Saturday, April 20, 2019

le lagrime di giorgini, il fuoco di notre-dame e 'sta cosa delle campane di pasqua a distesa

[...che poi è una specie di augurio genetliaco alla mia amica francy, cui arde un fuoco dentro, tanto che contraltara con questa specie di placidia. cose così.]
comunque.
francesco giorgini è il corrispondente da parigi per popolare network. quindi mi capita spesso di ascoltarlo nel dar notizie di quell'altra parte delle alpi. sulle cose dei cugini e tutto il resto. dai suoi servizi, radio diffusi, traspaiono goccioline di impegno e convinzioni di punti di vista precisi e convinti. il tono della voce, il più neutro possibile, pare trattenga suo afflato pasionario. quel suo "da parigi, francesco giorgini per popolare network", sembra quasi un gancio, l'invito a ascoltarlo di come la pensa, fuori dai denti, al di là della cronaca ragionata giornalistica - peraltro ottima. d'altro canto è capitato di ascoltarlo in altre trasmissioni, più cazzare del professionalissimo gierrrrrre [giornale radio, se non si era capito. là dentro fare gierrrrre è celebrare un rito laico, fondativo quanto continuo: fornire informazione, in primis]. è in quelle occasioni che si coglie il compagno giorgini nella sua militante convinzione, per quanto a tratti ironicamente leggera, con innesti cinici e razionalisti, quasi disturbante a tratti, fino al midollo.
quindi, per certi aspetti, un po' mi ha stupito l'altra mattina.
suo un collegamento da parigi durante l'approfondimento del "denome del tardi" [che poi sarebbe la trasmissione che mi risuona nell'orecchio della cuffietta mentre monto la postazione e appizzo il picccccì, chiedendomi che cazzo di faccia là dentro - oltre fatturare - nel mio ontologico sonno disperante. il "demone" è un piccolissimo rinforzo positivo - ma tutto è utile in quei frangenti - per ricominciare ogni mattina. bello ci sia]. l'argomento era la declinazione del rogo di notre-dame da parte del corrispondente. chi quindi vive l'inevitabile peculiarità di essere sul posto. telefonata del giorgini innestata in mezzo a pareri di ingegneri strutturisti, architetti, storici dell'arte, esperti di restauro. giorgini ha raccontato la parigi che ha vissuto in presa diretta, dal vero, quei momenti. io che li ho vissuti come qualcosa che non può essere, incredulo e inebetito [beh, un pochino almeno, dai] mentre lo seguivo sullo smartofono del sito di repubblica.it. il valore simbolico del fuoco, che avvampa, inghiotte, consuma, e che sembra si porta via, in maniera inesorabile, qualcosa che sembrava dovesse starsene lì per sempre. chiaro che non può essere così. ma non è il primo pensiero che sovviene.
e insomma, il giorgini racconta che, in mezzo a molti come lui, ad osservare bruciare la cattedrale, si è ritrovato a piangere. piangeva, il giorgini, inaspettatamente. troppo emozionato a vedere consumarsi tra le fiamme la foresta, il tetto, o forse spaventato dall'idea potesse venir giù tutto. e venir giù una chiesa, quella chiesa. sorpreso di quelle lagrime, pasionario e forse anche un po' mangiapreti. raccontava di quel brivido ad essere lì, di quel piangere che l'ha meravigliato. chiedendosi e condividendo, con gli interlocutori negli studi a milano, con chi lo stava ascoltando che forse il radicamento della cultura cristiana era innestata in lui, ed in noi, molto più di quanto potremmo immaginare. o forse riuscire ad ammetterci.
a quel punto della trasmissione, solitamente, sono già nel pieno delle fazende lavorative. già mandato mail, verificate le urgenze. già con la testa immersa a stordirsi per e non pensare troppo a possibili alternative. invece, quella mattina, ascoltando delle lacrime del giorgini, mi son fermato qualche secondo a pensare alla chiave di lettura che ne dava. il perché di quel piangere ed il radicamento della cultura cristiana.
io, naturalmente, non so cosa possa esserci nella testa del giorgini.
così come un paio di fondamentali  psicanalatici potrebbero dare chiavi di lettura sulla chiave di lettura del giorgini [dagli archetipi, all'inconscio collettivo, alla stratificazione del vissuto di tutto quello che è stato prima di lui].
però ho anche pensato che, più che la cultura cristiana, c'è qualcosa di ancora più antico, e quindi profondo. che è il senso del sacro, e la spiritualità che ci portiamo dentro. la religione, le religioni, forse sono le campagne di marketing meglio riuscite della storia, tanto che durano da secoli, per incanalare, declinare quel senso e quella spiritualità che è roba di ciascuno. convincendosi e convincendoci che in realtà è roba loro, che gestiscono come monopolisti, spiegandoti come devi usarlo quel senso del sacro e quella spiritualità, e che soprattutto è valida solo la loro esclusiva. fuori è apostasia, infedeltà, pericolo da rendere rejetto, o zittire [esagerato ed esacerbato coi preti? forse. però son solo pochi decenni che questa avversione verso l'apostasia ha effetti meno "violenti". pochi decenni, affogati in percentuale con i secoli. e per fortuna sono gli ultimi decenni].
insomma, caro giorgini, forse non è tanto la cultura religiosa. ma il senso del sacro e la spiritualità che riverbera, perché vede le fiamme avvolgersi attorno ad un luogo, ad un edificio, un simbolo - enorme - che declina, che è originato dal medesimo senso del sacro di una popolo di persone nella storia delle persone. e a quella spiritualità importa poco se quella cattedrale è il simbolo di un potere che si è consolidato nei secoli, diventando monopolista del senso del sacro. gli fotte sega se il giorgini, al pari di interi popoli, hanno voltato le spalle alla chiesa, alla religione, come nel più classico caso di rimozione di un amore che ha deluso: si odia perché una volta si ha amato e si è stati respinti. non gli importa e fa piangere il giorgini, perché è il senso del sacro che piange. è la spiritualità che si emoziona.
io non saprei se il giorgini sia un po' come me.
i suoi servizi sono più stringati dei miei post sbrodolosi.
però io lo so di essere una persona molto spirituale, e con un senso del sacro che ho deciso di provare a smettere di provar ad eiettare. io so di esserlo, come lo siamo tutti quanti. e non so nemmeno se uno lo è più di altri. forse qualcuno lo percepisce di più, tutto qui. questo naturalmente non esclude che oltre a percepirlo di più sia allo stesso tempo più testa di cazzo. è un modo non propriamente diretto per spiegare che non c'è giudizio di merito.
io sono una persona molto spirituale. cui, per anni, il cattolicesimo ha dato una spiegazione, si è intestato l'esclusiva per indicarmi come stare nei binari, in quanto rivenditori esclusivi: facendomi credere di fornire motivazioni indiscutibili per raccontarmene la causa. mentre di fatto mi gestivano l'effetto.
io sono una persona molto spirituale che per anni ha gioito nel sentire la distesa delle campane di pasqua, da dentro la veglia più importante della cristianità. e poi se n'è allontanato. per poi subirne un po' il timore di ascoltarle da lontano, soffuse, risuonare in una notte di primavera. ho condiviso con una serie di psicopippe questo momento con l'amica francy. che peraltro compiva gli anni proprio in questa giornata - capita mica sempre, ovvio.
questa sera, come ormai da qualche anno di queste sere omologhe, le ascolto meno turbato.
quest'anno, poi, perché sono stanco - molto stanco - e la testa e quel tipo di emozione sono un po' obnubilati.
forse è perché quel senso di sacro ha [ri]trovato il posto dove collocarsi. senza dover scomodare una fede, o il timore dell'eco per quella cosa che era sparita, figurarsi un dio. il senso del sacro e una spiritualità che [ci] sono connaturate, ancora pre-laiche, fondative della persona.
forse è questa spiritualità, tra l'altro e come effetto di bordo, a rendermi così automatica la psicopippa o la compulsione speculativa. una volta la scambiavo per fede indubitante, mentre era solo la risposta più conforme e semplice - nel contesto in cui psicopipponeggiavo - che mi trovai a portata di mano.
certo, un po' riverbera questo senso del sacro nella giornata di pasqua. un po' l'eco. un po' è primavera. un po' sono fatto così. accettarlo, nell'imperfezione della soluzione ottimale, è un bel regalo che vorrei farmi. e non è nemmeno natale.
è pasqua, appunto.
con la mia spiritualità e il mio senso del sacro, festeggio.
laicamente.

1 comment:

queen said...

riverberi che tornano e cambiano frequenza di risonanza nelle nostre 'cavità' cerebrali ed emotive... bello leggerti, sempre onorata dal tuo tenermi tra i pensieri ...e in che pensieri! :)