Sunday, April 25, 2021

mi diranno che bel fior

in effetti è stata dura il primo anno senza manifesta, quello scorso. anche per tutto il corollario.

provo a sfruttare la contingenza di star sul soppalchino da mesi. cosicché me la vivo da qui, che fu terra di Resistenza: il selciato, i sentieri, le montagne qua attorno. la maggior parte della gggggente non lo sa, l'ha dimenticato, lo rimuove. la deriva a destra è iniziata prima ancora che capissi davvero cos'è il venticinqueaprile. piano piano è stato riassorbito dall'epica del ricordo della grande guerra, gli alpini e tutto il colorollario istituzional-militare. non che siano mediamente persone così sgradevoli, la gggggggente di qui, dico. si rimuove. non foss'altro per i riferimenti politico-partitici del blocco sociale di questo ridente posticino, un po' parvenù, un po' bottegai, un po' arrivati. riferimenti che un qualche elemento di discontuità con l'antifascismo ce l'hanno, lo rivendicano, lo ostentano. così come l'eventuale idea di sposare tutti i principi costituzionali, poi di rimbalzo in rimbalzo, consegunza in conseguenza, arrivi in fondo, tiri una bella riga e cozzi duro contro il principio di non contraddizione. quindi loro da una parte, un discreto numero di principi dall'altra. e così, visto che quello spazio diventa scomodo, si inventa la storia della ricorrenza divisiva. certo. dipende da che parte stai. parte che si declina anche in parole come partiti, e soprattutto partigiani. [poi a proposito di nessi causali logici: convinene sempre ricordare che se han vinto i partigiani [con gli altri, ovvio] è meglio per tutti. anche per coloro che li pensano divisivi. son buoni tutti a fare i fascisti in una repubblica antifascista, persino i fascisti. tutt'altra storia - ed altre caratura di donne e uomini - essere antifascisti in un regime fascista].

ecco. io mi rendo conto di non scrivere cose poi così originali, né che mai mi capitò di buttar giù in altri post omologhi. è che ogni volta che ci penso, ogni venticinqueaprile è come le scoprissi particolarmente fragranti. non necessariamente nuove, neh? ma fottutamente attuali. anche quest'anno, ancora senza manifesta e ricordando quello che accadde qui vicino. di un'attualità per difetto, pensando a che paese sgarruppato è venuto fuori. di un'attualtà per ispirazione, pensando a quello che è stata la risposta alla chiamata intima che costoro - partigiani - hanno saputo dare. trovarsi in quel preciso momento storico e geografico. peraltro un po' più complicatino del nostro [piccola parentesi da bias che scatena il vavavvvvaavavanitoooucuuuulo: quando leggo di ribellione alla schiavitù che voglionon imporci, alle dittature sanitarie, le nostre libertà sottosequestro, di smettere di essere servi, di aprire gli occhi, come fate a non capire. il professor salsa parlava di microcefali. senza arrivar al disprezzo che si percepiva quando lo pronunciava - che poi giudizio è da limitare il più possibile. ecco. però. sì. mi è tornato in mente il professor salsa e i suoi microcefali. penso a quella ribellione di allora, alle libertà conculcate, alla dittatura, allo smettere di essere servi del nazifascismo. ecco. a confrontarle e voler essere gentile mi si spinge ad singhiozzo ed un rutto [cit.]]. ed in quel contesto complicativo scelsero ad certo punto da che parte stare. che poi sarebbe stata la parte giusta. son quelle situazioni in cui passa il treno della storia. e ci si salta su, senza nemmeno capirlo probabilmente. io non credo fossero necessariamente migliori delle persone che scelsero di non adoperarsi [si dibatte e si danno risposte molto diverse. ma è probabile che la maggior parte delle persone non prese parte ad una parte. immagino sperava solo vincessero loro. anche perché significava fine della guerra. ma poco o nulla si adoperarono]. non erano forse i migliori, però lo diventarono facendo la scelta giusta, per loro la più semplice, per quanto fottutamemente più difficile. diversissimi tra di loro: ognuno con la propria consapevolezza, preparazione, strumenti culturali, conoscenze, appartenenza politica. tutti con l'intuizione fosse quella la parte in cui stare, immagino senza nessuno a dirglielo, spiegarlo, raccomandarlo, ordinarlo. un moto dell'anima, della coscienza, dell'ottimiso della volontà. davvero. è quello che mi cattura e mi coinvolge sempre di più, quando leggo di loro, quando [li] sento raccontare: come fu quella scelta. come si fece largo, come ad un certo punto apparve semplicemente come l'unica cosa andasse fatta.

anche perché, è il momento in cui hanno conquistato, a loro modo, un pezzo di eternità. quella roba di cui ho blaterato nel post pasquale. che in quella trascendente non riesco proprio a capacitarmi. in quella più immanente, di coloro diedero un contribuito all'evoluzione dell'umanità sì. eccome. ecco. quel periodo, quella guerra, quella situazione davvero terribile furono generatrici panspermici di effetti variegatissimi. anche gli abomini più profondi della storia moderna. così come, grazie alle scelte di coloro che scelsero la parte giusta, un nuovo senso alla pace che - un paradosso? - segue sempre ad una guerra. da noi ad esempio una delle Costituzioni più interessanti e inattuate. sono stati anche loro. neuroncini molto attivi per quel pezzo di intelligenza condivisa, un bel balzo in avanti. che s'incunea nel futuro, inesorabile. che poi è dove sta un altro pezzo di eternità. e quando sarà necessario, e rinfrancante continuare a ricordarli. oltre ad essere il tempo verbale del ricordo di quel che fecero: mi diranno che bel fior.



Thursday, April 22, 2021

di rischi calcolati [male?], dittatori, cittadinanze

vabbhé, dai, a mà.

a 'sto punto ti dico anche di questa terza cosetta. qui non è un dettaglio di una risposta riguardo un autocrate, o il fastidio per un argomento che non so quanto ti scaldi il cuore come la cittadinanza a patrick george [poi magari ti importa tantissimo neh? non sto afffffà ironia. giuringiurello].

no. qui è la storia che da settimana prossima si riapre. e puoi annunciare che saranno riaperture graduali ma irreversibili. ma ho la sensazione che quello che sarà percepito e vissuto è: liberi tutti. per nulla graduale. credo nemmeno così irreversibile. al netto che prima o poi ovvio sarà tutto riaperto. non ho però queste guuuudvaibs. non è un secondo me, come la vedono quella flottiglia di epidemiologi fuori dal bar o sui soscial o quelle cose lì. ho provato ad ascoltare e leggere. ed ho provato a far sintesi. poi sì, certo che un paio di qustioni su quello che hai dichiarato mi hanno colpito.

però. a mà. provo a far un due-tre premessine.

  1. ho il culo al caldo. non ho perso un'ora di lavoro. sono un boccaccio in miliardesimi. lui isolandosi durante la peste nera scrisse il decamerone. io me ne sto sul soppalchino, sistemo qualche magagna per nulla appassionante di quelli di là dentro, scrivo qualche post sgarruppato. ho regalato un bel po' di affitto al padrone dell'appartamentino, ma sticazzi. e posso andare avanti così. profondamente diverso per chi - per tutta una serie di coincidenze, se fai un lavoro dove il contatto sociale è fondante per quello che ti fa campare - non guadagna da mesi ed ha spese e spese e spese. anche lì. ci saranno situazioni spaventosamente variegate. chi fallisce. chi guadagnerà meno, ma rimane molto più in panciolle di me. questo non toglie che non possa non pensare alla difficoltà, quando non la disperazione di costoro;
  2. ne ho fottutamente pure io i coglioni pieni. di tutta questa situazione di ristrettezza sociale, dico. come tutti. ovvio. e con quanto desiderio aspetto che ci si possa riaprire al mondo. pure un sociopatico come me;
  3. credo che la pervasività della situazione merdosa in cui siamo immensi sia così vasta, globale, ontologica che qualsiasi azione governativa - qualsiasi - sia del tipo che qualunque passo fai schiacci un merdone.

al netto di tutto ciò la sintesi di quello che ho letto ed ascoltato è che il rischio calcolato, sia un rischio calcolato male. tu sarai pure il banchiere del vuoteveritttteics, una delle persone più autorevoli del continente. io uno piuttosto irrealizzato et frustrato professionalmente. però coi numeri e i possibili andamenti, forse, più pari siamo. so' numeri. che descrivono l'evoluzione di sistemi complessi. ci sono tendenze contrapposte. a mitigare: la campagna vaccinale, la bella stagione col fatto si stia più all'aperto. ad aggravare: i contagi ancora molto alti che flettono troppo lentamente, le varianti più contagiose [una genialata, dal punto di vista evolutivo di 'ste merdose basi azotate costituenti l'rna messaggero di 'sto fottuto virussssse], lo sfrancicamento e l'esaurimento delle persone che - mediamente - oramai si tengono molto meno. dal punto di vista dei sistemi complessi si tratta di verificare se prevarrà l'effetto mitigante o quello aggravante. come butterà il trade off. la sintesi che mi viene di fare è: saranno cazzi. spero tanto di sbagliarmi, tanto quanto ho un timore infastidito sarà invece così.

poi, ripeto, io col culo al caldo continuo a rimanere. vero: avevo sperato di passare almeno un pezzo dell'estate in una situazione approssimantisi la normalità. temo ci richiuderanno quando farà decisamente più caldo. pace. coi coglioni girati - al pari di tutti - ma sono un privilegiato che potrà sopportare 'sta cosa. senza sbroccare più di quel tanto, dico.

aggiungo solo qualche considerazione conclusiva. appellarsi al senso di responsabilità dei cittadini - noi apriamo sapendo sia rischioso, voi dovete comportarvi di conseguenza - mi fa sempre un po' specie. perché da cagacazzo qual sono ho il sospetto sia un sottilissimo surretizio di potenziale via di fuga. magari non tu, a mà. ma dei personaggi che a vario titolo ti gravitano intorno. che magari ad onestà intellettuale non passano gli esami di riparazione. far leva sul dovere dei cittadini, consapevoli del far parte di una comunità è un richiamo importante. in linea di principio elevato, tra i fondamentali di una società. ma siamo un paese strano, noi. dove spesso il senso di comunità si sostanzia in quelli che sono i cazzi miei, se son generoso quello degli amici, ad esagerare quello delle consorterie cui appartengo. e poi siamo globalmente stanchi. molto. la possibilità di sbrocco senza averne troppo contezza non è così improbabile. nel mio piccolissimo qualche sorpresa ce l'ho avuta, leggendo ed ascoltando di gente che è partita lancia in resta vaneggiando disobbedienze civile, libertà conculcate, appelli sdegnati ad aprire gli occhi e smettere di esere schiavi e succubi. a volte rimango sorpreso a constatare: ma chi? questo? chi l'avrebe mai detto. appunto. ecco. dicevo: far affidamento sul dovere di cittadinanza spero non diventi l'appiglio per offuscare il calcolo del rischio calcolato male. cosa del tipo per cui dire: la responsabilità [senza il senso di] è vostra, vi siete comportati in maniera tale da meritarvi si richiuda. non lo scrivo a caso. è successo nei mesi addietro.

mi rendo conto sia una questione scivolosa, delicata, crinale strettissimo. apro facendo correre dei rischi alla società. quanto si è mediamente maturi per quanti [o mancati] controlli? si controlla troppo? percezione autoritaria. si controlla poco? si richia che i comportamenti possano far peggiorare le cose.

davvero. ho la percazione si faccia un tentativo, confidando nell'italico stellone. che peraltro mai nessuno ha dimostrato esista.

e poi, a mà, davvero chiudo. prima però solo l'ultimo punto. che questo sì, mi inquieta. la considerazione è molto amara. però non riesco a farla andare via. e che cioè nella decisione di ri-aprire ci sia un non detto. forse un rimosso. che posso intuire nel sentire delle disperazioni di qualcuno. che è l'ennesima scelta tra salute e lavoro. che è lancinante se insiste sulla stessa persona. più bastarda se riverbera con nessi causali distribuiti. queste apertura, adesso, in questo contesto, in questa situazione significa moriranno persone. persone in più, dico. saranno altri, spiazzati in altri tempi e in altri luoghi. direttamente per mezzo di questo virussse bastardo per le curve che - se va bene - scenderanno meno rapide. indirettamente per gli effetti del sistema sanitario che rimarrà ingolfato e non potrà fare screening, prevenzione, che riducono le possibilità di ammalarsi più seriamente - o accorgersi  troppo in là nel tempo - quando di non finire in un qualche situazione di guaio immediato. si mitiga un danno economico - chiaro ed immediato - pagando con la salute e la vita di altri - chissà dove e chissà quando. polverizzare e spargere altrove e più avanti gli effetti rende possibile alcune scelte, che forse altrimenti non sarebbero fatte. è quello che succede nelle battaglie: quando si sa che ci saranno perdite, ma si scende in battaglia ugualmente. forse è inevitabile. forse mi sono debosciato. però è per questo che non sono affatto sollevato dal fatto si riapra - figurarsi garrulo. né adesso la intendo e la vivrò come la ripartenza fondata e incontrastabile che sto bramando come tutti e assieme a tutti [oddio, assieme a tutti, proprio tuttituttitutti... anche no]. così come spero di sbagliarmi. ma so che - se va bene - sarà solo un effetto che farà meno male. che sia me, che sia chiunque.

a mà. ovvio che prima o poi ripriremo e ripartiremo. però sono convinto che: o lo facciamo abbastanza tutti, oppure sarà sempre un simulacro più o meno riuscito. anche perché non è vero siamo tutti sulla stessa barca. siamo tutti nella stessa tempesta, su barche diverse. 

a mà. davvero. spero non sia un rischio calcolato [davvero troppo] male. come vorrei aver sintetizzato male, non hai idea.

Wednesday, April 21, 2021

di cittadinanze, rischi calcolati [male?], dittatori

a mà.

quindi si diceva delle due-tre cosette. dopo aver ascoltato alcune risposte delle conferenze stampa. sono un po' tignoso, alcune istanze mi solleticano più di altre. specie quando si parla di dittatori o autocrati che siano, o di regimi che fanno cose.

tipo ecco. così. in maniera quasi duale rispetto alla storia di recep tayyip erdoğan. com'è 'sta storia la cittadinanza a patrick zaky non è un'istanza governativa? com'è che non conosci [o non ti spiegano] bene il contenuto delle mozioni parlamentari? la 00329, quella che è stata votata al Senato il 14 aprile - nessun contrario, giusto i fratitalioti per ffffà quelli che si notano di più se non vengono.

a mà. in fondo c'è scritto

impegna il Governo:

1) ad intraprendere con urgenza tutte le dovute iniziative affinché a Zaki sia riconosciuta la cittadinanza italiana ai sensi del comma 2 dell'articolo 9 della citata legge n. 91 del 1992;

2) ad adoperarsi con maggiore vigore in tutte le sedi europee e internazionali, perché l'Egitto provveda senza ulteriori indugi al rilascio di Patrick George Zaki.

e non è questione governativa? a mà. una volta tanto che il parlamento si muove secondo le sue prerogative. una volta tanto che si riprende una parvenza di centralità dell'azione legislativa e affini [a mà, tu te le ricorderai, io ero appena nato. ma negli anni settanta, quelli del terrorismo, della crisi energetica, il parlamento ha introdotto le leggi sul divorzio, l'aborto, il sistema sanitario nazionale, la riforma basaglia, lo statuto dei lavoratori [mica quella puttanata del giobbbsaccct]. cazzo mà. ma che parlamenti cazzuti c'erano allora?]. il parlamento fa le leggi: è questa che dovrebbe essere la normalità. ce lo siamo un po' dimenticati, neh? te non c'entri, ovvio, efffffigurarsi. è venticinque-trent'anni che butta così. tutto questo protagonismo molto machista del governo. il parlamento schiscia 'l butòn, approva e morta lì. poi vabbhé che questo verosimilmente è il parlamento più meno che mediocre della storia repubblicana. e con questi devi aver a che fare. porta pazienza. in fondo te l'hanno votata loro la fiducia. per quanto sgarruppato è pur sempre l'elemento Costituzionale della democrazia rappresentativa [poi vabbhé, ci son pure i lisergici che pensano [o pensavano] si possa fare tutto per presa diretta, attraverso un portale gueb. un nocumento fondativo orripilante]. quindi a mà, a 'sto giro che finalmente battono un colpo, si ricordano di esser vivi e non solo un bottonificio. te la scansi con così? è robetta loro, che c'entra il governo?. oppure, dai: pensiero cattivo, ne sono consapevole. non è che hai mostrato quel riflesso pavloviano tu ritenga davvero la cittadinanza a zaki un subordine? qualcosa di non così importante. occccchei, occccchei, che hai questioni comunque cogenti da gestire, affrontare, smazzare. mica non lo so, neh? ma quella questione ha un valore simbolico centrale, fondamentale. che poi è la libera espressione delle proprie idee, l'utilizzo scevro da condizionamenti della propria intelligenza. e certi simboli sono fondamentali. oltre alla vita umana di un povero cristo - vessato assieme a molti, tanti, troppi imprigionati in quella approssimazione dell'inferno che sono le carceri egiziane - c'è la difesa di un principio. che poi sarebbe quello che distingue le democrazie compiute dalla democrature, le autocrazie, le dittature. quelle tipo che hai - o avresti - stigmatizzato parlando del figuro di ankara. io lo so che non hai tutta questa considerazione di abdel fattah al-sisi. o meglio. lo immagino. anche se in fondo vender a costoro le due fregate e altro, è tecnicamente un bisogno. novemiliardi di bisogni. poi tu ci sei finito dentro, neh? con tutto il resto delirante che devi maneggià. figurarsi, con tutti quelli che rompono ancora - pervicacemente - i coglioni per una storia vecchia come la richiesta di verità per Giulio. però, ecco, almeno: le mozioni del Senato, suvvia, leggile. o fattele spiegà meglio.

e soprattutto: riportatelo in italia. almeno lui. non basterà, ovvio. ma meglio qui, che là dentro. altro che iniziativa che non coinvolge il governo.

poi. ecco. ci sarebbe pure l'ultima cosetta. la storia delle riaperture. e dei rischi calcolati. mi sa che mi son fatto un po' un'idea. non è un veloce secondo me. ma una sintesi di quello che ho ascoltato e letto. non è che il rischio l'avete calcolato male? però. mi sa in un altro post.

 



Tuesday, April 20, 2021

di dittatori, cittadinanze, rischi calcolati [male?]

[piccola premessa da imprecatore isterico. ho scritto [la prima versione di] questo post due sere fa. stava diventando troppo lungo [strano]. al che mi sono suggerito: dividilo per tre. mentre lo ripartivo, copioincollavo, qualcosa è andato storto, o forse sono riuscito a magnificare una improvvisa dabbenaggine da desktop editing di base. un paio di mosse avventate e ho perso quel che avevo scritto per la prima parte del post. l'avevo appena riletta e che mi sembrava davvero efficace. quasi bellissima mentre me la vedevo sparire. persa. pagina bianca. per un attimo ho avuto la tentazione di scaraventare il piccì giù dal soppalchino [poi uno dice: noto sei rilassato]. credo di non aver mai scomodato così intensamente e di frequente il loro signore. davvero. se esiste un karma me lo sono rovinato - di brutto - imprecando come mai avevo fatto. peraltro per un post che avrebbero letto in cinque-sei [che comunque ringrazio per la costanza]. soprattutto con niente di così inevitabilmente da tramandare ai posteri. è un periodo così. ovviamente questo, quello che vuol essere una seconda versione, non mi convince come quella che si è mangiato il signor browser. ma questa è una storia già sentita...]

a mà.

alzo per un poco lo sguardo dal mio ombelico. lo faccio dopo che si è consustanziato il fatto che "siamo l'unico paese al mondo in cui diventa una notizia il fatto che il premier risponda alle domande dei giornalisti". [cit].

e quindi mi hanno colpito due-tre cosette rapide rapide, che ti volevo condividere. alcune considerazioni sono un po' da cagacazzo, ne sono consapevole. non prenderla come cosa personale, neh? al netto che siamo talmente distanti, diversamente potenti e/o centrati e/o realizzati che non credo proprio possa accadere.

in effetti avevo la recchie un po' drizzate et attente, quando hai cominciato a rispondere a delle domande. di nuovo, nulla di personale e pregiudizialmente avverso. è che ti hanno fatto un pessimo servizio, accoglierti come il salvatore della patria intendo. non è che tu ti sia mai proclamato come un unto del signore, giunto per tutti noi. quello l'ha già fatto un altro, ed in effetti la differenza salta agli occhi. no, dico tutto il mediocreticume che ti ha osannato. son fatti così. è che però ti tocca, aver a che fare con il parlamento meno encomiabile della storia della Repubblica. immagino ti abbiano già avvisato di stare particolarmente attento, là dentro, a due personaggi. si chiamano entrambi matteo. li accomunano anche alcuni aspetti curiosi: hanno partecipato come concorrenti a telequiz anni novanta, fondamentalmente non hanno mai fatto un cazzo nella vita, si credono statisti, figurati. uno è molto diopatriaetfamigliaetrosticceria. l'altro è talmente pieno di sé da farsi amare così tanto dagli elettori che, pur sfracassandoci nell'intestarsi il capolavoro politico di averti portato a presiedere il governo, se ne sta al duepercento secco nei sondaggi. hanno un rapporto parlamentari su elettori che densità dell'acqua del mar morto scansate, sei una soluzione omeopatica al confronto.

comunque. dicevo due o tre costte.

tipo la prima. quando hai fatto scoppiare un bel casino nel definire erdogan un dittatore. ecco. le parole sono importanti. specie se appunto stai rischiando di sminchiare le relazioni tra due stati sovrani. credo sia più corretto dire che recep tayyip erdoğan sia un autocrate. non che per questo mi stia meno sui coglioni, con quei baffetti salepepe. e la storia della cadrega credo sia solo l'inevitabile conseguenza di una visione maschilista, prepotente, arretrata, elitaria, disgustosa del potere ed il relativo disprezzo per chiunque lo contraddica o lo contesti. ma con la capacità e/o la tracotanza di riuscire a farsi eleggere. non è un dettaglio da poco. comunque. non è tanto la storia del dittatore che mi ha colpito. quanto la seconda parte di quella risposta. ne hanno parlato molto di meno, però è un inciso molto interessante: un dittatore di cui abbiamo bisogno. ecco. sì. questo è tecnicamente ineccepibile. abbiamo bisogno della turchia perché è un'immensa pista di decollo e di atterraggio sotto il culo della russia, nonché incuneata così bene verso quella parte di oriente che è in sommovimento da trent'anni almeno. il signor nato ringrazia e si complimenta per la posizione strategica. oltre a questo e abbiamo bisogno di recep, tanto che addirittura lo paghiamo. lo si è pagato sei miliardi [sei MILIARDI [MILIARDI]] per bloccare i migranti che altrimenti sciamerebbero lungo la rotta balcanica. lo paghiamo per fare il lavoro sporco, metterlo sotto il tappeto, per non affrontare e continuare a rimandare una questione epocale - al netto di questioni pandemiche degli ultimi quindici mesi. quindi eccome se ne abbiamo bisogno di quel dittatore. quindi figurarsi quanto stigrandisssssssimicazzi la questione della cadrega, il sistematico ostracismo oltre il lecito verso gli oppositori, il fatto la turchia abbandoni la convenzione di ankara contro la violenza sulle donne. per quanto sarei curioso di intendere quel tuo di cui abbiamo bisogno. se è un tristissimo pat-pat sulle da parte del principio di realtà. un qualcosa che allarghi le braccia, ma che va oltre la tua più autentica volontà [una cosa tipo: "sei in ritardo anche oggi!" "ehhhh, ero da stracca" [cit.]]. oppure se è da leggero sopracciglio alzato, cinicamente distaccato, roba che fai un cenno al princpio di realtà e gli dici: "vai, fagliela un po' a vedè a 'sti poveri illusi". oppure se è un convinto et sincero biasimo, per cui c'è un ancòra nel sottotesto, che però ci si dovrebbe adopeare per non averne davvero più bisogno. una roba che vieni tra di noi poveri illusi, che magari prima o poi manderemo affanculo quel pezzo di principio di realtà. anche perché recep tayyip fa il guappo arrogante un po' perché dev'essere uno stronzo di quella masnada. ma soprattutto perché sa prima di noi che di lui abbiamo bisogno. e di questo si fa forza. ciurlando nel manico autocratico ed anche un po' perculante. sbeffeggiando il computo et ineccepibile occidente [anche un po' ipocrita, suvvia]: dite, dite, e chiamatemi pure come vi pare, intanto faccio l'offeso, ma continuerò come mi pare. siete voi ad aver bisogno di me.

ecco. a mà. lo so che abbiamo questioni decisamente importanti da gestire. ma se avanza tempo, quanto si potrebbe cominciare a pensare bisognerebbe adoperarsi per avere un po' meno bisogno del figuro. così. chiedo per un amico, neh?

ecco. poi, a proposito di se avanza tempo. ci sarebbe la questione di zaki. mi ha colpito anche questa cosetta. che peraltro porta via meno impegno. però a suo modo è importante.

magari il prossimo post, che dici?

 


 

Saturday, April 17, 2021

catcalling [de li me cojoni] - addendum [però è molto ombelicale]

diciamo che i post succinti sono un'altra cosa. rispetto all'ultimo, ad esempio. tecnicamente non è venuto di getto. l'ho scritto in tre momenti separati. cosa che capita molto di rado. sarebbe interessante capire se produce cose più o meno accettabili. ma non è questo il punto. il punto è che mi sono dilungato a scrivere, e vabbhè. peccato abbia lasciato fuori tre cosette che invece avrebbero dovuto esserci. ecco perché dell'addendum. stanno in tre ambiti non del tutto sovrapponibili - con componenti autogiaculatori variegati - ma è come si legassero uno all'altro. e comunque l'addendum dovrebbe essere meno sproloquiato di quello da cui diparte. uno degli ambiti me l'ha sovvenuto l'amica roby. che legge et ragiona et pungola con osservazioni interessanti. [non che gli altri tre lettori siano da meno, ben inteso. in compenso l'amica roby è giovane-giovane].

il primo. è vero che ho smesso di credere all'amore più o meno eterno. probabilmente due-tre fanciulle che incrociai avrebbero potuto essere delle compagne con cui avrebbe avuto senso pensare di passarci la vita assieme. nel senso di viverlo con un senso di compiutezza autentica. e non dettata dalle nevrosi o le ossessioni compulsive. la compagna di una vita, in un legame vieppiù inscindibile. con tutte le evoluzioni e le trasformazioni di un rapporto di coppia [scrivo per sentito dire e per quel che posso aver letto, ovvio]. non è capitato. bon, va bene lo stesso così. pat-pat sulle spalle al principio di realtà: andiamo a farci una birra, che tanto solo sono rimasto. questo non significa che ogni tanto, pur con importanti ridimensionamenti dell'aspettativa, qualche sobbalzo nell'andar solingo mi sia sovvenuto e sovvenga e forse sovverrà. per una serie di questioni che sono un po' tuttuncoplessodicose son ben più le volte che non funzionano. e quindi il contesto rimbalza, quando non è la fanciulla - invero ormai cresciutella, siamo quasi alla crisi di mezz'età, per quanto la mezz'età è verosimilmente andata [cit.]. ecco. il rimbalzo, a volte prima ancora provi ad alzar il ditino per farmi avanti, non ostante tutto ha questa capacità di riverberare giù-giù-giù vino nel profondo, fino alle fondamenta. a volte è l'inciampo che crea la buchetta, poi escici veloce te, se sei buono. è una specie di nervo scoperto. un fondamentale non risolto. quell'istanza frustrante che trova e si fa strada per arrivare dentro per bene e pungermi con nocumento. qualcosa che in potenza è ancora in grado di mettermi profondamente in crisi. poi vabbhé, si impara a gestirla, neh? ma è come se non avessi capito come difendermi granché bene. che va a crearsi una specie di presa diretta con quel senso di sconfitta che ricordo di aver percepito lancinante, dopo il primo degli innumerevoli duedipicche. qualcuna si è meravigliata siano stati così innumerevoli. all'inizio mi meravigliavo della meraviglia. dopodiché ho intuito che ci devono essere ragioni piuttosto precise siano giunti innumerevoli duedipicche, ma sticazzi se non sono tutte così chiare. così ho smesso di meravigliarmi della meraviglia, al limite ho raccontato quel che avevo capito. magari è successo quando si era ancora nudi, dopo, più o meno abbarbicati uno intorno all'altro. in situzioni cioè dove non è esattamente sconfitta, anzi. ma io lo so che il rimbalzo continua ad essere un punto delicatino, per me. molto delicatino. 

forse - secondo ambito - è anche perché mi pongo con questa modalità a guardia bassa. forse un di cui di quella sorta di venerazione dell'altro post. non che sia così scaltro abbassare la guardia. ma - azzz - a me funziona così. e quindi il rinculo del duedipicche, comunque si manifesti sbbbbbbbbam: è un'inevitabbile sportellata. guardia bassa anche per la delicatezza con cui credo ci si debba approcciare. anche se può essere un subbuglio di sensazioni. è esattamente come quando si fa allllllammmore e si interloquisce col sesso di una donna. durante l'acme l'eccitazione è al massimo, si è nella bellissima situazione di lasciar correre le instintualità più libere: ma con il sesso devi stare comunque attento, delicatezza devi usare. anche quando si scopa con gran trasporto, il relazionarti con quella magnifica origine del mondo si fa con l'accortezza quando si ha a che fare con qualcosa di prezioso. andando all'origine, il prodromo di quell'incontro intimo, dovrebbe essere usata la stessa accortezza. che, per quel che mi riguarda, faccio un po' fatica ad immaginar in un corteggiamento serrato, continuo, martellante. quasi ci fossero delle mura di una città da far crollare. almeno: per come la percepisco io. fatta giù con la lama poco affilata: se non ti sei convinta dopo che ti ho magnificato il mio desiderio di creare un legame, basta, finisce lì. evidentemente non gradisci, o non ne viene fuori nulla. per quanto doloroso - tipo il punto prima - non vi è da abbarbicarsi oltre. questo significa io rinunci subito? sì. questo significa che abbia perso possibilità in passato? probabile. questo significa che ho evitato situazioni imbarazzanti a qualche fanciulla? ne son quasi certo. ascolto con un po' di perplessità i racconti di donne del tipo: ho resistito per un bel po' ma poi ho ceduto quanto ho ricevuto quelle dozzine di rose rosse più una. cose così, pur esemplificando. da una parte penso a lui che non si è mica scoraggiato dal duedipicche ed ha proseguito imperterrito - con un po' di invidia per non esseri perso d'animo? dall'altra penso a lei, al fatto che ho la sensazione che le donne lo sappiano da subito, più o meno inconsciamente. poi fanno credere di essere state conquistate. è un gioco delle parti che osservo non esattamente convinto. forse perché sono tutto tranne che un maschio alfa-dominante, ma va bene così. forse per quel timore ricorrente di sembrare fastidioso quando non molesto, anche senza volerlo. posso essermi lasciato scappare situazioni occasionevoli? può essere. specie se dall'altra parte c'era qualcuna che immaginava dovessimo giocare un po' a quel giuoco delle parti. e dal mio punto di vista e di [mancata] azione: dove finisce il mio timore di essere un tacchinatore fastidioso e dove inizia il mio timore e basta per una relazione?

perché poi, davvero, il terzo ambito. ho sproloquiato partendo dalla molestia anche se la chiamano catcalling. poi ho scritto tanto del mio ombelico, troppo. ma l'amica roby mi ha fatto ricordare che - comunque - scrivo da maschio, racconto della mia fascinazione [invero a tratti che è stata un po' nevrotica], stigmatizzo il maschilismo ed il becerume che si porta dietro, ragiono su quello che sarebbe utile per tutti - per tutti - per una parità di genere quanto più pari. però. non ostante tutto. mi fermo sulla soglia. io femmina non sono, tanto meno donna. e quindi cosa accada nella loro testa io non posso mica saperlo. tanto più in una di quelle situazioni dimmmmmmerda in cui ce le ficcano alcuni maschi, i peggiori. io non so davvero cosa si prova ad essere molestati da un fischio sguaiato, un commento pugnace buttato lì vigliaccome come apprezzamento. non so cosa si prova ad aver paura a camminar di notte da soli. non so come ci si senta violate da un palpeggio untuosamente schifoso, quando non da qualcosa di peggio che non stupra solo il corpo, ma lancina anche l'anima. quelle cose possono saperlo loro, offese dalla nostra categoria. ci scrivo ma non posso che fermarmi ad un certo punto nel mettermi nei loro panni. se avessi l'arroganza di dare per scontato il contrario, probabile, sarebbe un forma sottilissima, evanescente di molestia. molto celebrale, psicopipponica, meno volgare, ma molestia sarebbe comunque.

e se prorio devo essere dicotomico: meglio coglione che cafone.

[e comunque col cazzo che l'addendum è più corto del post da cui diparte. e comunque, di nuovo: proverò a scopare, in assoluta reciprocità. ma a scopare. il resto non so quanto faccia esattamente per me.]

Thursday, April 15, 2021

catcalling [de li me cojoni] e maschiosità lambda-dominante

io non ho mai - mai - urlato apprezzamenti sguaiati appresso ad una donna. cioè, apprezzamenti un cazzo. sono qualcosa che si approssima ad un molestia più o meno compiutamente. scopro che lo chiamano catcalling, ma approssimazione a molestia più o meno compiuta rimane. e mica lo scrivo per fami bello o di nobili atteggiamenti. no. no. è come se mi vantassi di rispettare gli stop agli incroci, pagare le tasse, oppure - che ne so - me ne sto bel rilassato sul balcone di casa mentre per strada cammina una persona, e son talmente per bene da non sputargli in testa, non ostante questo raspino in gola da ejettare. cose così. non ho mai urlato apprezzamenti sguaiati ad una ragazza o una donna, perché una ragazza ed una donna non si molesta, in nessunn modo. punto.

credo che un elemento fondamentale è quello che ho fatto mio, grazie all'educazione che mi han donato, su questo aspetto specifico, più o meno inconsciamente. anche se di quello non si è mai discusso espressamente. credo di averlo introiettato in maniera più ontologica. penso dipenda anche dal fatto mio padre non abbia mai espresso giudizi più o meno discriminatori su nessuno. ha mancato inconsapevolmente in molte cose. ma ha inoculato senza rendersene conto questa idiosincrasia verso la differenziazione di valore e dignità tra le umane genti. e non solo. poi è sempre stato profondamente innamorato di mia madre. vero: non sempre ha mostrato atteggiamenti virtuosi, quelli che conducono alla parità di genere. ma non l'ha fatto per maschilismo surrettizio, bensì per anacronismi culturali che dai e dai mia madre in parte ha scalfito. quella forma di rispetto nei confronti della donna non ha potuto non influenzarmi.

davvero, credo di occupare la codina della gaussiana - bassa - nella classifica dei maschilisti. e ne son ben lieto. e le disparità di genere sono da avversare esattamente come qualsiasi altra forma di razzismo, o di discriminazione.

e fin qui, nulla di eclatante. o eterodosso. un minimo sindacale. o un fondamentale che però deve ancora farsi largo nella coscienza collettiva.

però. mi è partito un ragionamento da pensiero molto laterale. forse pure scomodo. per quanto molto ombelicale. ma tant'è.

perché ho la sensazione di aver pisciato un po' fuori dalla tazza. in termini di rispetto verso le donne, dico. cioè: non che il rispetto sia mai troppo, ovvio. ma ho la vaga sensazione di essermi autocompromesso più volte. adontandomi con atteggiamenti autoimmuni. ed ora mi sento pervadere da quel senso di giramento di coglioni, da vassoiate di rimpianti, con rimorsi non pervenibili. e da lì alla rivalsa il passo può esser breve. perché ho idea che tutto il rispetto dovuto sia scivolato a volte in venerazione: molto da dolce stil nuovo, angelicamenti, idealizzazioni sublimate. e che un paio di occhioni azzurri e riccioli dorati - è verosimilmente il mio archetipo di bellezza, ne ho convenuto con odg - non potevano non portarsi dietro un qualcosa approsimantisi la perfezione. e bisogna essere all'altezza per pretendere la quasi perfezione. figurarsi, con il rapporto mai del tutto strutturato con l'autostima, vien facile capire l'impasto e l'effetto che ne è venuto fuori in quegli anni. anni piuttosto importantini nella crescita di una persona, specie quella affettiva. quelli in cui si fa [o si dovrebbe fare] esperienza. l'esperito nel senso più autentico e necessario: si prova, ci si incasina, si riprova. si diventa adulti così. io un quasi un cazzo. mentre altri maschi più o meno alfa dominanti mi passavano davanti belli belli, imperfetti ma pregni delle loro possibilità. qualcuno pure senza disdegnare una - figurata - pacca sul culo di apprezzamento. quando io quasi mi vergognavo anche solo di rendere più o meno pubblico cosa provavo. figurati il dichiararsi. altri che si accoppiavano con chi avrei voluto io, rinforzo negativo dell'autostima, smoccolamenti molto cervellotici, insicurezze, altri che passavano avanti: eccolo lì il circolo vizioso. ad alimentare le nevrosi. e quello che alla lunga si è fatto ossessivo.

già. il fatto però è che le nevrosi e le ossessioni hanno bisogno di un appiglio per sostanziarsi. si continua a tirar la pallina che ti rimabalza indietro. oppure continuare a picchiarci il muso. io ci ho messo il muso. ma qualcuno ha ben dovuto far il muro. segnatamente alcune ragazze. [s]oggetto di desiderio che via sembravano trasfigurarsi in altro. per diventare aneliti cui non avrei mai potuto giungere. aneliti: non lo uso a caso [chissà se l'amico emanuele gli si accende il riverbero del ricordo]. una roba davvero molto guardare e non toccare. anzi. in alcune situazioni il sottotesto era: ti sarai mica innamorato di me, vero? vorrai mica farmi uno sgarbo del genere, neh? giuro. ho incrociato anche queste storture. più o meno involontarie. o dettate da spiazzamenti che chissà che ragione avevano. quanto non casi di piccola perfidia. che a scivolar nel trivio sarebbe una cosa tipo: te la faccio solo annusare, ma non mi concederò mai. il gioco è che tu annusi. se poi mi accorgo che ti stai scoraggiando, mi adopero per liberare nell'aria un po' di afrore. e torni ad annusare. anche questo è successo. invero in parte riconosciuta ex-post come - appunto - piccola perfidia nei miei confronti. poi, ovvio: io son statto un pirla, che scambiava tutto quello per innamoramento irredento. ma d'altro canto: dove c'è un sadico deve starci un masochista. sennò la cosa non funziona nel relazionarsi disfunzionalmente.

ora.

io non so se c'è un qualche brandello di nesso causale, sfrigolante qua e là, tra questi aspetti. dico cioè: tra un rispetto anti-maschilista che è sfociato in fascinosa [a tratti] venereazione, e tutto quella intimidita imbranataggine che mi ha fatto scalar di molte lettere-dominanza da maschio, fino alla percezione di inadeguatezza, con gli zerbinamenti e il divenire cicisbeo che ne è venuto fuori. di certo sono stato tutte queste cose assieme. a tratti in maniera figurativamente dolorosa. in altri più da farci la figura del pirla[io non me lo dimenticherò mai quello sguardo da compatimento da neholaprovaseiunperfettocoglione, dopo quella cena a casa sua quando di colpo tutti gli altri invitati amici suoi se ne sono andati, lasciandoci soli, lei che mi piaceva davvero tanto, appoggiata sullo stipite della porta, capo leggermente reclinato, braccia conserte, tra lo sconsolato e l'offesa, mentre mi osserva nel mio congedarmi in una lunghisssssssssssssssima ritualizzazione, con una parte di me che desiderava fermarsi e la stragrande maggior parte di lei che aveva verosimilmente immaginato saremmo finiti a letto. è capitato anche questo. e non ero esattamente un teenager].

ecco. appunto.

il problema semmai, enormemente più ampio ed importante di quello che osservo attorno al mio ombelico, è la correlazione inversa. sentirsi autorizzati al catcalling, molestia più o meno compiuta, motivandosi con una pretesa alpha-dominanza mascolina. senza rendersi proprio conto, invece, della discriminazione che si attua. con la scusa becera del complimento si sostanzia una visione dis-egualitaria: il maschio in quanto tale che può giudicare la femmina, che non può far altro che prenderselo quel giudizio. senza porsi il mimino problema di provocar fastidio, imbarazzo, disagio. quasi che nemmeno esista il dubbio. come se l'effetto, la reazione che produce quell'apprezzamento maleducato, è qualcosa di cui non curarsi, perché non importante, superfuo, ininfluente. può sembrare una cosa capziosa, da psicopippa, cervellotica. invece credo significhi prendere una china. e da lì scivolare inevitabile dalla parte sbagliata. 'ché una volta la si è presa può davvero succedere di tutto.

ora.

tra un [ex?] impacciato come me ed il cafoname maschilista c'è una consistente, paciosa pancia della gaussiana. là fuori è comunque pienissimo di persone che non si ono inflitti grandi danni tra sé medesimi e che nel contempo portano il rispetto dovuto a tutte le donne, che mai si sognerebbero di molestarle, a partire da un apprezzamento sguaiato urlato per strada. penso siano una pancia gaussiana importante, per quanto non abbia ancora sottratto abbastanza spazio al cafoname di cui sopra. io non so cosa si prova a sentirsi apprezzate in maniera sguaiata, né molestate, né il il timore di camminare la sera da soli per strada, col terrore che potrebbero succedere cose ad incrociare quello sbagliato. non lo so perché sono maschio, benché [ex?] imbranatino et intimidito. ed il fatto di essere mashio mette al riparo da certe situazioni poco piacevoli e le situazioni poco piacevoli che ho provato io sono di altra categoria. e soprattutto non sono legate alla mia identità di genere.

per questo è come conquistassi un labile soffio di serenità su questa fazenduola. come se si intravvedesse un senso a questo sfarinamento per lustri della mia autostima erotica, delle occasioni perse, delle lagrime romanticamente versate [che poi basta un po' di psicoterapia per vederle per quello che erano davvero], dei rimpianti che non lasciano il posto ai rimorsi, del coglionamento che mi son meritato, delle paure di un rifiuto per cui ho evitato di lanciarmi. tutto quel vissuto per cui non sento tutta 'sta prouditudine, e che ancora tanto mi rimprovero. ecco: forse mi ha messo davvero al riparo dal nemmeno guardarla da lontano la china sbagliata. sì, certo, andava bene anche un po' meno, neh? ma ormai è andata così. se proprio si finisce in quella dicotomia: meglio coglione che cafone. ho "sofferto" molto, vero. ma almeno non ho mai - mai - fatto sentire a disagio una donna. che non solo non si toccano neanche con un fiore, ma nemmeno le deve sfiorare un fastidio per qualcosa legato al solo fatto di essere donne. e quando succede è il senso di umanità che viene offeso. brutta storia. e tutti dovremmo sentirci offesi. non è così. anche questo è un cammino che bisogna far, passo a passo assieme. per me non è stato il fatto di esser padre - anche per quel casino che mi si è creato dentro di cui sopra. credo sarebbe stato rinfrancante provare a spiegarlo e farlo far proprio ad eventuali creature. vabbhè. nulla. è andata così.

[due piccole chiose finali, quasi off-topic. vero: io ho perso molte occasioni. vale però anche il viceversa. l'occasione - per quanto a tratti anche un po' sgarruppata - che talune hanno perso. e forse sta pure succedendo ora e probabilmente succederà. inoltre. poi. vero. ora desidero fortissimamente scopare. è come se trasfigurassi l'attività sessuale come una specie di simbolo di rinascita. oltre che di cogliere tutte le occasioni per godersi l'attimo. che tanto poi corre via. e quello che si rimanda è comunque sempre un'occasione che viene sprecata. non so se ne sarò capace e quanto sarà difficile lasciarsi veramente andare dopo questi tempi nuovi. però vorrei almeno provarci. se lo farò, sarà sempre una scelta condivisa, che mai nasconderò. non ci credo più all'amore più o meno eterno. non so quanto sia capace stare dentro una relazione. proviamo almeno a starcene comodi e bene nell'intimità. duri quel che duri. che di 'sto cazzo di domani, davvero, non c'è certezza.]

Saturday, April 10, 2021

ritiratismi

piccola premessa. da qualche settimana scrivere 'sti post mi costa fatica, però tanto quanta l'importanza del fatto riesca a scriverli. inoltre. credo anche siano dei post tecnicamente più che discreti [maledetto understatement ostativo, non riesco a scrivere: buoni], forse troppo lunghi, ma roba di cui essere soddisfatti. nel contempo però non li trovo così entusiasmanti, che portano seco considerazioni così originali. se ci pensate bene non è necessariamente una contraddizione. e forse nemmeno prima erano così interessanti, neh? ma prima non mi ponevo molto il dubbio. scrivevo e bon. forse ora è per la visione distorta del contesto. boh. però questo è ciò che passa il convento. e son soddisfatto che qualcosa passi. anche se sono solo considerazioni di come stia buttando tra me e meco del mi ombelico.

vabbhè.

il fatto è che c'è stata questa infilata in sequenza, tra le altre, di queste cose - l'ordine non è importantissimo. peraltro molto diverse, nei fatti. ma hanno acceso percezioni correlate. questo post dell'amica roby. il libercolo "la lista degli stronzi" di john niven. l'eco-meco del post sugli arrogamentismi. aver ascoltato casualmente, in un qualche pezzo di talk, il blatarale sicumerico di un qualche fenomeno legaiolo o frateitalico di medio rango, quelli che vanno alle tramsissioni della mattina. in infilata sono sono tipo l'inanellarsi di suggestioni, orlate da una specie di fil rouge. invero più tendente al colore della cacca. che non è tanto per il marroncino liquido. né per alcune delle suggestioni, via: anzi il libercolo e il post dell'amica roby, roba pregevole. è proprio il senso di sconforto che rischia di buttar infiorescenze, dopo aver attecchito. sensazione che magari è acuita dal mood del contesto, neh? quello di cui sopra e la distorsione percettiva del momento di questo scoglionamento collettivo.

però.

il timore - intimo - è che lo scoramento e il senso di straniamento ti faccia mollare il colpo. così lasci perdere. l'evoluzione dell'adagio: mai mettersi a discutere con un cretino, ti porta al suo livello e ti batte con l'esperienza. così che non solo non inizi a discutere, te ne vai. anzi: non ti avvicini nemmeno. il combinato disposto: pochezza argomentativo dell'idea della minchia, proprinata con convinta arroganza può essere annichilente. nemmeno ci si prova a contrastarlo. tipo scrivere una routine in basic sul foglio di carta, a penna, sbagliando la sintassi dei comandi, e tu sei pronto a debuggare su schermi touch uno script che coinvolge oggetti scritti in c#. solo che tanto più ci si ritira, tanto più lasci spazio a loro. tanto addirittura più te ne vai dalla fortezza bastiani, tanto più questi hanno deserti, praterie su cui scialare. imperversando. cosicché l'amica roby è talmente esterrefatta che, per non dare craniate contro il muro, guarda la luna. jonh niven, il suo personaggio si accorge di aver lasciato correre un po' troppo alcune questioni e ci dà dentro di brutto [roba in un contesto leggermente distopico. usa nel 2026, tèDonald ha vinto anche le elezioni del 2020, e nel 2024 hanno eletto come presidente la figlia ivanka, ma un sacco di gente, in cuor suo, sa che a guidare da dietro le quinte quella debosciata di ivanka vi è il padre, e se ne rallegra. e quindi succedono cose, ed il protagonista frank brill prova a rimediare, a modo suo, a quella serie di decisioni, che ne avesse prese altre ci sarebbe un po' meno dolore e necessità di ovviarlo]. da par mio son dentro questa bolla che racchiude la ruota da criceto, che faccio girare, girare, girare, girare. non è che mi faccia sentire esattamente realizzato neh?, figurarsi felice - tze. eppure continuo a farla girare, girare, girare. cosicché mi sto convincendo - forse - di saper fare solo quello. mi riesce più che discretamente [maledetto understatement ostativo, non riesco a scrivere: bene] e produce fatture oltre che grandi giramenti. e se mi riesce da fare solo questo è come se dessi il mio picolissimo contributo a dar un po' di spazio e praterie a quelli che sciamano. e guadagnano terreno.

io poi lo so che il pericolo che percepisco è più frustrazione che pericolo fattivo, reale - forse. io poi lo so che c'è un sacco di gente che col cazzo ha abbandonato la fortezza bastiani, anzi. rintuzza che rintuzza come fosse la cosa più importante e gli riesce bene. io poi lo so che jonh niven ha scritto un romanzo proprio perché non vuole lasciar loro terreno e praterie [ed utilizza la scrittura creativa, per un romanzo un po' cazzaro. dove la violenza ha un senso quasi taumaturgico, per esorcizzare quel futuro che racconta esagerato perché non lo si vuole], l'amica roby guarda la luna ma poi può menare fenendti retorici e dialettici, mentre io alla bisogna so che posso adoperarmi oltre all'unica cosa che ora ho idea di fare, non appena si potrà: scopare [scopare senza troppo sentimento che non c'è nulla di scontato e quindi fatemi almeno scopare. anche se sono tutto tranne che un amatore con i controcoglioni [c'era un doppio senso, se non si era capito], anche se rimarranno deluse [beh?, tutto qui?], e visto che mi arrogo un discreto credito di scopate che non ho fatto quando avrei dovuto [poi siccome non sono esattamente da pensiero e azione, questa è un'idea, che poi probabile decadrà in un qualche succedaneo]].

però, qui e ora, mentre ticchetta la pioggia sopra il tetto, l'aria è rinfrescata a voler usare un eufemismo, questo uichend non potrò andare a camminare, ho sonno e sento l'eco di gente ancora più stanca, confusa, sfiduciata, provata. ecco. qui e ora appunto, ho la percezione che si stia lasciando loro le praterie. mi dispiace e un po' mi rattrista, per la degradazione media. ma non sono del tutto preoccupato. forse perché non è così vero. forse è perché sono stanco anche per preoccuparmene. [poi ho [pravelentisssimamente] voglia di scopare. ma questa è altra storia. forse altro post].

Saturday, April 3, 2021

sul sabato di pasqua - che poi sarebbe il mio giorno

due premesse a mo' di disclaimer.

questo è un post pasquale. nel senso spirituale del termine. lo sono anche gli agnostici, spirituali dico.

non è detto che non mi ripeta, come in altri post pasquali. posto che se non lo ricordo io, vuoi che se lo ricordino i tre-quattro affezionati?

non ostante tutti gli anni di agnosticismo, variegatamente sereno, la pasqua mi è sempre rimasta addosso. l'unico modo per non accorgersene è lavorare come un pazzo, di un lavoro che non piace tantino, in una situazione di eremitismo perdurante da mesi, nel bel mezzo di una pandemia. difatti fino a ieri non me ne ero accorto. quindi fino a ieri mi dicevo: vabbhé, sticazzi alla pasqua, a 'sto giro. magari gNente ragionamenti che solitamente condivido con la mia amica queenfrancy. che poi i [miei] blog sono un po' causa sua. gNente considerazioni mentre attendo con umore cangiante le campane che a distesa si sciolgono a festa, e che da anni ascolto da fuori la chiesa della veglia pasquale. ci son stati anni in cui mi hanno sferzato. quasi le temessi. quasi mi ricordassero il senso e la cesura anche dolorosa di quell'abiura. o forse semplicemente l'eco irrisolta di quando, più che convinto cattolico praticante, ero ancora immerso nella melassa del pre-gusto di tutto quello che di apprezzabilissimo - e conformissimo - avrei vissuto e mi sarebbe capitato. piccolo saccentello così affascinato dalla primavera e da quelle vertigini emozionali che nel sabato di pasqua si caricavano a molla.

già. il sabato di pasqua. non ho comunque smesso di passar per la chiesa dell'hometown. il pomeriggio. quando è già apparecchiato per il nuovo tempo liturgico: tutto bianco. e il sole entra esattamente in quelle vetrate ed esplode quella luce, quella percezione da evento che viene. chissà come sarebbe sentirne anche gli odori. quella è la luce del sabato di pasqua. verosimilmente è la luce di qualsiasi giornata di inizio primavera e fine estate. ma per me è la luce del sabato di pasqua.

ecco. sì. appunto. il sabato di pasqua. tecnicamente è il giorno tra il venerdì della passione e la domenica della resurrezione. a suo modo è un tempo sospeso. un qualcosa di non risolto. volendo catoneggiare un pochetto, è forse anche una metonimia del borbottio giudicante tipico di un certo cristianesimo. tu, società che rischi la perdinzione, te ne stai lì indifferente et pericolosamente paciosa. hai svangato l'acme della crocifissione [con tutta l'esaltazione pulp di quella simbologia] ma ancora non hai fatto tua la grazia salvifica della resurrezione. vedi di metterti un po' in riga e dis-ciularti fuori [poi dice che a uno non gli viene l'ansia da prestazione].

però io non voglio catoneggiare. tanto meno borbottare giudicante. e la notte scorsa ho pensato ad una cosa. che in fondo il sabato è il mio giorno. di me agnostico, dico. centrato più o meno stabilmente nell'immanente. perché un gesù di nazareth, piantato in quel punto della storia, è esistito: questo nessuno lo mette in dubbio. e se è esistito è inevitabilmente anche morto [parentesi: non ricordo se esistono documenti storici che possano dare per certa la morte per crocifissione, ma sticazzi - peraltro una fine davvero di merda, il supplizio e l'agonia più dolorosa destinata agli ultimi nella scala sociale, gli schiavi. o coloro che dovevano essere umiliati.]. quindi significa che - simbolicamente - questo è anche il mio giorno. perchè fino al sabato, immanentemente, ci siamo arrivati: tutti. uso la prima persona plurale per un paio di dettagli, non esattamente insignificanti. perché nella resurrezione [la domenica] ci sta la quisquilia del mito fondativo di una religione. religione che in circa poco più di due secoli si è saldata a doppia mandata con il potere temporale. quello che andava per la maggiore in quella parte di mondo su cui si è stratificata la civiltà occidentale. la nostra. con tutti i risvolti morali, culturali, antropologici giù per distese di secoli, fino a noi. quindi, volenti o nolenti ci siamo dentro fino al retrocranio. non lo si può espuntare. quella storia, quella cultura, fanno parte di noi.

poi. poi. poi. ovvio che nella mia tignosa convinzione in quel mondo di coinquilini, variegatino e non proprio da annoiarsi, io mi fermi al sabato. non riesco a fare quel salto trascendente. non c'è [compiutamente] il pesach, l'andare oltre in ebraico. la pasqua. non riesco a crederci che quel gesù storico sia risorto. quindi per inevitabile nesso fideistico-causale che nemmeno noi si risorgerà. quindi figurarsi se c'è qualcosa oltre la morte. tutto finisce quando il sistema nervoso centrale smette di donarci l'ultimo barlume di consapevolezza del sé e di esserci, in qualunque modo lo si percepisca. punto. [a proposito di trascendenza: tralascerei la questione della figliolanza e consustanza di un dio, che sennò si va fuori tema. che già fatico a tenermicivisi, nel tema].

il punto è che per eredità del [mio] cattolicesimo questo sabato non è che lo facessi rilucere poi tanto bene, neh? anche per quello la storia delle campane a distesa, che tanto mi disturbavano. come prendere atto che ero, rimanevo nel sabato. ma in quella domenica non ci sapevo andare. straniante. diverso da quello che mi ero immaginato. ma anche piuttosto inevitabile per quello che [non] sentivo [più].

ecco. probabilmente, senza lambiccarsi sul perché, ora credo di aver fatto pace con il sabato di pasqua. è un altro modo di far pat-pat sulle spalle al principio di realtà. qui sono arrivato. con tutte le mie irrealizzazioni, le mie frustrazioni, le mie incompletezze. ma anche con la consapevolezza che posso sfrancicarmi i coglioni fino ad un certo punto. ma poi anche basta. e prima finisco di smoccolarmelo, prima santificherò pure 'sto fottuto sabato. che ci sarebbe da rimboccarci le maniche qui. anzi soprattutto qui. per cercar di far del mio meglio, anche se spesso non sarà esattamente quello che ne verrà fuori. ma starsene nell'immanente. che è poi la cosa che conta, adesso, qui, ora. con un pensierino a coloro che si trastullano nel considerarsi immersi nella trascedenza delle campane a distesa, che si sciolgono a festa. quelli che le ascoltano da dentro la chiesa. e di come e quanto travisino e leggano solo la versione comodo-facilistica-da-difendo-la-tradizione il messaggio che comunque dovrebbe venire dal senso di quelle campane. l'inocularsi l'incenso della funzione che li inebria e li fa stare beati et appagati nella loro domenica. e si fottano quelli che non son venuti appresso a noi. e quelli più indietro, tanto poi ci sta la vita eterna, semmai se la saran meritata.

sì. insomma. va bene il sabato di pasqua. forse non è poi tempo così sospeso. è quello che ci è dato di vivere. venga come venga. specie se poi la domenica te la cerchi più o meno dentro di te. più o meno in solitaria. anche se l'operazione che non è che sia sempre così semplice. anzi. operazione che non è obbligatoria. ma mica chi non lo fa è automaticamente stronzo. no? per essere stronzi ci sono svariegatissimi modi. pure per quelli che ascoltano le campane da vicino, ovvio.

[piccola appendice a mo' di finale, anche se il post è già abbastanza lungo. occhei, io ho studiato altro. però è interessante notare che le corrispondenza resurrezione del cristo - vita oltre la morte è suriettiva. che è un modo per tirarsela per dire che l'idea della vita oltre la morte è istanza condivisa anche da altre religioni e cose che le si approssimino. al netto di un figlio di dio fattosi uomo e nato da vergine [peraltro di maternità di vergini si trova eco in tradizioni e miti in secoli ben A.C.]. quindi forse è un istinto che fa parte dell'inconscio più profondo di noi. la risposta più banale è che la consapevolezza di dover morire è così angosciante, nel suo mistero insonsabile, che dobbiamo trovare una qualche via di fuga. o elmento di rimozione. tipo: vabbhé, ma mica finisce qui la fazenda. ci sta tutto un altra serie di situazioni in cui ci ritroveremo, senza peraltro doverci più preoccupare della questione annosa che si deve morire. già risolta la menata. ecco. quindi, nel baillame carico di speranza distillata nell'epica della pasqua cristiana, c'è dentro anche questo. umanissimamente, peraltro. perché - forse - la paura dell'ignoto della morte, genera anche un desiderio di superarla in qualche maniera. son due facce della stessa poliedrica medaglia. certo. poi c'è chi piscia fuori dalla tazza e sostiene: saremo risorti nell'eternità. certo. da agnostico, razionalista e scettico penso che l'eternità sia un po' troppo. va bene l'esigenza di buttar il cuore oltre il mistero insonsabile. ma addirittura eternità: anche meno, suvvia. e qui si dipanano altri rivoli di psicopippa. che eviterei, in queso post. però butto lì delle suggestioni. tipo l'eternità genetica con il nostro corredo cromosimico nelle - eventuali - creature che si generano. l'eternità breve più foscoliana, la storia del "sol chi non lascia eredità d'affetto, poca gioia ha nell'urna" [cit.]. l'eternità liquida e condivisa del contributo che si può dare all'intelligenza collettiva: tanto o poco si riesca. ma è roba che è per tutti. pure quelli che passano in mezzo a cazzi più o meno grandi. ai punti angolosi. pure queli che falliscono. cascano. son tutt'uno con macerie. si perdono. e poi ci si ritrova. ci si rialza. e si ricomincia. ammaccati e un tocco più sfiduciati. ma si riparte. ecco, appunto: se non è resurrezione questa [e se un gesù storico fosse mai risorto, secondo me, gli darebbe pure un bel cinque: ben fatto, bro...]].