Saturday, April 30, 2022

la sposa amichetta [o l'amichetta si sposa] [il chiasmo - per me - del ricominciare]

al vecchio blogghettino io ci sono affezionato. anche, soprattutto, per le persone che mi ha fatto conoscere.

l'amichetta non è stata proprioproprio la prima.

la incrociai all'inizio del duemilanove [amichetta, dammi retta è stato quell'anno lì]. aveva appena compiuto gli anni. ed io quando la lessi la prima volta ebbi la sensazione di aver a che fare con qualcuno decisamente fuori dal comune. roba che: codina della gaussiana, scansate.

avremmo dovuto incontrarci piuttosto a breve. probabilmente le avevo lasciato il numero di telefono abbastanza tosto. lei provò a chiamarmi. sbagliò numero. e l'altra persona le disse una cosa del tipo: mi spiace abbia sbagliato numero e non volessi cercare me, vorrei essere nei panni dell'altra persona, che culo che ha certa gente.

al che capii subito una peculiarità, e contestualmente mi fece sgorgare una domanda. la peculiarità: che esercitava un magnetismo importante sugli uomini, e verosimilmente uomini fuori dall'ordinario. la domanda: cosa avesse trovato in me, una che avrebbe potuto asfaltarmi.

quei primi mesi di quell'anno stavo cominciando a capire l'inculatia dell'aver fondato una società in quel modo, con quei soci, in quel contesto di conoscenze [sbofonchiate o meno] molto diverse. le parlai del primo progetto per quella pinacoteca importante. lei mi disse: mi piacerebbe venire alla presentazione. gli ultimi giorni prima della consegna furono deliranti. lavorai con ritmi e orari improponibili. l'ultima notte dormii una flebile manciata di ore. la mattina mi avvisò che proprio non ce l'avrebbe fatta. stavo aspettando il treno alla stazione di sixth saint john. un po' la stanchezza. un po' l'ombra sottile dell'inculatia non ancora del tutto conscia. un po' il piccolo dispiacere di non incrociarla e di non conoscerla in quell'occasione. e quella sensazione avvolgente di quell'sms. mi ricordo che mi vennero i lucciconi.

decidemmo di incontrarci dopo averle ricordato mi avesse ricordato del ciclo dell'azoto delle foglie, che si fanno strame, quindi nutrimento importante per la terra. a quei tempi, raccogliere le foglie, si portava ancora appresso dei significati di ricordi importanti.

così quando la incontrati la prima volta ebbi la conferma della sensazione avrebbe potuto asfaltarmi. non ostante mai mi sia lanciato senza le reti di protezione con una donna - pur non facendo nulla di così eclatante, o tipico dei maschi alfa. però capii anche che ne avrei avuto molto godimento et affetto se avessi lasciato da parte la parte squisitamente erotica. 

amichetta. ormai te lo posso dire. ma non è vero che mai ti desiderai.

e la mia intuizione fu onusta di saggezza. credo che tutto quel che ci si è scambiati, condiviso, raccontati, avrebbe fatto tutt'altri giri. se quel giorno non me la fossi fatta sotto, dico. e son ben lieto sia andata così.

anche se c'è stato un discreto numero di perioducci in cui mi pareva di vivere una specie di dicotomia percepita. da una parte l'interlocuzione con una donna semplicemente fuoriclasse. intelligente, capace, preparata, colta, tenace, serenamente spregiudicata [mica si scandalizzerà qualcuno, no?, se diciamo che mi ha condiviso una certa intimità fotografica - mai banale - ed abbiamo interlquito, contrapponendo visioni piuttosto divergenti su quanto e come un'estetista debba intervenire nei pressi del sancta sanctorum di una donna]. e dall'altra il suo incrociare degli omuncoli, variegatamente casi tra l'umano e lo psicotico, che la sbertucciavano, perculavano, ossessionavano, proiettavano su di lei le loro nequizie esistenziali. e lei ci soffriva a manetta.

davvero. 'sta cosa mi lasciava tra lo sconcertato e l'imbufalito. come poteva una persona come lei farsi trattare così di merda. e rimanerci così sotto. al netto del sentore di grand guignol de noartri, dall'eco di quel raccontava l'amichetta, delle gesta e dei discorsi di costoro.

però, giova ricordarlo, l'amichetta è davvero una persona fuori dal comune. roba che non è difficile ammettermi, ossia sia un passo avanti a me. [parentesi. io sono un mics riuscito malino tra molto orgoglio [sempre meno] permaloso e autostima [sempre meno] tipo gruviera a pasta molle. e capisco che molte altre persone mie prossime hanno quel quid in più in questo o quell'ambito. ma tutto sommato mi dico: 'sticazzi. son quid che mi interessano poco. poi vi sono pochissimi casi per cui capisco che non sia una questione di quid. è che proprio sono avanti. e non c'è da menarsela troppo. e che avrò sempre comunque qualcosa da imparare, specie da loro]. è proprio una questione d'insieme, al netto io non abbia le tette. se solo avessi avuto un terzo della sua capacità di prendersi in mano il destino, provarci, fottendosene del contesto, ho la vaga sensazione sarei decisamente più soddisfatto. ma tant'è. peraltro l'amichetta non è che sia uscita da un contesto così malleabile e disposta a spianarle la strada diversa da quella già tracciata per lei, che peraltro l'avrebbe portata comodamente verso lidi che la stragrande maggioranza piccolo borghese avrebbe sbavato frequentare.

l'amichetta ha due ovaie così. ho avuto modo di conoscere solo il suo babbo, già personaggionissimo - verso cui ho provato una suggestione imporante, non ostante mi abbia detto che ormai fosse diventato un tenerone. devono essere stati due genitori tostissimi, almeno tanto quanto colti e preparati. è figlia unica. ho idea abbia fatto la sommatoria delle peculiarità dei due e sia uscita una geniale capaecaaazzz, per quanto ha voluto far di testa sua. peraltro riuscendoci per le cose che davvero le interessano.

io gliela butto sul paio di dozzine di classi sociali di differenza. un po' è sincera ammirazione. un po' è inestinguibile sottile soggezione. quand'anche, in un modo di sogni, potesse riuscirmi quasi la qualunque continuerei a percepirmi così. ma con lei mi sento che va benissimo così.

c'è stato un tempo - tra le varie disperanze in cui mi son infilato - in cui avevo pensato che la scrittura potesse essere un modo per uscire da quel cul de sac in cui mi ero infilato, aziendalmente. avevo capito poco un cazzo della scrittura creativa e dovevo focalizzare meglio il senso del mio disagio. era una specie di azzardo strampalato, che non avevo di fatto condiviso con nessuno. ricordo però che - istintivamente - cercai di trovare da lei una specie di incoraggiamento, un daje, una conferma non stessi pisciando fuori la tazza del vaso onirico. ma non palesandole il mio tentativo, mi sembrava una sbruffonata, comunque. però cercando di intuire tipo aruspice che una non sa di indicare. se c'era qualcuna era lei. [ovviamente fu un azzardo. a partire dal fatto non avessi il coraggio di confessarlo del tutto a me medesimo. figurarsi. il resto me lo butto lì lei, inconsapevolmente. ed ovviamente aveva ragione.].

uno dei privilegi di cui mi ha fatto dono è stato condividermi con quale capacità di presenza ha accompagnato all'ultimo la sua mamma. ci sono giorni genetliaci che incrociano con quello di quando un genitore ci lasica. mi ha fatto partecipe di come è stata un tutt'uno con engel. ho avuto a tratti la sensazione, quando me lo ha raccontato, di essere un po' lì con lei, con loro. per la naturalezza di come sentivo fluire l'intensità di quel suo esserci e di esserci per l'altra. 

il suo babbo l'ha salutata un po' per volta. a tratti, discontinui. anche nel commuoversi ha tutta una sua peculiare unicità. mai banale.

ora vive con l'ingegnere. che mai ho conosciuto [ancora] direttamente, ma per interposto bloggghe. so che è tutt'altro che persona ordinaria e banale. l'intuzione sul tipo di maschio che tende a magnetizzare è stata quella giusta. in fondo succedeva anche prima. bastava trovarne uno strutturato in maniera più coerente, piuttosto che caotica. poi il resto ce lo mette lei. devono essere una coppia decisamente, decisamente sui generis [le altre cose che mi ha confidato, è questione tra lei e me. nemmno di questo blogggghettino].

la domanda, quella di cui sopra, in fondo me la sono posta qualche mese fa. quando mi chiese di farle da testimone. per le coincidenze del divenire accadde in uno dei momenti più complicati dello scorso anno, forse degli ultimi lustri. tipo quando vale la massima che l'ora più buia è ect ect. i ricaptatori stavano ricaptando ancora a manetta. ed io mi sentivo moderatamente in difficoltà. anzi no, corcazzo, ero in difficoltà. tanto che il primo pensiero fu no, io non ce la posso fare. ansia anticpatoria, un sacco di gente sconosciuta, un sacco di gente assembrata, io fuori dalla tana uterina del soppalchino o della cucina luogo di lavoro che lì fa più caldo. mi sentii girare la testa. la chiamai. mi venne il magone. le buttai in un sol fiato tutta la mia paura, il mio disagio, la mia inadeguatezza. come se tutto concorresse ad acclarare che non avrei potuto farlo. poi non so cosa accadde. non ricordo di preciso cosa disse. tranne che sarebbe stata una cosa in assoluta intimità, pochissime persone [e questo un po' aiutò]. e poi mi disse: stai tranquillo! e siccome è mia amichetta mica per altro, io comincai a tranquillizzarmi. cominciai a capire che ce la potevo fare. anche se quella non era esattamente la percezione del momento, nulla impediva che le cose, le sensazioni, le consapevolezze sarebbero potute cambiare. fu come aver visto rispuntare da qualche parte il concetto di fiducia.

ora come ora, in fondo a questo post, ho idea che proprio lì abbia cominciato a dire ai ricaptatori: aaaaricaptatò vedete un po' di di rompere meno i coglioni e di ricaptare meno.

le scrissi poco dopo che mi sentivo davvero onorato avesse pensato a me. lei rispose con quella cinica tenerezza dicendomi che in realtà non le era venuto in mente nessun altro, sono stato il primo cui aveva pensato. e questo ha due chiavi di lettura, contrapposte.

però è la mia amichetta. quindi so io qual è quella giusta.

amichetta. sono contento. perché [anche] da quel stai tranquillo! è un po' ricominciato tutto. perché so di poterlo fare. ma soprattutto perché lo faccio proprio per te.

tutto il resto te lo sei meritato. quindi goditelo al massimo che riuscirai.

come fosse un fluire tutt'uno nell'acqua, per l'acqua, con l'acqua.



Monday, April 25, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /8: Liberazione

questo è il giono più importante dell'anno, dal mio personalissimo ombelico. dopo due anni consecutivi senza manifesta. due anni consecutivi a sentirne una malinconica mancanza.

e quindi si è messa questa fottuta guerra [una in più delle molte, disclaimer]. e poi si son messe tutte le polemiche nei dintorni.di come dibattere su questa fottuta guerra. [e comunque, a gramellì, associazione nazionale putiniani d'italia nun se pò proprio sentì. è offesa innanzittuto alla tua onestà intellettuale]. quindi si, è 'sto fastidio importante. maccccazzo. dopo due anni consecutivi di venticinqueaprile fatti come ce li siamo fatti. maccccazzo.

poi ho pensato ad una cosa. che se n'è portata dietro un bel po' d'altre.

ho pensato che il venticinqueaprile, la Liberazione, è una categoria che ci trascende, è un'istanza a disposizione di tutti. è la purissima idea, al netto della retorica dei monumenti commemorativi di allora, per cui tanta gente ha dato la vita, e di cui noi abbiamo goduti gli effetti. non ostante tutti i pezzottamenti e degradazioni che han provato martellarle contro. è tutto questo. per fortuna.

e quindi, tutto il resto, passa in secondo piano. davvero.

quindi 'sticazzi se gli ultimi due anni consecutivi son stati senza manifesta, e variegatamente rinchiusi. ce lo siamo festeggiato ugualmente, in maniera intima, dentro.

il venticinqueaprile, la Liberazione, è qualcosa che ci raccoglie tutti, ben oltre le nostre beghe. che sembran starnazzamenti minchionanti. prescinde dai millemila distinguo da puntacazzisti di una fottia di gente. che un po' è la vocazione imprescindibile a dividersi, dialetticamente e anche di più, che sta a sinistra. che comunque almeno un sopracciglio alzato sul punto di vista di chiunque altro è certo, come il respiro che faremo di qui ad un momento. un po' è che spesso è il trionfo degli egotismi speculativi, o che qualcuno deve mettere le bandierine per marcar territorio.

il venticinqueaprile, la Liberazione, sta sopra il dibattito manicheo. che se esprimi dubbi, se provi a farti domande sulla complicatezza dell'icoesadro irregolare che è il principio di realtà, sulle risolutezze o assertivià mainstream, allora sei un filoputiniano. di contro se ti fermi a ragionare su alcune incongruenze e sui punti deboli del campo pacifista a prescindere, allora onta ti colga, servo del sistema.

il venticinqueaprile, la Liberazione, va oltre financo ai partigiani. quella sparuta rappresentanza, importantissima e preziosissima, rimasta. non ostante il rispetto e la riconoscenza che è loro dovuto. figurarsi se non prescinde da chiunque distribuisce coccarde di resistenzialità: chi può fregiarsene, e chi no. facendo la puntaarcazzo - di nuovo - sulle somiglianze e sulle differenze di allora. peraltro dimenticando le cose più ovvie: che ottant'anni di differenza, ed un mondo che è un altro mondo, cubano una fottia di cose diverse, mentre è rimasto lo stesso paradigma di fondo: l'esercito di un paese [allora un dittatura spietata, oggi una democratura feroce] ne ha invaso un altro, un popolo ha trovato l'invasor. figurarsi se non prescinde dal direttivo nazionale anpi. o dal suo presidente. figurarsi.

il venticinqueaprile, la Liberazione è la data della fine di una guerra. quindi per forza è qualcosa di bello. che poi alla fine di aprile fa sempre il suo fottuto effetto. ora ci pervade quella sensazione di essere ad una specie di fine della pace. posto che ad un paio d'ore di volo da qui non è solo sensazione, ma vittime civili, città rase al suolo, umanità che lascia la propria terra. posto che in un sacco di altri posti la pace è finita da assai. quando mai ha fatto capolino [disclaimer]. quella fine di quella guerra era l'idea non ce ne dovessero esser più. ad imperitura memoria. poi però ce ne dimentichiamo. non foss'altro perché siamo stati abituati bene. grazie a quel moto a luogo del venticinqueaprile, la Liberazione. è che siamo - mediamente - degli stronzi noi. l'idea in sé è qualcosa cui tendere.

per questo domani sarò ancora più convinto là dentro, in manifesta. con tutte le mie ubbie e le mie contraddizioni [la resistenza ucraina e le ragioni storiche. le armi da inviare o meno, il fatto ci sia un invasor. la guerra per interposta nazione, il diritto all'autodeterminazione e di vivere in pace]. ben sapendo di essere un puntarcazzista [ma sto cercando di mitigare parecchio] in mezzo ad altri puntarcazzisti. però speriamo si sia tantissimi. non ostante le ubbie e le contraddizioni. che comunque ci portiamo dentro tutti. che c'è spazio per chiunque sappia di aver un debito di riconoscenza verso il venticinqueaprile, la Liberazione, incarnati nei partigiani di allora. che il debito di ciascuno ha dignità d'essere come quello di chiunque altro. chiunque altro si riconosca in quei valori, anche senza acclararlo o rendersene del tutto conto. e che al solito quel debito ce l'ha anche - soprattutto - chi il venticinqueaprile, la Liberazione la nega, dice che è divisivo ed altre compilation di stronzate variegate - il jingle tormentone è sempre, a ritmo di musica che pompa dalle casse, quello che canta: è facile essere fascisti in una democazia. proprio grazie al venticinqueaprile, la Liberazione: ed è bellissimo tutto ciò.

quindi me la sussumerò tutta. la giornata e la manifesta. in solitaria. cazzone solingo in mezzo ad una moltitudine di cazzoni. per passar in mezzo a tutta quella bellissima variegazione di anime della manifesta. me ne andrò solo e vagolerò per il corteo perché, tanto per cambiare, mi sento di appartenere un po' a pochissimi. ma tutti ovviamente antifascisti. sentirò ancora di risconoscermi nel venticinqueaprile, la Liberazione. che si guarderà il serpentone, tutte le sue pargole e i suoi pargoli, ed esprimerà con malcelata soddisfazione: siete un cazzo complicatini, ma siete un bel casino, in questa bella giornata di sole.

non so se riuscirò a cantare bella ciao. ho idea che, tanto per cambiare, mi verrà quel groppo in gola. ma come al solito, andrà bene così.

Wednesday, April 20, 2022

intermezzo di alleggerimento: scaricamenti [duedipicche, roba tipo il giorno della marmotta]

faccio un post cazzaro. che tanto di psicopippe di ubbie e contraddizioni è pieno il mio ragionare. molte non finiscono qui dentro. non credo sia poi tutta 'sta perdita. e concedersi un piccolo alleggerimento va sempre bene.

già. perché sono stato scaricato. un duedipicche come non se ne vedeva da tempo. non che abbia trionfato negli ultimi tempi, neh? è che semplicemente non mettevo nessuna nelle condizioni di duedipiccarmi. facile così.

insomma. sono iscritto sul deiting di feisbuch. non che abbia tutta 'sta aspettativa. però un occhio lo butto. anche per vedere le possibili interazioni. alla lunga sta venendo fuori una specie di intima analisi sociologica, da studio che si trova nelle patatine. come le donne più o meno coetanee si presentano, verosimilmente per provare a trovar incastri di sorta. ci scorre veramente di tutto. situazioni improbabili e kitch - roba che piuttosto federica tutta la vita, o rigetto delle pulsioni. così come suggerimenti molto titillanti. queste ultime sono piuttosto tanto rarefatte. ma qualcuna c'è. nel mio di profilo mi descrivo in maniera non esattamente lineare né semplice ed immediata. un po' perché sono così. un po' perché - immagino - è una specie di filtro passa alto. se qualcuna non si scoraggia, o rimane incuriosita è già un buon inizio. alla fine butto lì la fazenda che "quando ci sono le condizioni è una ficata la serenità che dà una sana trombata taumaturgica". di nuovo. un po' è perché ho la speranza di poterne fruire. un po' perché è un altro filtro. se non ti disturba questo approccio - e magari ci sente libere di condivderne l'idea - è un altro elemento che fa un buon inizio. un paio di amiche donne hanno sottolineato sia un finale che tende a scoraggiare: in fondo - mi dicono - si è sconociuti, l'altra penserebbe che io possa pensare sia una donna facile. siamo intrisi di bigottismo cattolico, non c'è che dire. in tutta sincerità non penso nulla se una mi contatta. se poi se la gode con taumaturgica attività sessuale non posso che essere garrulo per lei. comunque, ovvio, anche l'ultimo inciso è lì a far da filtro.

insomma.

trovo un profilo interessante. non metto solo il cuoricino, ma ci aggiungo un paio di considerazioni a compendio del tentativo di stabilire un contatto. il massimo sforzo cui mi sforzi. ma son situazioni appunto rarefatte. ennnniente. risponde. e dritto per dritto mi chiede di convicerla a far sì possa valerne la pena farci una pensata. per la trombata taumaturgica, dico. a dirla tutta all'inizio penso non stia davvero pensando di capire se farsi una chiavata taumaturgica con me. immagino sia un ammiccamento per cominciare ad interloquire. questa fanciulla è amica di amico. quindi impiego poco a trovare il profilo feisbuch. sembra davvero un personaggio per nulla banale. una che penso valga la pena conoscere. e che sono abbastanza certo non mi annoierebbe dopo la prima mezz'ora. l'idea del sesso taumaturgico con lei non è esattamente il primo pensiero [per quanto la foto in bikini, sdraiata, viso rilassato, capelli forastici in libera configurazione, ha un non so che di sensuale].

così le rispondo. utilizzo una cifra un po' ricercata. un po' per menarmela. soprattutto come reazione pavloviana ad una specie di timidezza che da un po' non riesco a levarmi poi mica tanto. puntualizzo anche il suo riferimento alla trombata taumaturgica. ha metonimizzato, non voglio farlo con chiunque a prescindere. ma se ci sono - appunto - le condizioni. tengo una cifra ricercata. la fanciulla credo sia ben in grado di recepirla. può essere una specie di flirt celebrale pure quello.

mi risponde piccata. ha dovuro usare tropppppo il dizionario. ed esala che le persone che parlano complicato scopano decisamente male. sono un po' frastornato. non era quella l'idea di primo ammiccamento.

e qui inizia la coazione a ripetere. mi metto sulla difensiva. perché è chiaro vada sulla divensiva. occhei la sertralina e tutto il cucuzzaro della serenità ritrovata, la contezza di poter fare. è che costei stava valutando se taumaturgicizzarsi con me intimamente. ed io mo non son più quel ribaldo che - sgombrato il campo dalle mie parole desuete e ricercate - non sono in effetti mai stato. e così, altra coazione del passato [passato?], le rivelo un paio di dettagli piuttosto personali.

fatti curare, mi dice. esistono ottime terapie e metodi che funzionano. farai felice le tue ragazze. io sono abituata molto bene. al massimo noi ci possiamo prendere una birra e farci due risate. e finisce lì.

ci rimango decisamente di merda. e penso che l'interlocuzione con costei si possa chiuedere bella lì. poi devo partire. vado a dare un mano a chi ne ha un po' bisogno. non pensiamoci più. solo che 'sta cosa mi ruga. la metonimia me la sbatto addosso: ho la sensazione che non sarò mai più capace di vivere serenamente l'intimità con una donna. se e quando sarà.

passa qualche ora. e con queste anche il fastidio. poi lì accanto c'è il mare. e poi ci sono situazioni che sono davvero serie, principio di realtà alla mano. ed in ogni caso c'è lo 'stigrandissimicazzzzzzi. così la sera tardi le scrivo di nuovo. spiegandole veloce cosa è successo. anche ci sia rimasto male. ma soprattutto lo 'stigrandissimicazzzzzzi. vada per la birra, quindi, e va bene così.

abbasso la cifra. e vado giù più dritto e diretto. faccio il cazzaro. ogni tanto aggiungo qualche considerazione più intima. a spizzichi et bocconi si cazzeggia con qualche messaggio su quella ciofeca di messaggeria del deiting della minchia.

ogni tanto lei sembra quel pochino più incuriosita. immagino abbia preso atto di non aver a che fare con uno che pensa solo a trombare. e che è anche altro. un po' alimento la curiosità. un po' faccio il cazzaro: sì, ma a tette come siamo messi? per quanto il profilo feisbucchiano già mi  ha raccontato la risposta. anche il fatto - di nuovo - mi sembra del tutto fuorché banale.

è come far un po' a pugni con una variazione diastratica importante, tra quello che percepisco dal suo feisbuch, e la falcettatura del suo interloquire via messaginismo. [se poi le avessi scritto variazione diastratica, probabile avrebbe detto che ho il pisellino retrattile durante l'erezione].

mi propone la birra per mercoledì [ora]. mi lascia il suo numero di telefono, considerato le ho scritto: basta con 'sta fottuta messaggeria della minchia. io nel mentre sto bevendomi un caffé. c'è il sole. guardo il mare dal terrazzino, penso a cose. mi sto rilassando. la tensione del giorno prima, al pensiero del mio ospite, scivolata via. ha lasciato il posto a quella sensazione di plaga piacevole. volo con il pensiero. e nel mentre mi sovviene che probabilmente il mercoledì della birra non sarò a milano. nel momento del relacse non mi viene di dirglielo subito. continuando il cazzeggio sulla fottuta messaggeria della minchia. faccio il cazzaro smargiasso dicendole del mio grande sogno di far orgasmare una donna solo con le parole [cosa che peraltro mi son inventato lì in quel momento].

e così succede quello che proprio non mi aspetto. improvvisa un'inversione incazzosa, più repentina di alcune mie sedute amatorie da leggenda - in particolari contesti che vorrei evitare da qui all'eternità. vengo scaricato. con l'ultimo messaggio mi scrive che l'orgasmo a parole le ricorda l'ex marito. non le ho dato conferma della birra [non mi son degnato, sic!]. ho continuato ad usare la messaggeria della minchia non ostante avessi il suo numero di telefono. si è divertita per un po', ma ora - senza passare per il via - non si diverte più. buona vita. non faccio in tempo a chiederle: ma quindi non ci si vede? mi ha già bloccato, senza possibilità di appello. con fare implacabile e definitivo la messaggeria della minchia mi dice che non mi è più possibile comunicare con lei [e mi sembra che aggiunga, con una punta di stizzosa rivalsa: così impari a chiamarmi messaggeria della minchia].

ora.

son tornato sul suo profilo. cercavo una foto a compendio del post. ho dato un'occhiata ad altre suggestioni, ed ho ancora di più la sensazione di aver interloquito con una proiezione smozzicata giù col falcetto - con filo da molare ben bene - di colei che propone quelle suggesioni. vaziazione diastratica col divaricatore. ma quello, al limite, è un problema suo.

al netto che per un paio d'ore, dopo esser stato duedipiccato, non ho proprio vissuto il più sublime dei momenti. al netto che lo 'stigrandisssssimicazzi è un fantastico principio attivo. quello che mi ha fatto pensare è di nuovo la sensazione da giorno della marmotta. metter le mani avanti dimostrando di essere il peggior venditore di me medesimo. l'incertezza e questa specie di timidezza che sono tipo spire nebulizzate di botulino: come se i muscoli si paralizzassero, e mi trovassi immobile et immoto a guardarmi da fuori. che capisco di comportarmi come un pirla impacciato, mentre vorrei essere se non proprio il primo della lista [dei maschi alfa dominanti], neanche l'ultimo degli stronzi [quasicit]. una specie di schizofrenia di cui farei volentieri a meno. anche per ribadire un concetto prossimo all'obiettività. non sono così un pirla, credo sia onesto ribadirmelo, sapendo che quando non mi servirà ribadirmelo festeggeremo garruli. insomma posso andare oltre il rimandare ad agire. che sono i verricelli cui attacco [figurativamente] la mie gonadi poco utilizzate [meno figurativamente]: il fare che non faccio, pensando di avere tutto il tempo che in realtà non ho [più].

le due minchiate che imperterrito continuo a buttar sul campo di gioco da quando ero ggggiovaneggggiovane, pieno di belle speranze. quando i duedipicche arrivavno copiosi - ed oggi guarda che effetto fanno ancora. prendevo tempo a non fare, immaginando che col tempo, di cui mi sentivo onusto, le cose si sarebbero sistemate da par loro. invece erano duedipicche

ora i duedipicche sono decisamente più rari. perché ho capito un po' di cosette qua e là. ma continuo a far poco, e di tempo ce n'è sempre meno.

che poi è questo che mi porto appresso come cosa più fastidiosa di questo duedipicche un po' sui generis. lei ha perso non credo una [decisamente ipotetica] scopata celestiale [nel senso che di molto ipotetico era la scopata]. di certo ha perso una birra piacevole. almeno questo non faccio più fatica ad ammetterlo.

voglio sfruttare la maieutica personalissima. e davvero farne tesoro. ed evitare di infilarmi così  convinto in quella coazione a ripetere già dal prossimo giro. in maniera tale che questo duedipicche sia servito a qualcosa. non per la scopata in sé. ma fare un po' pace cone me medesimo. che penso sia la cosa decisamente più taumaturgica.


[img: molto probabile vista che avrebbe potuto spalancarsi prima/durante/dopo la molto meno probabile taumaturgica scopata]


Saturday, April 16, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /7: passioni

quest'anno, questa pasqua, non lo scrivo il post sulle campane che si sciolgono a festa.

e'sticazzi, e la si potrebbe pure chiudere qui.

sarà che è la terza pasqua strana, a suo modo. per quanto, a voler guardare il personalissimo ombelico meglio questa che le ultime due. per tuttuncomplessodicose. sarà che sono ben altrove. ed è vero che un po' le cose te le porti dentro. un po' sono attaccate al luogo dove succedono. quindi nel soppalchino, con le campane che so che suono faranno, tutto diventa una specie di rito che ritorna. con le ansie anticipatorie varieganti, negli anni.

quest'anno sono altrove. ed è un altrove di grande alterità. anche solo la domanda che mi hanno fatto a cena, sul terrazzino a magnà sushi. che cos'è la via crucis? come compendio alla notizia delle due ragazze - ucraina e russa - a portare la croce. che uno è agnostico. occhei. però ha un senso importante. la potenza del simbolo.

[che poi, il bello della diretta, proprio ora le campane hanno cominciato a distendersi a festa pure qui. e per certi versi: ci mancherebbe. solo che mi sembrano una specie di marcetta scherzosa, mica la solenne ieraticità che riverberano quelle che mi portano quella distesa a festa fin dentro il soppalcino. ecco. la marcetta campanifera è finita tosta. robetta, davvero. a voler fermarsi sull'esteriorità del fenomeno].

a 'sto giro, per quest'anno, è come se si retrocedesse dal sabato di pasqua al venerdì della passione. che sono sempre agnostico. ma la potenza archetipa di quel triduo non me la scrollo di dosso. sarà che siamo imbevuti di quella morale - più o meno consci - sarà che l'educazione sentimentale è un portato che non smetti di levarti mai di dosso. i riti ed i fenomeni collettivi raggiungono un'interessante acme. deve esserci proprio un titillo che viene caricato a molla. sembra che le stimgmate di padrepio sangiunassero copiosamente il venerdì santo. e ci starebbe pure. tanto può arrivare ad essere intenso l'effetto estatico-autoproiettato a fronte di determinate suggestioni intime. non è escluso sia così per me, seppur in milionesimi.

e quindi tutto questo, quest'anno, a 'sto giro, sembra in lancinante sintonia con quello che sta accadendo a due passi da qui. e con il possibile effetto a valanga, controreazione positiva [quella che rende instabili i sistemi, e li fa saltare, tipo il reattore rbmk 4 della centrale elettronucleare di pryp''jat.]. due passi da qui significa che vale sempre il disclaimer dei post omologhi, sulla eventuale ipocrisia per questa di guerra. quando tòcchi di umanità sono comunque le vittime. quindi poi gNente di così clamorosamente nuovo. o diverso dagli altri di anni.

quindi, tanto più del solito invece di polsi e piedi inchiodati ci sono crateri delle esplosioni delle bombe a grappolo o quelle convenzionali [piccolo passaggio, giusto per complicare la leggibilità e la scorrevolezza del testo, al fatto esistano ordigni che si possono usare, ed altre no. si possono ammazzare creature con alcuni ordigni, vietati altri. è qualcosa che non so bene nemmeno io come definire. cose così]. invece di costati trafitti ci sono palazzi squartati. invece di carne flagellata ci sono macerie di costruzioni rase al suolo. invece dello stabat mater ed il discepolo che egli amava, c'è umanità massacrata, violata, che migra profuga.

che la realtà sarà pure complessa, neh? che è guerra per procura e tutto il cucuzzaro, neh? però l'impessione che tutto questo sia scatenato, nesso causale da un manipolo di cinici spietati, pure non riesco a levarmelo come fastidio. e vale sempre il secondo disclaimer che lo faccio al calduccio, al comodo, e pure guardando il mare placido, che tra un po' rifletterà quello che comincia a scemare del plenilunio di pasqua.

che dal mio piccolissimo ombelico, a 'sto giro, è roba che è meno pacchevole, esistenzialmente. sì, insomma, ho davvero poco nulla di cui lamentarmi. anzi. e le piccole giaculatorie delle bagatelle che scoppiettano addosso - plop. plop. plop - è roba di bolle di sapone che - splumnc - spariscono.  quindi nemmeno ci provo a pensare di iniziare una qualche recriminazione, peraltro non si capirebbe bene verso chi, o cosa, o dove. tanto più tirando dentro questo istantaneo zeitgeist quello che succede a due passsi da qui. dove sembra che continuino a rintoccare le tre del pomeriggio, del venerdì.

è come se il guccio, in dio è morto, non avesse avuto l'ispirazione per l'ultima strofa. non si fosse nemmeno posto la questione di come chiudere la canzone. dio è morto. punto.

poi lo so che i cattolici annunciano che comunque vi è la resurrezione. tanto più da esserne convinti ora, che lo iato è ancora più ampio. che il triduo sembra essersi allargato. e la luce sarà più illuminante dopo l'oscurità ancora più buia del sepolcro.

mica non lo so pur io, che alla fine se ne uscirà. le guerre finiscono. i periodi di pace e prosperità ritorneranno. che anche tutto quello è roba ciclica. che ci sarebbero le condizioni tecniche per imparare anche questa volta dagli errori. mica non lo so che passerà. prima o poi. poi vabbeh. nel caso [peggiore per noi] la natura ha davanti svariiate centinaia di milioni di anni. roba che anche il tempo di dimezzamento di molte sostanza radioattive sembreranno come il peto subinateneo di esplosioncina delle miccette, o dei petardini.

sarà di nuovo resurrezione. in un modo o nell'altro. nel caso [peggiore per noi] il concetto sarà del tutto slegato a quello che ha, nel significato profondo di oggi, per un bel po' di umana gente. specie questa notte di veglia. poiché non ci sarà più questa religione, probabile nessuna religione, anche perché non esisterebbero più i fedeli.

in miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi, appunto, nemmeno il guccio e la sua ultima strofa serviranno più.

quindi buona pasqua. quando verrà.

Thursday, April 14, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /6: opinionismi

il mio amico massimo è abilissimo et finissimo osservatore e analizzatore del terreno [figurato] onusto di zolle, arate con il vomero del principio di realtà.

per questo l'amico massimo non ha mai ricevuto un due di picche. ha sempre capito quando dichiararsi e quando fosse da lasciar perdere.

l'amico massimo sostiene che oggi in italia c'è lavoro per dieci critici del fumetto. lui per talento, abilità, contesto - essere nel posto giusto al momento giusto - in classifica è undicesimo. sostiene anche che oggi in italia c'è lavoro per diecimila software tester. lui, per talento, abilità, risultati - pur con un braccio tenuto dietro la schiena - è nel percentile del cinquanta percento dei migliori.

per questo l'amico massimo è un software tester. [poi l'amico massimo quando argomenta di calcio e della sua amala è financo più ficcante e arguto. però lascia l'aratro dell'obiettività e vagola lungo il fulgore vaporoso della passione e del tifo. ma è un altro discorso, questo.]

mi è tornato in mente tutto questo, riflettendo sulla pletora di opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti. che ora possono riprendersi la scena più o meno masssmediatica. che prima, cor virussse, non potevano comunque non star un passo almeno a fianco di quelli che opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti non erano, facevano un altro lavoro, più o meno scienziati. per poi diventar delle starrrre pure loro. e figurarsi gli opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti: a dividere con gli altri il proscenio, come strapuntino di pensieri profondi sul buon senso a corredo. ma erano considerazioni ancillari. mica come adesso, che hanno davanti le praterie del disquisire nonché le telecamere o la colonna buona riservata sul giornalone. a separar il grano dal loglio, secondo le loro inconfutabili categorie. ad illuminare il nostro faticoso ed incerto incedere, che s'inciampa a passare senza soluzione di continuità dalla banalità del manicheismo al dedalo della complessità della questione. quindi ci stanno loro: opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti.

che a 'sto giro è meno eclatante la castroneria teoretica rispetto a qualche mese fa. per quanto, come esistono i biologi, gli epidemiologi, gli infettivologi che sanno di virussse, ci sarebbero gli analisti, gli esperti di geopolitica, di studi internazionali. questo merdaio - più ascolto chi ne sa - è davvero una stratificazione di istanze, connessioni, strategie, scenari. [che anche il mio psicopipponicoutopismo non violento e pacifista, vagheggiato qui dentro - quand'anche moltiplicato per millemila persone di buona volontà [che se son di sinistra comunque si dividerebbero su come teorizzare, essere, realizzare la buona volontà], è solo una delle facce del superipericoesaedro della questione. bella ed emozionante l'idea del considerare espuntare dalla storia la guerra, da qui a qualche centinaia di generazioni. poi le zolle rivoltate dall'aratro del principio di realtà son anche altra roba. senza che alcune delle istanze mie-nostre siano ben lontane dal non essere vere. non sono le sole.]. dicevo. la situazione è davvero complessa, converrebbe lasciar la parola solo a chi ne sa abbastanza. gli opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti la raccontano sussumendo cose dagli altri [con che qualità, mi sfugge]. solo che la raccontano come la sapessero loro, con in fondo - più o meno cosciente? - la seduzione rassicurante del: dovreste vederla così pure voi. che poi è questa - probabile - la sottile differenza tra chi ne sa e la pletora di opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti. chi mette un punto a capo, chi mette un punto esclamativo e basta.

ed anche in questo caso c'è la storia che il sistemameiiinstriiim può dar lavoro ad un certo numero di questi - il meiiinnstriim paraonide-alternativo ha meno risorse, quindi quei loro opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti lo fanno per la gloria di poter dire in un distopico domani: ve l'avevamo detto, svegliaaaaaaaaaaa. e poi cosa non si fa per un quarto d'ora di notorietà. il sistemameiiinstriiiofficial è a numero chiuso. e ci son quelli che per merito, abilità e contesto [al posto giusto al momento giusto] son più o meno lì a pontificà da tempo. non tutti, ovvio. ma una certa pletora di opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti sì, eccome.

è che ne conoscerei pure di gente che potrebbe farlo financo meglio. il mio amico itsoh, e i suoi flussi di coscienza coerente a volte iconoclasti. la mia amichetta sposina, che è talmente intelligente che se ne sta ben fuori dal commentare. anche solo per rispetto alla professionalità di chi quel lavoro di decodificazione lo sa fare. alcuni partecipanti ai micap della radio, con una chiarezza di vedute e rinfrescanti spunti da pensiero laterale che levati. certo una piccola parte, ma con la platea ampia, i numeri si fanno osservabili. e poi da qualche parte in classifica - niente coppe europee ma nemmeno rischio retrocessione - se mi impegnassi, spianassi i pensieri e la cifra, nonché rileggessi per seccare i refusi, potrei financo affermare: sapete che c'è? che se non scrivessi solo per sfogar i miei pensieri accrocchiati, dopo aver faticato per millemila ore ad assistere una discreta quantità di scappati di casa [non tutti, ovvio], qualcosa di decente potrei tirarlo fuori anch'io.

tanto. opinioni per opinioni. sintesi di gente che ne sa. intuizioni dalle cronace di chi è là a prova a raccontarla con la maggior onestà intellettuale - che quando manca uhhhhh se la sgami - figurarsi se non si può fare quasi meglio. e sarebbe anche una ventata d'aria nuova. che una discreta presenza incartapecorita la si osserva, fiera a ben salda sullo sgabellino dello studio tivvvvvù, o similari.

però ho la sensazione valga la considerazione dell'amico massimo. non c'è abbastanza disponibilità di posti. per questo continuo a fatturare là dentro. ed altri più meritevoli fanno quello che fanno ora. provando a zizzagare gli smoccoli, ad ascoltar alcuni dispensatori di pensieri risolutori, in questo coacervo di futuri variegatamente foschi, diversamente complicati, lisergicamente sòcazzi.

il campo onusto di zolle dissodate dal vomero del principio di realtà, oltre che di crateri delle bombarde dello scempio umano, è molto esteso. come se la complessità si fosse srotolata in quella distesa. quindi, qualsiasi cosa si dica, si annunci è come muoversi a casaccio lì dentro, campo minato di deiezioni. inevitabile che si finisca su una zolla che prima o poi, tanto o poco, succederà. molto probabile si schiacci anche un merdone.

perché qualunque conclusione possano esalare gli opinionisti, maître à penser, diversamente corsivisti, la guerra continua ad essere una pangea di merda. dove tra gli esattori del potere il più sano ha la rogna [non siamo così coglioni, da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni]. ed il mondo piange per tutto lo scempio che si consuma contro quegli enormi tocchi di umanità. l'unico punto esclamativo che non bisognerebbe scordare. mai.

Monday, April 11, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /5: scarpe e traumi e abitudinamenti

faccio un post un po' così. con ancora meno senso.

nei campi dove i profughi ucraini transitano c'è bisogno di tanto, forse non di tutto, ma di tanto. e di scarpe. l'ho ascoltato per radio. da una cattedratica neurologa. è là a dare il suo tempo e la sua scienza. "quando non prestiamo assistenza medica, diamo una mano a sistemare gli aiuti che sono arrivati. vestiario ce n'è tantissimo. mancano scarpe. spesso nei momenti di pausa andiamo al supermarket, e ne compriamo". scarpe. mi è tornato alla mente una specie di detto, piccolo memento dovessero capitare situazioni tragiche. non ricordo dove lo lessi o come lo ascoltai.[non è escluso sia una suggestione di primo levi]. se sei in una situazione disperata e ti offrono del pane oppure delle scarpe, tu non esitare: piglia le scarpe. con quelle potrai andare a cercare del pane.

mi è tornato alla mente quella suggestione. forse perché è facile associarla a quanto più prossimo sia il concetto di situazione tragica. per quanto sia un po' minchioso esprimerlo, da qui al sicuro e al caldo, il concetto di situazione tragica. forse perché ho intravisto, per un attimo, il senso di quel camminare per giorni, chilometri. la fatica del fuggire lontano da quello che hanno dovuto lasciare quasi all'improvviso. è una fuga lenta, a piedi, e non so quanto debba essere faticoso anche un solo passo. allontanarsi dalla tua terra, chissà dopo aver visto le bombe, i morti, le rovine. ed andarsene chissà per quanto, chissà se vi tornerai, chissà cosa troverai in fondo a quel camminare, chissà cosa resterà dovessi rifare quei passi nella direzione opposta.

ovvio che alla fine hai bisogno di scarpe.

e ciascuno di loro sono [anche] traumi che si portano appresso. ogni persona morta è un chiedere come può l'uomo uccidere un suo fratello. ogni vittima è già troppo. figurarsi migliaia e migliaia. e per costoro mica ci sarà nulla che potrai mai ovviare, per ciascuno di questi stille di umanità. però forse sfugge un po' il senso del dolore di milioni di persone con le loro scarpe a sostenere quei traumi. una persona uccisa è già troppo. ma i milioni di rifugiati, i milioni di punti angolosi, i milioni di vite segnate e di fatiche a compiere ogni singolo di quei miliardi di passi.

non che non si possa provare ad alzar quell'attimo lo sguardo, e ripensare all'esponenziale di quel trauma improvviso che noi tutti si è vissuto, un paio di anni fa. abbastanza all'improvviso. che però non è stato necessario andar da nessuna parte. niente bisogno di scarpe.

quella che va è umanità segnata, che quell'ammasso galattico di merda che è la guerra ha picchiato duro. è umanità in cammino. attraverso il crinale piuttosto stretto delle nostre comode esistenze. che da una parte non siamo in grado di portare emotivamente tutto quel dolore - quand'anche provassimo a non guardare sempre e solo altrove. distogliamo, tanto, poco, lo sguardo perché ne saremmo travolti senza un senso sensato. dall'altra dovremmo provare a non abituarci. ad evitare di lasciar andare come una norma, tragica ma norma, tutto quello che succede. che poi è la somma di tutta quella umanità.distesa per sempre a terra, o che cammina. e che cammina perché vuole trovarsi al sicuro, che è la prima cosa che fanno capire loro, quando incontrano altra umanità che va a loro incontro, figurativamente ovvio. ri-abituare loro, per quanto possibile, all'idea di essere al sicuro da tutto il dardeggiare che ha poltigliato le loro certezze, i loro punti fermi, oltre al loro diritto di vivere in pace.

noi invece, che al sicuro continuiamo a stare, finché non ci si abituerà a tutto questo, sarà un esercizio utile. per mantenere il pungolo che quel buco nero di merda della gueraa non è una cosa inevitabilmente legata allla nostra natura. camminare un po' con le loro scarpe sfondate. per sentirlo passo dopo passo quel fastidio ontologico che parte dalle fondamenta. così che sia naturale, ovvio, il pensiero, l'idea, l'essenzialità di rejettarlo, ripudiarlo.

non abituarci. ovvio che costa fatica. è il mimimo che si possa far per loro. c'è necessità di questo, e se si riesce anche di scarpe.

Tuesday, April 5, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /4: sui modi di uccidere un suo fratello

il disclaimer del fatto dell'ipocrisia che questa guerra [d'invasione] sembri più guerra, atroce, attenzionata delle altre, che ci sono e ci scivolano via, lo diamo per dato. non per pura formalità. ma perché ce lo ricordiamo. tanto non riusciamo ad uscirne.

pensavo allo scempio di bucha. così uguale agli scempi omloghi di guerre nemmeno tanto lontane. e - sembra - solo il primo di quelli di cui avremo notizie.

siccome, ad essere rigorosissimi, e per temperar la punta di penna [e di cazzo] di coloro che affermano che non sono certe et sicure le responsabilità, facciamo che è quasi certo siano stati gli invasori. nel senso delle milizie armate, non il popolo intiero. tutto, o una strafottutissima abbondanza, sembra indicare chi, senza ombra di dubbio, siano i colpevoli, però temperiarmo pure la punta.

quindi ho messo in fila le dichiarazioni della propaganda degli invasori. il metaverbale del loro ambasciatore all'onu, mentre dichiarava con lo stesso piglio di come si legge il bollettino dei venti e del moto ondoso per i naviganti. e asseriva del fatto quelle immagini non siano altro che una montatura. dando peraltro la sensazione di essere convinto. dev'essere un lavoro complicato far l'ambasciatore all'onu, se devi comunque dar la sensazione di essere convinto di qualcosa che quasi certamente è  stronzata vergognosa. oppure devi essere uno svuotato dentro. o dissociato, nel senso psicotico del termine.

ed così ho pensato al guccio. al verso di "canzone del bambino nel vento". quello del: io chiedo, come può l'uomo, uccidere un suo fratello. che il guccio forse l'aveva intuito il senso profondo di quel verso che stava andando a musicare e cantare. che era auschwitz, ma è tutta quella gratuità nel far morire, nell'assassinare, nel giustiziare, nell'uccidere qualcuno più o meno a freddo. più o meno senza un senso tranne che quell'altra vita non valga. che immagino [che cioè è davvero uno sforzo di immaginarmi l'inimmaginabile e l'indicibile] si debba pensare sia un sottoumano. un qualcosa di diverso. un'alterità specista, che così può l'uomo uccidere così sistematicamente un suo fratello. perché - di nuovo immagino - non lo ritiene tale.

e senza confondermi la crudeltà di chi quegli atti li commette, pensavo alle dichiarazioni di chi parla di messa in scena propagandistica. di quelle prese di posizioni ufficiali che puzzano di carogna, tanto ributtante è quella menzogna. ma che viene servita con il cinismo dei portavoce, degli ambasciatori. è come uccidere di nuovo un tuo fratello. perché è la stessa filera di morte e crimini contro l'umanità. lo stesso sistema [criminale] che nega l'umanità nel suo fratello, che nega la domanda di quel verso. ed a ogni mancata riposta è come se buttassero via un po' della loro, di umanità.

sparare alla nuca di una donna, di un uomo con le mani legate dietro la schiena è una cosa, ovvio. espletare l'obbligo di dichiare un qualcosa che sovverte la decenza è un'altra. ma è ucciderli, figurativamente, un'altra volta. di nuovo: non sono la stessa cosa. c'è un crimine e c'è la sovrastruttura del potere che lo determina e lo scatena.

è a loro che vien rivolta la domanda del verso del guccio. non c'è risposta. sono i milioni nel vento.

Sunday, April 3, 2022

piccolo post di ubbie et contraddizioni /3: elmetti

questa guerra [d'invasione] mi frena le parole, da post e non solo. per certi versi 'stigrandisssssimicazzi. dall'altra è tutto un turbinare di pensieri, considerazioni, rimasticamenti delle suggestioni che ascolto. da parte di quelli bravi, dal paraverbale di coloro che chiamano i microfoni aperti, grande collettore di ansie, paure, ma pur sempre condivisioni e contaminazioni necessarie.

non mi sfugge l'ipocrisia della precipuità percepita di questa guerra [d'invasione], rispetto a tutte le altre [stanno ammazzando un po' di palestinesi, tra il resto che accade]. non mi sfugge non mi stia attanagliando la [relativa] serenità come accadde un paio di anni fa, con la pandemia e tutto il delirio che non è andato tutto bene, e in gran parte non ne siamo usciti migliori. non mi sfuggono del tutto i motivi di questa diversità di attanagliamento. non mi sfugge sia qualcosa che ha attanagliato molto la [relativa] serenità dei [quasi] tutti. che siamo variegatamente provati e pulviscolarmente usciti diversi, ciascuno a proprio modo peggiore et migliore. non mi sfugge che, se un qualche senso può aver senso cercare in tutta questa pangea merdosa, allora è oltremodo sensato. ancora: per evitare che tutti i morti, tutto il dolore, tutti i traumi, tutte le devastazioni che sono e saranno non siano capitate totalmente invano. e che dopo qualcosa di sia imparato, e vi si provi a porre rimedio.

questa guerra [d'invasione] è una merda. come tutte le guerre. e nel calduccio del nostro culo al sicuro non manca di scaraventare ovunque le contraddizioni delle idee, delle percezioni, delle convinzioni. per quanto preferisco, tantissimamente, aver una pletora di ubbie che mi pungolano, piuttosto che solo certezze puntute e ratificate da punti esclamativi.

tipo quello che potrebbe scatenare quel riflesso pavloviano di elmetto. specie per episodi che puzzano ancora più di orrori, prima di verificare cause e responsabilità, con quello che significa crimini di guerra. sdegno ed indignazione che fa volar via anche solo provare a declinare il concetto di equidistanza - dalle retoriche e propagande - posto che son pugnettar di pensieri, a ragionare sul fatto che le popolazioni sotto le bombe non sanno che farsene dell'equidistanza.

mandare o non mandare armi a chi resiste, come fossero normali forniture, noccioline, caramelle, tutto [cit.]. ratificare come resistenza, o meno, la difesa di coloro che combatte chi li invade, come se ci fosse può stabilirlo o meno. l'auspicio importante si possa arrivare a dei negoziati, a portare a termine i combattimenti con la diplomazia. che si auspicano [quasi] tutti. senza guardare il pungolo che si arriverà ai negoziati, che garantiscano qualcosa che non sia disfatta per l'ucraina, proprio con le battaglie che si combattono con le armi che sono state fornite, che arrivano, che arriveranno. forniture che si fa finta di non vedere arrivare. oppure che si dà per scontato arrivino, con la notizia che passa e va bene così. nel senso di un sacco di meinnstriiiiim che ormai mi si nota di più se si prende posizione contro quelle notizie, oppure se non si dice nulla. e che poi c'è l'altro pungolo, che senza quelle merdosissime forniture non sarebbe lontano il momento in cui bisognerà allargar le braccia, e dire a coloro son stati invasi: e niente, dovete arrendervi. dal nostro posto con il culo al caldo, ovvio. che nessuno lo dichiara, chiaro. e l'arzigogolio retorico non è banale per ovviare a quella conclusione. che sarà pure complessa la situazione, che sarà meglio evitare le dicotomie bianco o nero. ma poi, se non metti in condizione di difendersi chi è invaso, la conseguenza, causalità dopo causalità è dir loro: arrendetevi. quindi il tutto finisce in quel gorgo irrazionale. nel senso più matematico del termine: che non si può ridurre a minimi termini. c'è qualcosa che sfugge nel tenere insieme tutto. non riesco a far pace con l'idea di armarli - per fortuna. non mi sfuggono le possibili conseguenze di questo. non mi sfugge che chi è di un'idea diversa lo faccia come riflesso che si scatena di fronte a certe insopportabili storture, non per forza perché guerrafondaio. non mi sfugge il contesto e lo stato della [schifosissima] arte. non mi sfugge che una resistenza è sempre meglio di un'invasione, e 'sticazzi a chi crede di aver l'autorità di definirla tale o meno. non mi sfugge che la resistenza non armata è davvero fottutamente più complessa, dura e complicata. specie per chi non ha il culo al caldo ed al sicuro.

c'è qualcosa che comunque sfugge, che non si riesce a tener dentro assieme a tutto il resto. che genera pensieri contradditori, che fanculo i punti esclamativi alla fine delle affermazioni maschie. è disturbante. ma per fortuna che c'è. la merda della guerra è disturbante per sua natura. se il tutto quadrasse comincerei un po' a preoccuparmi: o mi sto assuefacendo o sto buttando via i fondamentali, quelli per cui chiesi con convinzione di essere riconosciuto come obiettore di coscienza. ero [più] ingenuo, allora, oltre ad essere onusto idealista. ora sono meno ingenuo: non voglio arrendermi all'idea abbia smesso del tutto di essere idealista. sarebbe una morte un po' peggiore [cit.].  [volevo chiudere con una citazione gucciniana. poi un attimo prima di fare dare l'ultimo invio, ho voluto correggermi, sottolineando la scelta non azzeccatissima. c'è gente c'è chi muore davvero, col cazzo le osterie di fuori porta. sarebbe stato abbastanza irrispettoso.]