Sunday, July 31, 2022

faccio un post cazzaropolitico /1 - mandati [avavavavavnguuulo]

ebbene sì. sono stato faivstarre-grillinico per poche ore. il giorno ottodisettembreduemilasette. per capirci il primo vaffadei. accadde perché fui serenamente travolto dall'entusiasmo dell'amico Flavio. andammo dall'hometown a verbania in bici. erano giorni in cui pure io viaggiavo sulle ali dell'entusiasmo. credevo fosse un periodo di una svolta davvero importante [parentesi: ci ho ripensato a quei periodi di sensazione di svolte. che poi alla lunga non si svoltò mica tanto un cazzo. toh. guarda caso: il filo conduttore la stessa persona. e l'amaro in bocca tanto proporzionale all'entusiasmo di cui ero onusto.]

vabbhé. dicevo.

con l'amico Flavio si andò a verbania in bici. un po' l'entusiasmo suo. un po' il sentore di intima novità adveniente mia. un po' 'sto beppegrillo faceva spettacoli interessanti. proponeva una lettura critico-costruttiva della realtà, e lo faceva con modalità travolgenti. pure l'enrico alleatonazionale dichiarato li ascoltava con quasi venerazione. un po' ci sentivo una certa fragranza antiberlusconiana, giratondina, popoloviolacea. un altro modo possibile di esprimersi politicamente.

così finimmo in quella piazza vaffadeistica. che uno dei miti fondativi fosse il vaffanculo non mi convinceva del tutto, ma sticazzi. c'erano da firmare quattro o cinque proposte di referendum popolare: quasi tutte più che condivisibili. che fossero quattro o cinque, e che non ricordi cosa proponessero al 75% o 80%, è significativo. ed è significativo che, la sola istanza che ricordo, era la proposta dei due mandati. nel senso che, obbligatoriamente, ci si potesse candidare per non più di due legislazioni. e che ricordo bene mi sembrò già in quel momento una stronzata. ma di quelle belle efficaci. chissà se lo condivisi con l'amico Flavio.

una stronzata perché stabilire, per legge, che l'esperienza che si può acquisire non si possa poi più utilizzare, mi appariva come il più scemo dei buttar il bambino con l'acqua sporca. peraltro a prescindere dalle capacità, dai risultati, dal merito che si possono rivendicare. poiché in parlamento alcuni  [molti?] ominicchi hanno costruito carriere, allora decidiamo, ex-ante, che l'importanza di pochi hombre vertical venga messa da parte, a causa di quegli altri.

bella stronzata. e sono sottilmente soddisfatto, oggi, di aver nasato l'afrore rancido. che quello che vi si sottintendeva è la quasi totalità delle ragioni per cui ne ho sempre criticato l'approccio, ed i comportamenti conseguenti. la finta palingenesi, il movimentismo sgarruppato, l'idiozia politca di molti, la banalizzazione delle competenze, l'idelogismo di ritorno spacciato per primato di onestà e probità. che saran ben tutti onesti neh? ma molti, troppi, si son dimostrati tantotanto dei ciula.

già. perché già nel pomeriggio smisi di essere un grillinico-faivstarre. il tutto partì con il rimbrotto del nonnetto putativo. che rimase sorpreso quando gli dissi: sono andato al vaffadei a verbania. a lui l'elemento fondativo vaffanculistico non lo convincenca per niente, ma soprattutto nessun sticazzi. e non ostante l'età non credo si sentisse scandalizzato dal torpiloquio. era proprio l'elemento destruens che lo inquietava. gli ricordava il fascismo. non che li ritenesse tali, figurarsi. è il costruire una proposta sul disprezzo gli altri, a prescindere, che non porta a cose buone [figurarsi pochi anni dopo, la rottamazione. pedddddire]. fu tranchant. ci riflettei sopra, ed in fondo sapevo avesse ragione. anche se continuavo a voler bene all'amico Flavio, invidiando un po' quel suo entusiasmo. in fondo beppegrillo ha una sua intelligenza narcistico-egocentrica, a suo modo geniale. ed il vaffanculo è una cifra stilistica a lui coerente. che può permettersi, perché sa come gestirla, declinarla, semantizzarla nei suoi contesti. o nei suoi comizi. il problema fondante è stato pensare che tutti riuscissero fare altrettanto, e qualunque contesto fosse lo stesso per cui l'elevato sputacchia con il suo ghigno un po' mefistofelico, che ti viene da ridere assieme a lui. ma è appunto l'elevato. unovaleuno un bel cazzo. a partire dal fatto che lui è lui, gli altri no, convinti potessero esserlo, anche solo un po', grazie al vaffanculamento.

tutto questo mi è tornato in mente, prorompente, in questi giorni. che la faccenda dei due mandati ha strigliato et strizzato quella masnada di reduci di quel momvimento-partito. uno dei più importanti gruppi parlamentari delle ultime legislazioni, sgonfiatosi come un sufflè di scappati di casa. potevano davvero fare una rivoluzione, cambiare i paradigmi. hanno azzeccato qualcosa, spesso costruendolo tecnicamente maluccio, quando non in modo imbarazzante. che uno dice non serve la competenza e l'esperienza. si sono tri-alleati, scissi, ri-scissi, epurati, italecsizzati, autodimessisi, sparpagliati: a sinitra, a destra, afffà i negazionisti e revisionisti, o gli insiemisticiperilfuturo.

e quindi 'sti due mandati. li tengono, non derogano, non li tengono, derogano. alla fine ha deciso l'elevato: chi ha fatto due legislazioni, basta, deve farsi da parte. unovaleuno un cazzo, appunto. ho letto che ai tempi la regola fu pensata per non strutturare una classe dirigente, che potesse insidiare lui e casaleggio, che dovevano rimanere i proprietari del brand faivstarre. oggi viene ribadita per smontare la falange parlamentare dei fedelissimi dell'avvocatoconte, che si son tirati in casa e che l'elevato sembra sopporti ben poco. ma questo c'è, ormai. si fa fuoco con la legna che si ha. e la legna e la lagna postdemocristiana del chiagnaefuottti, l'avvocatoconte dico.

però. se mi sembrava una stronzata allora, è delirante ora. che ex-post qualcuno avrà pure meritato, avrà acquistato competenze, capacità. no. è la linea inderorogabile di chi sembra non confrontarsi col principio di realtà: qualcosa è successo, nel frattempo. incaponirsi su una scelta per una qualche durapurezza che rimane il nocciolo duro. ma soprattutto sfarina aspettative, speranze dei più. è ricominciare un po' tutto da capo. sperando che il giro dopo vada un po' meglio. su quali basi, mi sfugge. ma io sono un tantino orso e puntacazzista di sinistra. e soprattutto all'elevato, ormai, importa ancora qualcosa?

che poi, alla fine di tutto 'sto pistolotto, c'è il pat-pat sulle spalle al principio di realtà. che è un po' interessante, un po' sconfortante, un po' paradossale. è che cioè non si potrà [o dovrebbe] far a meno di quei voti. per costruire cosa non è molto chiaro. sicuramente qualcosa di meno peggio di quello che rischia di arrivare. e poiché c'è in giro troppa gente che il meno peggio lo disdegna inorridito, credo non se ne farà nulla.

ed avremo il peggio.

Friday, July 22, 2022

contronaturismi

i genitori non dovrebbero seppellire i propri figli. è contronatura.

leggo di una madre che lascia morire la creaturina, abbandonadola. che è due volte contronatura. 

e lo leggo in attesa, emotivamente intensa, di una madre e di un padre che seppelliranno il loro di figlio.

è la terza volta da quando è iniziato questo delirio pandemico. come una cadenza impietosa nelle fasi di questo delirio pandemico.

i genitori che seppelliscono i loro figli è contronatura. però è sempre successo e sempre succederà. che ci appaia davvero così insopportabilmente senza senso è per il privilegio che ci è toccato di vivere in questo pezzo di mondo realtivamente più sereno. in un periodo di straordinaria continuità di pace - da noi, ovvio. ma è un privilegio dei nostri tempi e del nostro mondo. avremmo ben tutti nonne e nonni, bisnonne e bisnonni, proziumi che ricordano, rimpiangono, fratelli, parenti seppelliti giovani. bastava una polmonite. un qualche malanno che oggi cureremmo senza fare un mezzo plissè. e i genitori seppellivano i propri figli. contronatura. anche se erano malattie che falcidiavano.

succedeva anche con le guerre. succede ancora con le guerre. grandissimi tocchi di umanità, grandissimi tocchi di genitori che vive più nell'ordine delle cose, che forse toccherà loro seppellire i propri figli caduti. un motivo in più, questo sì, per ricordarci quanto contronatura sia la guerra.

e succede per fame, e stenti in troppa parte di mondo. per troppi tocchi di umanità. e questo, oltre ad essere contronatura è insopportabile, urticante.

i nostri tempi, nel nostro mondo da privilegiati, hanno espuntato un po' di più quell'atto contronatura. lo hanno allontanato un pochetto. ed è come ogni volta fosse ancora più dura, sconvolgente, traumatica. non credo si possa mai essere pronti. noi lo siamo ancora meno. come fosse la peggiore delle maledizioni. il dolore più lancinante.

[stra]parlo, scrivo forse a sproposito. non sono genitore. quand'anche lo fossi non sarei stato madre. se può aver senso metterli in fila, forse, le entità del trauma più intenso.

non posso nemmeno provarci a pensare, di cominciare ad intuire cosa deve significare per una madre. che la creatura se l'è portata dentro. è qualcosa che al maschio - comunque - sfuggirà sempre in maniera ontologica. non ci provo nemmeno. però il pensiero corre spesso alla madre, più che tutte e tutti gli altri. più che la sua sposa, che avrebbe dovuto diventare suo marito tra un paio di mesi. e certo c'entra quel legame che c'è sempre stato con quella mamma, pur non vedendosi per mesi. e certo c'entra quella particolare sensibilità che non si può non intuire a prescindere.

non ci provo nemmeno. che la creatura abbia appena passato i sessant'anni, o che ne abbia nemmeno tre, o che ne compia oggi trentatre. credo cambi davvero poco. quel dolore che sento riverberare anche da lontano.

qualche post indietro scrissi sulla genitorialità mancata. c'è un non detto un po' paraculistico. o forse possibile passaggio comunque evitato. un mezzo pensiero che non ricordo distintamente se è salito, fino a condensarsi in una considerazione conscia e consapevole.

io non sarò verosimilmente mai genitore. non mi capiterà di vivere forse la più intensa dei coinvolgimenti emotivi duraturi. certo che mi è mancato. però so anche aver evitato quel punto angoloso assoluto. non seppellirò mai i miei figli. non è una consolazione, ovvio. però so che, di certo, non passerò attraverso quella roba lì. contronatura. non mi fa né migliore né peggiore. né più fortunato né più sfighinz. non succederà. punto.

i genitori immagino rimuovano quel pensiero. intuisco sia la paura più grande che può soffocarli. è un meccanismo psicologicamente sano, di autoprotezione. ci si mette al riparo dalla cosa più contronatura.

domani abbraccerò qualcuno che, con questa cosa, che non si augura a nessuno, dovrà conviverci per sempre. non sarà per nulla semplice. ma è il mimino che si debba fare.

e un brandello di senso, nel non senso contronatura totale e paralizzante, si può intravvedere in lontanissima trasluminanza. se può anche avere un senso provare a cercarlo. ed è il fatto che qualcuno, chissà dove e chissà chi, potrà vivere una vita un tocchettino migliore grazie alla donazione degli organi. è il paradosso di questa dualità. morte e vita così intrecciati. roba che sinceramente un po' mi stordisce. se c'è ricevente, c'è un donatore. da una parte un nuovo vivere. da una parte il dolore contronatura. non so se e come possa servire, specie proprio ora, ai genitori, a tutti coloro che stanno vivendo questo. ma è una specie di respiro di aria fresca, nell'apnea di un buio che può sembrare senza più fine.

ma è come il seme. muore, per portare frutto.

ciao Michele.

Thursday, July 21, 2022

peracottarismi e stingrandissssssimicazzismi

l'amica laeta ha scritto il chiasmo più bello: la crisi di governo del governo della crisi.

che alcune cose le puoi osservare con snobbistico distacco. o forse è autoprotezione.

difatti, nel mentre naufragava il terzo governo di questa legislatura, ripensavo a quando stava finendo il secondo. e mi è tornato alla mente l'ansa del torrente sotto la pista ciclabile, quando ci camminavo nell'inverno di diciottomesi fa. ed il fatto pensassi al post che scrissi, un po' da figanervosa, in quell'occasione. sarà che erano periodi molto più complessi di quanto capivo. e lo sbrocco interiore stava lavorando carsicamente. sarà che ho le mie personalissime itterizie anche solo a sentirlo parlare, il renzie. figurarsi allora che tornava centrale a far il bello ed il cattivo smargiasso. figurarsi. tecnicamente ovvio mi stracciassi le vesti, ovvio strepitassi manco una vaiassa erotomane dopo mesi di astinenza, cui hanno schiacciato un callo quasi volontariamente. e difatti scrissi quasi sguaiatamente. con il fatto che il figuro che veniva defenestrato allora tutto, tranne simpatia e autorevole stima mi ispirasse. punto di riferimento dei progressisti [cit] de li me cojoni. altro che uscita lisergica del segretario piddddddì di allora. 

quindi era proprio il bias verso renzie, piuttosto che quell'afflato acciocché rimanesse quel presidente del consiglio dei ministri, pescato quasi per caso. e la sua pochette. con la sua parlata supercazzolistica involuta. l'eloquio azzeccagarbuglissimo. eponimo dell'approssimazione sgangherata faivstarrre. che se non ha fatto questa figura infimevole, è anche perché il livello medio attorno è bassino.

e così sono andati a pigliare il migliore. solo che tutto quello che gli stava attorno è tutto tranne che la migliorevolezza a disposzione. e difatti, forse, non poteva che finire così. lui che col suo cuore da banchiere centrale deve aver pensato: siete degli scappati di casa, qualitativamente meno che pezzottati, andate pure affffarintoooucuuulo. [al netto che qualche perplessità, personalissima, sulla tattica retorica dei discorsi di ieri un po' mi rimane. va bene la schiena dritta. ma alcuni dettagli metaverbali non sono andati esattamente in una direzione di plaga conciliante]. e gli altri che l'hanno mal sopportato, proprio dalla bassezza della loro pezzottagine di casa scappatismo. il secchione viene bullizzato dalla classe di fancazzisti. il probo viene disdegnato dai pusillanimi, quando non osteggiato o disprezzato. chi è migliore di te rischia di acclarare la tua dabbenaggine: dagli al migliore. facciamogli vedere come si sta al mondo [dei mediocrissimi].

ora. mi interessa poco ribadire la qualità di colui che è stato tisalutoconilculociaociao da quella pletora - mediamente - di peracottari. non fosse altro perché ho ascoltato e letto di pronazioni quasi imbarazzanti, da parte di giornaloni [igiornaloniiii] e membri variegati della variegata galassia degli intellettuali: tutti quasi ad implorarlo a rimanere. ma non solo. il personaggio, per la sua storia, la sua impostazione, non esprime esattamente il mio modello di visione politica, di come bisognerebbe adoperarsi - ma per certi versi, stigrandissssimicazzi.

ma in effetti credo fosse il meglio a disposizione nel contesto. che potesse tenere a bada un parlamento quasi balcanizzato. con la prima forza politica che si è squagliata nella propria insipienza e ontologico pressapochismo [io lo ricordo benissimo, quando lo dissi passeggiando ai bordi di piazza tripoli. il mese dopo le elezioni. a me sembrava talmente facile da capire che mi stupivo del contrario]. con la seconda forza politica guidata da un peracottaro populista, inetto, offesa a chiunque abbia fatto politica con una qualche passione sincera. ci poteva provare solo lui. che sarà pure stato un banchiere centrale. ma era il meglio si aveva a disposizione in quella combinazione della storia, all'interno della storia. e poco importa, davvero, potesse infiammare così poco il mio cuore, o inorgoglire il mio senso di appartenenza ad un'idea. il punto non sono i miei desiderata. il punto è quantoammmmerda stanno andando le cose. e chi può garantire una certa autorevolezza per limitarla quellammmerda. anche se un po' se ne aggiungerà in alcuni contesti a me sensibili. è la quantità di quella che leva. anche se è un effetto delle smargiassate di renzie di diciottomesi fa.

non mi straccio le vesti. probabile questo verrà fuori un post meno da vaiassa. sarà che la sertalina aiuta e soprattutto sto facendo un gran lavoro. e comunque il manto rassicurante dello esigrandisssssimicazzi, plana anche 'sta volta.

non mi straccio le vesti. e riconosco che subisco un residuo di rispetto verso chi è ammantato da un'autorevolezza che è di pochi. è il mio punto di equilibrio con il pessimo rapporto che ho da sempre con il concetto di autorità. non mi metto in posizione potenzialmente ortogonal-urticante se riconosco una qualche forma di merito, di capacità, di intelligenza nel senso più ampio ed alto del termine. [parentesi: il paradosso è che ora là dentro, la posizione defilata, mi mette molto al riparo. al sicuro dal manifestare il mancato riconoscimento del ruolo "d'autorità" a gente cui potrei pisciare in testa, ad essere umili. pletore di altrettanti peracottari, sovrastrutturati dalla posizione che ricoprono. qualcuno ovvio si salva ai miei spocchiosissimi occhi. la maggiorissima parte è groppuscolo di personaggini ominicchi [e pure donnicchie]. acclarassi quello che penso, rimarrei là dentro davvero poco. però ora è funzionale continui star lì. me ne sto al riparo dalla mia posizione defilata. molto più rasserenante che mordersi la lingua].

per questo sì. sono un po' dispiaciuto perché il meglio - contestualmente - che avevamo a disposizone ha salutato tutti. che abbia poi fatto davvero solo il meglio per questo paese non sono del tutto convinto. ma importa pochino pochino. e comunque, più che dispiaciuto, sono amareggiato e financo rassegnato che il peracottismo ha trionfato tronfio di nuovo. ed evito di soffermarmi sulle putrbonde chiavi di lettura che danno questi figuri.

e sono scoraggiato perché saranno pure figuri. ma sono espressione nostra. pure mia. che tanto li sento lontani e ben alteri a me. ma chissà se il mio snobbismo, da orso radicale non alimenti - tanto, poco - questa pochezza. se mi rintano sdegnato, nel mio piccolissimo, ovvio si lasci spazio alla qualunque. specie gli incompetenti, che si fanno vanto della propria ignoranza. che a volerla vedere è una mezza imprecazione civile.

io non so se - mediamente - i cittadini, chi vota, sia davvero così migliore della canea - mediamente - che viene mandata a rappresentarli, i cittadini. vorrei sperare di sì. vorrei che al prossimo giro scegliessero in maniera consequenziale alle sporchievolezze cui abbiamo assistito, sfanculando pesantemente i peracottari.

mi piacerebbe pensarlo.

però chi vive sperando, muore cagando. diceva il sergente lo russo, mandato a presidiare l'isolotto in grecia. toh. da quel regime che iniziò un secolo fa. nel ventidue. in autunno. l'isolotto e il sergente lo russo stavano in un film. il regime che iniziò nel ventidue, in autuno, per nulla.

quest'anno, toh, si vota proprio in autunno.

Saturday, July 16, 2022

barlumismi

che poi ogni tanto ti capita quel momento in cui tutto va più o meno a posto. il barlume. anche se non è che le cose vadano necessariamente male. anzi. che poi forse son diventato un fottutissimo bicchierenondisperantisecistaanchesolounaqualchegocciadipresenzismonelbicchiere. che chissà chi l'avrebbe detto. che va bene il gradiente. che è un tutto un divenire. quindi anche ad aspettare il tampone della liberazione, che l'importante è che matreme sia stata meglio di me. che pure non è che possa lamentarmi, minchia. un po' di febbre e va benissimo così. almeno ho dormito.

le cose possono non andare così male. anzi. che il proprio ombelico è un punto di riferimento che ci hai lì, mica puoi espuntarlo. però anche solo a guardarsi lì nei pressi ci son cose che vanno meglio. e che sei tu, lo stronzo, che le idee che avevi - piccolo borghesi - poi riescono agli altri?

e comunque capita che tutto vada a posto così. che sei seduto comodo sulla sedia quasi sdraio, gambe accavallate, che ormai la caldazza ci rivediamo domani. alzi lo sguardo sulla siepe invero un po' informe. c'è quel baluginio di luce che è così poco naturale. difatti è il riflesso dei vetri che sono alle tue spalle. che anche il sole ci vediamo domani. e sarà un po' meno luce. ma la notte è ancora rintuzzata ad essere breve per un po'. e per un attimo tutto si infila nei cunicoli dei pertugi del groviglio del pensiero che si allineano. e si combinano a c'è luce, nel senso che si intravvede in mezzo.

e si guarda giù fino al daimon. che se ne sta in panciolle. tra il rassegnato ed il rincoglionito. forse è tutto un gran lavoro, con l'ausilio sertralinico o meno, a consolarlo e dirgli di non rompere troppo i coglioni. dice: ma cazzo, dovevi fare quel pungolo che ti dicevo di fare. e che ne sapevo, io? vai a capire che ce l'avevi proprio con me. io dovevo far l'aritmetica. l'italiano era per le femminucce. la compagna di classe elena, il primo anelito, il primo duedipicche era la più brava in italiano. io ero bravo coll'aritmetica. che pensavo fosse quello.

e invece niente.

il pensiero che s'infila nella luce a guardare giù nel profondo. e vedere per un attimo il piacere del gran brodo primordiale, l'eco dell'intelligenza condivisa e l'inconscio collettivo. e la sensazione appagante, in potenza, della storia del raccontarlo. qualsiasi cosa significhi. entrare in sintonia con quell'ubriacante intimità, di notte. che uno ha il cronotipo serotino perché forse è più semplice tirar fuori, quando fuori è notte, quello che tenderebbe a mascherarsi manco fosse il bosone, o il neutrino tau. sì, se non fosse una similitudine banale, è che le costellazioni, ed i miti che ci hanno appiccato sopra, le stelle, le nebuolse, saltan fuori solo di notte. e ci vuole buon occhio, oltre il sereno. che è quella cosa che mica capisci perché è quasi commovente, quella roba lì. anche le lucciole tipo. non capisci perché è commovente ma è il tuo momento. ma mica per questo poi sfanculi il sole. anzi. che quando c'è più luce sei il primo ad essere garrulo.

però niente. quel momento in cui tutto si mette al posto giusto. anche solo per esperienza emotivamente intensa di quello che leggi, di quanto ha significato lo scrivere, il senso, e del dolore fisico che n'è conseguito. e quasi per mimesi è uno scrollone. e giù il daimon alza il sopracciglio: ehi, checazzzostateafare laffffuori. o laggiù? ve ne state bbbboni? che sennò poi comincio a dar di matto e poi so cazzi. altro che sensazione di inappagamento, mentre mica non lo sappiamo che sei privilegiato. ti faccio andare in eccezione a furia di rifare quell'anello di pensieri. che è tutto un gran giro ma poi torni al punto di di partenza. al limite un po' più spossato. e l'anello te lo faccio fare sempre più veloce. manco i test di accelerazione dell'addestramento degli astronauti. eh. che vuoi che ti dica, son così. che faccio da pungolo da illo tempore. tanto il gancio col principio di realtà lo fanno altri. se poi ne esce questa contraddizione faticosa mica ci posso far nulla. so daimon.

ma non ostante tutto questo, tutto va a posto, per quell'attimo. che si capisce la contemporaneità delle cose che sono e che sarebbe stato bello fossero. quel bello che è garrulo anche il daimon, magari in un'altra piega dimensionale, in un'altro universo, in un altro essere presente qui. adesso. sulla sedia. il libro appena finito sulle ginocchia. la siepe forastica, il baluginio dei riflessi dei vetri alle spalle. che il contesto è questo, gradienti, sertraline, lavori succedanei alla gratificazione ma che cazzo mi riescono eccome, solitudini e riottosità sociali, brandelli di affetto che sento esserci e quelli che chissà che fine avranno forse mai fatto, consapevolezze, atarassie, sublimazioni di desideri carnali, genitorialità sfumate, rimpianti e possibilità di nuovi rimorsi. e tutto quello che è darli retta. prendere, plasmare, reintepretare, raccontare. nella quiete generatrice della notte. che sia molto tardi che si va a dormire [cit].

tutto quello in quell'attimo. preso. manco fosse un neutrino o il bosone.

che giusto l'attimo. e poi, sszzzzossuuyyyttttmummpf. si è di nuovo nella dimensione del qui. che le cose non vanno affatto malissimo. e soprattutto appena oltre lo sguardo dell'ombelico succede l'indicibile, lì accanto. basta una vena che cede. senza preavviso. forse senza ritorno. come se non ci fosse un senso in nulla.

porcodiquelcazzo.

Sunday, July 3, 2022

post psicopipponicamente, irrazionalmente, genitoriale

quando era giovane, onusto di belle e conformistiche speranze, ero convinto sarei diventato padre. non poteva che andare così. volevo tre femmine. non avrei disdegnato due gemelle - primo o secondo parto della mia futuribile moglie, indifferente. così come del tutto non contemplante di quanto deve essere fottutamente complicato un parto gemellare. tre femmine. non so dove finisse il voler sfruttare il complesso di elettra, e dove iniziasse la paura inconscia di non combinare gli stessi involontari casini che patreme compì con me. invero ben supportato pure dal mio puntacazzismo.

un po' fuori dal conformismo sociale degli anni dell'adultità, le cose sono cambiate un tocchettino. però il desideio di essere padre non si è consumato del tutto. così, se ripenso agli ultimi undici-dodici anni, mi vengono in mente due fanciulle, come risposta alla domanda: ma tu con chi faresti una figlia? due fanciulle. ovviamente in maniera sequenziale, con discreta soluzione di contuità tra le due: mica in contemporanea. c'è un limite a tutto.

la prima è diventata madre pochi mesi fa. e pensarla mamma mi emoziona. allora avrei dovuto essere più centrato, più convinto, più cinico a provare a far andare in maniera diversa una relazione, la sua per intenderci. quella che ha portato a questa bellissima creatura. provarci non avrebbe significato riuscirci, ovvio. ma sarebbe stata condizione necessaria. doveva andare com'è andata. con quella creatura sorridente, e l'emozione di quella madre. che tanto [mi] significò allora.

la seconda non mi risulta sia madre. ed ho la totale irrazionale sensazione sarebbe [stata?] una mamma che mi emozionerebbe allo stesso modo.

queste le fanciulle per cui negli anni dell'adultità, in maniera variegatamente irrazionale e sequenziale [con discreta soluzione di continuità], ho perso la testa. per quanto non ci sono relazioni belle e coinvolgenti come quelle che non hai vissuto. e in cui non hai condiviso il calzino lasciato in giro per la stanza [la prova del calzinismo, diceva la mia amica viburna]. o quando ti svegli con gli occhi cisposi al mattino, ci si trova nello stesso letto. arrancando col mondo.

fanciulle [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità] accumunate solo da due tratti. fisico asciutto. ed una delle due con meno tette dell'altra, che ne ha poche. non è solo una considerazione trivio-estetica. è che sono un tettista convinto, qualsiasi cosa significhi. però delle tette della madre di nostra figlia non potrebbe fregarmene di meno. è solo un buffetto nella totale irrazionalità della risposta a quella domanda: con chi avresti fatto una figlia?

già, irrazionalità.

perché se ripenso alla risposta alla domanda, e perché avrei risposto lei [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità], non c'è moltissimo che riuscirei a circoscrivere in una qualche razionalizzazione. ci sarebbero un sacco di cose che deborderebbero oltre i bordi di ogni ragiovevole tazza [cit.]. e fin qui, niente di così eclatante o così originale. mica puoi razionalizzare l'innamoramento, lo stordimento dopaminico, per cui si saltella come gli astornauti sulla superficie della luna. solo che i saltelli li si fa dalla superficie rugosa del principio di realtà. e quindi in grandissima prevalenza, un pensiero che erompe senza pensarlo è: facciamo una figlia [vabbbhè, oppure un figlio, via]. che è come se fosse l'unica cosa ovvia e fattibile. bel marchingegno ha messo in pista l'evoluzione. che per sicurezza la riproduzione sessuata l'ha affinata con una buona dose di capacità di riuscita.

che se ripenso all'irrazionalità della mia riposta, ora, mi vien da domandarmi: ma sulla base di cosa? con queste due fanciulle ci hai avuto [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità] a che fare così abbastanza da dire: sì, con lei sì, una figlia ce la farei? che poi mica non lo sappiamo che non significa farlo e basta. che "per far un uomo ci voglion vent'anni, per fare un bimbo un'ora d'amore" [cit.] [un'oraaaaaaaaa? spero sia una licenza poetica. che ho i mie crucci di inadeguatezza. poi dice: eh, se ascoltavi 'ste canzoni a quindici anni]. una figlia, un figlio significa tirarli grandi. o avviarli a. e vivere in presa diretta empatica le sue gioie, e soprattutto i suoi dolori. per tutta la vita. deve essere cazzo faticoso. deve essere uno delle sfide più emozionanti ed importanti. ma cazzo emotivamente faticoso.

e quindi. ripensando all'irrazionalità della mia risposta, so che ci sarebbero state probabilità non indifferenti che qualcosa avrebbe potuto andar storto. tra la madre della creatura e me. specie per il fatto quella risposta non poggiava poi tanto sull'esperito di una relazione propriamente provata, e più o meno collaudata.

è una risposta che mi sarebbe venuta  [sequenzialmente, con discreta di continuità], senza ragionarci troppo sopra. senza valutare l'opportunità. quanto poco  pat-pat alle spalle del principio di realtà. che per un tedioso rompicoglioni razionalista come me, non è proprio robetta.

o forse è proprio questo il bello. o il senso. che certe spinte intuitive, totalmente irrazionali, ti trascendono perché vanno ben oltre a te. e le tue tediosissime speculazioni razionali. financo le tue banalissime paure. ed anche il principio di realtà: sei simpatico et necessario in gran parte dell'esistenza di una creatura, caro principio. però bisogna ogni tanto bisognerebbe derogare. e quello che conta è che l'ovulo fecondato si impianti [ricordati, nei momenti di maggior depressione e scoramento: una volta sei stato lo spermatozoo più fico et forte et capace di altri millemila]. che la nuova creatura è più importante dei casini dei suoi genitori. delle loro inadeguatezze. e loro testacazzismi. che avranno pure tutti i casini, le inadeguatezze e i testacazzismi. fin a riuscire ad essere quanto più disadattati. ma c'è la possibilità che la creatura, gran balzo di reni, vada oltre tutto questo. e contribuisca a suo modo. potrebbe non essere così semplice, quel balzo. potrebbe essere molto complesso, anche alla luce della parziale merdosità di mondo stiamo lasciando loro. ma non significa a priori che non possano riuscirci, in quel balzo. che per fortuna le nostre inadeguatezze paurose non saranno per forza le loro.

e non è che non conosca situazioni incasinate di genitori minchioni [pur con tutta la loro buona volontà]. relazioni che saltano, anche senza deflagrare. non è che mi sfugga la difficoltà di quando si smette di volersi più o meno bene, e si usano come clave emotive le creature. non è per nulla escluso che le creature ne patiscano. però non per questo è improbabile possano diventare i loro bei neuroncini dell'intelligenza collettiva, con assoni e sinapsi che sapranno farsi da loro. non ostante il minchionismo genitoriale.

questo è un post psicopipponico. ovvio. ed è decisamente molto probabile io non sarò mai genitore. anche se quelle risposte ex-post [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità] forse continuerebbero a sgusciarmi fuori. in modo del tutto irrazionale. sapendo che potrebbero non essere la risposta [più] esatta.

però quella riposta mi sarebbe venuta [sequenzialmente, con discreta soluzione di continuità]. ed è un dato di fatto che non so spiegarmi. ma proprio per questo va benissimo così. e di cui intuisco, a tratti, il senso insensato.

come una specie di obnubilante, inevitabile, prorompente necessità. come la piccola morte di un orgasmo. e tutto il sacrificio che potrebbe discenderne. che poi ci pensano le creature a viversi la loro vita. e che tu abbia [sempre?] avuto una fottutissima paralizzante paura, fottesega all'evoluzione e al contributo all'evolversi dell'intelligenza collettiva. al limite tu ne rimarrai un po' fuori.

appunto.