Sunday, June 25, 2023

mi piace la patata ma supporto la parata [mi pare il minimo sindacale]

e quindi ieri si è stati davvero una fottuta fiumana di gente. ce lo si poteva aspettare. con la marmaglia post-cripto-chiagnaefoutti fascio che sta al governo, con le frattaglie di centrodestra attorno. ci sono andato per l'ennesima volta. ho avuto l'impressione di un pride quasi sobrio, quasi neh? sarà che la percezione è nel vissuto e nel portato, quindi, può essere, non mi meraviglino più certe esuberanze, che smettono di esuberanziare. e va comunque bene.

ci sono andato perché in qualche modo devo ovviare alla solinghitudine quasi ontologica. soprattutto ci sono andato perché è giusto manifestare ed adoperarsi per i diritti di tutte e tutti e tutt*. solitamente ci vado solo e percorro avanti et indietro il corteo [tutti i cortei di diverse manifesta]. questa volta ho pure incrociato colleghi - o concetto che gli si approssima - e mi sono pure unito a loro. a tratti, neh? continuo comunque a sentirmi una risorsa esterna. già, perché quelli là dentro hanno deciso di metterci la faccia aziendale: striscione in manifesta. è un bel segnale, che mi fa sentire almeno un po' meno estraneo. è un bel segnale anche perché non è esattamente reinbouvvvuoscing: mica non la vedo la sensibilizzazione che va avanti da anni, anzi le dozzine e dozzine di mesi che son lì con costoro.

ci sono andato da maschio, eterosessuale, bianco, occidentale, cisgender, lavoratore [precario giusto perché mi conviene]: insomma il cluster senza discriminazioni e meno debole. [parentesi: che poi mi senta estrema minoranza in quella maggioranza è che le tipizzazioni poi potrebbero proseguire. e finisco nella graniglia statistica per tutta una serie di cose così, di cui però anche basta giaculare]. quindi esserci come rappresentante di quel cluster mi è sembrato il minimo sindacale.

ed in fondo è il minimo sindacale per tutte e tutti coloro che non vengono mica discrminati. coloro che i diritti paiono essere precostituiti da tempo. bello neh? che quelli là dentro decidano per lo striscione e dietro ci sia un po' di gente. così come fanno altre aziende. e non mi sfugge che quella sparuta presenza sia una specie di avanguardia di una submediocrità - da quel punto di vista - imperante. quindi bellissime, bellissimi e bellissim*.

però continuo a pensare sia il minimo sindacale. per tutti, mica solo di quelli di là dentro in manifesta.

che sandrino giglioli alla radio lo ripete spesso: i diritti devono marciare uniti. i diritti civili, i dritti sociali, i diritti e la giustizia ambientale. sennò è come un tavolo a tre gambe che traballa. sennò quelli sono una congrega di checche ricche, e ai lavoratori chi ci pensa? [cui solitamente si aggiunge lo stigma: VERGOGNA!]. sennò è una distesa di boomer innamorata del proprio motore termico. sennò datemi la possibilità di sposarmi omo e a culo tutto il resto [non solo figurativamente].

gli esempi son banali, ovvio. l'esigenza di fondo, altresì, è fottutamente fondamentale. che poi è la necessità di tocchi di umanità che sappiano guardare un po' oltre il ombelico. che sappiano trasformarlo da esercizio quotidiano a riflesso pavloviano esistenziale. farlo contro le discrminazioni del mondo lgbtqia+ è un gran bel inizio, perché significa a volte saper scardinare certi paradigmi incrostati che ci portiamo dentro. ma è solo il primo passo. anche legato al fatto sia discretamente cool e piuttosto in voga, ormai, soprattutto in 'sta fottutissima città. quindi, suvvia diciamolo, è anche più comodo. poi non è scontato, quindi, va benissimo così. aiuta a far diventare cifra d'essere il porsi l'attenzione all'altro. ci sono però situazioni e diversità meno comode, meno cool. in cui magari si è costretti anche a rinunciare a qualcosa di nostro. quelle in cui altro è categoria di altro censo, altra nazionalità. quelle e quelli per cui farebbe comunque strano vederli in coda per lo spritz nei locali fighettosi di questa città comunque fascinosa. quelli diversamente diversi. quelli che peraltro, per tutto il loro vissuto, la loro origine, gli strumenti culturali hanno a disposizione, magari in stragrande maggioranza guarderebbe con disgusto il pride. sono diversità meno comode. che va comunque bene chi decidi di scoparti. il censo diverso è qualcosa di più difficile da sentire vicino. forse perché scopare con chi si vuole sta nella dimensione del personalissimo. roba pompata a millemila in questa epoca. il censo titilla il concetto di classe. che è roba ormai così desueta, quasi marziana. pure per me, neh? e banalità per banalità: i diritti dei bimbi con omogenitori è facile farceli stare a cuore, ci strappano emozioni. lo sfruttamento dei lavoratori nella logistica, dei fattorini, degli stagionali nell'agricoltura ci attanagliano di meno [oh scusate, il campanello, deve essere il pacco amazon o il sushi che ho ordinato]. e poi cazzo vogliono 'sti universitari, facciano i pendolari da pavia [cit.]

per non dire poi dei diritti e giustizia climatica. che non riguarda solo gli altri con sessualità, censo, nazionalità diverse: riguarda soprattutto le creature e chi verrà dopo di noi. due, tre, quattro gradi di separazione dal cluster degli iper-privilegiati che siamo. per cui tutti dovremmo cambiare parte dei paradigmi [consumiamo troppo e male], rinunciare a parte quello che ci è fottutamente comodo continuare a sprecare.

per questo dobbiamo educarci tutte e tutti e tutt* vicendevolmente.

quindi, dal mio punto di vista, quella fottuta fiumana è il minimo sindacale. sono esoso, lo so. anche per questo finisco nelle minoranze, frattaglie statistiche di cui sopra. anche per questo coltivo la solinghitudine. [parentesi: ad ogni pride qualcuno mi regala dei prservativi. non faccio in tempo a dire loro: dalli a qualcun altro, li faccio scadere [putroppissimo, considerato il desiderio di usarli che ho]]. è solo l'inizio, quello più comodo.

però, visto che son solo un puntino, provo a prendermi il buono anche da quello. che è un inizio che in realtà è un divenire. e che va bene rimanga quel divenire. minchia se va bene. e non solo: l'età media di chi c'era era davvero bassa. quindi è un specie di assist per il futuro. che son creature che troveranno situazioni sociali meno favorevoli di quel che son già capitate a me. e che faranno ben più in tempo a subirsi gli effetti dello sfascio climatico che stiamo portanto avanti da qualche decennio. loro alcuni paradigmi nemmeno li hanno sussunti. vuoi vedere che saranno più abili ad andare oltre. sarà fottutamente necessario, per loro. magari sgameranno quanto siano decrepiti quelli che stanno propugnando questi figuri che ci governano.

osserverò dalla mia frattaglia statistica, solingo. ma son fiducioso per loro.

 



Saturday, June 17, 2023

non più capelli di kevlar [volevo farlo corto, poi il facco e il gatto han mandato gli audio]

la storia della capacità di coinvolgimento emotivo, ciò che siamo in grado di sopportare, non vale solo in termini di prossimità spaziale, ma anche temporale. quindi siamo più coinvolti dall'aggressione e guerra scatenata dall'amico putin [amico suo, ovvio]. meno dai massaci in siria, yemen, e tutte le altre nefandezze che declina la guerra. oltre un certo livello non siamo in grado di sentirci così travolti dalle emozioni negative. quindi prima quelle più vicine. in termini di tempo: prima quelle del presente, meno quelle del passato.

per questo, credo, quello coi capelli di kevlar sembrava quasi - quasi, neh? - un moderato, divenuto saggio e l'elemento salomonico, stabilizzante di quella parte. troppo arroganti, postfasci, populisti e forieri di nequzie questi di adesso. se non a rimpiangerlo - suvvia c'è un limite a tutto - almeno augurarsi potesse mitigare.

tanto che, quando ho sentito mattia guasteferro dare la notizia al radio giornale, son rimasto colpito. mi è sovvenuto una specie di desiderio di chinar il capo, un'umana pietas per una persona anziana, malata, che ad un certo punto non ce l'aveva fatta.

l'ho condiviso con l'amico luca, che mi ha suggestionato subito. oggi sfanculo e metto fuori dal personalissimo giro chiunque festeggi o giubili. oltre al considerare assieme a lui su come abbia cambiato l'italia, la sua antropologia. il processo era già in atto, lui ne è stato l'elemento acceleratore e da balzo di ordini di grandezza. da una parte il più talentuoso cambiatore di paradigmi. dall'altra il popolo mediamente più recettivo e plasmabile potesse trovare. è andata così. e noi siamo venuti su con drive in.

per quanto l'essere dispiaciuto per una persona che viene a mancare è ben altro. però in quella prima parte di giornata ho sospeso gli altri pensieri. mi son fatto silenzio. pensando al più al mio nonnetto putativo e l'emozione negative che sempre gli ha suscitato. non ho tutta questa confidenza in vite metafisiche oltre questa: però mi son immaginato che se il nonnetto dovesse incrociarlo, in un qualche altrove, lo menerebbe. pacificamente ma saccagnate.

ed il post poteva finire qui.

poi a metà pomerggio il facco [davide facchini] e il gatto [luca gattuso], durante la loro muovitimuoviti, hanno mandato in onda gli audio. roba che l'archivio di una qualunque testata potrebbe avere. tutto materiale pubblico. li hanno raggruppati per tipologie. breve introduzione prima di ogni file, quindi intervento [suo]. commenti ridotti a pochissime parole. come se tutto fosse autoportante ed autoesplicativo. stavo andando in libreria. ed è stato un'infilata di dichiarazioni di venticinque-trentanni, condensate in poche decine di minuti. come osservare con un potente teleobiettivo un lunga strada affollata.

è stato stordente.

tutto è tornato vivo e pregno. come rivivere le emozioni, le suggestioni, gli spunti, i ragionamenti infilati in decine di post, in tre blogghettini distinti. come se quelle cose che pensavo rinsecchite, spente, quasi inutili, forse dettate solo dall'impeto di quel periodo, avessero ripreso vigore, una ragione d'essere ancora. come roba liofilizzata inondata di acqua e nutrimento. un deserto che fiorisce. ma son mica fiori belli.

tipo roba che quelli di adesso sono solo più incarogniti, ma dei dilettanti epigoni, rispetto alla magniloquenza perversa di colui per cui ora, 'stiragazzi, esistono. nemmeno paragonabili. fanno danni forse peggiori, ma loro sono delle sciacquette in confronto.

e mi son piazzate assieme lì, d'improvviso, tutte le ragioni per cui lui [mi] è stato disturbante con manleva che levati. la spregiudicatezza negli affari e nella politica. lo spregio per tutto quello che si frapponesse al conseguire quel che si poneva come obiettivo. lo stare da tutt'altra parte di dove sta l'etica, con una morale pro domo sua. la considerazione svilente della donna. il titillo ad acuire quel suo voler essere divisivo, da perfetto manicheo: se non siete con me siete contro di me. l'egolatria. la mancanza del concetto di limite: a partire da sé medesimo. era un uomo - mi arrogo - che non concepiva il fatto che qualcuno o qualcosa potesse solo pensare di dirgli: da qui in avanti, basta. un qualche lacché medico lo aveva definito tecnicamente immortale: lo sbrego della cortigianeria che percula il buon senso. mi gioco tre copechi che lui a 'sta cosa ci abbia financo creduto. ho idea che tutto parta da lì: dalla percezione completamente squilibrata, disarmonica, panteistica di sé medesimo [roba che renzie un regazzino dilettante, peddddire].

l'uomo è stato 'sta roba qui. e da lì le millemila declinazioni per cui è stato una roboante sciagura per questo paese. unico nel propagare la sua influenza, deviando il corso della storia di un popolo. su questo non credo ci siano molti dubbi. in questa l'unica grandezza, quella per cui ne nasce uno ogni secolo. grandezza nefasta: con sostantivo ed aggettivo che vengono per forza assieme. così che il combinato disposto, l'effetto che ne viene fuori ci ha travolti. chi l'ha divinizzato, chi l'ha detestato. ma ne siamo stati coinvolti. tutti.

e credo che questa dipartita, il suo essere stata relativamente improvvisa, abbia fatto deflagrare tutto questo portato: il berlusca che è in noi.

con tutte le storture, quasi da teatro dell'assurdo, che ne son conseguite. il lutto nazionale, la sospensione dell'attività parlamentare, il tentativo di farne un santo padre della patria, l'impazzimento schizoide del mainstream. come il roboare spettacoloso del grande tendone da circo globale, omaggio al più grande imbonitore, incantatore e venditore. una specie di tributo, dove in ossequio al sovrano defunto, si è provato a far fina non esistesse il concetto di limite. è che ad un certo punto un funerale bisogna farlo e la cerimonia ad un certo punto non può non finire. altrimenti sarebbero andati avanti fino a consunzione. e tutto quello che gli si può gemmare attorno: prima poi il palinsesto di giornata finisce. riprendi il giorno dopo, occhei. ma prima o poi tornerà la realtà [o quella che le si approssima] a bussare alle redazioni dei millemila programmi, spettacoli, tolc-sciò.

ho cercato di mantenere un distaccato silenzio. non ho volutamente guardato nulla, letto il minimo indispensabile. ascoltato solo la radio, cercando di non farmi coinvolgere troppo. ho continuato a trovare poco sopportabile chi esprimeva giubilo per la morte di una persona. per quanto con cenni di cedimento, con il bolo informativo e le quasi isterie para-istituzionali-massmediatiche che percepivo: non ostante avessi spento tutto, troppo il clangore. cenni di cedimento ma nulla di più. è comunque mancata una persona. e c'è chi lo piange per gli affetti veri che comunque ci sono. lo sbraco è di tutti coloro che ne sono stati cortigiani, lacché, servi forse financo felici, tributari di riconoscenze variegate e delle più disparate. c'è tutto un mondo che è nato, vissuto, prosperato. che gli si è affidato, gli è riconoscente, lo ha seguito: chi perché ci ha creduto, chi perché è stata la via più comoda per brandelli di successo cui potevano aspirare. qualsiasi cosa significhi successo. qualsiasi cosa implicasse quel successo. o sopravvivenza.

c'è un mondo di starlette, gente di spettacolume et alter che perde il datore di lavoro. c'è il mondo che votò, al parlamento della Repubblica, che ruby rubacuori fosse la nipote di mubarak. costoro perdono quello che è stato il loro padrone. ovvio ora vogliano essere più realisti del re. con l'onda emotiva che ha travolto un sacco di gente. speculando pure su quella.

me ne son tenuto lontano, al netto della radio.

poi ieri ho visto il finale di stagione di propaganda. che l'uomo boombastic - come lo colonnasonorizza zoro - sembra quasi l'abbia fatto con perfetta scelta di tempo, da scafato uomo di spettacolo. ed è stato spietato zoro, a riprendere tutta quella umanità. dalle persone al di là delle transenne, ad applaudire e a urlare cori guardando i maxischermi, quelli che al massimo aspirano al loro quarto d'ora di notorietà. a tutti gli altri mondi al di qua, che sfilavano mesti e allampanati per entrare in duomo  - e cos'è il genio, accompagnare le immagni con "bandiera bianca" di battiato. molti molto provati, credo con sincera emozione. quasi tutti senza il trucco-parrucco, niente luce del riflettore a smarmellare i difetti ed i segni della vita reale sui propri visi. un po' la commozione del momento. un po' la vecchiaia. un po' loro si sentiranno orfani. del berlusca in sé.

la questione, per il paese, sarà smaltire il berlusca in noi. a costruire su macerie. quelle simboleggiate nel piano sequenza, da pugno nello stomaco, che è il finale di loro di paolo sorrentino. ma non son mica tanto sicuro che verrà fuori qualcosa di meglio.

anzi.



Sunday, June 11, 2023

ollliuuniiidispop [anche se a tratti penso sia tipo la chiusura di sundayblues. bello, neh? ma forse anche basta?]

disclaimer. di questo post saranno colti tutti i dettagli forse da nessuno. pazientate.

quindi mi sono fatto la festa della radio. quelli della radio sono abilissimi nel creare l'hype. tipo che uno si aspetta la notte più strepitosa della propria vita. poi al mattino dopo pensi: tutto qua?

a tratti l'ho pensato. ma solo a tratti. specie all'inizio delle tre giornate. ormai devo prenderne atto: fatico a carburare in talune situazioni. perché mi sono fatto questo uichend in mezzo a [certa] gente, coltivando e raccogliendo messi di solitudine. ma non è 'sta gran novità. e poi dovevo decomprimere.

quindi mi son fatto 'sti tre giorni immersivi in quella che dovrebbe essere una comunità. che poi sarebbe quella della radio. che ogni tanto penso agli sgangheri che si percepiscono là dentro. e di riflesso la sgangheritudine di quella comunità. alcuni ascoltatori sono talmente puntacazzisti che mi vien voglia di spegnere e cambiare radio [con alcuni conduttori, oramai, lo faccio. ma niente di personale né puntacazzismo neh?]. e se lo percepisco io, il livello di puntacazzismo. poi però non posso non pensare che - sgaangheri compresi - questi vanno avanti liberi veramente [cit.] e con alcune chicche messe assieme coi fichi secchi come risorse. che se ci riescono è perché sono bravi, davvero. e se la comunità è sgangherata, è parimenti adattiva e resiliente. non ostante le incazzature, le divisioni, le interlocuzioni. che poi io faccia un po' più fatica a sopportarle, è perché sto perdendo adattività e resilienza. mi sto sclerotizzando. s'invecchia.

però qualche suggestione me la porto a casa. sparsa qua e là.

che non mi spiego perché ogni tanto mi sogni la ghidini, che una volta era definita la imbruglia della radio [cit.], ed è dannatamente brava a conquistare la fiducia giornalistica di persone non esattamente banali.

che robecchi basta accenderlo e poi ci pensa lui a dare spettacolo [cit.]. che non sarà stato un caso ho scoperto la radio grazie a lui, con il suo indimenticato piovono pietre. che è un sapido macchiettista nel cogliere le impunture storte della realtà. anche se poi alcune sono talmente evidenti che son buono anch'io. mi ha convinto davvero - davvero - meno sulla questione ucraina. che in linea di principio come non condividere la visione di fondo. però alcuni distinguo mi hanno un filo infastidito. che è comodo far i puri e teoretici dei veri valori occidentali col culo degli altri. segnatamente uno stato sovrano invaso e piuttosto devastato. [mi hanno detto di chiedere i diritti d'autore per la storia dell'aggredito-aggressore. 'sta cosa, dopo mesi, ancora mi fa girare i coglioni].

che il bacchetta lo capisco perché è bravissimo a fare quello che fa. che poi sarebbero - a volte - delle autocoscienze collettive. gli ho detto che probabile abbiamo la stessa terapeuta: vaaaabeeene! è il segnale che il tempo è terminato. gli ho anche detto che alcune puntate del suo tutto scorre hanno germinato dei post psicopipponici. ed una volta la psicopippa blogghica l'ho anticipata in un post, prima di una puntata di tutto scorre. e che ho resistito alla tentazione di mandargli il link. non so quanto abbia colto, spesso mi imbarazzo a raccontar certe cose.

che i giornalisti della radio e televisione della svizzera italiana sono mediamente un passo avanti. ed anche i corrispondenti di guerra del corriere non sono esattamente degli scappati di casa. al documentarista RTSI ho chiesto se conoscesse l'ermi. mi ha risposto che non gli è mai capitato di incontrarlo, si sono scritti. e che viaggiava alto, e non solo per il fatto scrivesse spesso di montagne.

che disma e alone sono la quintessenza dello sganghero. però riescono a produrre tante di quelle cose talmente improbabili, che non puoi non amarli nella loro sgangheratezza [poi credo che disma ci sia, nel suo disagio, mica ci faccia. ma sia talmente geniale da trasformare il suo disagio in talento che conquisterebbe più o meno chiunque]

forse ho financo ascoltato un dibattito quasi interessante sull'intelligenza artificiale generativa. ho idea che qualche mezza minchiata l'abbiano buttata lì, tecnicamente. però alcune considerazioni meta-tecnologiche mi son parse spunti su cui ragionare. anche il fatto dobbiamo perdere il dogma dell'immacolata percezione [cit.].

che la fazenda stadio di san siro, in quel di milano, non finirà bene. e sarà qualcosa diventerà molto, molto, molto, rejettante per un gran pezzo di sinistra meneghina verso l'amministrazionie. quindi è probabile che - se capita - cambierò residenza, ma continuerò a votare per il canditato sindaco perdente. e quando ci sarà la destra, compiutamente, saranno ben altri cazzi.

che paolo fresu ha questa capacità di stillare cosità che non so definire. però alla fine del concerto è come se fossero appianate le rugosità e asperità del divenire. dura poco, neh? però è giusto farci caso quando capita.

che il facco e gattuso hanno realizzato il piccolo-mito di una trasmissione che difficile dimenticherò. la cosa paradossale è che, quando li ascoltai la prima volta il trentanovembreduemilaquattordici, pensai fossero degli insopportabili idioti. è che ero teso. il giorno dopo avrei cominciato a lavorare là dentro. e sarebbe stato molto blues. ci hanno pensato loro, per molte altre domeniche, a mitigarlo quel blues. c'è una bella flottiglia di sgangherati che gli deve non poco. e mi sento quasi orgoglioso di aver visto l'ultima proiezione di sunday blues apocalypse. [anche se pensavo ci saremmo commossi di più]. e comunque hanno ragione loro: quelli del pulmino siamo tutte e tutti noi.

e quindi c'è stata 'sta roba qui, e molto altro. che per distrarmi dal ragionare compulsivo mi serve leggere, guardare serie tv, farmi ascoltare dibattiti e conferenze. il ragionare compulsivo non va bene: ne sto davvero prendendo consapevolezza. però negli ultimi tempi mi ritorna questa percezione di definitiva solitudine. tra un evento e l'altro dei tre giorni ha pur fatto capolino la suggestione che, dopo un certo periodo di tempo, è come se le relazioni di sfilacciassero più o meno assieme. forse è il contesto, forse faccio un mimno di cose sbagliate e gli altri fanno subito ciaociao con la manina, forse è come se fosse esaurito una qualche forma di propellente sentimentale. e si debba ricominciare in maniera quasi palingenetica. solo che ora il tono muscolare affettivo-amicale è meno agile. e quindi potrebbero essere definitivamente cazzi. per autosimilianza - a tratti - l'ho percepita in questa comunità. forse è come se cercassi altro. anche se non so bene cosa. il tutto rappresentato plasticamente dal fatto ho girovagato ben solitario per tre giorni nel parco del paolo pini. senza aver tutta 'sta voglia di condivideree 'sto granché. nemmeno il disio di far tutta 'sta conversazione con quei due-tre della radio con cui c'è un minimo di non-estraneità.

me la sono sussunta in totale autonomia. ascoltando le suggestioni. in quei contesti non c'è grande necessità di socialità. per questo il uichend è volato.

naturalmente non ho conosciuto nessuno di nuovo. giusto attaccato bottone in maniera interlocutoria superficiale in un paio di code. ed è probabile che chi mi ha incrociato, sempre mi abbia notato, non mi meraviglierei abbia colto non propriamente un'esplosione di allegria. e 'sticazzi se mi son trovato a mangiarmi cose - ovvio - da solo.

poi ci ha pensato chiara a darmi una mezza dritta. chiara avrebbe potuto diventare una bellissima donna. con quegli occhioni verdi ed il capello scuro. poi non è mica detto non lo diventerà, una bellissima donna, anche se probabile non secondo i canoni formali del mainstream. chiara e la storia del suo ukulele con la corda rotta mi ha ricordato che siamo fottutamente privilegiati. e che il darsi per essere utili agli altri potrebbe essere un rimedio efficace. giusto per dare un senso anche alla sganghericità di questo mio incespicare - a tratti. che si relativitzza anche la solitudine. per questo l'ho ascoltata dopo aver finito la mia focaccia pesto e stracchino. ho quindi lasciato il posto agli altri che avevano raggiunto lei e la persona che l'accompagnava, spingendo la sua sedia a rotelle. ho colto fossero stati all'evento del mazza e jampaglia, percependo che mi ero perso qualcosa di molto interessante. però così non avrei incrociato chiara. mi sono congedato dal gruppetto, e l'ho salutata: ciao chiara. avevo un po' il groppo in gola.

 

[no more blues]