Saturday, February 27, 2021

sulla storia dei sentieri, nonché l'indicazione di dove si dovrebbe andare

il sabato cammino. è un modo per dare un sbbbblleng che rompa lo stillicidio di giorni tutti uguali. come infilare un paletto, un cuneo, nel nastro trasportatore della ripetizione continua. dare una qualche forma a qualcosa di diverso, giusto per non perdere l'addentellato con l'idea che non sarà sempre così. è anche il modo per dare modo al corpo di riprendersi la centralità: il fiatone, il sudore, il [relativo] vigore all'inizio e la stanchezza che pian piano conquista dolce le membra, con il piccolo torpore alla fine. è il corpo che comanda, quindi il cervello si adegua. e non il contrario. come quando sei davanti ad un piccì, a riparar le tante piccole falle di quelli là. tanto qualcosa continuerà comunque a pisciar fuori, a prescindere.

cammino e provo a camminar sentieri e posti nuovi. qui attorno ce ne sono gazziGlioni. la maggior parte non li avevo mai calpestati. c'è una valle burbera, irta, con il fondo strettostretto. anche il camminarci dentro a tratti lo diventa. così che sai da dove parti, dove arrivi, più o meno dove passerai. ma poi la strada precisa è un dettaglio che si compone di un passo dopo l'altro. a cominciare a capire dove si imbocca il sentiero. che uno lo dà per scontato. però prendere quello giusto non è mica un obbligo che ti spetta a prescindere. come la salute. o come scegliere una scuola, che è quella buona per te. vabbhé. divago. torniamo sul sentiero.

ecco. appunto. il sentiero. credo di essere abbastanza bravo ad intuirlo, anche in mezzo alla foglia, che è caduta e nessuno la raccoglie. o forse è una cosa che sanno fare più o meno tutti, ed io mi glorio con un po' di inutilità di essere bravo ad intuirlo. nel caso, stigrandisssssssimicazzi. anche perché poi l'importante è tenerselo sotto i piedi, 'sto sentiero.

e poi ci sono i segni. bianchi e rossi. ne avevo già scritto. quando si aprì in maniera roboante la questione, oltre lo scarpone. quando non riuscii ad arrivare non ostante mi fossi prefissato di. ma fu bella lezione e buona cosa e bella camminata anche tornare indietro. e va bene uguale. il segno bianco e rosso è un bel compagno di camminata. ci passi accanto e per corroborare l'intuizione di sentiero, intanto alzi lo sguardo a cercare quello successivo, più avanti. e quindi sai che è fatta per altri venti-trenta-cinquanta-cento metri. e si avanza così un pezzo per volta. può essere un gioco, la storia di cercare i segni bianchi e rossi. quando non un piccolo impiego di risorse, che occupa parte del cervello. e magari si è più impegnati a cercare il segno più avanti, invece che godersi come digrada il monte verso valle. la disposizione elegante dei faggi. la distesa delle foglie. com'è il sole che filtra oltre la sommità. percepire come si incueano le curve isoipse, che negli innumerevoli invallamenti si fanno cuspidi. ed il punto angoloso è come si incunea il terreno della montagna, ad immaginare quanto dev'essere impetuoso, quando piove molto, il trascinar a valle di terra, sassi, alberi caduti, lì dove ora c'è il piccolo riale che opssssss, salti via. vabbhé. divago di nuovo.

torno ai segni bianchi e rossi.

ad un certo punto, sull'iniziar del camminare per sentieri nuovi, ho provato una fottuta riconoscenza, più o meno ex-post, per tutti coloro che mi hanno accompagnato su vari sentieri. si passa di qui. e quindi tutta l'emozione a godersi il momento, quello che si vede intorno. mi è sovvenuto l'amico luca - con un po' di irrisolta nostalgia - per tutti quelle volte che bastava ci fosse lui, e il resto era camminare e godersi quell'attimo, onusto di percezioni veriguuudvaibrescions. e da che parte passare non era questione più o meno di distrazione affannosa.

da lì il pensiero si è fatto più scivoloso. una cosa diversa di quei passaggi dove quel che intuisci del sentiero è stretto, coperto di foglie, passaggio monte-valle tanto rapido, con un bel salto nel lato scoperto. quindi si abbassa il baricentro, il peso a monte, bastoncino a valle. che finir giù può essere un attimo. le conseguenze variegatissime, anche non raccontarla. no. il pensiero è decisamente meno pericoloso. ma infingardo. che rischia di ammonticchiare lanugine che poi imbriglia. e tornarci sopra a ciclo continuo. quelli bravi la chiamano coazione a ripetere. e tra le altre cose diventa comoda giustificazione per il fatto non si agisca. che poi spesso è uscire dalla zona di confort. il pensiero un po' autoassolutorio del: ci fosse stato qualcuno a dirmi qual era il sentiero, ahhhhh allora sì avrei spaccato! e invece, guarda un po' qui come son messo. qualcuno ad indicarmi la direzione via via da prendere. in battuta penso a mio padre. che forse non se lo merita, o forse un po' sì, ma non per volontà precipua sua. per quanto mi venga da reciderla veloce 'sta divagazione che non porta a niente. perché si ricurva nel tempo andato. mentre io avanzo in quello che deve venire. comunque siano stati quei passi nel passato. c'è da viversela in una sola direzione. come quando cerco il segno successivo da raggiungere. quello che vedo se mi volto, mi serve mica tanto. anche perché devo sfrondarmi di tutto il superfluo, e riconoscere che bisogna essere in due. l'amico luca spiega da che parte si cammina. ma soprattutto io mi metto nella modalità ascolto e fiducia. quanto invece non fu allora, con quell'ammanco che ogni tanto mi riempie di relazioni irrealizzate. mio padre che mi avrebbe guidato volentieri per quei sentieri, a suo modo, coi suoi tempi. ma a cui mai chiesi, per dire. anche solo per quella sottile ripicca di figlio così intricato da comprendere, che quando mi ci portava lui, coi suoi tempi, con i suoi desiderata, mica la vivevo tanto così bene. non è un caso che ancora oggi non ho 'sto gran desiderio di passare le notti in rifugi, anzi. non è un caso abbia impiegato tutti questi anni per riprendere più o meno ad andare per sentieri qui intorno.

sì. mi avrebbe fatto comodo che qualcuno mi indicasse il sentiero. sarebbe stato ancora più importante però convenussi ad ascoltarlo. 'ché sennò è un po' come buttar via la possibilità di. e proverbiale testadiminchia in fondo fui, e forse sono. e per quanto poi, per contrappasso, qualcuno l'ho pure ascoltato. pure troppo. specie gli alcuni che con più o meno con volontà mi hanno portato davvero fuori strada. vai a fidarti. per quanto la fiducia, quelle fiducie, erano la cosa più rassicurante cercassi. forse per quello che prima non avevo avuto di rassicurante o con cui non abbia voluto rassicurarmi. così ho creduto di trovarla in taluni figuri. e difatti si è visto quanto smoccolamento abbia smoccolato.

e quanto smoccolameno smoccoli.

anche per questo cammino. perché è lasciarsi indietro quello che se cammini ormai è andato. anche le strade sbagliate. che da qualche parte si arriva. meglio se con la voglia di ri-partire. che è re-incamminarsi. raccordando quella che è la suggestione del percepire qual è il sentiero, con l'indicazione che viene a buttar lo sguardo a cercare i segni bianchi-rossi. un passo alla volta. che poi è il presente. che poi sarebbe quello che conta.

il passato è passato. ci sono un sacco di altri sentieri da fare. qui intorno ne è pieno. e la cosa interessante è sono, tra le altre cose, che quel adesso ho a disposizione, in questo contesto. ma è roba a disposizione per vivere il momento. e farlo mentre so che il momento si farà ricordo da mettere in quelli che sarà valso la pena viversli. ci sono i sentieri. e me li piglio. dà soddisfazione come camminarseli.

cose così.

[camminarseli, al momento da solo. ma con la sensazione che ogni tanto farlo in compagnia sia cosa ancora più onusta di gudddddvaibrescion. ma questo è tutt'altro discorso.]




Thursday, February 18, 2021

qualche considerazione, qua e là - ambivalenze genetliache

l'amica Cinzia è quella che ha trovato il grimaldello, per oggi. che quello che è un traguardo - qualsiasi cosa significhi - in realtà è nello stesso tempo una nuova partenza.

più o meno poco dopo scriveva l'amica Vale, per cui mi strussi un paio di lustri fa. che va bene la nostalgia per quel che [non] è stato. ma ancora meglio viversi tutto quello che sarà, e che potrebbe essere.

non da meno l'amico Itsoh [accidenti, comunque è tutto un florilegio di lettere maiuscole] qualche giorno fa. e la storia che l'esistenza sono quei due o tre grandi rimpianti diventati punti angolari, e viversela è fare in modo di evitare di ripeterli.

insomma suggestioni che recano dentro delle ambivalenze. o polisemie simboliche. anche se [toh, un'ambivalenza] da una parte possono sembrare quelle cose da suggestione onusta di buon senso. che vien bene per i baci perugina, la versione non per gli innamorati, dico. però che se te le raccontano degli affetti - variegatissimi - fanno effetto. come se quel valore aggiunto, no di più, l'RNA messaggero lo facesse appunto la relazione, il fatto siano persone importanti ed importante per loro, variegamente ovvio. e quindi la suggestione ti entrasse dentro, a portare il significato benefico, che scalda il cuoricino o quella roba lì.

guardare avanti, piuttosto che indietro. che è invece uno slittar di frizione che mi vien fuori piuttosto spesso. il riferirsi all'indietro dico. forse è per quello che non amo troppo il genetliaco. che l'indietro è un po' più numeroso. per quanto siano convenzioni [tze, figurarsi il numero di anni]. per quanto giusto un infighettato può esser preoccupato per il genetliaco. figurarsi proprio di questi tempi, che mediamente l'ordine dei problemi è ben altro. ma d'altro canto - ambivalentemente - son venuto fuori così, a passare in mezzo al passato, quindi è occhei comunque, l'oggi. con cui guardare verso l'avanti.

che poi, diciamolo, a proposito di auguri genetliaci, ci sarebbe dentro il cruccio ambivalente del formalismo degli auguri. che chissenefotte delle persone che te li fanno per appunto convenzione. ecco perché meglio toglierlo dalle bandierine dei calendari più o meno che rendono comodo il tutto. e molti augurano qualcosa convenzionalmente. per questo che gli auguri siano pochi ma variegatamente sentiti. con quella sottilissima ansia che siano in pochi. anche se molti e pochi son concetti evanescenti, cui manca il gancio deittico. pochi o tanti rispetto a cosa? rispetto a quanto? che poi mi imbarazzano uguale neh? ma torna la questioncina che son venuto fuori così. e quindi è da resiliare e viversela com'è il momento ora, che poi - toh - di nuovo l'oggi. che è il prodromo per il domani.

anche se in fondo, in quell'imbarazzo che arrotola un po' la questione, c'è il fatto che è come se volassero via assieme all'incompletezza che mi percepisco. che poi è una cosa scaltra quanto buttar il bambino con l'acqua sporca. senso per com'è passato il passato, appunto. i rimpianti cui faceva riferimento l'amico Itsoh. che ormai le cose son venute fuori così. ma la cosa interessante è come si possono far proseguire. sempre senza dimenticarsi del nuovo amico, il principio di realtà. che è chiaro meglio esserselo fatto amico, invece che spettegolargli appresso o peggio ancora tirargli dietro improperi, come il più banale dei leoni da tastiera. e il nuovo amico - che dice le cose dritte per dritte - ricorda che il contesto è questo qui. che la cosa più preziosa oltre la salute, variegatamente declinata, è il tempo che si può spendere per sé medesimi. che in questi ultimi settantacinquemesi è pochino. certo che è pochino. ma che ne basta altrettantino poco, per riassaporare rapidi una gocciolina nebulizzata di splendore. tipo il cactus, che l'acqua se ne bastare pocapochetta. e guarda che cactus di imponenza sa regalare in mezzo al deserto.

son venuto fuori così, dopo tutto questo tempo. probabilmente con [e/o a causa di] un daimon non esattamente cacato, a voler semplificarla un po'. bene. questo è quato ora, oggi. quindi? che si fa? potremmo star qui a contemplare questi numeri così che intimorano, per il loro simboleggiar giubileggante. ma dipende da che parte la si guarda, appunto. che potrebbe farsi in quella direzione, tipo avanti. sapendo però che le sterzate repentine rischiano di farti andare fuori strada, con lo stridio degli pneumatici che non ti tengono dentro la carreggiata. oppure si può guidare con gli aggiustamenti scaltri di timone. che però è andare. avanti, appunto. che i traguardi sono fatti per proseguire. mica per contemplare il delirio che c'è stato dietro. in fondo odisseo hanno pure immaginato mica si sia fermato ad itaca, con tutto il buuuuurdello che aveva fatto per arrivarvici. ma abbia ripreso l'andare. cazzo, vuoi mica vedere che la ragione stessa del viaggio è viaggiare.

Saturday, February 13, 2021

forse è un altro pezzo di psicopippa multiripartita. [poi però divago]

sono un po' stonato. non è una condizione sufficiente per scrivere qualcosa di interessante. è che sono anche stanchino. anzi, non solo. ri-attraverso la sensazione di non aver nulla da scrivere qualcosa di interessante. tze. già capitato molte altre volte. quindi, figurarsi. [poi la contraddizione si sostanzia con il fatto scriva. quindi uno ci prova, comunque. provando a convicersi di smentire sé medesimi]. e poi son talmente poco soddisfatto dell'ultimo post, che poi si censura. quella roba lì, l'ultimo post intendo, è la prova provata non potrei fare il notista politico. scritto lasciando fluire la rabbia, la delusione, senza nessuna fiammata interessante, impiegando tanto tempo. poi è altresì vero non era un post da notista politico. ma non so bene nemmeno io cosa.

ho letto che alcuni giornalisti, fino alla lettura dell'elenco dei ministri di ieri sera, non sapevo che voce avesse draghi. al netto della boutade, mi è sembrato un elemento interessante. che nella percezione mainstream del personaggio quello consegnatoci è il uotteverriittteichs del 2009. che funziona per tipizzare un personaggio. non uno slogan. ma l'affermazione che lo trascende, anche per l'impatto globale che ha avuto. semplificando fu l'inizio del salvataggio dell'euro, almeno: così l'ho capita io. perché interessante? perché in quella frase c'è tutto il peso dell'autorevolezza, della capacità di determinare come orientare processi finanziari se non speculazioni e basta, che avrebbero potuto riverberare in maniera devastante. che sono pochi quei personaggi lì, neh? ma possono usare e/o bloccare [man]leve che noi saremo pure i miGlioni di pesci piccoli che se si uniscono mangiano il pesce grosso, ma finché siamo uniti non oltre le magliette e i post sul feisbuch, quei pochissssssssimi pesci grossissssssssimi ce la infilano dove vogliono, per usare un termine tecnico di macro economia e finanza globale. "whatever it takes" è facile da ricordare. tanto facile tanto in grandissima proporzione  c'è dietro una complessità, capacità di comprenderla e di muovervisici dentro che è davvero per pochi [non è una considerazione agiografica, o di sperticata stima. credo sia un dato oggettivo. al netto possa essere entusiasta o meno del personaggio]. come poche possono e spesso dovrebbero essere le parole. specie in alcune situazioni. anche quelle apicali. che un presidente del consiglio dei ministri parli poco, o che non si conosca quasi che voce abbia, potrebbe non essere un qualcosa di negativo. anzi. una economia di parole che si fa ecologia di comunicazione. per valorizzare anche quanto significato porti seco il silenzio. da dosare, appunto, con le [azzeccate] parole. come la completezza espressiva che dà il contrappuntarsi tra i piano ed i forte in musica. roba buona et giusta, insomma. e specie se si fa il giochetto del confronto con la messe oceanica di supercazzole, di parole vuote, di discorsi impalpabili che ci inondano quei [mediamente] fenomeni che abbiamo deciso [anche con l'ignavia, tipo la mia] di metter lì come classe politica dirigente. da una parte è la nuova realtà soscial-massmediatica, bellezza. dall'altra continuano a rimanere supercazzole. e si rincorrono per sbrodolare a chi ce l'ha più lunga. a contribuire alla obesità informativa con apporti più o meno venefici. che poi uno si arrende, e lascia loro le praterie, acciocché scorrazzino giammai i migliori. ma quelli mediamente con la supercazzola più efficace. anzi nemmeno efficace: stordente.

[parentesi. che poi, in tutto questo, sia corresponsabile anche tutto il carrozzone massmediatico [mediamente] non credo sia 'sta considerazione così arguta. quanto meno per l'effetto riverbero che [mediamente] danno, titillandole le supercazzole. ma mica posso scrivere tutto qui, adesso. ecccccceddddiamine].

mi rendo conto la stia facendo giù con il falcetto, grossolana e imprecisa. ma in fondo non sono un notista politico né con la sensazione di riuscire a scrivere cose interessanti. ma quanto meno non mi lascio trascinare da un hiphiphiphurrrrrrrà a prescindere per questa riserva della Repubblica [apro parentesi: riserva è il panchinaro che non trova spazio in prima squadra così come riserva è la bottiglia, il pezzo pregiato che si tiene per l'occasione importante. che bella, poliforme, complessa la lingua italiana]. né tanto meno mi rifugio in un pfiuuuuuuuu di sollievo, per il fatto siano arrivati dei tecnici. anche se mi senta comunque pervaso da un sottile senso di dicotomia di auto-convinzione. da una parte, di primisssssssssimo acchito, mi scappa fuori questa sensazione di scampato pericolo, pensando sia qualcun altro e non questa classe dirigente politica a dover gestire questi tempi nuovi. e la competenza - che tecnicamente dovrebbero avere - non significa per concessione più o meno divina riescano ad inanellare le decisioni migliori, quando non più giuste, nel senso di rifarsi ad un concetto di giustizia. anche perché tecnicamente non esistono governi tecnici. ma la visione di fondo, nel solco del quale fare cose, è strutturalmente qualcosa di politico. anzi, è la politica nel senso più genuino del termine. anche se poi alcune visioni - dal mio punti di vista - sono da aborrire. anche se poi la declinazione, in questo momento storico, l'han fatta questi politici qua. appunto.

quindi ben venga la competenza. ecchecccazzo. tanto più che fino all'altro ieri ci hanno sfrancicato i coglioni con la supercazzola del popolo contro le elite che significava solo la mediocrità - rivendicata, ostentata, mostrata con fierezza - contro la spocchia dei professoroni, che preservavano lo status quo, e vai di palingenesi con la minchiata dell'unovaleuno o con quello che diceva di esser uno di noi mentre trangugiava fettuccine al ragù. quindi anche meglio un laureato in un ateneo che sia tale, piuttosto che quelli venuti fuori dall'università della vita. uno dei motivi della frana che sta tirando giù tutto è anche questo. è il ribaltamento dei paradigmi fondativi e del buon senso: a costutuire classi dirigenti servono risorse preparate e capaci, che non è privilegio, ma è anche e soprattutto il frutto ci si debba fare anche piuttosto un culo, oltre che avere attitudini, talenti, intelligenze variegate. hanno provato a saltar la fila: vanno bene anche meno delle intelligenze medie, figurarsi farsi il culo. quasi un revanscismo nei confronti del secchione, che magari non è cosè abile nella supercazzola. è sgrossato giù col falcetto, vero. ma è anche per questo che - son convinto - si sia messi così. poi è vero pur vero che sono stato più secchione [tecnicamente non è stato così, ma per capirci] che abile con la supercazzola. quindi ovvio che stia scrivendo con la punta di incazzo risentito. anche se - molto onestamente - il senso del mio percepirmi irrealizzato, insoddisfatto, incompleto, con quelle note fruttate di retrogusto di frustrazione e financo di fallimento, vengano soprattutto da tutt'altra parte. per quanto lo sbertucciamento della competenza coinvolga anche un zicccchinino di percepito personale [e un po' di rammarico, certo, che poi abbia da potenziali mie competenze sia venuto fuori della pula, altro che grano].

quindi ora arrivano [un bel po'] di tecnici. è complicato sottrarsi del tutto dal metterli in contrapposizione con i politici. che credo non sia cosa così oculata dal farsi, non ostante il mio affettarla giù col falcetto. e per quanto ora abbiamo i tecnici per l'intortamento in cui si sono infilati i politici [parentesi. prendersela solo con quel guappo che si paragona a macchiavelli [poi uno dice: servono le categorie psicanalitiche], mentre in fondo ha sparigliato con grande azzardo, per i personalissimi cazzi suoi, è chiave di lettura un po' troppo parziale. al limite il mio più profondo e sentito disdoro per il fatto ce lo supercazzoli come un sacrificio, emotivamente stressante, per il bene del paese. l'ha provata, rischiando di grosso il collo. l'ha scampata e si mette sul capo l'alloro come vincitore, fine stratega. mi sento preso per il culo da un tatticista di palazzo. bravo in quello neh? però la politica è altra roba. soprattutto senza mettere in gioco il culo della nazione]. 

alcuni [bravi] della mia bolla soscial - peraltro sempre più rachitica - stigmatizzano il fatto che le scelte politiche le facciano i tecnici. e dopo la lettura della lista dei ministri - ecco che voce ha draghi - probabile si sia meno entusiasti di prima che ce la leggesse. ma è di nuovo fare il pat-pat sulle spalle al principio di realtà. specie per l'elenco politico. ma questa è la farina che c'è per fare il pane. e soprattutto una cazzo di fiducia deve essere votata dal parlamento che c'è. che siano i migliori è un eufemismo. e soprattutto una specie di ingabbiamento da parte dell'uomo dai capelli di kevlar: un governo dei migliori. ingabbiamento mediatico-comunicativo che poi diventa percettivo. l'uomo dai capelli di kevlar, un bel punto di snodo fondamentale nella degradazione qualitativa. questo ha dato un gran bel contributo alla modifica antropologica di questo paese. ovvio che giù giù son venuti anche quelli che son classe dirigente politica [mediamente]. per i paradossi del divenire ora sembra quasi [ma quasi, neh?] piuttosto verosimile ad assomigliare per mimesi ad un uno che il bibitaro tipo bubuyoghi di mio cugggggggino asserisce essere un padre della patria. dopo un pizzicotto per cercare di riprendermi ci penso su e in fondo dico che potrebbe [ma potrebbe, neh?] confondersi alla luce del [viale del] tramonto. ma non ci casco. però oltre la tenerezza della vecchiaia è che non ci siamo accorti di quanto siano poco presentabili [mediamente, neh?] gli altri. in gran parte per causa sua, certo. ma anche perché si sia scivolati in basso senza rendercene conto. un cosa lenta ma costante e inesorabile. e quindi ora eccoceli qui. toh. brutta sorpresa.

sono tempi nuovi. siamo tutti variegatamente stanchi, quando non preoccupati per cose diverse dalle mie facezie. non so quanto totalmente si sia in buone mani con questi tecnici. quanto sia sufficiente per poter dormire tra guanciali di morbida et rilassante tranquillità. a prima sensazione mica tanto. ma vedremo. però un po' di ecologia della comunicazione potrebbe non guastare. davvero. se lo farà il presidente del consiglio dei ministri forse a cascata qualcosa vuoi mettere possa venirne fuori anche dagli altri. specie dai migliori [pedddddire, ovvio]. ovvio che non basta. ennnnnò che non basta. basta non farselo bastare.

[e comunque, oggi pomeriggio, camminavo con la scarpa grossa. pensavo. e fuggivo da una parte pensieri cupi di fallimento ontologico, dall'altra ragionavo anche come organizzare in un post le idee che mi frullavano sparse in testa. peraltro ne ho lasciate fuori alcune. figurarsi che sbrodolamento ulteriore ne sarebbe uscito, a proposito di ecologia della comunicazione. anche se io sono un po' un caso umano che se ne sta ai bordi dell'impero. dicevo. camminavo. dopo aver ribadito essere stonato ma fondamentalmente stanchino, ho cominciato una brevissima salita. ero un po' barzotto, tra il malinconico e lo sconfortato, sì. poi ho alzato lo sguardo, che è andato più in là. al cielo ormai del tutto sgombro, con sotto le montagne che stanno dall'altra parte del lago. si vedevano innevate da poco. con la luce del tramonto che accendeva tutto di un rosa-arancio. ennnnniente. mi sono commosso senza un senso apparente. ma qualcosa che in maniera non del tutto chiara - e forse non del tutto razionale, o razionalizzabile - mi avesse ricordato nell'emozione che non tutto è davvero perduto. cose così.]

Tuesday, February 2, 2021

non era la luce in fondo al tunnel, era il fanale del treno che stava arrivando [post incazzosetto]

sì. sì. sì. avevo scritto che di politica ormai anche meno. e che avrei lasciato spazio logorroioco ad altre cose. più serie. tipo costruire su macerie [cit].

ma poi, in fondo, di cosa dovrei giustificarmi se mi contraddico. sono un l'ultima delle cinture bianche, con su lontano e inarrivabile cintura nera gazziglionesimo dan a quel sabotatore seriale della coerenza, financo sintattica, della sequela di argomentazioni che mitraglietta fuori - tatatatatatatatatattaatatatat - con quel metaverbale che fa un po' lisergico un po' avanspettacolo da teatrino ricovero dei talenti pretesi tali, metaverbale e distorciamenti de visu che forse se non proprio lombroso ma ti vien da pensare che la fisiognomica qualche intuzione azzeccata l'ha pure avuta.

le supercazzole, insomma. quelle che riescono meglio con i figuranti attorno. zitti. muti. cha parla lui.

sono incazzato. sono deluso. sono schifato. mi sento preso per il culo. per quanto temevo potesse finire così. proprio perché ci avevo un po' sperato che un egolatrico sgarruppato avesse un po' più di senso dello stato. non perché nel [cazzo] di merito avesse nell'iperuranio dei principi, ed anche più in basso, un qualche brandello di fottutissima ragione. se il mostro di millwaukee dice una cosa giusta, codesta cosa continua a rimanere giusta. figurarsi questo figuro. l'istanza che trovo veramente idiosincrasica è l'utilizzo mendace che ne è stato fatto.

non era una questione di poltrone. ci ha spaparanzato con boria e quasi con lo schifo di chi lo avesse solo pensato. ed è finita con i veti sui ministri altrui. con la pantomima del tavolo dei contenuti, con le sue comparse mandate a supercazzolare, usando temi importanti che passano come fuffa. e nel mentre il tavolo della ciccia, i posti, mica le cotiche. quello è stato ribaltato.

tutto intorcigliato. vai a sapere se in quei saloni da reggia di principi sauditi di vanità autoidolatrica c'era o c'è un'idea di fil rouge. una qualche lista, di certo meno ampia di certi egoriferimenti di cause-effetti, che avrebbe dovuto portare da là a qua. e poi chissà dove cazzo dove. oppure sia tutto uno spregiudicato proviamo a bombardare un pezzo. e poi vediamo che succede. che non sono poi così convinto volesse davvero venisse draghi.

appunto, draghi. e naturalmente quell'altro potrà a tornare a ripararsi dietro le acrobazie retoriche da giocoliere tipo quelli che si esibiscono quando il semaforo è rosso. che poi cos'hanno fatto di male queste ragazze e ragazzi da essere affiancati a questo acme di dichiarazioni con significante e significato schizofrenici. altre supercazzole.

appunto. draghi. che ovvio sia meglio di conte. mica serviva tutta questa facite ammuina pericolosa per scoprirlo. che almeno ci si risparmi i fuochi pirotecnici delle minchiate a sommergerci retoricamente che il merito è di costui. che sia una eterogenesi dei fini del modo browninano tattico di un sabotatore ontologico non mi fa diminuire il senso di nausea per il modo con cui vi sia arrivati.

che tanto il parlamento non è che adesso diventa tutto più fico e smart perché al governo arriva uno che obama invocava quando c'erano i cazzi grossi: call mario! figurarsi se si fighiscono quindi quel manipolo di parlamentari che lasciano il partito dove sono stati eletti per sabotare alla bisogna e alla chiamata del loro.

poi ovvio che a questo punto si salvi quello che si può salvare. il culo in ballo è quello di tutti. alcuni più di altri. colui che arriva - se arriva - è di altissimo profilo. non è mica detto farà cose che mi faranno impazzire - e su questo, in fondo, stigrandissimi cazzi. figura talmente alta che forse saprà mitigare la pochezza [media] della classe politica. sarà importante, ampio, da prateria, lo iato tra quegli interlocutori.

figurarsi con le supercazzole.

[che poi il piddì non abbia toccato palla credo meravigli i trasformisti di klingon. che i faivstarrrrre stiano insieme con le strisce di carta intrise di colla coccolina secca fa ormai solo quasi tenerezza, tanto hanno chiuso il giro del fumo della loro pochezza politica. che poi leu... vabbhé. niente.

per quanto, il senso dell'amarezza, non è neppure questo. o forse anche sì. che si poteva tener testa, interloquire, con più abilità quell'affabulatore ipercinetico. che la loro astenia, per confronto, lo fanno confondere con qualcuno che la sa lunga. e invece vedi che è un compulsivo tatticista da gioco d'azzardo. che a furia di distopie semantiche, prima o poi finirà per confondersi anche lui, quando dirà una cosa e nel mentre si perderà nei meandri del suo considerarsi a rabbindolare che minchia stia in effetti pensando.]