliggono in modo testosteronico. c'è pur sempre un aggressore ed un aggredito. meglio: c'è un potere che aggredisce, uno che si difende perché aggredito. faccio slalom tra le perplessità verso il potere che si difende, figurarsi cosa posso pensare del potere che aggredisce. non dimentico che la retorica del potere aggredito è inevitabile [e comunque io continuo ad esser seduto al caldo, al comodo, al sicuro. molto di quel potere sta sotto le bombe]. la violenza dell'aggressore è qualcosa talmente lontana da qualsasi elemento di comprensione, che non trovo modo efficace per definirne lo schifo e l'abiezione che [mi] provoca.

e poi, comunque, ci sono le vittime. tutto non può prescindere da loro. per questo abbiamo già perso tutti. si tratterà di rendere meno inutile questa sconfita dell'umana gente. mica l'unica ovvio [afganistan, siria, yemen, ad esempio].

pensavo fosse semplice almeno il pattern di fondo. mi sembra già di aver intorciagliato i pensieri. poi uno dice: perché non scrivi su 'sta merda di guerra?

Tuesday, March 8, 2022

di guerre e di donne

la guerra è una catena montuosa di merda.

è quel groppo intorcigliato e ingarbugliato che dipana, intorcigliandole ulteriormente, le logiche e le coerenze. è quell'ammasso di piani sghembi, inclinati e pieni di bozzi, dove il pensiero, qualunque parte lo sposti pende tutto il resto, si sbilancia, si ribalta. è il campo di melma dove affondi e i passi si fanno lenti, pesanti, in cui ciascuno costa la fatica di tutti quelli venuti prima. è lo spazio dove l'umano sembra evaporato da un'altra parte, che non si trova più, che non si sa se esiste ancora: dove si pensa chissà se sia mai esistito.

certo. per me, per noi con il culo al caldo, al sicuro e poggiato su morbide sedie con l'impronta delle nostre natiche. giusto solo un po' più scossi e provati. quella cosa che chi scappa dai colpi di mortaio, chi gli scoppiano le bombe sopra i rifugi, chi avrà fame, sete, freddo, paura, ci direbbero: ma vedidianterteneaffffanculo, con le tue psicoippe della minchia, che io non so se sarò vivo tra un attimo, domani, tra una settimana. e tutto quello in cui dovrò passare in mezzo.

la guerra è una dorsale oceanica di merda.

che deflagra quel riflesso pavloviano che ci tocca così tanto perché così vicino. e un po' ci dà fastidio a scoprirci così. mentre forse è qualcosa solo istintuale. però non può non rilucere quella contraddizione che ci ricorda quanto è istintuale essere stronzi. con tutte le guerre, le angherie, le sofferenze delle umani genti, ora, un po' in molto orbo terracqueo, mentre psicopipponizzo su di un blogghettino.

la guerra è una placca continentale di merda.

che fa parte della nostra natura. che è il modo più definitivo che abbiamo per declinare i conflitti. ma che sembra inespuntabile da quello che siamo.

però forse ad essere inespuntabile è il conflitto. che è  connaturato al nostro vivere. 'ché di conflitti siamo pieni fin dentro il nostro essere, che sappiamo o non sappiamo. e non esiste solo la guerra per dirimerli o gestirli.

che poi. quel modo di affrontarli e far finta di risolverli sono cose che hanno da sempre stabilito i maschi. che va bene la fisiologia e l'anatomia a poter sviluppare più cavalli vapore: fasce muscolari, capacità aerobiche, flussi sanguigni più sviluppati. ma forse è l'idea che, dirimere le questioni e le controversie con la violenza, fosse l'ovvia conseguenza a dar lucore all'essere panspermici conquistatori di femmine, dove è il più forte ad accoppiarsi. una questione di testosterone, insomma.

il petto impettito a dimostrare di essere più forti dell'avvesario. testa bassa con corna o meno ad attaccare il rivale. come nel mondo animale, come un esemplare di maschio qualsiasi. poi, presa la clava kubrikiana, non si è più scimmie. però si comincia ad ammazzare il prossimo.

è la guerra bellezza. un'inequivocabile pangea di merda.

le donne non sarebbero così coglione. forse più spietate - è il conflitto a connaturarci, non la necessità di risolverla con una guerra - ma non così coglione.

la donna è colei che dà la vita. e non è solo una questione di programmazione anatomico-fisiologica. figurarsi. è capacità di accoglierla in principio nella sua intelligenza più profonda e sconosciuta. che magari saranno poi neuro-intermediatori che si attivano al momento opportuno. però lo fanno su una struttura che è capace di far germogliare tutto questo. che poi esistono donne coglione per altri punti di vista e stupidissime. così come quella possibilità di dare la vita riluce anche se una donna non diventerà mai madre. né mostrerà mai questo spiccato senso materno.

è il concetto di quella peculiarità anche solo in potenza. e questo che cambia il paradigma. è questo che potrebbe cambiare il mondo. perché quello che abbiamo costruito fino ad ora risente in maniera importante, determinante, dell'approccio del maschio. che è stato dominante nei secoli dei secoli. per millemila motivi. e forse non è solo la questione che fuori dalla caverna ci andava lui a cacciare, perché più predisposto dalle sue fasce muscolari et alter. è che di quell'altra intelligenza delle donne lo si è sempre saputa, giù nel profondo. ed un po' spaventava. e quindi è stato più comodo, e rassicurante trovar la scusa del fatto del cacciar fuori dalla caverna, della predisposizione a dover usare la forza fisica per sopravvivere. e del fatto di far la guerra. donna: stattene in disparte, che sennò mi sa ci soverchi. meglio inventare secoli, millenni, gazziGlioni di società di patriarcati.

e già che ci siamo, facciamo la guerra.

se comandassero molto più le donne, ci sarebbe molto meno testosterone a corredo dei vertici e gli incontri diplomatici. nessuna esigenza di predominanza fallica, per dimostrare chie ce l'ha più lungo o più duro. e se gli uomini riscoprissero e valorizzasero un po' del loro lato femminile ci sarebbero meno conflitti con la parte maschile [giustamente] incazzata di molte donne consapevoli. [per quanto creda che quella parte incazzata sia pure l'elemento più critico. ma non divagherei, ora].

se comandassero molto più le donne il senso di ascolto e di accoglienza sarebbe più marcato e istintivo. la trasposizione emotiva di come le donne accolgono i maschi dentro di loro. la capacità empatica che permette loro di comunicare con esseri che utilizzano altri piani ed altre modalità.

è chiaro che così avrebbe [ancora] meno senso il farsi la guerra. i conflitti di possono dirimere con altre modalità.

ovvio che cambierebbe il paradigma. ovvio che cambierebbe il mondo.

ovvio che il maschio tutto questo un po' lo tema. che lo sa, nel profondo, che è solo un po' più forte fisicamente e fondamentalmente panspermico. e che mediamente sarebbe surclassato. per questo ha sempre fatto la guerra. per convincersi del contrario. ed un po' farla a loro. vuoi mica che cambino il paradigma, quindi lo status quo?

comandassero un po' di più le donne, staremmo tutti meglio. tutti. forse pure i maschi alfa. che se fossero un più attenti alla parte femminile pure i maschi, ci sarebbe molto meno testosterone in giro. è roba che da alla testa.

[maschio alfa che poi non sono esattamente. ma che forse è addirittura meglio così. certo. scopato poco ed effetti collaterali di rimando. ma è un'altra questione, quella].

buon lottomarzo. fate bene ad essere incazzate. anche se con Voi ci sarebbero molte meno guerre. [ma non cercate di emulare i maschi, nell'incazzo. sarebbe oltremodo deletereo.]