Sunday, July 29, 2018

cambiamento stocazzo [post politico, un po' lungo, farà poco piacere ad un bel po' di persone]

che poi sono alcune notizie meno eclatanti. quelle per cui si scapicollano giusto quelli infoiati. sono quelle notizie che - a mio parere quasi-infoiato - raccontano dei dettagli, dove però c'è dentro un sacco di roba. tanta informazione. come la parte dei segnali alle alte frequenze.
una premessa, ed un piccolo outing di partenza.
la premsessa. io credo che il pericolo, vero, venga dalla svolta [ancor]più stronzeggiante della lega. ed è un pericolo importante. non foss'altro per il fatto che il suo leader, persona mediocre, appaia come colui che ha davanti praterie, e che abbia tutte le intenzioni di occuparle. e per farci cose che quel filo mi preoccupano. tatticamente poco più che abile. appare inarrestabile per la pochezza dei suoi interlocutori. sia all'opposizione - che non riesce a toccar palla - sia tra gli alleati. pardòn: co-contraenti del contratto.
sì.
insomma quegli altri, che tecnicamente avrebbero pure vinto le elezioni. e che invece ho la sensazione stian perdendo una grandissima opportunità. per quanto, forse, ci sarebbe poco da meravigliarsi, tanto sono sgarruppatamente simili agli altri.
il piccolo outing. il giorno prima delle elezioni, e del mio starmene al seggio, una persona cui voglio comunque bene mi scrisse: mi raccomando annulla tutte i voti a salvini e di maio [ehi, signor echelon di quelli del cambiamento: si scherzava, ovvio. durante lo spoglio mi spoglio della mia scelta di campo, e divento inflessibilmente neutro]. il primo pensiero, prima di pensare che sarei stato inflessibilmente neutro, fu che occhei a quelli per salvini. su di maio, forse, ci si poteva discutere. un pensiero volante, rapido. mi chiesi se quell'avversione di quella persona, verso aggggggggginonnnuostro, non fosse un po' troppo tranchant ed acrimoniosa. pensiero rapido e non consequenziale, non avendone la benché minima intenzione di votarli il giorno dopo: cosa che poi non ho fatto. non votarli, dico. però la curiosità di vedere cosa sarebbe successo, a fronte di un qualche risultato che non immaginavo del tutto, un po' sì. un qualcosa di pre-pre-pre-pre lasciamolilavorare [letta e sentita pochi giorni fa, roba che torni indietro di un quarto di secolo, e vorrebero essere il nuovo].
perché quel po' di curiosità. un po' perché il piddddddddddddì aveva deluso pure me, in maniera importante. e a quella improvvisata accozzaglia di leu ero sono proprio riuscito ad appassionarmi. un po' perché erano quasi il nuovo. quasi. e per quanto un nuovo che pareva sgarruppato mica poco. tutto sommato una cosa non così diversa di quando renzie si prese il partito - con mio scarsisssssssimo entusiasmo, a voler usare un eufemismo - per il preciso intento di prendersi il potere. io alla rottamazione ci ho creduto solo in combo con l'idea che volesse semplicemente arrivare a chigi [come tuitttttava lui, con tanto di foto del cortile interno], e costruire la rete, i gangli, le relazioni per rimanerci. cambiare la gente, che fosse amica sua. mica l'idea di gestione del potere.
la faccio sintetica e triviale: renzie mi stava sui coglioni, il movimento credo sia pieno di coglioni, però, all'inizio, la curiosità del vedere che sarebbero stati a fare, uno un po' ce l'ho avuta. non la chiamerei fiducia verso. ma il tentativo di scrollarsi di dosso un tocco di pre-giudizio.
sia per renzie che per 'sti nani che si pensano giganti, la delusione è arrivata tosta [nel senso di rapida].
ovviamente lascerei perdere renzie, che già di danni ne ha fatti da par suo [parentesi. ho letto in un post di una persona che stimo molto, che costui sarebbe fuori dai giochi da quasi due anni. non ne sono del tutto convinto. però se così fosse, forse, spiega molte cose. perché in mezzo al csx ci sta uno fuori dai giochi da quasi un paio d'anni, ma è come se i giochi li avesse fatti fino all'altro ieri. son quei paradossi che raccontano l'esistere. fine dalla parentesi].
sì, insomma, 'sto movimento si sta rivelando una bufala abborracciata. un primo dettaglio, non indifferente, credo sia venuto quando, bellibelli, volevano chiedere l'impeachment del Presidente della Repubblica. così, via tuit o post sul feisbuch. come un normale annuncio di propaganda. che si fa domani? maaaaaaa, quasi quasi si chiede l'impiiicmmmènt, o come diavolo si scrive. talmente sprovveduti che il matteone li ha mandati avanti a coprirsi di ridicolo, assieme ai fascistelli de noartri dei fratelliditalia. la domenica evochi l'impeachment. il mercoledì tuitti che magari, dai, riproviamoci presidè. fai che si scherzava tre giorni fa. non è tanto per Sergio Mattarella, figurarsi, che lui sta in un altro campionato. è per la figura, l'Istituzione, di cui non capisci forse il senso o il vulnus che si introduce, a pensare di tirarlo nell'agone tuittistico degli annunci sensazionalistici [altra parentesi. il matttttteone rischia di far di peggio. è come se volesse devastare un rifugio alpino. 'sta cosa del rifugio alpino mi è venuta in mente mentre uscivo dal bagno di un rifugio alpino a quasi tremilametri. in un giorno ancora di sole, e relativamente caldo. insomma, giornata e contesto facile. ho provato ad intuire cosa sarebbe in un giorno complicato se non ci fosse il rifugio per alcuni mal-capitati. magari ci scriverò un post. fine dell'altra parentesi].
bufala abborracciata anche per la interessante subalternità a quell'altro. che avrebbe la metà dei voti. ma è come se contasse il doppio. subalternità per manifesta inferiorità. con punte di psichedelia logica, per cercare di giustificare, non confutare, allinearsi passivamente al clock master propaganstico di quell'altro, finendone, in alcuni dei loro tratti, complici. tipo quando sembrava che il problema inestricabile per lo stivalone italico sembrava fossero i migranti e le ong.
poi sì, aiò, hanno tolto i vitalizi, che poi forse un po' erano già stati tolti. battaglia fondamentale, neh? di cui saremo eternamente grati.
poi sì, hanno rescisso il contratto di leasing dell'airforsrenzi [che ci ha messo del suo, da par suo, a suo tempo] come fosse la presa del palazzo d'inverno. e lo hanno propagandato con una tale roboante sciatteria, che quasi ha fatto diventare simpatetico quell'altro. al netto che, con azzeccato e tempestivo acume comunicativo, quell'altro ha annunciato di non averlo mai usato. cosa che poi ti chiedi per che cazzo son comunque stati spesi quella fraccata di migLioni di eurI. che quasi ti vien da pensare che forse han fatto bene a rinnegare l'airforsrenzie, solo che con quella sciatteria vien simpatico l'altro... e così via. per finire ad allupparsi del tutto.
poi sì, hanno fatto, no, ehm, quasi emesso, ehm no, stanno votando in commissione, ehm no, stanno emendando, sì, insomma: il decreto dignità. che poi 'sto gioco, furbo, di qualificare con degli aggettivi degli atti formali dei governi mi pare di averla già sentita. tipo la buona scuola. che così fa effetto a stigmatizzare chi ti avversa, che diventa colui che è contro la buona scuola. o contro il decreto dignità. che poi pare ci sia dentro un po' tutto ed il contrario di tutto. e quindi, omioddddddio, bisognerà poi fare in fretta in parlamento. sennò poi salta il decreto dignità. ma, assicurano, faranno di tutto per evitare la fiducia in parlamento. che poi quando ci sarà verrà da chiedere loro che fine ha fatto la centralità del parlmento. cosa - giustamente - stigmatizzata da loro quando erano all'opposizione. che volevano aprirlo come una scatola di tonno, il parlamento. peccato che se fosse successo il 20 luglio lo avrebbero trovato vuoto. svuotato da tutti, neh? a partire dai loro, che opposizione ora non son più. [terza parentesi. che poi il loro guru di riferimento ha financo detto dell'inevitabilità del superamento del parlamento. come tutte le cose umane anche i parlamenti avranno una conclusione. a me, da persona la cui ignoranza è sconfinata. 'sta cosa fa comunque specie. specie lo asserisca, con sicumera, uno la cui ignoranza, verosimilmente, è sconfinata quanto la mia. che sono in fondo i sistemi teoretici della filosofia del diritto? roba da elìt. che si può pensare di liquidare come si fosse di fronte ad un'epifania. non c'è l'evoluzione delle cose del pensiero. c'è la palingenesi degli illuminati [de li me cojoooooni]. sic. fine della terza parentesi].
e poi sì. ci sono le nomine. che è il discorso del costruire la rete, i gangli, le relazioni con cui gestire e mantenere il potere. tanto per cambiare quello che ha tenuto il mazzo di carte è l'altro, quello che comanda con la metà dei voti. e non solo, dopo le nomine rai: mo parte la rivoluzione culturale. solo che si rischia che a dettarla sia l'altro, quello in quota mattttteone. che stava in ticino a far le sue sparate sovraniste, nonché para-sovversive. dicevano di voler lasciare i partiti fuori dalla rai. vogliono asservirla con i loro. e per confondere le acque di proclamano cose roboanti: tipo via i parassiti o cose così.
e niente.
ai tempi ci fu la rottamazione. che ha significato cambiare le persone, per intendere il vecchio modo di gestire il potere. con in più il paradosso - semplifico - di spacciare per sinistra una cosa che di sinistra ha avuto poco. e forse anche per questo il movimento ha preso uno sbrego di voti. per reazione a quella disillusione lì.
solo che hanno mandato avanti - quando va bene - degli onestissimi inetti, o cazzoni. cui provano a spiegare siano il cambiamento. ma di cambiato ci son solo altre persone, che intendono, ho la vaga sensazione, gestire il potere esattamente come quelli di prima. al netto di onestà onestà. che non so se avremo modo di saggiarne come poi, il potere, riesca a mitridatizzarli. anche perché bisognerà vedere quanto dureranno. anche perché c'è sempre lì il rischio - nemmeno paradosso - che rimarranno ingabbiati nella tattica di quell'altro, mediocre, che però pare un gigante rispetto a costoro. e cosa può venirne fuori dopo credo sia quel filo, giusto un filo, preoccupante.
pensavo ci si potesse provare a fidare [moooooooooooooooooolto timidamente].
si pensano [propagandano siano] indispensabili.
sono abbastanza tali e quali a chiunque prenda il potere.
verranno giù, per consuzione strutturale causata dalla loro mediocrità.

Friday, July 20, 2018

sul mondo della lingua matematica: l'ultima frontiera uterina

ieri sono stato ad una discussione di laurea. matematica, laurea triennale. tutto sommato il senso profondo di quella tes[ina] credo di averlo capito. ed anche le logiche dell'architrave del ragionamento. roba già vista, rivista, introiettata. certo, mi son mancati un sacco di dettagli. ma è come se avessi colto il soggetto di un quadro, come una persona miope può osservarla senza occhiali. il baldo giovane sapeva disegnare i dettagli alla rubens, o alla tintoretto. non foss'altro per i neuroni che ha più di me. la prossimità con la consuetudine ad accendere reti neuronali siffatte. la sensazione di avere un po' il mondo ai propri piedi [ecco, quella mai avuta granché]. o che tutto sarà stimolante intellettivamente come studiare all'università.
quando nacque il fratellino del neo dottore - me lo ricordo bene - ero a una spicciolata di mesi dalla mia di laurea. quando sarei stato in grado di cogliere molti più dettagli di ieri. per quanto avessi già intuito i Crassi cazzi frustrantevoli nello scoprire che, oltre a fatturare, non avrei fatto cose così interessanti come all'amatodiato poli.
vabbhè.
mentre osservavo scorrere le slide ho avuto una specie di piccola epifania. però di quelle che non sono proprio del tutto piacevoli.
provo a dettagliare.
guardavo quelle slide ed è stata eco di una sensazione quasi uterina. nostalgicamente uterina. a me quelle cose piacevano, non ci son cazzi. poi, occhei, sapevo essere interessato anche a molte altre cose, eppur molto diverse da quelle. però quello che allora passava sugli appunti, nei tomi, quel rigore logico, quell'inferire, quel processo deduttivo mi provocavano una specie di piacere endorfinico.
ma non solo.
era tutto chiaro, preciso, inequivocabile, universale, inconfutabile. e c'era di più: era elegante. il linguaggio matematico è fottutamente, elegante. un edonismo formal-grafico. una possibilità di sintesi raccontata da segni - gli operatori, il simboli relazionali, i descrittivi - di una bellezza senza tempo.
ed era per [relativamente] pochi. come l'esoterismo, prendendolo nell'etimo primigenio: gli essoterici [exoterici] erano gli altri. e si sta bene nei luoghi poco affollati, specie se la si considera un luogo per coloro in un qualche modo privilegiati [con un'accezzione a privilegiato mooooooooooolto ampia]. dei quattro che passeranno di qui non so quanti siano esoterici e chi exoterici. ma chi lo intuisce, esotericamente, ha stampato dentro il senso profondo di tutto questo.

era, è, un contesto potenzialmente uterino. fottutamente fottistico, se ci si casca. io ci sono in parte cascato.
perché mi ero costruito un mondo potenziale in cui pensavo più o meno tutto, tanto, funzionasse con la stessa precisione, inequivocabilità. e forse eleganza.
non che non vedessi che le cose così precise, ineccepibili, di eleganza formale, non erano. a partire dalle nevrosi che spargevano un discreto quantitativo di caos. per quanto non sapevo fossero nevrosi. però gli effetti mi facevano schiantare e sberleggiavano non poco.
non che non vedessi le storture del mondo, le ingiustizie nel senso ampio e quello stretto.
solo che, uterino, pensavo che quella precisione, nettezza, eleganza avrebbe potuto essere quella specie di bolla protettiva. una cosa uterina, appunto.
e quella bolla mi ha fottutamente accompagnato per lustri. con intensità alterne. con metamorfosi bolliche che levete. forse è anche per questo che - pragmaticamente - in alcuni momenti mi senta un totale infante. fuori dall'utero da poco, appunto.

ora.
io non so quanto sia poi rimasto di tutto quegli iperstrati di mondi immaginifici, fatti sostanzialmente da splendide cazzate. belle neh? ma pur sempre cazzate.
credo che l'ossequio, laicamente religioso, al principio di realtà la stia facendo assottigliare, la bolla. non che la realtà mi faccia propriamente impazzire di gioia, neh?
però sapere, dentro, che non si potrà mai ridurre con la medesima esattezza, è una buona approssimazione di affermazinoe esatta.
così come, per sapersela vivere con resilienza, meglio averci a che fare il più consapevolmente possibile. magari usando gli stessi stratagemmi argomentativi-analitici del mondo dentro la bolla.
non sarà così elegante. non sarà così ineccepibile.
ma il principio di realtà è il contesto di fondo, inequivocabile. come una condizione imprescindibile di un teorema dell'incerto.
belle quelle formule, bello il segno tipografico del LaTeX. piacevole quel refolo d'eco.
ma poi, per nascere, bisogna uscir dalla bolla uterina.
e, tutto sommato, meglio fuori.
perché vero.
elegante. sintetico. inequivocabile.
[e poi le reti neuronali logico-analitiche si possono usare ugualmente. al limite ci si aggiunge un po' di lisergia psicopipponica]

Monday, July 16, 2018

post contradditorio [ed anche piuttosto inutile] sulla storia che voglio di nuovo dotarmi di un'auto

e quindi avrei financo deciso: mi ri-doto di un'auto.
poi, quando succederà figurarsi se ne ho la vaga sensazione. in fondo potrebbe essere un altro tentativo [scomposto] di sbloccare la situazione dello status quo. che, in prima battuta, questa soddisfazione di fondo non è che riesca ad elargirla a piene mani.
però.
tecnicamente un titillo importante mi è venuto osservando una coll'occhio chiaro [peraltro apprezzatissima fotografa] che ha buttato tre cose in auto, ed è partita. così, a cazzo che poi in questo caso significa a caso. e sembra le siano venute fuori giornate molto interessanti.
ho pensato: cazzo, vorrei farla anch'io una cosa del genere. partire, solo, a caso. ovvio, non so se poi ne sarei capace. sicuramente ora è meno semplice. per il fatto congiunturale di non avere un auto. certo, ci sono i treni, i flixbus, i noleggi, gli aerei, le bici elettriche. ma non è esattamente quella cosa lì.
poi, appunto, chissà se mai partirò più o meno a caso in auto, buttando sull'auto tre cose, per poi dirmi: vado. intanto però non posso farlo.
ora è tutto l'idea stuzzicante delle cose non fatte e non vissute. che a viverle si corre il rischio di scoprire siano meno fiche di quanto uno si immaginava. tipo storia immaginate con le donne.
però poi, perché non provarci? anche se sarà molto meno fico di quanto uno pensava? non so con le donne. ma coll'auto? per aver la possibilità di partire: qualsiasi cosa significhi, dico.
perché no?
quindi mi son detto. e mo basta con questo mood da poracceria come stile di vita della minchia autoimposto. anche perché non va bene far gli scialacquatori volgari.però anche 'sta cazzo di poracceria della minchia, non è un conformismo di ritorno? non è una gabbia per dipingersi migliori di quel che si è? o pensare di apparirlo in tutta la sua fantasiosa essenzialità? e poi, se 'sti cazzo di soldi un filo cominciano ad esserci e rimanere, perché no? tanto l'africa, col mio conto in banca, non la salvo mica. non la sto dimenticando, l'africa. prendo atto del fatto si possono mantenere i rid mensili, e acquistarsi l'auto.
e nonostante altre controindicazioni.
occhei che l'auto è un footprint ambientale molto bedvaibrescion.
occhei che potrei farne a meno come è stato negli ultimi sei anni e mezzo.
occhei che potrei acquistarne una, spendendo una spicciolatina di eurI e invece impegnerò qualcosa di più.
occhei che la voglio stescionvuegon, anche se ci viaggerò prevalentemente solo.
occhei che così posso caricarci un sacco di cose, quando poi mi servirà, al limite, forse, a portare giusto i pezzi smontati del letto a soppalco dell'ikea.
occhei che il piacere di leggere un libro in treno, o sul traghetto, mentre me ne torno all'hometown nel fine settimana, lo farò ugualmente: e l'auto rimarrà parcheggiata per il weekend.
occhei che - come mi è stato fatto notare - pensa arrivare a prendere, per uscirla a cena, una donna con un'auto del genere che effetto fa. per quanto:
  • chi me l'ha detto penso se ne fotta abbastanza tanto dell'auto con cui passano a prenderla. tanto più che, solitamente, passa lei, con la sua renault modus accartocciata e lo specchietto retrovisore destro ormai un ricordo, con i fili che sbucano dal supporto decollato;
  • non so mai se e quando andrò a prendere una donna per portarla a cena: auto o non auto che sia;
  • in fondo tendo a ritenere interessanti donne che non si interessano di quel genere di dettagli;
  • in fondo mi vellico col pensiero che potrei - per un attimo solo - passare per un maschio-alfa deciso et pregno del fatto suo, per il solo esser al volante di siffatto automezzo, come sublimazione del complesso del pene piccolo, che apre la portiera ad una donna sciantosa et appariscente mentre passa a prenderla a casa sua. [per quanto poi l'attimo passa velocemente. per fortuna]
occhei che è molta apparenza, ed io all'apparenza penso/vorrei/credo di dare poca attenzione [al netto delle tette grosse che vedo sgorgare in maniera lancinatamente non fissarleTroppoChePoiTiSgamanoPeQuelCheSeiUnTettistaInAstinenzaDiCorpoDiDonna, in questo periodo, ma è - appunto - un periodo, [tipo oggi in metropolitana, che è bastato un movimento improvviso di una camicetta molto scollacciata, e si è spalancata la compatta sobrietà di un reggiseno, che reggeva ma, che nel contempo, mostrava assaie altro]], però poi mi son trovato a valutare che quel modello mi attira meno dell'altro, perché quel dettaglio sullo slancio delle linee della carrozzeria mi convincono poco.
occhei che forse è una cosa inutile. ma sono anche stufo di negarmi cose inutili.
e poi, di nuovo, nello zeitgeist dello stingrandissssssssssssssssssssssssssssssssssssssssimicazzi: sono pieno di difetti et contraddizioni. sono mollemente altero nella mia radicalità. sono un banale esteta che [raramente? ogni tanto? spesso?] cede più alla forma che alla sostanza. sono uno che rimane intruppato nella parte bassa dell'alfabeto greco della maschitudine.
però, poi, in fondo: stingrandissssssssssssssssssssssssssssssssssssssssimicazzi.

tanto poi continerò a poi a scrivere post come vengono. pieni di refusi.
qui dentro leggete in pochi. spesso mai del tutto convinti tutti assieme.
e a culo tutto il resto [fuori di qui - vedremo, tra quanto, coll'auto].

Saturday, July 7, 2018

rivisitazione della storia del maschio alfa dominante [altro post lagnoso, nel caso si può saltare]

in realtà ripensavo al mood un po' splatter-patetico di quello precedente.
e quindi lo re-interpreto per farlo splatter-razionalizzato.
non so quando sia effettiva la storia del maschio alfa-dominante, in sé.
cioè. al netto di quale sia la lettera greca della mia maschitudine, ho ragionato se è, altresì, una incapacità di gestire la complessità di quella cosa lì.
mi spiego.
è come se si magnificassero, quando entro a ridosso di contesto, una inspiegabile serie di in-abilità. non sto più nemmeno a chiedermi il perché. o da cosa derivino. quali le cause scatenanti quando poppavo da matreme.
no.
semplicemente non sono buono.
mi sopraffà un talento al contrario, buono a sparpagliare e caotizzare cose che, per loro natura, dovrebbero avere un effluvio facilmente definito. genero turbolenze, là dove sarebbe del tutto naturale il moto laminare.
perdo la lucidità irrazionale dell'istinto. sbrocco inciampando addosso ad eventi che non riescono ad essere lieti. tiro fendenti a caso all'aria, infestandola di volgarissimi peti [la velocità con cui svaporano le mie passioni [cit.]].

non è il grado di mascolinità.
sono le pagine, stropicciate e rese illeggibili, di quella parte del manuale che l'umana gente scorre, istintivamente.
inutile, mi riescono benino un certo numero di cose.
ma azzeccare la pronuncia giusta in francese di fondue, menù, lupen, non mi riesce: per quanto riesca a sentire benissimo come si dovrebbe dire.
ma riuscire a percepire il bouquet di un vino non ho le terminazioni nervose pronte: per quanto sia affascinato da chi le enucleii con leggerezza soave.
capita.
e capita anche 'sta cosa dell'incapacità di costruire relazioni sentimentali: non sono buono.
punto.

figurarsi quando incrocio situazioni femminee omologhe: per quanto più capaci di me, almeno ad accoppiarsi [con altri].
io avevo intuito quella donna portasse seco pericoli, e fosse essa stessa pericolosa. l'ho capito pochi secondi dopo averla conosciuta. ora ho capito l'altro pezzo, il perché di quella sensazione. perché è una che, nei suoi blocchi e nei suoi elementi diserbanti, attiva in me le peggio incapacità di cui sopra.
non so con altri, con me senza dubbio.
per questo ho reazioni così inconsultatamente non razionali.
per questo sbrocco capovolgendo l'orizzonte delle cose.
non sono innamorato, o affascinato.
sono intrappolato dalle mie nevrosi e dai copioni che queste mi scrivono.
è pericolosa [per me] perché ha aperto le mie gabbie. ed io non ho fatto 'sto granché per impedirlo. è una talento anche questo.
[poi sarebbe una buona domanda anche da chiedersi perché sembra vada a cercarle, persone del genere. ma sono troppo imballato per [ri]provare a cercare la risposta. [al netto che pensano anche di averla trovata, e la enucleano col ditino maestrinico]].

Thursday, July 5, 2018

sull'agonismo svaporato [post confuso e giaculatorio]

ennnnnnnnnnnnnnnnnniente.
i tempi si fanno foschi ma sto tornando a guardarmi l'ombelico.
forse è la stanchezza. forse certe cose sono ormai cristalizzate da più o meno sempre.
in questi giorni 'sto pensando alla storia del doppio due di picche, ex-ante.
[poi c'è la storia del fenomeno che ha pensato di tenersi per sé, con me, della fazenda fidanzatoria dell'altra. dice di avere le sue ragioni e che dovrei ascoltarle. sono tanto serenamente incazzato che, in questo momento specifico, potrei lasciarmi andare a dirle cose di cui poi chiedere scusa. non so quale delle due cose faccia da moltiplicatore per l'incazzatura all'altra].
e mi è scoppiata tra le mani, figurativamente, la storia della mancanza di agonismo.
che poi è la diretta conseguenza dell'aver paura di perdere. che poi sarebbe il palese magnificarsi del fatto di non riuscire a vincere. che poi sarebbe la ratifica la mia ontologica battaglia con lo strutturarsi dell'autostima [ancora? ennnnnnniente, ancora].
quindi per evitare di stuzzicare quel fronte aperto dell'automerditudine percepita, che potrei smentire vincendo, si fa più forte la paura di perdere, quindi non gioco neanche. e per non correre il rischio: via l'agonismo dalla mia esistenza [al limite, con me medesimo, come una cosa autoimmune].
mi è tornato alla mente una cosa di trentanni fa, più o meno esattamente. ero [nevroticamente] innamorato di un'altra pediatra: allora non lo era mica, ovvio. innamoramento cortese, idealizzato, fuori dal tempo e dal mondo, se non nelle pieghe dello scorrere nella mia testa di una realtà parallela. i giorni in cui entrò a far parte del piccolo cerchio oratoriano, in cui vagolavo come dentro un liquido amniotico, per mesi e mesi, mi sembrarono epici, straordinari, tali da doverne ricordare il particolare, nel ticchettio dello scorrere dei minuti. insomma un distacco dall'ordinarietà ossessiva di 'sto genere.
ennnnnnnniente.
talmente epici che pensavo sarebbe stato sufficiente lei mi conoscesse. il destino avrebbe fatto il resto. almeno: io me l'ero immaginata così 'sta cosa. che altro doveva succedere se non che le si innamorasse di me? tutti gli altri non potevano che essere d'accordo, no? gli altri maschi, soprattutto.
e invece lei non si innamorò di me. e un altro maschio - belloccio, oggettivamente - la si fidanzò, per quel che può valere a quell'età in quel contesto. ricordo financo quando lo scoprii, dov'ero, che facevo, com'era il colore del sole che andava a declinare, le ombre più lunghe, il ventottoagostotttantotto.
naturalmente la notizia in sé mi si parò davanti improvvisa, ma non è che non l'abbia percepita arrivare. come quando capisci ad un certo punto che quello che era così malinconico, era la puzza del sifone dell'acqua reflua che sta per esplodere. e la notizia arrivò quasi beffarda, pure con un filo di compiacimento da parte del gruppo che me lo comunicò. [ecco, tranne il filo di compiacimento, mi sembra il mood dell'altro giorno].
ma il punto di fondo è che [anche] allora non ci provai nemmeno.
zero agonismo. solo il mendico sperare che la cosa accadesse.
non sono mai stato un maschio alfa dominante. è che poi a rimanere indietro si incistano altre paure. che così fanno scalare verso le lettere più basse dell'alfabeto [greco] la propria maschitudine.
poi, aiò, qualcosa di meglio sono anche riuscito a diventare.
ma continuo a non essere un maschio alfa dominante.
quindi niente battaglia per conquistarsi il diritto ad essere scelti [che siano le donne a scegliere, mi pare l'ovvio che etologicamente si possa loro riconoscere [quindi, nella trasposizione erotica, non scopo]].
quindi ci sarà sempre un qualche altro maschio a passare avanti.
non è che non abbia le possibilità, anzi. è che non le uso. quindi tecnicamente è come se scivolassero sull'asse immaginario. e mi lasciassero a pensare dialoghi immaginifici di corteggiamento, che tanto non andranno mai in scena.
io lo intuii già lustri fa: non sono adatto alla riproduzione. per una serie di motivi, uno è questo. quindi giusto così. mi dicevano di non dire cazzate simili. che non era per nulla vero. forse in effetti non lo era. ho finito per crederci.

poi, vabbhé, c'è anche un fottotussimo effetto di bordo. sto cercando di ri-appropriarmi di quel po' di autostima e assertività. quando mi confronto con persone che di assertività me ne lasciano poca - lo fanno tutti in maniera involontaria, sia chiaro - allora per mancanza di agonismo lascio perdere. e le lascio perdere.
difatti sto rimanendo sempre più solo.
[a quindici anni volevo cambiare il mondo. guarda un po' a porsi obiettivi quel filo alti. si finisce per scrivere post molto inutili. e fastidiosamente tristi].

Monday, July 2, 2018

il pollo dell'emilio e la storia dell'eterno ritorno

scrivo un post che non dovrebbe esserci.
un pezzo perché è la storia delle cose che sembrano tornare, continue, inarrestabili, inevitabilmente cicliche. che potrei anche smetterla qui di ribadirle. roba già vista, e già scritta.
l'altro pezzo perché è una cosa che si fa e non si dice. figurarsi scriverla.
però è successo. e son giorni un po' così, tesi e carichi di sensazioni da aria pesante. e poi lo scrivo per ritrovarlo, tra qualche tempo, se e quando dovessi tornar qui. qui a questo post.
perché va bene trastullarsi con #apriamoiporti, titillando i tasti di una tastiera. ma poi quando ci si trova, di fronte, emilio con il mezzo litro d'olio, che si fa?
e quindi niente. scrivo il post.
il pezzo di post delle cose che sembrano tornare.
sono stato passato avanti la seconda volta, in sei mesi. sì, insomma. hanno scelto un altro al mio posto. lei è sempre la stessa. quello prescelto, appunto, per la seconda volta non sono io.
a distanza di sei mesi e un giorno.
la prima volta fu beffardo il chi, l'altro, quello prescelto. ma in fondo potevo recriminarmi che non sono sempre direttissimo a far capire le cose. specie quando una donna mi pare possa essere prodromica a sensazioni che ormai son anni che non provo. o forse proprio per quello.
[parentesi. poi vabbhé mi fa incazzare, lei, per varie e motivate ragioni. forse con lei non durerebbe una settimana. ci sono un sacco di cose che dovrebbero avvisarmi: ma che cazzo ti metti a pensare a una come questa? e invece poi ci sono i paradossi irrazionali. che poi, magari, tanto irrazionali non sono. ma sono consolidati giù nel profondo, con tutta la loro insconscia coerenza. per quanto, ovvio, il tutto protetto dalla rassicurante coperta di linus che le storie solo in potenza sono bellissime. al riparo dal fottuto principio di realtà].
in questa seconda volta non so bene chi sia il chi. ma lei, invece, questa volta di me sapeva benissimo. e questo non è beffardo. mi fa solo incazzare. e forse la sera che ho avuto modo di spiegarglielo - era appena svaporata la psicopatica prima scelta che non ero io - avrei dovuto infilarle la lingua in bocca e poi parti pure a fare il mezzo giro del mondo. che magari al ritorno avremmo potuto approfondire il discorso. invece il discorso, al suo rientro, pare che lo approfondirà quell'altro [più o meno profondo anche a seconda delle posizioni].
il secondo, in sei mesi, che mi passa avanti. la seconda volta, in sei mesi, che viene scelto qualcun altro. non si può dire abbia avuto 'sto gran successo.
il tutto che ritorna, ricicla, si riedita, come una stronzissima giornata di una stronzissima marmotta.
l'ho scoperto - per caso - appena finito il pride. quando la gente defluiva ma non defluiva questa gran vaibrescion d'ammmmmmmore: chi se ne fotte degli incroci possibili, oguno ci avrà il suo. ed era vaibrescion d'ammmmmmmore. senza prenderla propriamente dalla parte dell'amor cortese. ma per prendersi nei mille modi che la fantasia può suggerire. ho idea che quella sera, quella notte, si è scopato con percentuali bulgare.
io invece me ne son tornato a casa col duedipicche per interposta seconda prima scelta, che non ero io, nel giro di sei mesi.
piuttosto incazzato. savasandiiir.
ho dormito male.
ho dormito a tratti.
con risvegli nell'ora meno indicata. che poi ti metti a pensare e tutto si sfalda in merda e tristezza da ontologia di fallimento.
mi son alzato peggio, a mattina avanzata, sole alto e caldo che grippava già.
ancora più incazzato. per quanto sssseèllllavviìì.
coerente nel mio masoschismo decido di far una cosa che mi dà molto fastidio fare: andare a far la spesa la domenica. e non solo. scelgo l'ora del giorno più calda.
alla radio non c'è nulla di interessante. mi metto le cuffie e faccio partire la mossssssica a caso. che il mondo vada pure affffanculo.
e qui inizia l'altro pezzo di post, quello che non bisognerebbe scrivere.
mentre vagolo per i corridoi, d'un tratto, un uomo mi viene incontro. ha una bottiglia d'olio extraverginebiodellllimecojoni in mano. me la porge e mi dice qualcosa. non lo sento, ho la mossssssica a palla nelle orecchie. l'uomo ha rughe profondissime attorno alla bocca, barba di qualche giorno, gli occhi di un colore verdescuro-acqua, lo sguardo di uno che sta da un'altra parte, rispetto alle convenzioni piccolo-borghesi di quel punto vendita della grandedistribuzioneorganizzata, in una zona tutto sommato bene, della milano di inizio luglio.
io intanto continuo ad essere molto incazzato. ce l'ho con qualsiasi cosa stia in una qualsiasi parte sull'orbo terracqueo.
l'uomo mi chiede dei soldi, per mangiare. però mi mostra l'olio, extraverginebiodellllimecojoni. qualcosa non torna. gli rispondo che non ho soldi in contanti con me, e che pago con la carta di credito. scusa stronzissima.
e lui quasi con logica aristotelica rassicurante: beh, tu lo paghi ed io ti aspetto dove ci sono le casse. la voce è un po' biascicata, forse puzza di vino scadente. boh. almeno essere anosmici aiuta, non fa percepire peggio chi non ha nemmeno il timore di essersi lasciato da tutto. nemmeno il timore: nel senso che è andato oltre quella paura.
faccio una cosa che solitamente non mi viene di fare: lo mando affanculo col pensiero. senza nemmeno rivolgergli la parola, re-infilo la cuffia nel padiglione auricolare e riparto deciso, infastidito, verso il corridoio dei vini.
cazzo vuole questo. pure la versione cartadicredito del mendicare. e poi che cazzo se ne farà di una bottiglia da mezzo litro di olio extraverginebiodellllimecojoni, se ha davvero fame. e poi io ho i coglioni girati. e poi mi hanno preferito altri per la seconda volta in sei mesi. e poi chi avrebbe dovuto dirmelo si è ben guardata dal farlo [e questo fa da moltiplicatore all'incazzatura].
cazzo vuole questo da me?
cazzo non mi lasciano in mezzo a questa marea montante di incazzatura?
cazzo non mi fanno scegliere il vino?
e perché non lo trovo il vino che vorrei?
cioè.
il fatto è che non è che non ce ne sia di vino che vorrei. ho lì davanti un corridoio di possibili scelte.
il fatto è che mica ci riesco a sceglierlo 'sto cazzo di vino.
cazzo.
ma poi dico.
che se ne farà di mezzo litro d'olio extraverginebiodellllimecojoni? se veramente ha fame e vuol mangiare.
proprio a me viene a chiedere di pagare l'olio. io che sto riverberando per il duedipicche per interposta seconda prima scelta, che non ero io, nel giro di sei mesi.
e poi, di nuovo, perché proprio quella bottiglia d'olio? mezzo litro.
ennnnnnnniente. proprio a scegliere il vino non ci riesco.
anche perché mi balzano alla mente due cose. una specie di uno-due. tipo l'italia in semifinale ai mondiali di germania del 2006.
la prima è che tanto vale fare quello che dice di #aprireiporti, e la storia dell'essere il 19% della popolazione sondaggiata contro la decisione del grande stronzo. tanto vale, se poi delle rughe profonde che solcano i lati della bocca con davanti una bottiglia d'olio danno così fastidio.
la seconda è una frase di don milani. il filantropo dona cum grano salis, il cristiano dona e basta. che io sono agnostico, ma in fondo perché dovrei eccepire sulla bottiglia di olio, se è quello che mi chiede?
per un attimo mi sembra che possa financo fottermene del duedipicche, del fatto non me l'abbia detto chi doveva, del fatto sembra tutto non funzionare e del fatto voglia mandare afffffanculo il mondo. quell'uomo con le rughe che cosa c'entra con la mia insoddisfatta irrealizzazione? contino ad essere incazzato. ma perché devo anche essere stronzo?
decido di metterla in pratica, in centoventottesimi, la storia del rimanere umano, per quel poco che costa risalire la brevissima china di quel momento.
torno indietro, lo cerco, ha ancora in mano la bottiglia d'olio e vagola per i corridoi.
lo raggiungo e gli chiedo: ma perché proprio questa bottiglia di olio? più incuriosito che altro.
e lui, come fosse la cosa più ovvia: è beh, è quello che costa meno.
ed io: sicuro?
e lui, rinfrancato: sì, sì, è quella che costa meno.
secondo me ce ne sono altri, dai qui, ne cerco un altro - non capendo bene perché stia dando del tu ad uno che potrebbe, forse, essere mio padre, mentre mi avvio verso il corridoio con le bottiglie d'olio.
intanto lui mi chiede; posso prendere anche un pollo?
massì, prendi anche il pollo, ormai [ho un groppo in gola. per quanto lui abbia capito benissimo di aver trovato un pollo cui scroccare un pollo].
intanto cerco un'altra bottiglia d'olio, che non sia extraverginebiodellllimecojoni. però, cazzo, in effetti è quello che costa meno. tocca dargli ragione oltre restituirgli la sua bottiglia d'olio. mentre torna con il pollo arrosto chiedendomi: questo può andare bene?
in quel momento mi sento più che cristiano-agnostico un omuncolo po' di merda. che mi sembra strano debba dargli io l'occhei al suo pollo, il pollo della domenica dopo il pride.
gli ridò la bottiglia, dicendoli: prendiamo questa bottiglia.
lui mi guarda sorpreso e mi dice, con malcelata soddisfazione: eh, ma era quella che avevo scelto io prima, allora è giusto, era quella che costava di meno.
ci vediamo alle casse - gli dico per congedarlo, e per diminuire il mio disagio frammisto al mezzo sorridere di quella situazione ribaltata.
gli prendo anche un paio di panini.
pago. prima di imbustare mi sbraccio, lo chiamo. lui è seduto sulle panchine, gambe accavallate, posa quasi da lord. mi nota, arriva rapido. gli dò la bottiglia d'olio extraverginebiodellllimecojoni che però era quella che costava meno: non so se sia più soddisfatto di questo dettaglio, del pollo, ancora caldo, o il pane che non aveva chiesto.
e ancora più soddifazione grida alla cassiera del pronto spesa: signorinaaaaaa me li ha pagati lui, mica li sto rubando.
e poi mi dice: io mi chiamo emilio, buona domenica e grazie.
gli rispondo: io mi chiamo odisseando [vabbhé non ho detto proprio così], buone cose e buona vita.
nemmeno il tempo di iniziare ad imbustare e lui è già fuori, al caldo. con la sua bottiglia d'olio - chissà che dovrà condirci - ed il suo pollo.

io continuo ad essere molto incazzato, nel frattempo.
ma sarebbe stato molto peggio se fossi riuscito a scegliere il vino, fottendomene dell'emilio e del suo pollo.