Friday, July 20, 2018

sul mondo della lingua matematica: l'ultima frontiera uterina

ieri sono stato ad una discussione di laurea. matematica, laurea triennale. tutto sommato il senso profondo di quella tes[ina] credo di averlo capito. ed anche le logiche dell'architrave del ragionamento. roba già vista, rivista, introiettata. certo, mi son mancati un sacco di dettagli. ma è come se avessi colto il soggetto di un quadro, come una persona miope può osservarla senza occhiali. il baldo giovane sapeva disegnare i dettagli alla rubens, o alla tintoretto. non foss'altro per i neuroni che ha più di me. la prossimità con la consuetudine ad accendere reti neuronali siffatte. la sensazione di avere un po' il mondo ai propri piedi [ecco, quella mai avuta granché]. o che tutto sarà stimolante intellettivamente come studiare all'università.
quando nacque il fratellino del neo dottore - me lo ricordo bene - ero a una spicciolata di mesi dalla mia di laurea. quando sarei stato in grado di cogliere molti più dettagli di ieri. per quanto avessi già intuito i Crassi cazzi frustrantevoli nello scoprire che, oltre a fatturare, non avrei fatto cose così interessanti come all'amatodiato poli.
vabbhè.
mentre osservavo scorrere le slide ho avuto una specie di piccola epifania. però di quelle che non sono proprio del tutto piacevoli.
provo a dettagliare.
guardavo quelle slide ed è stata eco di una sensazione quasi uterina. nostalgicamente uterina. a me quelle cose piacevano, non ci son cazzi. poi, occhei, sapevo essere interessato anche a molte altre cose, eppur molto diverse da quelle. però quello che allora passava sugli appunti, nei tomi, quel rigore logico, quell'inferire, quel processo deduttivo mi provocavano una specie di piacere endorfinico.
ma non solo.
era tutto chiaro, preciso, inequivocabile, universale, inconfutabile. e c'era di più: era elegante. il linguaggio matematico è fottutamente, elegante. un edonismo formal-grafico. una possibilità di sintesi raccontata da segni - gli operatori, il simboli relazionali, i descrittivi - di una bellezza senza tempo.
ed era per [relativamente] pochi. come l'esoterismo, prendendolo nell'etimo primigenio: gli essoterici [exoterici] erano gli altri. e si sta bene nei luoghi poco affollati, specie se la si considera un luogo per coloro in un qualche modo privilegiati [con un'accezzione a privilegiato mooooooooooolto ampia]. dei quattro che passeranno di qui non so quanti siano esoterici e chi exoterici. ma chi lo intuisce, esotericamente, ha stampato dentro il senso profondo di tutto questo.

era, è, un contesto potenzialmente uterino. fottutamente fottistico, se ci si casca. io ci sono in parte cascato.
perché mi ero costruito un mondo potenziale in cui pensavo più o meno tutto, tanto, funzionasse con la stessa precisione, inequivocabilità. e forse eleganza.
non che non vedessi che le cose così precise, ineccepibili, di eleganza formale, non erano. a partire dalle nevrosi che spargevano un discreto quantitativo di caos. per quanto non sapevo fossero nevrosi. però gli effetti mi facevano schiantare e sberleggiavano non poco.
non che non vedessi le storture del mondo, le ingiustizie nel senso ampio e quello stretto.
solo che, uterino, pensavo che quella precisione, nettezza, eleganza avrebbe potuto essere quella specie di bolla protettiva. una cosa uterina, appunto.
e quella bolla mi ha fottutamente accompagnato per lustri. con intensità alterne. con metamorfosi bolliche che levete. forse è anche per questo che - pragmaticamente - in alcuni momenti mi senta un totale infante. fuori dall'utero da poco, appunto.

ora.
io non so quanto sia poi rimasto di tutto quegli iperstrati di mondi immaginifici, fatti sostanzialmente da splendide cazzate. belle neh? ma pur sempre cazzate.
credo che l'ossequio, laicamente religioso, al principio di realtà la stia facendo assottigliare, la bolla. non che la realtà mi faccia propriamente impazzire di gioia, neh?
però sapere, dentro, che non si potrà mai ridurre con la medesima esattezza, è una buona approssimazione di affermazinoe esatta.
così come, per sapersela vivere con resilienza, meglio averci a che fare il più consapevolmente possibile. magari usando gli stessi stratagemmi argomentativi-analitici del mondo dentro la bolla.
non sarà così elegante. non sarà così ineccepibile.
ma il principio di realtà è il contesto di fondo, inequivocabile. come una condizione imprescindibile di un teorema dell'incerto.
belle quelle formule, bello il segno tipografico del LaTeX. piacevole quel refolo d'eco.
ma poi, per nascere, bisogna uscir dalla bolla uterina.
e, tutto sommato, meglio fuori.
perché vero.
elegante. sintetico. inequivocabile.
[e poi le reti neuronali logico-analitiche si possono usare ugualmente. al limite ci si aggiunge un po' di lisergia psicopipponica]

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