Tuesday, November 3, 2020

diiiielecsioondeiii /2

e dopo tutti gli altri eleccccsssiondei passati? questo come butta? tra me e me dico, per quanto tutto conti solo per me, ovvio. e per quanto questa è davvero stata la peggiore presidenza di quelli là. imho, come direbbero gli ammmmericani. è solo la mia onesta opinione. però, in fondo, mi sono avvicinato con un certo distacco.

un po', è ovvio, è che ci sarebbe quell'altra questioncina che variegatamente un po' ci distrae da qualche mese. [poi al solito non c'è il doppio cieco. ma come saremmo messi, per questo eleeccccsiondei, se non ci fosse stato l'infarto della storia che è il virussse? [cit. luca bottura]].

un po' [tanto] è il discorso dei [piccoli] tornanti della storia. che uno ha perso anche l'entusiasmo per potersi inorridire. o forse è una questione che si invecchia, ed un po' l'entusiasmo lo si perde a prescindere. specie quando tra una spigolata e l'altra vieni a stringere la mano al principio di realtà. o forse intuisci, ancora di più, ancora una volta, che sei solo un feticista della svolta più o meno rapida per uscir a guardar le stelle. che fa molto finale dove si guarda ad una speranza più o meno lontana. o gli ultimi versi de la locomotiva, quando la canzone si alza di un tono in quel ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore, o l'ultima strofa del when the saints springstiniano (yeah I want to be there on that morning/when the new world is revealed).

ed il problema non è nel feticismo in sé, figurarsi. è che il feticista si incista sull'oggetto del desiderio. e non ne ha completa contezza, pensando infatti di osservare il tutto. e un po' si rincoglionisce via.

e me peraltro piacciono le tette fatte bene ed il capezzolo ampio, per quanto sia evanescente il concetto di fatte bene. tanto che a volte è come se ne elevassi il disio a chissà quali altezze, ma è solo un succedaneo. come unica gioia potenziale. che rimane molto in potenza. ed io sono comunque un po' rincoglionito via. o al meglio, appunto, distratto.

quindi, appunto, son arrivato con un certo distacco. ed anche perché, suvvia diciamocelo, non bisogna nemmeno nasconderselo via: hanno scelto il candidato meno entusiasmante delle ultime sediciottoventunquattro elezioni. l'equivalente di un esponente della corrente democristiana più centrista della diccccì in sé. se ci fossero ancora quelle cose dicccccì lì.

e questo dà un senso al contesto.

perché quel joe è l'epitome perfetto del momento. talmente usato sicuro che era il rischio minore, per evitare si ri-verifichi quell'incidente catastrofico che è 'sto folle dal capello arancione, che ha in mano tra l'altro il bottone nucleare, oltre la possibilità di sminchiare ancora di più l'andito della storia. va bene anche un vecchietto settantottenne, la sintesi meno peggiore di un coacervo di visioni del mondo che sono i democrat. uno che non è che entusiasmi lui in quanto lui. ma la possibilità possa essere l'alternativa a qualcosa di ancora più ferale di quel che è merdosamente già stato. è la scelta talmente migliore, tanto è meno peggio di quel punto di accumulazione di peggio, che sembra una scelta fantastica. è una trapunta di valium sugli entusiasmi vivi della gioventù che - variegatamente - ognuno si porta dentro. ma in questo momento è una specie di bellissima e agognata ciambella di salvataggio offerta dal principio di realtà. che solitamente non è così scintillante, ma far gli schizzinosi ci si picchia il musone sulla fredda pietra dura, onusta di irtitudini.

il vecchio vice president di quella speranza [piuttosto] passata di obbbbbama, dovesse vincere [e desidero vinca almeno tanto quanto il mio poco entusiasmo] non darà più lavoro al mio amico daniele, come mi ricorda nel suo disincanto di uno che sta facendo molta fatica [e non solo perchè c'è un president piuttosto che l'altro]. né immagino permetterà a me di superare quella che credo sia - tecnicamente - una banale crisi di mezza età. figurarsi poter andare oltre il succedaneo delle belle tette e capezzoli ampi. ma è una specie di recupero sul filo del baratro per l'umanità. il vecchio joe mica la porterà a chissà quali fasti. ma basterebbe per ri-cominciare ad invertir la tendenza, e sarebbe già tanto. la sua elezione porterebbe, son certo, a rallentare lo sminchiamento globale. va bene la cina. ma alloggiare in quel del 1600 di pennsylvania avenue qualcosina ancora conta.

è talmente tempo di starsene accccuorti che è il piuttosto, piuttosto che il [tantissimo e pericolosissimo] niente. c'è dentro questa specie di ambivalenza un po' da paradosso. che tanto di paradossi mi pare di incrociarne con voluttuosa frequenza, negli ultimi tempi. quindi figurarsi se mi meraviglio di questo. nel mio piccolissimo e dal [relativamente] riparato soppalchino. va bene così. e se lo si guarda con spirito di adeguamento - scaltro - al principio di realtà va bene questo iper-moderato iper-centrista. che a proposito di nuovo è senatore da quando succhiavo latte materno. ma va bene così, anzi: va benissimo. e speriamo sarà un bellissimo sospiro di sollievo. 

tatticamente perfetto.

perché poi, vabbhè, siccome sono un fiaccato inguaribile idealista [gli aggettivi non sono in ordine casuale], zitto zitto, lemme lemme, faccio finta di nulla. fischietto fintamente disinteressato e disincantato. ma ho ben chiaro cos'altro potrebbe significare il cambio di presidenza. contando su chi, nel caso, sarà la vice president. e cosa potrà significare, pezzo a pezzo, il prossimo elecstionddddei. sì. sono un disperato ottimista. occhei alle personalissime speranze che svaporano, nel caso. ma poi che kamala shall overcome.

Kamala shall overcome


Monday, November 2, 2020

diiiielecsioondeiii /1

invecchio. questo è l'undicesimo election day di cui ho memoria. 

quando elessero quel cauboi finto di reagan ricordo che mi piaceva di più di quell'altro, carter. senza capirci ovviamente un cazzo.

quando lo rielessero ricordo che la prof di inglese ci riportò, traducendolo, un suo commento: e non avete ancora visto niente. mentre a me giravano le palle emisi un "buhhhhh" nella caciara della classe. cominciavo a capirci qualcosa di più.

di bush padre non ho ricordi particolari, tranne che mi girarono le palle, oltre di un anno scolastico complicatino, con le nevrosi perfezionistiche che si stavano perfezionando nella mia testa.

la sera prima che elessero clinton ero al planetario, con una fanciulla [le ho sempre portate lì, per poi non combinarci nulla]. capita che prima delle conferenze [poi ovvio uno non concluda nulla - dice -  se le porti alle conferenze al planetario] facciano una rapida visita guidata al cielo stellato di quel periodo. si vede scorrere velocemente, sulla volta di cemento, quello che scorre nella volta celeste al tempo che conosciamo. quando - nel correre veloce della volta di cemento - stava per finire la notte e spuntare il sole esclamai alla fanciulla, un po' enfatico a darmi un tono: è il nuovo giorno ed eleggono clinton, dimentico che era il sole sopra milano, e non sopra i quattro fusi degli steits. non ricordo esattamente come la prese la fanciulla.

la ri-elezione di bill la ricordo pressoché come una formalità, oltre che di un periodo complicatino, con le compulsioni ad incistarsi sul nulla affettivo [forse non lo sapevo ma anche quello non era amore].

quando elessero bush figlio, sì mi girarono i coglioni. anche per come si delineò via via, e i pochi voti di scarto in florida. ma stavo cambiando vita, o almeno così credevo. con l'illusione avrei smesso di far l'ingegnere. ed ero moderatamente al settimo cielo. piuttosto illuso. appunto. e quindi il tutto sembrò mitigare. quel master più che l'occasione di cambiar vita fu a suo modo un sòla [ma non per tutte le persone che conobbi]. ero lì, a far quelle lezioni pezzottate, quando tirarono giù le torri.

quando lo rielessero mi girarono ancora di più i coglioni. forse la delusione più cocente di tutte le elecsioondeiii. quel vermaio della guerra in irak era appena di un anno e mezzo prima. riconfermarono un idiota, un inetto, come non era riuscito al padre, il primo probabilmente a sapere quanto poco valesse quella sua creatura. e quel dableiu, un inno all'immeritocrazia. qualche giorno prima scrissi un articolo per il giornalino locale, faceva nel titolo una cosa tipo "caro elettore del maine". il senso era: cazzo, elettore del maine, il tuo voto influenza un sacco anche me, e tutto il resto del mondo. vedi di non far minchiate, che il tuo voto è più pesante del mio. da qualche parte devo avercelo ancora. ora mi dico: sei un pirla, che il maine è strongly democrat probabilmente da prima ancora di sempre. avrei dovuto titolare ad un elettore dell'ohio, lo swing state per eccellenza.

poi vabbhé. ci fu obbbbbbama. il giorno prima del suo giuramento scrissi un post breve ma accalorato, nel vecchio blogghe. fackofff dabbbbleiuù, talmente mi sentivo meglio pensando al fatto che george walker bush se ne stesse andando fuori dai coglioni. a rileggerlo ora forse farebbe quasi tenerezza. un po' perché lo etichettai come il peggior presidente della storia, mentre la storia può tirar fuori dal cilindro decisamente roba più raffinata, nel peggio. un po' per la deduzione [ingenua?] che con la sua mancanza sarebbe stato fottutamente meglio. un po' per la capacità ostinata che avevo nel lasciarmi andare a idealizzare persone et situazioni. non che non avessi già avuto modo di ri-considerare i voli della storia, che pensavo fossero alti, altissimi, invece erano pindarici, specie nella mia testa. e soprattutto poco abbraccianti la fottuta et irriducibile complessità delle cose, che il principio di realtà sparge copioso qua e là. però, in qual modo, ci credevo. credevo che quell'elezione potesse essere davvero una svolta. come passare dalla notte al giorno. come se quel melting pot impazzito fosse riuscito davvero a dare una svolta ad U, in un elecsiondeeiii. e che tutto dovesse, potesse, andare a ruota. ero onusto di speranze. fin giù a quel che stavo vivendo nel mio piccolissimo. a dare un senso lavorativo-aziendale-esistenziale alla mia piccola intelligenza. e poi sarei andato a far altro. la mia amica strangeskin - di cui subito segretamente il fascino - fece un post, nel suo bloggghe che si concluse con una cosa del tipo: adesso vedi di non farti ammazzare, che le aspettative sono tante.

chiaro che non andò esattamente così. a cominciare dalla o per finire alla presidenza obbbbbama. però quattro anni dopo mi feci la nottata elettorale per seguirne la riconferma. fino alla pelle d'oca e la lagrimuccia - forse anche per il sonno - in quel "this happened because of you", ed discorso alla fine della notte - quando, tra l'altro, disse alle figlie che la regola non era un nuovo cane alla casa bianca ad ogni elezione, uno era più che sufficente. certo, certo. non mi sentivo pervaso d'entusiasmo scalpitante come la volta precedente. non foss'altro per i nuovi incontri ravvicinati a velocità tosta tra il mio muso e la realtà. che disincantano parecchio. e che mostrano com'è fatua la speranza sia rapida, in quel che ti trascende, l'evoluzione dell'umanità, di lì al breve intendo. [poi, umanità. stiamo pur sempre parlando di quel pezzo di mondo privilegiato che è il nostro. il resto è ancora più zizzagante].

poi la volta scorsa, vabbhè. un'altra giravolta della storia. per quanto fossi un po' di distratto, ma non da cose esattamente entusiasmanti. in quel periodo non avevo ancora capito da che parte ero girato, non ostante i quasi 24 mesi passati là dentro. la mattina appena svegliato. allungai il braccio sul butòn dell'on della radio della radiosveglia, ancora mezzo rincoglionito dal sonno. ricordo distintamente la voce del disma, talmente laconica che bastò il paraverbale, prima ancora di capire cosa stava a dire, una cosa del tipo "anche la florida, allora, si conferma come persa... e credo che ormai la cosa sia ufficiale".

sembra passato un sacco di tempo. ma sembra anche sia volato. quella che - mi auguro - sia veramente il punto più basso di quella roba che è la storia dei presidenti iuesssssei. dopo la speranza [quanto delusa?] di obbbbbama, il pagliaccio per quanto pericolosssssssssimo. con tutti i danni che ha fatto, e che riverbereranno per chissà quanto ancora.

history of us president

 

ed ora? in questo eleccccsiondeiii? [to be continued, come scrivono nei telefilm 'mericani].