Saturday, October 15, 2022

traslochismi

in effetti passo da un piano all'altro. esattamente sopra donde scrivo ora. almeno so già come andare a pisciare di notte tenendo gli occhi chiusi.

eppure non è stato semplicissimo. e tanto per cambiare ho tergiversato fintanto che il coinquilino ha cominciato a tossicchiare: e mo sarebbe anche ora di muoversi. non è nemmeno così escluso mi sia ubriacato di lavoro, nelle ultime due settimane, per aver la scusa per non prendere le cose pesanti e definitive e chiuderla qui, con questo appartamentino, invero sempre più sfighinz, oltre che ormai lasciato andare e svuotato pezzo a pezzo. proprio ora, nella sala giorno-notte c'è il riverbero degli ambienti quasi completamente vuoti, frose l'eco del ticchettio dei tasti del picccì. domani sposterò la scrivania e tutti gli ammennicoli con cui lavoro, cazzeggio, ragiono et alter. avevo financo pensato di farlo nel pomeriggio, che così non si tergiversava davvero più, mi ero detto. anche l'amico emanuele - sia ringraziato il destino, il cielo o chi per lui di avermelo fatto incrociare quasi trent'anni fa -  mi ha pungolato: dai portiamo su anche 'sta roba. ma dopo il frigorifero, il divano letto, gli armadi spostati e ri-montati poteva bastare così.

sono contento ci sia stato lui. la mia rete sociale meneghina si è particolarmente ristretta. non è che sono solo orso io, è che poi alcune persone è meglio allontanarle, si sono allontanate geograficamente, oppure sono state cacciate dall'amicizia condivisa. sì. sono più solo, ma certi tossicismi è meglio tenerseli alla larga. quindi l'amico emanuele ha un [doppio] grande valore simbolico, nella mia necessità di agganciarci sempre una qualche lettura transazionale.

se ripenso a quando vi entrai, qui dentro,  [mi] è davvero cambiato il mondo almeno due-tre volte. fuori sicuramente, ma di certo dalle parti del mio coinquilino e mie. cosa speravo, credevo, mi immaginavo, preconizzavo, desideravo, sembrano quasi cose di un personaggio un po' coglioncello, onusto di buoni propositi, molto illuso, non ostante tutto. sembra davvero il protagonista di un romanzo di formazione che non ho mai scritto, o le gesta da infilar nei versi di una canzone ironica che non ho mai composto.

entravo qui dentro dando fondo, di fatto, ai miei risparmi, per un cambio di vita che non poteva che essere un trampolino verso magnifiche sorti e progressive personalissime. avevo già immaginato nella mia testa di una fantastica festa inaugurale, in cui si sarebbero presentate ben tre fanciulle di nome federica [una nella serenità delle cose - la cugina, un'altra nella complicazione logistica - da roma conoscenza blogghica, l'ultima per l'ossessività dei tranquillizzanti film mentali, sganciati dal principio di realtà] oltre le altre due dozzine di partecipanti. pensavo: staremo strettissimi ma sarà un inizio col botto. che in realtà ci fu, il botto, che con la fine dei risparmi arrivò la fine di un'amicizia. che forse peraltro non era mai inziata: era semplice manipolazione che io scambiavo per cosa preziosissima immaginado una reciprocità che non c'era. il punto angoloso con la persona che stava quasi in cima all'elenco delle persone fondamentali. colei che mi aveva spinto a fare il passo. colei che mi aveva intuito fosse un appartamento giusto. colei che mi arredò sala e cucina - le dissi: pensaci tu. invece scoprii che non era la cosa pensavo fosse. fu un personalissimo piccolo trauma. ed alcune cose sono andate in vacca. e da lì un disfacimento inevitabile di quello che ci stava attorno.

entravo in questo appartamento rimirando orgoglioso il piano di marmo, che impreziosiva la cucina ikea. dono dell'amico daniele. l'avevo scelto di materiale nobile, che mi piaceva quello, senza sapere fosse così nobile. me lo posò con maestria, in una giornata di marzo. ne fui molto contento e grato. tenni il vuoto della bottiglia che bevemmo quel giorno per molto tempo. quando mi proposero, oramai più di un anno fa, di trasferirmi la prima cosa cui pensai fu il piano di marmo. e chiesi subito: e come faccio a smontare la cucina? solo per il piano di marmo è un delirio da spostare. mannò, mannò la cucina c'è già, mi risposero. ed io pensai, quasi con sollievo, che era arrivata l'ora di lasciare anche quell'oggetto transazionale, a testimonio di quello che si era incrinato con l'amico daniele, da qualche settimana. un altro personalissimi piccolo trauma. e io non riesco a togliermi dalla testa sia stato anche quello a far smottare le cose, in quei mesi. che poi è arrivata la setralina.

quindi mollo appartamento che titillarono altri, con un piano di marmo che ricordava altri momenti, che sarà semplice non usare più. è davvero un piccolo grande cambio. come ogni volta che si cambia casa. non credo sia così scorrelato il fatto ne stia sognando spessissimo una di casa, che non c'è più. quella dell'hometown prima versione, quella dell'adolescenza e prima giovinezza. prima che fratteme si costruisse la sua vita rigogliosa e piena di soddisfazioni prendendosene la sua metà di quella: la parte alta, che avrei voluto tanto io. campione dell'inazione già allora.

trasloco solo di un piano. ma è un cambio importante. che naturalmente ho rallentato. cambio la disposizione dei mobili per dargli un segno anche topologico. 

scavallato l'ultima ritrosia fattuale - frigo e letto - con l'aiuto dell'amico emanuele, che è lui il simbolo transazionale, che ho la vaga sensazione non produrrà personalissimi piccoli traumi. forse la comunanza di educazione sentimentale regala propaggini cui aggrapparsi, anche negli anni della maturità e oltre.

trasloco con l'idea che vorrò andarmene spero presto da lì. e questo è anche un modo per cominciare a prendere confidenza con il cambio che spero avverrà non troppo in là. e quindi sarò meno titubante, me lo auguro almeno. è come se mi servisse una specie di conferma: sì, ce la posso fare. cambiar casa si può eccome. è ora di guardare avanti. molla qui i simboli transazionali di questo appartamento. come molli questo primo piano col serramento più importante che è un colabrodo termico. è roba passata.

pubblico il post, spengo e salgo. si dorme altrove, da questa notte.

Wednesday, October 12, 2022

faccio un post cazzaropolitico /ultimo - la diciannovesima, e che dioochiperlui ce la mandi buona

quando nel 2006 il cosidetto centrosinistra riusci a vincere non vincendo, io me ne tornai a sixthsaintjohn improvvisando la partenza dall'hometown. incazzatissimo. avevo riposta molta fiducia che quelle elezioni potessero essere un primo raggio di sole - simbolico - dopo la morte di mio padre. e invece nulla. la primavera continuava a tardare ad arrivare.

scrissi un post di getto, nel primissimo blogghettino. e ricordo che mi venne in mente venditti. ed il suo "scopare bene, questa è la prima cosa". quindi immaginai che non mi restava che scopare, per consolarmi. naturalmente non se ne fece nulla, nei molti mesi successivi. non solo per quello non mi consolai molto. e la primavera, quell'anno, fu come se non fosse arrivata mai.

a proposito di scopare non è che le cose siano poi cambiate. oltre tutto la mia amica paola mi ha ricordato che qui forse stiamo rovinosamente andando a cozzare addosso all'armagggggheeedon nucelare [cit. sliiiipiiigiò]. ed oltre a non sapere cosa mettermi, continuo a non scopare. e questo è seccante, oltre che beffardo. forse è il caso mi iscriva a tinder. ma ho la vaga sensazione non basterà nemmeno quello. 

ma non divaghiamo.

anche perché, a proposito di tracolli elettorali, domani si inaugura la diciannovesima. nel senso di legislatura. il parlamento più a destra degli ultimi cento anni. altro che scopare per mitigare. per quanto non sia così incazzato come in quella primavera che non venne mai. quindi possiamo anche chiuderla qui con [questi] post cazzaropolitici. che poi son talmente sul pezzo, che ho fatto passare quasi tre settimane dalle elzioni. però appunto, il tutto inizia domani.

che poi sarebbe anche uno di quei giorni di compleanno che non è necessario ci sia qualcuno o qualcosa a ricordarmeli. lo so da me che domani compie gli anni la mia amica simona. e che compleanno, soprattutto. una splendida quarantenne che levati. che devo interloquirci piuttosto diradato, per avere il tempo di elaborare le suggestioni preziosissime e pregne, dense più o meno come una stella di neutroni. che poi ogni volta è come se imparassi qualcosa di nuovo. o capissi qualcosa di più.

però appunto, questa diciannovesima destrissima legislatura in un qualche giorno, doveva pur incominciare. ed è il giorno di un compleannissimo dell'amica simona. e nel mio piccolo da questo piccolo blogghettino della minchia, posso comunque affermare di averci praticamente abbastanza quasi preso piuttosto bene, più o meno.

cioè.

i faivstarrrrre, che han tenuto fede al doppio mandato. pure quelli che se ne sono usciti dai faivstarrrrre, che mica li hanno rieletti. legislatura destrissssssssima ma - tipo - senza toninelli e ggggggiggggiinonnuostro.

l'avvocatoconte, in quanto capo dei faivstarrrre o forse i faivstarrrre ora sono il PdC [partitoDiconte]: incarna perfettamente lo spirito da non-statuto del movimento. che loro dicevano di non essere né di destra né di sinistra. e il loro capo vi fa fede, però per sintesi addittiva. cioè: dopo esser guidato un governo di giallo-destra, quindi uno giallo-rosino, nonché in maggioranza in quello di giallo-rosino-destra-vivalafiga, ora è pacifista-proletario. il suo partito non è né di destra né di sinistra, lui è riuscito ad essere tutto, ed il suo contrario. trasformismo doroteiano. quindi pure dicccì. che zelig de noarti 'stovvvvvocatoconte.

carlo-vuinston-calenda fa carlo-vuinston. mena fendenti tuitteristici a chi non è carlo-vuinston. prova a ribadire, in tutti modi, che qualsiasi cosa non venga fatta sotto l'egida di carlo-vuinston, sciolta li colga. e lui fa cose a prescindere da tutti gli altri che non sono carlo-vuinston. e gli altri che non sono carlo-vuinston, possono giusto confidare in un folgorazioine tipo san paolo sulla via di damasco, ravvedersi e chiedere a carlo-vuinston di proteggersi sotto l'ala della sua egida. ma prima chiedere: per piacere, ovvio. chissà cos'altro ci riserverà. e comunque a furia di menar fendenti e tarantolarsi sembra abbia perso da qualche parte l'agendadraghi®. anche se, in tutto questo, io ho quel brividino di sensazione di attesa. quello che ti prende quando senti cantare il gruppo spalla. che si sbatte un casino per provare ad intercettare le emozioni deli astanti. ma nulla. gli astanti hanno già il cuore e i polmoni pronti e tesi ad accogliere il protagonista principale. quello che attende dietro il gruppo spalla, osservandosi distrattamente le unghie ben curate e che pensa: "ma quando cazzo smamma questo, che ora vi faccio vedere quanto so artista forgiato dal sacro fuoco del talento in purezza". che poi addirittura l'ha portato in parlamento, 'sto gruppo spalla, mentre lui magnava popcorne sul jet privato in giro per l'italia. carlo-vuinston, pivellino, ora scansate. lascia fare a lui. vedrai cosa sarà capace di combinare sul palco esclusivissimo del senato della repubblica.

il pidddddddddddì ha perso. me cojoni. e quasi per statuo, tra quelli che hanno perso, cioè praticamente quasi chiunque, è l'unico che sembra abbia perso solo lui. e da partito della serietà e della responsabilità onora giudiziosamente le tradizioni e l'ontologia. così quello che stanno facendo, dicendo, smarmellando è l'apotesi dell'essere piddddddddì. nuovo giro, nuovo segretario, solita apoptosi delle correnti, nuova sconfitta. quindi a posto così.

la destra ha vinto. cioè no. ha vinto la fratelladitalia, che he il triplo di voti degli altri due: il duo di maschi alfa e [capellidi]kevlar, che son stati suonati per bene. ho ascoltato parecchi bravi ribadire quegli abbozzi di pensieri che già mi erano venuti. ora questi partono, domani. non è così impossibile riescano financo a dar l'impressione di farlo per bene, di buona lena. poi sarà guerriglia urbana. la fratelladitalia è tutt'altro che sprovveduta, tatticamente ovvio [gli statisti giocano un altro campionato]. quindi è verosimile non farà le minchiate che hanno combinato, a loro modo, i suoi precedessori destri e destrissimi. fatico a credere segherà anche lei il ramo su cui è seduta, per delirio di onnipotenza o per il semplice fatto di essere pirla. però il periodo è tenicamente un puttanaio, le tocca 'sta cosa all'inizio dell'autunno e non in primavera. con tutto quello che simbolicamente poteva significare. iniziare quei sei mesi dopo si immaginava: non foss'altro per aver il tempo - che pensava di sfruttare - e che viene a mancare, per preparare meglio il tutto. e altri a far il lavori sporchi, che adesso dovrà far lei.

non sarà semplice. e le cose potrebbero non mettersi così bene. sia per la dabbenaggine complessiva. sia per il contesto globale. oltre alla questione delle pistolettate - figurativamente ovvio - che non mi meraviglierei cominceranno a tirarsi vicendevoli. o i maschi alfa-[capellidi]kevlar contro la fratella. e per confodere, come una spettacolare cortina fumogena, potranno picchiar duro su altre istanze. quelli su cui possono andare d'accordo. specie a martellare le alterità che non sono loro. i diritti civili, in tutte le possibili declinazioni. anche perché se la gente è incazzata per le bollette che non si abbassano, sai quanto gliene fotte che menano un frocio? che annegherà più umanità nel mediterraneo? che diventerà sempre più complesso abortire? che ci scappa qualche manganellata di troppo nelle manifesta? che qualche diritto sindacale, oplà, diminuito.

chiagneranno e fotteranno. si lamenteranno contro qualcos'altro non son loro. facevano già così i fascisti.

già. i fascisti. che ovvio non tornerà il pelatone a parlare dal balcone. è tutto il fancleb sentimentale che può nebulizzare chissà cosa. e forse avrà più senso, lo riscrivo, scendere in piazza. anche per ricordarci che i diritti non sono una cosa inavobile, una volta conquistati sono lì per sempre a prescindere. bisogna saperli e saperseli far mantenere. è necessario tenerli alti e vivi, sospingerli.

non sarà semplice.

e non sarà semplice nemmeno per la senatrice più anziana, che domani presiederà l'aula. a volte le concidenze, il destino, il caso scrivono sceneggiature quasi perculanti. che non bastava che nei ridossi del centenario della marcia su roma, una post-fascista diventerà la prima presidente del consiglio dei ministri. no. la senatrice Segre presiderà l'aula e lascerà il posto, cedendogli lo scranno, ad un altro post-fascista. se possibile ancora più della fratella. lo stesso che con lo sprezzo per la decenza l'ha perculata poche settimane fa. la vittima dell'orrore dell'abominio di quel regime, che cede il posto a chi sosteneva che, quell'abominio, aveva avuto grandi zone di luce.

non sarà semplice. e a vederla in maniera statica, come se fossimo costretti a fermarci all'attimo che congelerà la foto di quel momento, sarà decisamente, decisamente, decisamente sconfortante. quasi una sconfitta.

però.

si può allargare lo sguardo. osservarla nella prospettiva del divenire: da quello che è stato e quel che sarà. e metonimizzare i personaggi. perché il senso più profondo è che una ragazzina, che avrebbe potuto essere inghiottita dal fluttuare del battere di ciglia del caso, è arrivata a sedersi su quello scranno. e proprio tutto quello che globalmente l'ha portata fin lì, può permettersi la possibilità di cedere il posto ad un fascio. nel consesso democratico e delle istituzioni [tuttosommato] libere la ragazzina non può che cedere il posto. è connaturato al sistema, guai se così non avvenisse. ed anche se il fascio [sottosotto] vorrebbe che quel posto diventasse suo, mica succede. ed è comunque solo questione di tempo. perché la direzione del fluire delle cose è che sarà possibile, ad un'altra ragazzina del passato, tornare, sedersi su quello scranno. è nel divenire inevitabile, non ostante gli arabechi neri dei [piccoli] salti all'indietro. il fascio è un intoppo, molto fastidioso ma intoppo. è il vecchio rottame che non è fatto per restare: passa. è la ragazzina a tornare.

Sunday, October 2, 2022

se lo sguardo guarda avanti

un paio di giorni fa stetti ad un concerto di un coro d'insieme. ne fui molto soddisfatto, anche solo a sedermi sulla panca della chiesa dove si tenne. perché mi uscii di casa per andarvici, non ostante la stanchezza, la pioggia che batteva il marciapiede. e non avessi prenotato. al limite torno a casa - dissi tra me e me - importante è provarci. fu una piccola conquista gratificante. d'altro canto ognuno ha le sue sfide, anche quelle più minuscole possono portarsi appresso particelle di garrulità.

poi è iniziato il concerto. ed è stato ancora più bello. e mi son riportato indietro, oltre la levità serena di quell'esserci stato ascoltando, tre-quattro suggestioni.

una è che quel coro, che già conoscevo, è toccato dalla grazia di averci dentro una specie di non linearità della qualità. perché [anche] come ascoltatore sono decisamente un puntacazzista. non sento gli odori. ma ho l'orecchio fino, molto. non ce l'ho assoluto [avessi potuto scegliere tra l'orecchio assoluto e una natura di dimensione importante non avrei avuto dubbi. d'altro canto non avendo potuto scegliere, non ho né l'uno né l'altra]. probabilmente i professionisti sopraffini ne capiscono più di me. però credo converranno che questi cantano davvero bene. ed è un'esperienza quasi uterino-immersiva ascoltarli [esattamente il contrario di quei convintissimi che ieri ce l'hanno messa tutta, alla locanda dell'amico carlo. musicisti così così, coro simile pop-gospel sguaiato e scoordinato, amplificazione mortificante. ne è uscita una cosa per me inascoltabile, quasi di intimo disagio. mentre lì intorno un sacco di gente accompagnava e partecipava estasiata. l'amico carlo impegnatissimo in cambusa a lavorare. me ne sono andato a metà del terzo brano. poi dice perché coltivo la mia solitudine, e tutto sommato vien su bene]. insomma, il coro. sono in tanti, è un coro molto nutrito. ed io faccio fatica a pensare che tutti siano davvero di un livello così sopraffino. però l'effetto complessivo è quello. come se, appunto, a mettersi insieme diventassero qualcosa che li trascende, oltre il valore della somma dei singoli. un'essenza armonica, contrappuntata, fluttuante e dinamica, che ogni volta è un'emozione ascoltare con quell'intensità.

un'altra è quella che mi è sovvenuta ascoltando un brano del programma. che non mi era nuovo. già sentito come nenia filastraocca. non so perché ma la associo a quello che cantava una cugina acquisita alla sua bimba, piccina. brasiliana, la cugina acquisita, come il direttore di quel coro, mancato due anni fa, prima ondata covid. quella canzone, nenia filastrocca, è di una dolcezza struggente. poi l'arrangiamento e la delicatezza dell'esecuzione hanno fatto il resto. e di colpo mi è sembrata come la trasposizione in musica del senso del ciclo delle stagioni, e del cerchio della vita - se già non fosse il titolo di una canzone mainstream. il senso di esserci nel volgere dell'avanzare di questa umanità. ciascuno di noi, lo starci su quest'orbo terracqueo. che da una parte siamo così concentrati sul nostro narcisistico ombelico. mentre ad allargare lo sguardo ci sarebbe la sensazione che mi ha avviluppato ascoltando quel brano. anche se ci sono tocchi di umanità che quel brano, probabile, non se lo sentono per un cazzo avviluppato addosso. nemmeno in potenza. ma magari ci farò un altro post. dove ci sarà anche il titolo di quella canzone.

un'altra ancora è che non ho pianto. cioè, quando hanno principiato Nkosi Sikelel' iAfrika, ho sentito il brivido passarmi lungo il corpo. un qualche centrimetro di pelle d'oca. ma tutto questo era previsto. quello che mi ha sorpreso è che non è sgorgato nulla dal condotto lagrimare. come in fondo mi sarei aspettato. e come sarebbe successo qualche mese fa. che in fondo è financo una bella cosa. però è come se fosse una reazione al fatto le cose ti investono, e ti travolgono. e la commozione, struggente, è il senso di essere nudo nel bel mezzo di una corrente fredissima, e i brividi sono paralizzanti. quindi belle le lagrime emozionevoli, ma sono l'epitome di un qualcosa che non protegge in modo adeguato. e va bene i condotti pieni e sgorganti. ma è il resto che è protetto troppo poco, e che ribalta, che forse va bene anche meno. meglio tutelarsi. che up&down emotivo continuo è faticosissimo. e non aiuta. quindi quasi meglio niente lagrime. credo sia l'effetto della sertralina. e non capisco dove inizi il cinisimo pragmatico funzionale acquisito - ed autoprotettivo - e dove finisca la debosciatezza umorale, che andava di moto di tipo browniano, che poi hai bisogno degli stabilizzatori. ma è giusto una domanda leziosa. e non cerco la risposta. va bene così. e mi godo il momento. ed il resto del programma del concerto.

e poi c'è quella che, in fondo, ha ispirato il post. che al solito è già più lungo di quello che avrei voluto. è che ad un certo punto mi sono accorto della fanciulla - piccolo eufemismo - della fila avanti la mia. biondina, arcata dentale superiore pronunciata - che mi piace da morire - e con un sorriso che sembrava quasi ontolgico. non era sola. alla sua sinistra vi era il suo compagno. ad un certo punto ha allargato il braccio, per cingergli la spalla ed accarezzargli la guancia, con una levità che levati. sarà stato il momento, sarà stato l'emozione di quelle esecuzioni e la bravura di quel coro. ad un certo punto, momenti dopo, ho notato che lui ha adoperato la stessa tenerezza a lei. ho pensato che avrei voluto qualcuno lì accanto, a condivedere quell'emozione. ma poi va bene anche fruirlo da solo. davvero. ecco. non so per quale motivo - totalmente irrazionale - mi è partito il cinema che costoro fossero una coppia da non troppo. come avviluppati dall'endorfina dei primi mesi. bellissima quell'endorfina. poi lui si è girato verso di me. e mi sono accorto che sarei io tra settottonove anni. e mi è sembrata una cosa normale, serena, facilissima, naturale, quasi ovvia, iniziare cominciare una relazione a quell'età. come se non ci fosse, per forza, un limite oltre il quale appendere le scarpe al chiodo - figurativamente, ovvio. non so, magari questi stanno assieme tra millemiGlioni di anni e sono - fortuna loro - ancora innamorati l'uno dell'altra. adusi a scambiarsi quelle tenerezze lievi mentre un coro d'insieme avviluppa d'emozioni gli astanti. o forse è comunque proprio così. che non c'è un limite perché succedano quelle cose. se si è pronti, se si ha la predisposizione ad accogliere l'altro, o l'altra. se non ci si chiude al giungere di qualcuno o qualcuna dentro la tua vita. anche se è più fottutamente complicato, almeno per me. ma che sia complicato non significa non sia possibile. che io sia complicato non significa il tutto sia necessariamente ostativo. è solo un po' più complesso, ma mica impossibile. e so quanto e cosa possa offrire e donare.

ma soprattutto lo sguardo di quel me tra settottonove anni guardava avanti, con la consapevolezza che si viva adesso, oggi. estigrandissssssimicazzi tutte le storture, inciampi, casini, inadeguatezze, incompleteze, errori, perplessità, mancanze, sfighe, timidezze, zerbinismi, minchiate, dolori, delusioni. duedipicche, succubismi, indecisioni, disillusioni, lagrime, lancinamenti, ingenuità, fallimenti del passato. quelli sono, appunto, passati. ci hanno riempito di bozzi, lividi, ecchimosi, occhei. ma la peculiarità di quest'età è che vanno bene anche questi. vent'anni fa sarebbe stato diverso, si ardiva per la pelle liscia, le tette sode, e che tutto dovesse andare magnificamente. ma ormai vent'anni fa è roba vecchia di quattro lustri. anche se eravamo giovani. oggi, l'allora di ieri, è vecchio. e anche basta le cose vetuste, financo se ci hanno segnato. perché è ora che stiamo surfando nel divenire dell'esistere. è ora che succedono cose. anche una carezza durante un concerto. prima eravamo felici e non lo sapevamo. bene. ormai il prima è andato ed ora stiamo nel dopo. quindi proviamo a ricostruire altra felicità, quanto si riesce e quanto la fantasia suggerisce, ora. adesso. che è il momento che precede il domani. che poi sarebbe la direzione dove è più scaltro rivolgere attenzione lo sguardo, le energie, lo sbattersi. per il semplice fatto si va da quella parte. non è più nemmeno una questione che può piacere o meno. succede. semplice.

come si risolve un accordo che va alla tonica, per chiudere un brano. è una specie di obbligo armonico. ed insieme è la cosa serenamente più naturale accada. e siamo fattti per l'armonia più semplice. adesso. sguardo verso cui fluisce mica solo la musica.


[img. il requiem, il brano centrale del concerto. non lo conoscevo. non avrei mai immagino che un'opera del genere potesse essere così delicata, lieve, nella sua bellezza]