Sunday, January 30, 2022

primus inter pares [odddddio, tutti inter-inter-inter..]

quindi son salito sulla mulattiera con il lanternino. son partito solo. sono arrivato in compagnia. le cose interessanti son due.

  1. la luce di una candela è sufficiente, quando è buio-buio. non è semplicissimo, ma poi si abitua l'occhio, anche a guardare per bene dove metti i piedi. anche se il baluginio oscilla, con l'anzare dei passi;
  2. nel momento sono partito, con ancora sprazzi di chiaro ad ovest, sapevo avrei vissuto un momento che avrei ricordato come intenso, emozionante. di quelli che rimangono impressi. latenza tra esecuzione dell'attimo e consapevolezza di viverlo come attimo appossimante la felicità: pochi decimi di secondo.

mentre salivo ho pensato a mio padre. che non è solo perché il lanternino era il suo, verosimilmente quello della prima marcia. che non è solo perché mi rimarrà sempre l'eco dell'ultima sua di marcia, che saltai per una delle serate più tragicomiche abbia mai vissuto. e averla buttata via per una minchiata simile non riesco a perdonarmelo del tutto [diommmmio, che ribrezzo che mi fece quella fanciulla. tempo di latenza tra l'apertura della porta di casa sua e la percezione avrei dovuto filarmela a gambe: pochi decimi di secondo.].

no. l'ho pensato anche perché immagino come avrebbe vissuto un momento istituzionale come quello di oggi, con il rispetto un po' da sovrasttuttura di ossequio dell'autorità. l'aveva imparato a militare. cosa che per lui era stata così entusiasmante, da portarsi dietro quel genere di effetti. naturalmente erano praterie in cui scorrazzare nel mio rapportarmi in maniera un po' conflittuale. tanto che avrei guardato con sufficienza, qualche lustro fa, questa cerimonia d'elezione presidenziale. magari con qualche uscita un po' da traverso caconfonico, a guardarla da una certa inquadratura di paradigma. probabilmente mi avrebbe anche ripreso, stigmatizzando. ed io avrei avuto la [madra] soddisfazione di aver centrato il punto.

che sbruffconesco coglioncello ero.

camminavo da solo, con il mio lanterino, ed il baluginio ballonzolante della candela. guardavo orione maestoso che cominciava a raddrizzarsi a sud est. e mi è venuto in mente che in quel momento stavano eleggendo il PdR. forse era già partito l'applauso, quando si raggiunge il quorum, e la cosa è tecnicamente ratificata. ho pensato che mi sarei emozionato anche a vederla. un'emozione diversa di essere ad osservare orione in quel contesto. ma pur sempre emozione. e mi chiesto se c'era una qualche connessione tra me che salivo con il lanternino, e la più alta carica dello stato. e la risposta è: certo, il PdR rappresenta l'unità della nazione. che poi saremmo noi. e quindi ho pensato a tre cose, piccoli [apparenti] paradossi:

  1. che io sono tendenzialmente sono un po' orso. ma sono fottutamente, inestricabilmente, ontologicamente dentro una serie di noi. anche quello civico. ed il patto sociale che lo sostanzia. al netto del fatto ci sia un sacco di gente che non ne ha esattamente contezza;
  2. che far pace con 'sta cosa istuzionale è una specie di comunanza con mio padre. anche se ci siamo arrivati con tempi diversi, con strumenti culturali diversi, con necessità scettico-argomentative diverse. nel senso che è molto probabile lui non ne avesse proprio, di queste necessità. forse intuiva cose che io devo psicopipponarci sopra mica poco;
  3. che forse invecchio anche in questo. che un po' mi sono rammollito. o forse è proprio questa serena consapevolezza. nel senso che non c'è mica bisogno di chissà quali distinguo. e forse le cose si sovrappongono, anche il rammollimento, che un rammollimento con lo sticazzi.

abbiamo un nuovo precente PdR, che aveva dichiarato la sua indisponibilità a non farsi rieleggere. forse ne aveva i coglioni pieni, dubito avesse giiiudi [quasicit.]. è decisamente più probabile lo facesse per rispetto Costituzionale ed istituzionale. primo inter pares nel preservare la Costituzione, che è il fondamento di del patto sociale. adattarsi alla realtà è un sintomo di salubrità psichica. vale anche in ambito delle istituzioni. non è che abbia cambiato idea, mi arrogo di interpretare. sono sucesse cose. e ne ha tratto le conseguenze.

c'è un elmento anche qui [trovo] paradossale. che la forma scelta è stata quella dei capigruppo saliti al colle per chiedere. il valore simbolico di quel passaggio è stato molto potente. e, mannaggia, quanto penso siano di una bellezza importante questa simbologi. è il parlamento che decide. qualcuno che è pù importante anche del primo inter pares. che rappresenta tutti noi. tutti quelli inter pares.

che poi ci sarebbe pure l'elemento ancora paradossale. che potrei pisciare in testa a quasi tutti quelli che hanno deciso acciocché il PdR fosse riconfermato [oddddddio, in realtà hanno preso atto dei essere, molti di questi, dei peracottari.] eppure sono comunque più importanti loro. ed è giusto sia così. financo di un guitto come l'ex ministro della paura. che vien comodo da prendere come esempio. anche alla luce che era quello con il numero di voti, in parlamento più alto, ma è stato istutuzionalmente un percottaro, politicamente da bocciare, tatticamente un disastro.

che li prendi singolarmente sono, molti, mica tutti, da aprigli la testa e verificare la segatua ivi contenuta. però incarncano anche la sacralità laica del parlamento. è roba che li tascende. è questa sacralità laica che, molti, mica tutti, stanno apostatizzando. e che sia una cosa grave lo capiamo davvero quasi tutti, noi inter parers. senza sapere forse esattamente perché. ma se siamo abbastanza tuttti scandalizzati, forse offesi, di certo poco lieti. è l'importanza del simbolo istituzionale.

mio padre se spieava lo era e lo fruiva col suo mood, per quanto chissà le volte che si è fatto questa psicopicca. io l'costruito un po' diversno, parte per la storia scettico-analitica,  ma in quel valore c'è dentro la necessità di essere inter pares, che poi è come essere noi e qualcosa ci rappresenti, con una struttura per poter garantire il patto sociale.

ora abbiamo [ancora] un rappresentante che non la sa lunga: di più, di questo senso di rappresentanza. eletto da una masnada di meno che mediocri, molti, non tutti. eletto per disperata consunzione. e funziona perché abbiamo quello bravo esattamente in quello. cosicché noi si mantenga quel rispetto, per il fatto di essere inter pares. grazie al primus.

sì. in fondo credo ci sia qualcoa di sottilmente emozionante. roba che scivola via bene a ragionarci sopra, quando c'è orione che si raddrizza a sud est.

Thursday, January 27, 2022

qualche appunto di Memoria

in effetti faccio sempre un po' fatica a scrivere qualcosa per il giorno della Memoria. però non farlo mi farebbe sentire in difetto. meglio una frase scontata, piuttosto che il lasciar correre senza.

questa volta è più destrutturato. idee sparse. qualche appunto, acciocché possa continuare a fare Memoria.

il venticinqueaprile, continuo a pensare, è soprattutto ancora più bello perché è il venticinque di aprile. nel bel mezzo della primavera. roba che ha una fottuta potenza evocativa: è la nuova bella stagione che ormai si è sostanziata. e grida di gioia e di luce di rinascita. 

ecco oggi mi ha suggestionato il fatto che la giornata della Memoria ha una specie di evocazione simile, simbolica. il ventisette di gennaio i sovietici entravano ad auschwitz. la fine di gennaio è una sorta di spartiacque. è uno dei periodi più freddi dell'anno. c'è l'effetto accumulo dell'inverno. però già si  percepisce stia cominciando a mollare. che se ne uscirà. la luce ormai sembra riesca a farcela a sbucare, il giorno smette di essere timido nell'allungarsi. siamo lontani dal solstizio, i nodi di alba e tramonto si sposano più in fretta. fa ancora freddo. è ancora inverno. che è nella nostra memoria archetipa, che vi si poteva morire di freddo, di fame, di stenti. ne sono morti a milioni, di fame, di freddo, di stenti, di follia umana. il campo viene liberato alla fine di gennaio. è stato l'inverno del male assoluto. i soldati sovietici entrano e trovano umani che hanno smesso di sentirsi tali. chissà cosa avranno pensato. cosa avranno provato. come si saranno guardati. cosa deve essere passato nella loro testa, a quei pezzi di umanità offesi ed umiliati che - di colpo - si scoprivano ancora donne e uomini. faceva ancora un freddo fottuto, il freddo patito dal male del mondo. però l'inverno cominciava a mollare. se ne sarebbe potuti uscire. lunga e lontana la primavera. ma un po' meno.

già il freddo. ci ho pensato stamani, anche stamani. mentre pacioso e privilegiato sgranchivo le mie viziate membra al sole di metà mattina. sciarpona al collo. caffè fumante in mano. il cane dietro a ticchettare le sue unghiette sul trottatoio. il prato già vellicato dal sole senza più brina. quello ancora in ombra con un po' di patina ghiacciata. al sole, piccolo tepore. freschazzino intorno. da lì a poco sarei tornato in casa, comodo seduto a lavorare. ho pensato a cosa può essere il freddo vero. quello continentale. con pochi stracci addosso, brandelli di calorie ingurgitate a sostenere il corpo schiacciato dai lavori forzati. era un fastidio temporaneo, il mio. maglione, sciarpa, doppia calza imbottita, caffè fumante. brinettina lì accanto. cosa cazzo deve essere avercelo a mordere le membra, e saper che è strutturale, inevitabile, ontologico. e viverci dentro. quale patimento continuo, perenne, con la consapevolezza che sarà fin quando non finirai tu. con tutto il punto di accumulazione di quel male assoluto attorno. ho provato a pensare al freddo. uno degli elementi degradanti che costituivano la realtà di quell'esistenze. l'unico che posso condividere, provandolo, seppur per brevi tratti e temperature al confronto miti. l'unico di cui posso aver un qualcosa che si avvicini alla contezza. gli altri fatico anche a immaginare cosa possano significare.

pensando anche che lì dentro sarei morto centinaia e centinaia di volte. al netto delle selezioni. quante volte sarei morto di sfinimento, di fatica, di freddo.

c'è il capitolo in se questo è un uomo, quello intitolato il canto di ulisse, dove la fatica, il dolore della fatica, è come se uscisse dal quel libro - per me imprescindibile. tu sei lì, ti sembra quasi di percepire quanto sia urticante il contatto del metallo della trave che stanno spostando, con sforzi lancinanti. e nel mentre Primo Levi ed il greco, il compagno di lavoro quel giorno, provano a dialogare, i brandelli di greco antico che Levi ricorda da l'odissea, il canto di ulisse della commedia. quel contrasto tra l'umiliazione di quel momento di sopraffazione, che nemmeno a coloro che fatti furono a viver come bruti, con la levità solenne che è l'incoercibile tensione a seguir virtute e canoscenza. in quel capitolo c'è dentro un sacco della spaventosa immensità dello iato, tra gli estremali che possiamo raggiungere. che è stato raggiunto. quindi dentro di noi.

già. perché tutto quella roba lì, è roba nostra. siamo stati noi umana gente a immaginarlo, pianificarlo, ed attuarlo. è roba che sta nelle nostre corde. se l'abbiamo pensato è perché è possibile. è questa la cosa che non smette, proprio, di lasciarmi tranquillo. ne siamo siamo capaci, in potenza e non solo. l'aberrazione assoluta che contraddice il concetto di umanità. il fatto di considerare non-più-umani esseri umani per il fatto di essere qualcosa di teorizzato come non degno di esistere, di dover finire di vivere. ebrei, rom, sinti, omosessuali, portatori d'handicap, malati di mente, oppositori politici. non si tratta di aver fatto qualcosa, ma di essere. è una confutazione dell'essenza, per questo aberrante. per questo disorientante. [per questo, fatti i distinguo dovuti, in milionesimi, provo comunque un'inevitabile repulsione al concetto di clandestino. che sia un migrante o chiunque altro. quand'anche solo in ambito amministrativo: essere in difetto, per la legge, per il fatto di essere, e non di aver agito [o non averlo fatto] in un qualche modo].

ma se ad andare in una direzione è aberrante, in senso inverso vale il contrario. la negazione del male assoluto e dei suoi epigoni, è il concetto di giusto tra le nazioni. Moshe Bejski, che ha presieduto il comitato, è stato uno degli ebrei della lista di schindler. tra le altre cose si attivò per aiutare schinlder dopo la guerra, dopo i suoi fallimenti come imprenditore pezzottato. venne criticato, per il fatto si adoperasse per aiutare un nazista, cosa che schindler tecnicamente era [stato]. Bejski sosteneva che non è importante chi tu sia stato. ma è quello che hai fatto che può redimerti. chi salva una vita, salva l'umanità intera. è il ribaltamento del paradigma. salvifico. anche nell'accezione più laica, umana ed immaente del termine. Moshe morì il seimarzo duemilasette. per quello il seimarzo è la giornata europea dei Giusti, che si sono battuti contro i totalitarismi. che c'è stato il male assoluto, ma anche le sue declinazioni. ed ogni volta, almeno, vi è un Giusto a salvare l'Umanità.

[quindi un paio di piccoli incisi. fastidiosetti]

[il primo, che non riesco ad eludere da ormai tre anni. continuo a non riuscire a capacitarmi dell'assurdità lancinante della questione palestinese. e lo stato di apartheid strisciante e le contraddizioni di quella terra [che di santa ha proprio un cazzo], di quelle genti, di quel bubbone politico, e tutto il dolore che lo avviluppa, che è stato inferto e subito negli ultimi settant'anni, da tutte le parti. però capisco che è una questione fottutamente complessa, e tremendamente stratificata. che una cosa sono gli ebrei specie gli ebrei nel mondo, una cosa l'ebraismo, una cosa lo stato di israele, un'altra [e più ferale] il sionismo. poi che rimanga più affascinato dalla cultura e dalla storia ebraica, piuttosto che quella musulmana araba mediorientale è altro discorso, davvero altro discorso.]

[il secondo, che si fa via via più fastidioso, fino a sembrarmi disgustoso. vorrei non scrivere dei novacse e similaritudini, almeno oggi. ma ci sono aberrazioni della realtà che spingono alcuni di questi a paragonarsi a quel tipo di persecuzione. la versione delirante del frocio col culo degli altri. non so quanto in modo consapevole, ma sfugge loro il dettaglio che le limitazioni, pure quelle fastidiose ed importanti, sono legate qualcosa che [non] è stato fatto. non a qualcosa per cui loro sono. e che sono limitazioni temporanee, fino a prova contraria, al netto della distopia percepita dall'ossessione complottista. non ostnte le imprecisioni, le contraddizioni sono ispirate al concetto di salute pubblica. che poi significa noi. che poi è il cambio di paradigma dell'io, decisamente soverchiato da un individualismo solipsista. talmente soverchiato che si perde il contatto con la realtà. è proprio una questione di traveggole. e quindi ci si spinge anche a questi paragoni. in maniera molto, molto personale è una linea di demarcazione piuttosto netta ed importante. chi scavalla e deborda oltre quell'obbrobio finisce in una categoria - personalissima - ben precisa. non per quello che è, ovvio, ma per quello che fa, financo in termini di pensiero distorto, da una visione che è obnubilata da un'aberrazione ferale. aberrazione dal punto di vista figurativamente ottica, intendo. anche solo avvincinarsi, pure da molto lontano, a questa sacralità laica, e la Memoria che è dovere civico, è una bestemmia. sono agnostico, ma mi danno fastidio quelle religiose. figurarsi quelle civili]

che buona e imperitura sia la Memoria. è il minimo che noi si può fare.

[updt. se qualcuno dei tre-quattro, avesse poco più di un'oretta, può ascoltare questo, di Memorie riportate. e soprattutto l'intervista ad Edith Bruck, dal minuto 51, che è illuminante. credo davvero meritino.]

Saturday, January 22, 2022

scivolamentismi [et dicotomie]

mi è tornato alla mente un episodio.

una sabato sera di qualche anno fa discussi furiosamente con una persona importante. usando uotsapp, devastante. c'è un piccolo paradosso in quell'episodio: l'associo ad una splendida stellata, che il cielo era terso e la primavera avanzata. stavo rincasando, e quello spettacolo astrale mi mise di ottimo umore. sì, le avrei detto che l'avrei raggiunta durante la sua trasferta, capovolgendo quello che ci si era rassegnati ad accettare. fanculo al fatto dovessi giustificarmi sarei mancato qualche giorno. fanculo fossi spiantato, ed anche un viaggio, tutto sommato piccolo, non sarebbe stato indifferente per le mie finanze. ora glielo scrivo, immagino le farà piacere. e invece discutemmo furiosamente. la miccia: un malinteso, che quando manca para e metaverbale a volte può capitare. il propellente: la compulsione reciproca al parossismo logico-analitico, ostinati e senza cedere un millimetro. la camera di combustione: lo sconcerto ci fossimo trovati a discutere d'improvviso così furiosamente, per la prima volta, con circonlocuzioni retoriche che ad ogni passaggio era un carico emotivo mica da poco. ogni piccolo pertugio contradditorio nel ragionamento dell'altro era tipo una bella stantuffata di mantice: vvvoussssshhhhhh, e la discussione avvampava.

finìmmo dopo un paio d'ore. io sfinito e provato, ma sapevo di non essere il solo. ovviamente saltò la trasferta, il bello che avrebbe potuto esserci non ci fu. non fu semplicissimo ricominciare a parlarsi. il primo passo non lo feci io [da questo punto di vista ho un approccio molto nichilista: finisce tutto? e sia].

del malinteso da cui partì la buriana figurarsi se ho memoria. come peraltro sarebbe successo altre volte: ma perché abbiamo scazzato? boh. e chi se lo ricorda più. come se quello fosse un cazzillo poco pregno di senso, che appena dato l'innesco può essere rimosso veloce e rapido. tipo una scusa, vuota e vacua. ricordo però bene il razionale profondo del mio incazzo e della mia offesa. dal turbinare di messaggi sembrava emergere che l'altra fosse convinta che, scientemente, mi adoperassi per procurarle nocumento. sì, insomma: sapevo di stare facendo lo stronzo, continuavo a farlo, quindi lo ero. il fatto che mi pensasse capace di questo, farlo a lei, con pervicacia e convinzione, perculandola garantendo il contrario mi faceva sbarellare. mi sentivo oltraggiato, giudicato male ingiustamente. questo mi fece incazzare, mi offese. e mi scosse molto: quasi che la convizione altrui - o quello che pensavo fosse la convinzione - potesse in qualche modo sostanziare quella roba lì. il fatto che lo pensasse non mi metteva al sicuro fosse in effetti così. e quindi giù, ancora più convinto e deciso, nel cercare di metterla all'angolo retoricamente, perché ritrattasse, o ammettesse di sbagliarsi. così che io potessi tranquillizzarmi non lo pensasse veramente, e quindi nessun rischio lo fossi.

naturalmente era tutto cinema nella mia testa. l'essere percepito così stronzo e giù tutto il resto. non credo lo pensasse. sono convinto non lo pensasse. così come sono convinto ci fosse un cinema duale nella sua di testa. e cose che non pensavo di lei, e che le mi rinfacciava.

la cosa un po' più ineluttabile era che il tutto nasceva da cinemate in testa, tutto molto etereo. ma gli effetti riverberavano ben bene nella realtà. anche i rimpianti, dopo, per non aver saputo godere delle occasioni. vabbhè.

in fondo eravamo due cazzoni, probabile perché incerti, nel contesto dell'epoca. ma cazzoni eravamo. io forse un po' di più [forse], di sicuro molto incerto.

oggi non credo accadrebbe più. e non solo perché ormai non ci sono più nemmeno troppe occasioni per discutere o litigare.

oggi non accadrebbe, per lo stesso motivo per cui credo di aver finalmente capito si debba lasciar andare quel genere di discussioni. a dirla tutta la considerazione mi è venuta pensando ai novacse e similaritudini. che magari accostarla anche lontamente a questi è cosa ingenerosa. ma è per la dinamica compulsiva che si scatenava, a cui si può dir finalmente: ciaociao. che pensare ai novacse, e come relazionarsi, è molto più facile trovare il punto nodale, l'elemento scatenante, ed accanto l'interruttore della luce: spegnere e salutare. sottrarsi e fare silenzio. è autoprotezione. specie se quello che si scambia per confronto avviene nel luogo che si fa tossico, proprio per questo genere di interlocuzione: i soscial. discutere con novacse e similaritudini di tutta quella catena montuosa di complessità globale, che declina con la fatiche emotive che ciascuno ha vissuto, funziona come provare a parlare di filosofia teoretica ad un rave, sotto la parete di diffusori. molla. non passa granché. tutto soverchiato dal vibrante unz-unz-unz-unz che massaggia intenso anche la milza e il pancreas. e quindi ovvio alla fine si finirebbe per urlare, sforzando le corde vocali e accendendo il turbine dell'incazzo. molla. non serve.

e mollare, lasciar andare, è liberatoriamente rasserenante. anche se il paradosso vuole sia la scelta meno semplice da fare. però ci si può riuscire se si infilano un paio di condizioni. una più di contesto, l'altra più di struttura. per quanto i confini non è che siano così netti e precisi. si ha sempre a che fare con la complessità delle umane cose. il senso sta [quasi] sempre in una dimensione frattale.

quella di contesto è la serena convinzione scettica della propria visione, del proprio modo di pensarla. vogliamo declinarla col novacse e similaritudini? l'efficacia globale della vaccinazione che raccontano i numeri. più o meno quello di cui già sproloquiavo qui. i numeri rasserenano quell'istanza. il pungolo scettico è continuare ad osservare con attenzione il contesto, le storture che mica non mancano. anzi. però il senso generale non cambia. ci vuole la tabella di decodifica per come e quando comportarsi? l'hanno complicata e attorcigliata? sì. certo. questo non confuta l'efficacia della vaccinazione. ci piacerebbe il vaccino che contrasti il contagio, disponibile per tutti cosicché anche chi non vuole vaccinarsi ne esce assieme a tutti gli altri? certo. ma questo c'era finora. ed è efficace nel modo in cui riesce. i poteri forti hanno costretto a rendersi proni a bifarma? forse. ma la vaccinazione è efficace. il griiinnpasssse è discriminatorio ed è un modo surrettizio per far vaccinare? anche. ma la vaccinazione è efficace, ed uscirne significherà anche farlo sparire 'sto griinnpassse. è tutto l'inizio di un nuovo ordine mondiale, dove saremo controllati altro che matrix? mettersi in fondo al labirinto fa molta distopia, che tira sempre, però anche paranoia. sarà distopico ma è soprattutto futuro, quindi tutto che adddddavenì e provate e dimostrarlo ora, se siete buoni [a proposito di gente che scrive post interessanti e chiari, mica i miei sproloqui [grazie amico Ema]]. intanto l'efficacia vaccinale è nei numeri. 

ennnnniente. sono andato lungo sulla condizione di contesto.

è che rimaneva la condizione di struttura. che poi è la scintilla che ha ispirato questo post. e siccome contravvengo in toto le regole dello scrivere sul web, finisce in fondo. anche questo cappello di inframezzo, per dire, allunga il brodo. ma tant'è. vogliatemi bene ugualos.

provavo a dire: la condizione di contesto acciocché mollare, lasciar andare, diventi liberatoriamente rasserenante. che a scriverlo è facile. il resto forse un po' meno. ma ci si può riuscire. ed è far propria la consapevolezza che noi siamo oltre le nostre retoriche interlocutorie. noi non siamo il nostro umore [cit. mentre salivo verso l'ingresso autostradale di genova nervi] ma non solo. siamo ben oltre quello che possiamo provare a portare come opinione e visione delle cose. capacità di argomentarlo in maniera efficace inclusa. non che non sia imporante, neh? ma non siamo solo quello. nemmeno se quella è una cosa che ci riesce discretamente bene. nemmeno se può capitare di averci quello come elemento di fascinazione, da offrire al posto di pettorali ben torniti e abbronzati [il genere femminile, può immaginarsi altre alternative. chi è fluido altre. e così via]. non importa quando saldi, alti, immarscescibili, etici siano i principî che ci ispirano, da cui declinare le argomentazioni. non importa quanto siano buoni a ditteggiare tecniche retoriche, interlocutorie, persuasive. noi siamo oltre quello. l'altro, colui che dovrebbe fruirne grato, ce le ributta indietro e non riconosce il nostro valore? per per tutte le ragioni di questo mondo: con tocchi di razionalità o debordanti di irrazionalità disagiata? il punto di svolta esistenziale con cui reagire: estigrandisssssssssimicazzi.

di nuovo. non che non sia importante e necessario come rinforzo positivo, neh? tanto più se nell'altro, del suo riconoscimento e conferma, abbiamo riposto aspettative più o meno elevate. ma nessuno è davvero così importante da portarci via quella consapevolezza se ce li nega. io sono oltre l'effetto dell'interazione con l'altro, cosa può pensare di me compreso. anche se è doloroso farne a meno, non riuscirci, o sapere ci percepiscano all'incontrario. roba che traballa ad ogni due di picche, ad esempio. roba che è complicata se l'affetto ed il coinvolgimento emotivo con l'altro è tanta roba. [io ho compromesso, forse per sempre, un'amicizia importante, storica. è stato doloroso. probabile io abbia iniziato a vacillare tanto anche per questo. sono dispiaciuto. ma ho preso atto possa succedere. è il gran ballo dell'esistere. ma non mi sento [più] con meno [auto]stima, in generale].

ora. decidere di mollare l'interlocuzione con un novacse e similaritudini è relativamente più semplice. lo iato è importante, la polarizzazione fa il resto. non riusciamo ad intenderci, e c'è unz-unz-unz-unz da rave che levati. appunto, levarsi. noi si percepisce la paranoia loro. loro ci danno di coglioni lobotomizzati. estigrandisssssssssimicazzi, lasciar scivolare via. quando tutto questo sarà finito, più o meno finito, mica non lo sappiamo che rimarranno strascichi importanti. con più dolore nell'animo ma - di nuovo - estigrandisssssssssimicazzi. è un pat-pat non del tutto piacevole col principio di realtà. bisogna lasciar andare e lasciarsi scivolare anche questo. ognuno di noi è oltre e più importante anche di questi riverberi. poi il tempo farà il resto. forse. altrimenti per il complemento a uno c'è l'estigrandisssssssssimicazzi.

non son così ingenuo da pensare che lasciar scivolare via, mollare il colpo in altri contesti sia fottutamente più complicato. ci vuole una certa centratura, che già in sé, per un po' di gente, è concetto non proprio semplicissimo e/o così scontato mantere più o meno stabile. figurarsi farlo con lo sguardo il meno possibile sul proprio ombelico. ci vuole anche un po' di sana autostima, che non è come andare panettiere ed ordinare quattro rosette ben cotte. però non viene meno che noi si sia oltre il presentare le nostre opinioni e visioni. prenderne e farsene contezza è un bel respirare a pieni polmoni aria salubre.

non mi nascondo che il ricombinarsi di cose degli ultimi mesi mi sta dando una mano, tipo inspirare ed espirare con soddisfazione come fuori dal rifugio perucca vuillermoz. non escludo che anche il grammo e mezzo di sertralina, introiettato fin qui, abbia contribuito a suo modo. quindi una certa curiosità, con goccioline di apprensione, chiede cosa ne sarà poi. resta il fatto, quasi banale, che averne avuto una chiara piccola epifania, compresa fin giù in fondo, anche solo una volta, è situazione migliore che: circostanza mai pervenuta su questi schermi. alcune quasi ovvietà sono altrettanto rassicuranti. quindi visto e capito almeno una volta, è piuttosto probabile possa darti una mano, tipo un vademecum, l'appunto per la decodifica, un domani, se e quando.

me lo auguro. e lo auguro. lasciarsi scivolare via. mollare il colpo. la grandissima libertà di non essere quello che avrà l'ultima parola. siamo oltre, se poi usiamo onestà intellettuale è davvero roba che rasserena. è una scelta pure quella. come ha dicotomizzato, in maniera semplice ma sublime, una ascoltatrice in un microfono aperto psicopipponico, quelli del bacchetta [se capita, abbonatevi]. e la dicotomia dice che, in quel contesto, il mondo si divide in due: chi vuole avere sempre ragione, e chi ha deciso di essere felice.

ecco. una cosa così.

Sunday, January 16, 2022

buon compleanno cochi [ecsentiiiddd version]

['sta cosa l'ho pubblicata sul feisbuch. voleva essere una foto, con due righe di contestualizzazione. poi mi è venuta un po' più lunga di quanto pensassi. strano, non capita quasi mai.

e così mi son detto che col cazzo se la poteva tenere solo il signor feisbuch. perché non usare anche il signor gugòl? e poi quivi mi sento più sciolto et libero di scrivere più o meno tutto. e poi mi son venute in mente altre due o tre cosette. tanto, lungo per lungo.]


oggi il mio nonnetto putativo avrebbe compiuto centoanni. cento! [un po' si invecchia anche noi che siamo rimasti.]

gli ho voluto molto bene. mi ha voluto molto bene - probabilmente come pochi altri, con quella genuinità e disinteresse disincantato.

era un uomo senza età, perché era rimasto giovane ed entusiasta dentro. sono i privilegi delle persone onuste di intelligenza emotiva, e non solo.

lo incrociai la prima volta appena terminato il servizio civile. non sapevo esattamente chi fosse. avrei dovuto scrivere un articoletto per il giornalino di cose così del paesino. l'articolo di fondo, mecojoni. io obiettore convintissimo, lui generale in pensione. lo ascoltai ad un'orazione ufficiale. cazzo, non riuscii a trovargli nulla da confutare. eppure era un generale, com'era possibile?

scrissi l'articolo per il giornalino di cose così. lui lo lesse. andò da mio padre presso la serra dove lavorava, si consocevano: gli chiede se chi aveva scritto fosse suo figlio. figurarsi mio padre, molto onorato che un generale chiedesse di me. e che avesse molto piacere conoscermi. mio padre me lo riferì con soddisfazione. io non ci badai molto. era pur sempre un generale. ed io pur sempre un po' distaccatamente stronzo con mio padre.

lo rividi qualche mese dopo. vendevo le copie del giornalino di cose così. la sera prima ero stato al concerto del guccio, quello dell'epifania di quando iniziò "canzone per un'amica". incidentalmente il giorno del mio compleanno.

mi disse che aveva che aveva chiesto di me, letto l'articolo, rimasto colpito. mi redarguì bonariamente su un paio di passaggi molto idealisticheggianti. già. perché non tutte le guerre sono state sbagliate: vuoi mettere quella di Liberazione? e mi raccontò: nel '43 era un sottotenente appena uscito dall'accademia, l'esercito era allo sbando. fossi stato al nord sarei salito in montagna. ovvio che mi conquistò.

cominciai ad andare a trovarlo. e continuò a raccontarmi.

seppe di essere antifascista nel '38, quando promulgarono le leggi razziali. il suo compagno di banco del liceo non si presentò più in classe. solo quel giorno scoprì fosse ebreo.

e di un antifascismo ontologico è sempre andato fiero. così come del suo anti-berlusconismo. puzzano allo stesso modo. ed io quel puzzo lo conosco bene, mi ripetè gazziGlioni di volte.

ricordava con commozione il padre, che di fatto non aveva mai conosciuto. i genitori separati, lui al convitto nazionale di roma [sì, erano molto ricchi e di famiglie altolocate], con la madre che gli raccontava le peggiori nequizie sull'altro genitore. anni dopo scoprì chi in realtà fosse. incontrò chi lo aveva conosciuto come medico, una volta cacciato da roma, ad esercitare in paesini del sud. quanto si fosse dato da fare - socialista durante il regime - e come fosse ben voluto da tutti. e mi raccontò di come iniziò ad avercela ferocemente con la madre, per averlo ingannato. "non ho mai potuto volergli bene quando era in vita. gliene ho voluto dopo, ma senza mai poterglielo dire e dimostrare". e questa cosa lo struggeva, ancora dopo anni e anni.

gli aneddoti erano molti. per quanto spesso ripetuti. ma ogni volta era un po' come ascoltarli come fosse la prima. per quanto ogni tanto ne saltasse fuori qualcuno di nuovo. e la cosa mi stupiva: come se rimanesse sempre qualcosa da raccontare.

così come mi stupiva come mi accoglieva, sempre con gioia. come se ogni volta fosse una specie di cosa nuova ed imprevista.

nelle settimane in cui attendavamo che mio padre se ne andasse, lo evitai scientemente. nell'hometown in pochi sapevano, e così doveva essere. non sarei stato capace di mentirgli. quando mio padre mancò venne a trovarci, provato come pochi altri. ad un certo punto ho financo temuto si stesse emozionando troppo.

già, perché quando lo conobbi il suo cuore aveva già cominciato a far le bizze. ma con rigore prussiano, pur essendo di base un autoironico romano, si affidò alle terapie, alle cure. gli piaceva troppo vivere e confrontarsi. poi nell'autunno di quel duemilasette così pazzescamente illusorio, ebbe una crisi importante. ci fu un momento di una domenica pomeriggio in cui non si sapeva se avrebbe passato la notte. lui era comunque cosciente e conscio potesse essere l'ultimo dei suoi giorni. non ostante fosse sfibrato si fece portare sei pezzi di carta ed una penna. scrisse un pensiero di commiato ad oguno dei suoi cinque nipoti, e quindi volle scriverne uno anche per me.

da quel giorno, tutte le volte possibili, ho cercato di passare a trovarlo. conscio di non dar per scontato la presenza delle persone.

sì. anche per questo mi son sentito voluto bene.

[anche se quando si scazzava con l'amica vibù stava sempre dalla sua parte, anche quando avevo ragione io [che accadeva nella quasi totalità delle volte. suvvia, si scherza...]]

quando gli portai a conoscere, orgoglioso, quella che sarebbe diventava la mia ex-socia, che allora consideravo - pirla - quasi la persone più importante per me, sgamò il nocumento in pochi minuti. e capì in qualche attimo quello che io avrei scoperto solo anni dopo, con non poco dolore. che costei, serenamente, mi stesse soggiogando. ed io glielo permettevo, scambiandolo per affetto raffinato. dove c'è un masochista non ci può non essere un sadico. al netto che il masochista sia pure un pirla.

a dirla tutta, l'intuizione giusta la ebbe la sua Lola, la sua sposa. di cui era perdutamente innamorato ancora dopo decenni, la desiderava come il primo giorno. subiva con eleganza il fascino femminile, delle donne colte e intelligenti. ma aveva occhi solo per la sua Lola. le scriveva una lettera il giorno del suo compleanno, il giorno anniversario in cui si erano conosciuti, il giorno anniversario delle nozze. aveva iniziato a farlo svariati lustri prima. fanno un bel numero di lettere.

ogni volta che, l'ultimo sabato di gennaio, si sale la montagna con il lanternino in mano, si passa anche sotto casa sua. ed era tradizione mi girassi verso la sua finestra, alzando il lanterino accesso per salutarlo. e così si poteva riprendere a camminare. lo faccio anche ora. anche se la finestra è chiusa. un sottile magone. ma poi si riprende a camminare.

se ci fosse ancora, sono certo, sarebbe il primo a firmare e volere l'intitolazione a Giro Strada [e Teresa Sarti] di piazzale cadorna. quel figuro: un'onta nella storia dello stato maggiore dell'esercito [si infervorava e diceva: porco macellaio, a raccontarla tutta]. 

anche per questo gli si voleva bene. ma non è solo per questo. se ha senso provare a scriverlo.

se ne andò nella primavera di sette anni fa, delicatamente. il sabato prima, quando andai a trovarlo, gli intravvidi un'espressione che mi sembrò inequivocabile. sembrava proprio non avercene più. smadonnava contro la sua Lola, e contestualmente appariva lucidissimo. un po' spaventato ma lucido. lo salutai il giorno dopo, appena prima di partire per tornare a milano, lui era nel letto a riposare. gli promisi che da lì a poco, nella parata del venticinqueaprile, avrei manifestato anche per lui. fu l'ultima cosa che gli dissi. parve sollevato e felice. sono lieto di essermi accomiatato così. grandi emozioni, poi, quell'anno in manifesta.

mi capita di sognarlo, ogni tanto. ed ogni tanto mi assale quella malinconia, quando [ri]prendo contezza mi manchi.

almeno gli sono stati risparmiati questo infarto della storia che è la pandemia, le difficoltà e tutti i deliri che ne sono derivati a corollario. oltre al fatto che uno scempio con i capelli di kevlar sembra illudersi di salire al colle. una cosa esiziale per il suo cuore.

buon compleanno cochi. continui a vivere negli affetti delle cose preziose di chi ti ha voluto bene. 

 



Saturday, January 15, 2022

being Luigino [post del miko Luca]

[intro rapida: il miko Luca non è solo un ottimo battutista. oggi mi ha inviato questa mail. [Liude è la moglie del miko Luca, oltre ad essere la mia cummmmmmmà]

 

...oggi ci sono i funerali di Luigino.

Sicuramente sabato scorso Luigino non aveva in programma di andare al suo funerale oggi.

Non so se Luigino programmasse più di tanto.

Io ho preso l'aperitivo poco fa con Liude nel consueto baruccio della piazza... accanto alla chiesa dove poco dopo hanno celebrato il funerale, ma non ci sono andato. Mi è difficile andare ad un funerale se non è per maniferstare vicinanza a qualcuno che resta... e io la famiglia di Luigino non la conoscevo.
Aveva un fratello, con il quale quella sera aveva mangiato una pizza... e una sorella... abitava da solo.

Luigino non era normale, nel nostro senso.

Luigino aveva tutta una serie di problemi... ma la magia di una comunità piccola era che non era rinchiuso in un istituto.

Era un operaio del comune...era inserito in un tessuto, suo malgrado. 

Alto... allampanato... iperattivo.

Camminava in continuazione per il paese con quella sua andatura dinoccolata che lo portava a camminare con passi enormi e un'andatura quasi da camelide... lo potevi intuire a centinaia di metri... era LUIGINO.

Dopo una pizza in paese con il fratello, in una meravigliosa notte di luna piena ha deciso di incamminarsi verso il Belvedere... come centinaia di altre volte. È passato nel primo tratto dei ponti (io e te non l'abbiamo mai fatto perchè si taglia prima per scendere a casa mia nel bosco). 

Zona dove c'è sempre acqua ed è molto scura (perfino in estate) perchè fitta di abeti. 

Era una notte da -12/-15... l'acqua è ghiaccio... e se scivoli sotto alle barriere e cadi... ci rimani. 

Ci auguriamo tutti che sia avvenuto rapidamente.

Non è stata disposta l'autopsia... autorità costituita / medici / famiglia... tutti concordi... chi poteva voler male a Luigino?

Io non so che domande si facesse sulla vita Luigino... nella sua semplicità. 

Mi ha fatto diverse volte il culo perchè avevo parcheggiato male... e lui freni inibitori / prassi sociali / savoir fair non ne aveva... non gli serviva... lui era Luigino. Per tutti. oggi il paese è un po' più triste... a volte è nella semplicità che si lascia una traccia.

Gli auguro che possa aver trovato tranquillità... in qualsiasi dimensione... o che almeno possa continuare a misurarla a lunghi passi. 

Paradossalmente, un po' lo invidio. 

C'è una qualche forma di magia nella semplicità... devo allenarmi ad estrarla dalla realtà.

 



Sunday, January 9, 2022

visioni vacssse [le più ampie possibili]

il pollicione fa scorrere la pagina indefinita del feisbuch, quindi la mia attenzione è catturata davvero per due categorie di notifiche. i video di quelli che saldano e torniano, restaurano oggetti arrugginiti, fanno cose con la resina ipossidica, oppure fabbricano coltelli di ogni specie, partendo dalla qualunque cozzaglia ferrosa. sembra così semplice fare cose. dev'essere questo che mi imbambola, aver la percezione ti stiano spiegando il come. quindi prima o poi, magari, lo potrò fare anch'io. è rincoglionimento, lo so. e poi ci sono i post delle cinque novacse della mia personalissima bolla. sembra siano tantissime, invece è davvero sparuta minoranza, che comunque [mi] riverbera assaje. forse anche per il sentiment abbastanza pieno di livore di quelle suggestioni. dev'essere questo che mi imbambola, provare a non ignorare le storture argomentative incazzose di minoranze, che scrivono di istanze che sento molto lontane, che peraltro mi danno una certa itterizia. una specie di curiosità perversa, tipo quando leggo di cose dei neofasci, radicalismi cattolicheggianti e poltiglia similare.

sono cinque. discretamente variegate nella loro acredine, che poi è un tutt'uno con il revanscismo contestuale al momento. anzi, no. tecnicamente non è revanscismo, 'ché per esserlo bisogna prima essere sconfitti. mentre loro stanno combattendo una battaglia durissima. si sentono facenti parte di una resistenza. che oltre ad essere un privilegio [cit.], dà il diritto di redirigere le liste di chi sarà giudicato nel processo norimberga2, dove nulla sarà dimenticato [sic!], permette di far rilucere chi esprime con empatia l'amicizia vera e indistruttibile, da tutti gli altri, da espungere dalla categoria amicale. soprattutto dà loro un qualche senso alla sindrome da accerchiamento che percepiscono. d'altro canto essere minoranza, ed esserlo in un momento di divisione così intensa, non è semplice. e non è mica un caso che il tratto comune è che tutti gli altri sono variegatamente dei coglioni, servi, cinici, massificati, insensibili, pecoroni. cose così. credo torni tutto.

facendo slalom tra gli aspetti più eccentrici [meglio usare un eufemismo. credo siano tecnicamente dei risvolti paranoidi. ma io ho studiato altro. quindi non so neppure quanto sappia usarlo con la neutralità che sarebbe d'uopo], il razionale di fondo spesso è: siccome tutto è dentro un'azione governativa [con venature più o meno dichiarate come tiranniche], con elementi discutibili e confutabili, allora è tutto da rigettare. anche e soprattutto sull'efficacia dei vaccini, che quando non sono sieri genici sperimentali [sic!], non fanno quello che dovrebbero, hanno effetti avversi quindi sono da rifiutare. con tutto il corollario di schiavitù a bigfarma ed il cucuzzaro dei poteri forti. si guida allegramente nel contromano logico che siccome non sono sufficienti [vero], allora non si fa neppure quello che è necessario [minchiata].

credo che, tanto per cambiare e soprattutto su questo aspetto, sia fondamentale la visione ampia, la più ampia possibile. che va oltre l'ombelico di ciascuno. che non è solo la contrapposizione tra autoaffermazione del sé e salute pubblica. che tutta la vita, sono certo, prima la salute pubblica. è la [quasi] banalità dell'io ed il noi. che è solo allargando lo sguardo che tutto si risistema, ed assume un senso, anche a tutta questa fatica collettiva. e che ha la declinazione nella visione, che più noi non si può, che sono i numeri complessivi. lì ci finiamo dentro tutti, ci raccontano come siamo messi. per un attimo sospendendo quello che vive ciascheduno, e pure trascendendoci per il tempo necessario. i numeri, nell'ampiezza delle loro totalità. che è complessa, ovvio. però in sé non hanno mica opinioni né altro. raccontano. anche che i trivaccinati si contagiano, si ammalano, financo gravemente, muoiono. è vero. e raccontano soprattutto che questo accade con percentuali drammaticamente più basse rispetto a chi vaccinato non è, specie e soprattutto nelle ospedalizzazioni. punto. che è quello per cui han tirato fuori il vaccino, anche se speravamo, e ci dissero, avrebbe evitato il contagio [pealtro tre varianti fa]. quindi vaccinarsi fa una fottuta differenza, cazzo se lo fa [inciso rapido su cosa significhi stress in meno sugli ospedali: non mandare in burnout infermieri e medici, garantire cure che altrimenti vengono rimandate. mica robetta, insomma, mentre noi ce ne stiamo paciosi a guardare serie tivvvù]. se ce fosse ancora bisogno, la conferma la si ha guardando quel sunto riepilogativo che siamo tutti noi. che va oltre la singola esperienza, la singola difficoltà, la singola paura, il singolo dubbio, il singolo scetticismo, la singola paranoia [però di questa si ha meno contezza]. di singolo, al limite, c'è un'azione che si può fare o meno, che però riverbera collettivamente. anche se me ne sto sul cucuzzolo in solitaria. fare o non fare quella cosa determina un effetto. mettili insieme quegli effetti, nel gran ballo dell'interazione dei sistemi complessi, evvvvualllà. di nuovo: c'è una coerenza e senso se si va oltre il nostro singolo ombelico. che nessuno nega sia importante, neh? è che se ti fermi lì siamo messi - tutti - un po' peggio.

se non si guarda ampio, se si sta solo sul proprio ombelico e di quel pochissssssimo che abbiamo intorno può venir fuori la qualunque. e si possono fare inferenze tra il lisergico e lo psichedelico [uso gli eufeminsmi per non scrivere di pantagrueliche puttanate]. con tutta l'acredine che vi si può poi appiccicare.

credo che gli estremali siano da una parte il solispismo tossico e malato, dall'altra la solidarietà condivisa totale. siccome siamo un bell'accozzaglia di casini e contraddizioni, ognuno ci sta un po' tra questi due estremali. nessun novacse se ne fotte del tutto degli effetti sugli altri [anzi, dicono che combattono acciocché ci si possa liberare dal giogo della paura e della dittatura che ci hanno imposto]. nessuno che si è vaccinato l'ha fatto senza pensare/sperare che in sicurezza fosse messo comunque/anche/soprattutto/per primo il suo di culo.

il punto è quale e quanta maggioranza decide di star più prossimo a un estremale, piuttosto che l'altro. intuisco che la stragrandissima maggioranza, di coloro che stanno più vicini a quello cui mi sento ben lieto di star io, non si faccia psicopippe a riguardo e/o scriva noiosissimi post. qualcuno può averci fatto sopra tanti o pochi pensieri. ci sarà pure un sacco di teste di cazzo, che di solito del noi se ne fottono. ma 'sticazzi. per il bene di tutti, anche dei novacse, meglio ci sia una maggioranza, non l'altra.

poi a guardare largo non si finisce mai di imparare, di avere le ispirazioni migliori. per quanto non è che vada così per la stragrande maggiore. vabbhé. ma quelle sono le minoranze cui mi sento decisamente più affine.

Thursday, January 6, 2022

quisquilie obbligatorieggianti

non che uno ce la si debba sempre avere con renzie, neh? però ognuno ha le sue passioni perverse. e che ce lo vedo anche quando magari non c'è. cioè. in effetti non c'è a sfracassare la minchia. mica come quasi come un anno fa. che non c'erano afflati confusi del governo precedente, che il nostro non stigmatizzasse, punzecchiasse, strafalcionasse. non che quei fenomeni di prima non inanellassero una serie di accozzagliamenti più o meno riusciti. e così uscivano arabeschi di provvedimenti, diiiiipppiccciiemmme, regolamenti, a cui ci si doveva attenere con contorsionismi. c'è chi vi si atteneva, ovvio. poi c'era tutto il bogione di popolo che ha fatto un po' quel che cazzo gli è parso. ora, ex-post, che è comunque sempre facile, provo a ripensare a costoro con un po' di distacco, anche i mesi trascorsi aiutano. quindi penso che un po' erano mica poco dei fenomeni, neh? un po' comunicavano con quel mics di paternalismo, ammansimentismo, supecazzolismo che rendeva ancora più surreale e con apparenze pezzottamento generale. [io mi ci attenevo. ma per un superio rompicoglioni, un po' di timore sanitario-impaurito, un po' per anti-furbismo]. poi però penso anche che tutto il baillame pragmatico-normativ fosse legato al fatto si stesse improvvisando mica solo per sciatteria, ma perché la partitura non ce l'aveva scritta nessuno. un po' e un po' insomma. ed il nostro col ditino scandalizzato et orripilato. dico il nostro perché renzie e la sua spocchia è un eponimo, a spaccà il capello in quattro e strepitar per il granello di polvere nella cesellatura, che fuori stava burianizzando la tempesta di sabbia finefine, ad infilarsi in qualunque interstizio. qualunque [figurato e no]. tutto con novizia e puntiglio argomentativo, un'arguzia che faticava ad evitare di stracciarsi le vesti. draghi-draghi-draghi, può salvarci solo lui. dai e dai il nostro decide che il governo che aveva instillato lui, stando in un partito, se ne deve cadere, che l'altro partitino che ha fondato lui [verosimile con più parlamentari che elettori] ritira i ministri. incompetenti fenomeni che non siete altro, noi ci si adopera acciocché draghi-draghi-draghi salvi l'italia.

ora.

io figurarsi se penso di sapere se draghi-draghi-draghi ed i fenomeni dei migliori abbiano salvato l'italia. doveva vaccinare una nazione [novacse et similaritudini a parte] e presentare il piano del pnrr. in qualche maniera l'hanno fatto. non abbiamo il doppio fondo cieco, non sappiamo come e con quali risultati sarebbe stato con i fenomeni di prima. in maniera quasi ovvia constato che, con dosi di vaccino giunte abbondanti, si è realizzata la minima condizione necessaria. e il pnrr, pur presentato, fatico a pensare sia il meglio si potesse presentare: vuoi per coerenza col grumo di interessi di alcuni poteri forti che meglio ci sia draghi-draghi-draghi - cui il nostro ha fatto da testa d'ariete - vuoi per il compromesso che tutta la compagine che sostiene rende inevitabile.

però.

non che questi fenomeni dei migliori. nella gestione dell'emergenza, stiano limitando le improvvisazioni tra il dadaismo ed un assolo di free jazz [punk inglesseeeee e anche la nera africana [quasi cit.]]. e non solo. la linearità delle normative la si può intravvedere in una qualche dimensione frattale. la variegata dinamicità e perplerosità cangianti sembrano fluttuazioni quantiche. si dirà: eh, ma la situazione è in continua evoluzione. certo però è come se ci si muovesse su un piano tarantolato, come se tutto quello visto finora fosse via via da re-inventare. ma non solo. come sia stata approvata una finanziaria così spumeggiante è una specie di presa per il culo del parlamento. non è mica la prima volta, certo. e ho la vaga sensazione e timore non sarà nemmeno l'ultima. così come l'abuso della fiducia. ma non solo. certune uscite ed istanze comunicative francamente rivedibili e perplemizzanti. l'intemerata sulla disponibilità a farsi eleggere PdR [e questo è solo draghi-draghi-draghi] o il fatto che un cdm preveda l'obbligo vaccinale agli over cinquanta [semo dentro, miko luca, semo come i matusa] e restrizioni importanti, e si mandano allo sbaraglio tre ministri importanti a rispondere ai giornalisti davanti al palazzo, tipo un po' un trio di scapestrati del gruppo spalla raccattato all'ultimo momento, come viene. speranza con lo sguardo perso, occhi cerchiati, la barba come non si radesse da quattro giorni e non il solito orpello trico-caratterizzante, il segno evidente della mascherina sulla cima del naso, quasi l'avesse stretta per disperazione o per proteggersi il più possibile. brunetta con gli occhi a palla, il ghigno mefistofelico ad annunciare orgoglioso che senza griiinnpassse si potrà giusto andare a comprare il pane ed il formaggio ed il latte, siamo ancora una volta primi in europa, forse un po' deluso abbia dovuto cedere con il lavoro agile [agile un cazzo] anche per gran parte dei dipendenti pubblici. poi c'era anche il ministro bianchi, ma avevo già visto tristemente abbastanza, ho cambiato canale.

 

non che uno ce la si debba sempre avere con renzie, neh? che lui appunto è un eponimo. però non è nemmeno così difficile osservare che non ostante un bel ammonticchiare di intortigliamenti pezzottati, ed arraffanature piuttosto prossime alla sgangheranatura ci sia un discreto silenzio. mi immagino via via imbarazzato. che i puntuti commentatori che facevano il tiro al piccione ai fenomeni di prima, ora sembrino distratti, intenti ed in altre fazende affaccendate, o forse ciavevanogiudo. non tutti, e non in maniera strumentale. però la sensazione che non si debba disturbare il manovratore faccio davvero fatica, questo sì, a non pensarlo. che poi non so se è per timore reverenziale al manovratore. o paura che se poi si scoccia se ne va e si porta via il pallone e poi son cazzi nostri. che comunque son cazzi nostri comunque.

solo questo. per quanto millemiGlioni di parole per suggestionarlo. quando uno utilizza maestro la sintesi.

poi. poi. poi. spiace ribadire l'ovvio. però, siccome il principio di realtà è un sistema complesso, molto complesso, tanto più complesso proprio in questo periodo: il fatto alcuni dettagli per nulla trascurabili siano pezzottati, non significa inficiare tutto. specie per il fatto che siano dettati da razionali incontrovertibili, ora. che poi gli si butti sopra l'idrolitina, ai razionali, e vengano fuori i ricci è altro discorso. ma i razionali restano incontrovertibili.

poi i novacse et similaritudini vi leggeranno esattamente il contrario. ma sticazzi. per fortuna non decidono loro. e non ostante tutto lo scrivo con distaccata neutralità. intuisco ci siano un sacco di persone che questa sera stiano masticando davvero amaro. l'obbligo vaccinale per alcuni, ma di fatto per lavorare, non è un'istanza così banale, e porta seco una sua drammaticità, se non altro per il contesto abbia via via portato a prendere la decisione. al netto possa avere dei razionali di necessità. anche per sgombrare un po' il campo da equivoci. un po', che forse è un'altra soluzione di compromesso. al netto molti novacse et similaritudini quasi lo invocassero a mo di: vediamo se avete il coraggio di metterlo obbligatorio. ecco. fatto. ribadisco: intuisco parecchia gente la stia vivendo male. anche perché il disagio, probabile, parte molto a monte e molto poco conscio. e questo è un epifenomeno di risulta. quindi osservo da lontano con rispettosa neutralità. rispettosa anche per una scelta, la loro, che penso sia sbagliata, che non condvido. solo che vorrei evitare di far il gioco duale. che io ne ho anche i coglioni pieni di sentirmi dare del coglione, del servo, di quello che deve svegliarsi su fino alle complottistominchiate. e proprio perché ne ho i pieni i coglioni, che non voglio fare altrettanto, invertendo il segno degli addendi. è l'operazione ad essere davvero, davvero, davvero fastidiosa. poi forse le posizioni si radicalizzeranno ancora di più. e sarà qualcosa che non sarà semplice superare domani. il fatto la cesura si presenti e [me ne] dispiaccia, non significa la si possa negare, né che non si debba stare in una delle due parti. poi, come sempre, è anche lo stile con cui vi si appartiene.

[il nostro, intanto, muuuuuto. sta a voler fa il chingmeicher per il prossimo presidente. evabbhé].