Friday, March 29, 2019

improvvisazionismi

e poi niente.
succede che viene quello che non ti aspetti fino a mezz'ora prima. anche se si casca dal sonno. una cosa tra l'improvvisazione e la cazzata creativa. financo in pigiama, di pile, che saremo pure a fine marzo, ma se uno è particolarmente sensibile al freddo va bene così.
e così la cosa viene, in quel momento. sganciato dal passato. incurante dell'effetto sonnoso del giorno dopo.
lì, una cosa che è solo ora. anche nella parte procastinante, che poi è un affaccio su quel che può venire dopo. ma solo un affaccio. c'era solo l'ora.
va bene così.

Sunday, March 24, 2019

post al termine [più un giorno] di una settimana complicatina

piccole considerazioni sparse al termine di una settimana complicatina, là dentro.
  • è stata una settimana complicatina, là dentro. niente che non mi aspettassi. poi a passarci in mezzo è altra roba;
  • la cosa interessante è che poi la settimana è finita. occhei, occhei, ne arriverà un'altra. e poi un'altra ancora, e poi ancora un'altra. però passano;
  • a proposito di altre ancora, di quelle settimane, mica si sa quante ancora saranno. ho la vaga sensazione non lo sappia - davvero - nessuno là dentro. sono veramente territori nuovi, per tutti;
  • poi sì, ovvio, gli aruspici sono più variegati di un intiero arco costituzionale: da chi imagina terrore e stridore di denti nel cappottamento di un istituto siffatto, a chi scrolla appena la spalla, sbertucciando che il buffetto sarà riassorbito come se nulla fosse;
  • poi, com'è inevitabile sia, le cose andranno: in un qualche modo. e lo faranno fottendosene con la superiore indifferenza degli ambiti del divenire: figurarsi se si fanno condizionare dagli aruspici di cui sopra. quindi un effetto divertente, quanto secondario, sarà che qualcuno che aruspica la azzeccherà. e magari si sentirà pure un/a gran fico/a. invece avrà avuto solo culo. e non vincerà nemmemo il cesto della tombola;
  • io non aruspico, e non credo al culo [né alla sfiga]. però non mi sento esattamente sereno. forse mi accapiglio troppo ad interloquire con le pars più denstruens delle possibilità. forse quel piccolo fremito che sento vibrare, sottile e costante, è perché basta poco a farlo entrare in risonanza;
  • alcuni miei colleghi più stretti sembra, altresì, riverberino decisamente di meno. quasi la cosa a loro risulti indifferente. cosicché mi chiedo:
    • forse son io che non colgo i loro segnali di piccola inquietudine, o forse non ne emettono, di segnali di piccola inquietudine dico;
    • forse vivono meglio loro, e quindi mi carico di riverberi verso istanze di cui non si ha controllo: né loro né io;
  • continua a stranirmi un pochetto la storia dello scoprirsi aziendalisti a propria insaputa. però forse è più un senso di etica del lavoro e di coinvolgimento emotivo; 
  • etica del lavoro e coinvolgimento emotivo in realtà un po' ti fottono, come da piccoli fremiti che sento vibrare. però capita che vengano riconosciuti: non è scontato, ed indirizza il fatto possa intravvederci un senso a star là dentro [oltre alle fatture e all'autocoscienza, dico];
  • può essere che da queste parti blogghiche capiti anche il responsabile di là dentro. la cosa sui generis è che fino a poco più di un anno fa, 'sta cosa, mi sarebbe sembrata fantascienza pura. oltre al fatto che, nel caso, si andrà ad incrementare del 15% circa i potenziali lettori;
  • tutta 'sta storia potrebbe - veramente - essere lo sprone per un cambiamento. lo dico per una questione esperita, non perché in questo momento lo percepisca con la pancia o con il cuore. semplicemente da un piccolo recondito della testa so che è già successo. e rilancio.
  • il cambiamento, come le prossime settimane, non saranno propriopropio facili. magari non saranno tutte così complicatine come quella testé finita: anche perché la tensione emotiva - come quella erotica - non si può tenere così sostenuta. altrimenti ci si sderena gli ingranaggi: schlenghe-clounghck-splangh-ttoink-ink-ink-ink-nk-k;
  • a proposito di tensione erotica, la mia dev'essere sospesa come se avessero emanato un qualche decreto, un qualche organismo di controllo. sì, insomma, non mi viene esattamente di pensare a come conquistare una qualche "origine del mondo" [o "l'origine du monde"];
  • forse la storia della bulaccata di briosches, il giorno del compleanno, è stata un'istintuale nonché anticausale azione preveggente. una roba del tipo: potrebbe essere l'ultimo compleanno che passo qua là dentro;
  • in realtà non credo alle preveggenze. al limite al buon senso. e comunque il giorno del compleanno - dopo la bulaccata di briosches - è stata una giornata più complicata, della cosa complicatina di questa settimana là dentro;
  • sì, insomma, in fondo è sempre una questione di relativizzare le menatie;
  • dal sabato siamo già scivolati nella domenica. quindi significa che si sta caricando sulla rampa di lancio un'altra settimana, verosimilmente complicatina, tanto quanto non so;
  • finirà anche questa nuova settimana.

Wednesday, March 20, 2019

equinozio [intanto dormo]

e quindi che accade?
in ordine casuale e d'importanza relativa altrettanto acccazzzo.
accade che ho un pezzo di apparato digerente in fiamme, quindi il pensiero di vellicarmi qualsivoglia rrrroba da magnà, come succedaneo, anche no. la testa è come dentro un'ampollona e mi riverbera tutta. un acufene blando all'orecchio destro fa da colonna sonora mononòta a questa specie di punto di domanda perplesso, serenamente rassegnato: il grip all'esistenza e all'esistere, quel poco che ho avuto la sensazione di avere, dov'è finito? [nel frattempo l'acufene si è modulato in una frequenza un poco più bassa].
di scopare nemmeno provo a pensarci [ed ho la quasi banal-priapistica sensazione mi si sia accorciato il pisello].
di qualcosa di più ampio et appagante non so nemmeno come [ri]cominciare.
sono molto stanco.
non so se arriverò a terminare l'anno là dentro [poi sì, certamente, le possibili altre opportunità et blablablabla...].
nessun'auto, al momento, figurarsi.
eppure.
sta arrivando allo zenit una luminosissima luna piena.
tra 75 minuti l'asse terrestre sarà perfettamente verticale.
e sarà primavera.
uno vorrebbe arrivarci in altro modo.
ma poi viene quel che viene. e la primavera viene a prescindere, come tutto il resto, del resto.
quindi buona primavera, a quei cinque-sei che passerrano da qui.
vado a dormire. ricomincio con un sonno ristoratore. ci provo, almeno.


Sunday, March 17, 2019

sui riverberi che non ti aspetti [meta-aziendalismi compresi] [post più autoterapeutico di altri]

e quindi niente.
sembra che abbiano rimproverato a là dentro il fatto di avere modalità di verifica, in contesti financo delicati, non proprio ineccepibili. un rimprovero talmente severo, mimetizzato con forme di pacata cifra stilistica neutra, che quello successivo è il commissariamento.
non mi meraviglia così tanto. nel rimestar e provar a mitigar quello che non va, un'idea me la sono fatta. una visione a sensazione-qualitativo-percettivo, non tassonomico-analitico-numerica. un'intuizione cumulativa. in estrema sintesi: nella catena analisi funzionale-architetturale, sviluppo, testing, migrazione in produzione, le risorse non sono adeguate. adeguate in termini di abilità delle persone coinvolte, declinantesi sul tempo che costoro hanno disposizione. risorse di tutta la catena, nel tempo che si richiede la catena debba essere completata.
e quindi un coacervo di imprecisioni. ed ogni volta che attaccano là un pezzo evolutivo, arrivano altre imprecisioni. con noi che nel frattempo si prova a dare il la a che ne vengano risolte alcune. è sempre la solita storia dei flussi che entrano, e quelli che escono. chi è più veloce determina come evolve il livello delle imprecisioni del momento.
solo che alcune imprecisioni sono più imprecise di altre.
e quindi ti rimproverano. in maniera severa, seppur mimetizzato con forme di pacata cifra stilistia neutra.
che il merdone fosse grosso lo si era intuito. o forse sono quel quid in più abile a percepire dettagli, che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo di soluzioni ICT [o mi sono accorto di esserlo diventato, oppure d'esserlo già, proprio stando là dentro.].
ieri sera - tardi - quando la notizia è deflagrata ho fatto pure un po' di ironia stantia e poco efficace.
stamani, invece, mi sono scoperto più preoccupato. o quanto meno in uno stato non propriamente di serenità appagata. insomma, una sensazione spiacevole [relativamente, ovvio].
ed è sensazione stratificata.
in parte razionale, in parte che viene su dal coacervo irrazionale. e di cui intuisco il borbottio del bollore di quel fluido denso - blop, blop. blop - quando appunto emerge alla luce della contezza.
e che provo a razionalizzare.
tipo che il gruppo in cui lavoro - fondamentalmente prostituendo la mia intelligenza [nei vari ambiti in cui è chiesto declinarla], in cambio di fatturazione regolare, con evento contabile il diecidelmese successivo - non è responsabile. quand'anche dovessero ridurlo - ottimizzazione delle spese, razionalizzazione delle risorse, riorganizzazione dei ruoli, salcazzo di qualche mestruopatia di un pezzo grosso che precipita dall'alto - ho più che moderate possibilità non essere in cima alla lista. non ne sono causa, per il semplice fatto siamo talmente insignificanti che, anche volendo, non abbiamo potenza d'atto dispositiva di alcunché
e poi c'è la re-interpretazione consapevole. che il merdone, quello che è un grosso problema per là dentro, può essere il tramite di un'opportunità per me, e la mia intelligenza merettriciata. occhei: fa un po' gniuveig, pissssssendlov da motivatore che condivide i propri video, col montaggio serrato, sul feisbuch.
però è un possibile dato di fatto.
o rimanendo là dentro - nuovi paradigmi, nuovi impieghi, nuove declinazioni dell'intelligenza merettricciata.
oppure arrivando a conchiudere l'esperienza ed uscirne, da là dentro. come se fosse venuto il momento che tanto, si sa, dovrà pur arrivare. all'inizio potevano esser tre mesi, per avere la confortevolissima via di di fuga. e invece sono quasi cinquantadue.
al netto che:
  • significherà uscire da una zona non appagantissima, ma pur sempre di conforto - invero con tariffe di fatturazione che si stavano facendo sempre più interessanti;
  • mi piacerebbe deciderlo da me: serenamente, trovando qualcosa di alternativo, ma non come se fosse una fuga da là dentro. oppure, al limite, determinarlo a causa della mia poco sopita remissività: meno serenamente, sfanculando in maniera esplicita o implicita qualcuno di più o meno in alto.
in fondo anche il bubbone del maggio di cinque anni fu dolorissimo e riverberò i mesi più complessi da un sacco di anni. ma se non ci fosse stato non sarebbe venuto quello che è venuto. a partire dal conto corrente capiente. per arrivare alle ben più preziose consapevolezze di oggi.
[e a proposito del conto corrente capiente, la prima cosa che è scattata nella testa è stata l'emergenza compulsivo-risparmiatoria. ci devo lavorare su 'sta cosa. provare ad intuire questa coazione a ripetere. che deve avere una qualche sua ragione d'essere - come tutte le coazioni a ripetere. e che ha deflagrato come se si fosse a cinque-sei-sette-otto-nove anni fa, mentre ora ci sono un inconfutabile quantità di migliaia di eurI di differenza, evidentemente non abbastanza rassicurante].
eppure, oggi pomeriggio, mentre ascoltavo dibattere a buuuukpraid, sentivo far capolino ogni tanto questo sottile fremito.
quindi, di colpo, ho proprio avuto la sensazione di alzarmi nella sala e dire, seppur sommessamente: preso! come di averlo acchiappato, per la coda, l'altro pensiero che stava tornandosene sotto, nascondendosi nel suo di strato.
e mi son trovato a rendermi conto di questa compartecipazione di riconoscenza: nel senso di riconscersi dentro là dentro. come se, in una qualche coazionevolearipeteresca ragione, mi sentissi co-responsabile di quel rimprovero. come se l'ufficializzazione di quel rimprovero si fosse fatto sbertucciamento davanti al paese intiero, e in quello sbertucciamento ci fossi dentro pure io. io che, peraltro, non ho a che vedere con quelle imprecisioni, se non di un eccentricissimo sguincio, io che non sono responsabile di alcunché, io che sono tra gli ultimi della fila, io che son legato - formalmente - al là dentro con una lettera d'incarico, che non passerebbe nemmeno i preliminari blandi di una qualche vertenza. stessa valenza legale di una cosa scritta sulla carta di formaggio.
eppure.
eppure.
mi sento co-responsabile. come se non mi vi volessi sottrarre. come se fosse cosa un po' mia. come scoprirsi aziendalisti a propria insaputa. nel senso che uno proprio non se lo sarebbe aspettato di sapervisi. [ed è la prova provata della superiorità del valore etico delle istanze - che poi significa in qual modo porsi e come gestire relazioni - che trascendono di gran carriera le questioni legali].
mi ha stranito.
non c'è che dire.
mi ha stranito.
giusto in tempo per valutare anche che, sempre nell'onda delle coazioni a ripetere, tutto questo non mi appartiene nella riconoscenza - nel senso di risconoscersi - nelle fasi construens. quando si festeggiano obiettivi raggiunti, numericamente simbolici. che al limite è una scusa per imbucarsi al buffet cornucopiesco, che appaga il piacere ancestrale di abbuffarsi di cibo, ed avercelo aggggggratisssse. non mi ci riconosco perché c'è la questione del posticcio, del retorico, dell'abbaglio che il millemiGlionesimo cliente ottunda, col sorriso tirato, il fatto di tutto il mare magnum delle imprecisioni, e delle storture che - inevitabilmente - ci sono [meno inevitabile è, al limite, la quantità e qualità di queste imprecisioni].
riconoscersi solo nel destruens e non nel construens, tecnicamente, è malassorbimento. per quanto - forse - più inevitabile di altri.
comunque è un altro spunto di [auto]riflessione, [ma gNente post, giuringiurello].
quando sarà, ne parlerò con odg.
e comunque dopo.
da domani cominciamo a capirci meglio. che è sempre la cosa migliore dell'incertezza. che tra l'altro genera post del genere.

Sunday, March 10, 2019

via del pettirosso e dintorni

stamani ero in auto. stavo andando al lavoro - capita, ogni tanto, anche di domenica. tariffa oraria maggiorata - sono passato davanti l'imbocco di via del pettirosso. ricordi a palla, ma nel senso di orticata lì, nelle palle.
e mi è risalito tutto d'un colpo la sensazione sgradevole, a tratti per quanto continuativa, che mi assaliva nel farla, in cazzo di fottute mattine, quando mi recavo nello stanzino, lì poche diecine di metri, svoltato l'angolo là in fondo a via del pettirosso. poche diecine di metri che sembravano lunghissime, noiosissime, frustrantissime [a tratti per quanto continuative]. via del pettirosso è un senso unico, quasi soffocante, e certe mattine [che comparivano a tratti, per quanto continuative] sembrava non finisse mai. per quanto fosse ancora quasi più soffocante la sensazione di star in quella stanzetta, al chiuso di quella cosa che mi ha azzoppato per troppo tempo.
dio mio, quella cazzo di via del pettirosso.
che faceva da contraltare alle altre vie, quelle del ritorno la sera, uscito dallo stanzino [quasi continuativamente chiudendo l'ufficio]. che poi me ne allontanavo, quindi sembravano vie diverse, anche via del pettirosso medesima. oppure prendevo altre strade. e le percorrevo a piedi. a volte un pezzo, fintanto di incrociare la 58, a volte fino a casa. via soderini, lunghissima, per quanto mai come la distanza che mi pareva di intuire di dover percorrere, per riuscire ad uscire da quel cul de sac. e soprattutto con film inverosimili, produttoria di eventi poco probabili. tanto ribaltanti con clamore lo status quo, quanto poco probabili. percorrevo, a volte fino a casa, quelle strade, per scaricare un passo alla volta, tutto il peso dell'ennesima giornata ad andare dietro a qualcosa di soffocante, senza una vera via d'uscita. mi infilavo le cuffiette e ci davo dentro col volume. ogni tanto funzionava anche che quel poco di neurorecettore buono, secreto dal passo un po' spedito e ritmato, facesse pure effetto. ed entravo in casa se non rasserenato, almeno un poco meno incazzato, o smarrito.
quando ce ne andammo da quell'ufficio, quando uscii del tutto da quel cazzo di stanzino, provai una sensazione di liberazione - ci deve essere un post, da qualche parte, una mail scritta a qualcuno a testimonio di quei momenti di quella domenica. intuii che qualcosa era veramente finito. ed ebbi certezza che - quand'anche avessimo avuto un altro ufficio - ero nelle condizioni per pormi in maniera diversa.
poi le cose sono andate in maniera ancora più diversa. ed il paradosso è che quanto è stato doloroso far scoppiare il bubbone, tanto è stato salutare, alla lunga: per quanto faticosino [eufemismo]. poi io son uno lento, quindi ci ho messo un po' a capire certe cose.
forse anche per il senso di obnubilamento di parte del mio senso, che smarii chissà quanto tempo indietro. e per la cristallizzazione di percezioni di sé.
poi, dopo, ovvio sia tutto più facile capirlo. non foss'altro perché hai vissuto.
e me ne sono accorto stamani, passando accanto via del pettirosso, dello iato tra allora e oggi. di quanto lavoro c'è stato per prendere contezza di una bella fottia di cose. e quante ne sono successe, perché la vita vive, anche quando ti vive addosso e tu te la guardi vivere senza capirci molto, tranne la sensazione sarebbe meglio indirizzartele tu, le faccende. poi di cose da capire, sono certo, ne mancano ancora molte altre. ma intanto, appunto, sarebbe stolto non considerare già il gruzzolo esperienziale accumulata [finiamola col malassorbimento].
e a proposito di fieno in cascina, per quanto naturalmente quasi banale sottolinearlo, non è solo una questione di conto corrente capiente. però un po' aiuta. anche solo per aver molto chiaro che intendere [e coglionarsi] come una prova da attraversata del deserto il fatturare tremilamillecinquecento eurI in venti mesi [tacendo i pochi fatturati comunque nei sette anni precedenti], non è senso di abnegazione, credere in un progetto e nel fatto sarebbero arrivati momenti migliori. è rimozione di un problema: l'horror vacui che sta dietro al cambio di paradigma. il cambiamento fa paura. ed è una paura dannosa, 'ché che immobilizza in maniera pericolosa e ottundente la serenità psichica. dalle trasversate nel deserto si può anche non uscire.
fottutissima via del pettirosso.
ho scalato la marcia, sono passato oltre.

Sunday, March 3, 2019

de[h] itsohniani genetliaci

dopo un piccolo confronto feisbucchiano sul concetto [vergognoso, a parer mio] di disuguaglianza, mi scrisse in privato d'essersi scordato del mio genetliaco. troppo scosso per il suo capo che se ne diparte, e per la giravolta faivstarrrrrrrre di graziare quello che comanda nel governo [ancor ripenso, disgustatamente ammirato, alla forgiatura della post verità: il sequestro di persona che diventa 'ritardo nel far sbarcare', miserrimi capziosi cangianti la realtà]. a dir di altre realtà, in realtà, al mio di genetliaco le cose mi erano parimenti scosse, per ben altri motivi: quindi sarebbe stato un altro cui non avrei ringraziato per gli auguri.
il fatto è che non passano nemmeno due settimane tra i due genetliaci, il mio e il suo. solo che tredimarzo fa già un po' più primavera, suvvia. in particolar modo questo di anno, che la primavera già entrò sicura senza bussare [semicit.], quanto meno dal punto di vista delle temperatura da climate change.
vabbhé.
e quindi ci ho un po' ripensato, all'amico itsoh. che è un po' un quasi unicum nel mio personalissimo palmarès relazionale. già ci scrissi sopra, in altri post e/o blogggggghe. ma poiché invecchiamo, gioco la mossa del cavallo all'arteriosclerosi, che avvamperà, avanzando imperiosa. anticipandola quindi, l'arteriosclerosi dico. così rinnovo alcune ditteggiature di ritratto di come me lo ritraggo dentro, l'amico itsoh dico.
lo conobbi a primavera avanzata, a casa del pasquali, appartamento sopra il teatro carcano, che ri-aveva indietro i soldi delle tasse dell'iscrizione all'università in quanto - tecnicamente - nullatenente, mecojoni [e come ostentava, flap-flap, svolazzando il pezzettino di carta che glielo ratificava, quasi dovesse prendere il volo come libero augello. lo svolazzava davanti a me, che ogni volta dovevo chiedere al genitore l'equivalente fio per le sopracitate tasse, che non tornavano mica indietro, mi sentivo in colpa. poi uno dice che non tengo 'sti gran ricordi di 'sto nullatenente abbientissimo] [vabbeh, ormai 'sticazzi]. insomma lo conobbi lì e fu baluginio di aver di fronte una codina della gaussiana. per quanto non lo idealizzai mai [ecco, la storia dell'idealizzazione delle persone. cosa che  soprattutto con le donne, mannaggia, mi è venuto di fare spesso: infausti i rotolamenti a valle degli effetti, fino a sfiorare la iattura in alcuni casi. forse uno delle cose che più contentamente ho imparato a non far più, grazie al lavoro fatto con odg, soldi investiti bene. a ripensarci bene non è un caso che le persone, con cui la relazione affettiva è uno dei [pochi] sensi a questo peregrinare terreno, sia intreccio con donne e uomini che non mi scivolarono sul terreno dell'idealità. idealità che, come iperuranio dei poveri, è un concetto della mente. e morta lì. insomma. un itsoh codina della gaussiana [alta], senza che mi si trasfigurasse innamorevolmente sia pure in maniera platonica [a proposito di iperurani]. ed il fatto non riuscisse ad essere del tutto in sincrono coll'incedere fragoroso degli esami non riuscivo a spiegarmelo, ovvero un contrattempo risolvibilissimo. ma nulla a che spartire con il tocco di classe empatico della madre del pasquali che, con laicissimo e psichiatrissimo tatto, gli spiattellò, con voce calma ma da ditino dritto puntato, che bisognava conchiudere il percorso nei tempi stabiliti, e che gli esami mica si provavano, si passavano e morta lì [se non si era capito 'tocco di classe empatico', di cui appena prima, era sardonico. sto infarcendo lo stilema, rendendolo meno leggibile per celia. considerato le evoluzioni pirotecniche della forma di cui stia leggendo, proprio in questi giorni, di una suggestione feisbucchiana dell'amico itsoh, roba da folgorazione ex-ante. stilemi e forma, tipo ramo del kiwi attorno alla pergola, che io scimmiotto, ovvio. ma mi diverto]. insomma, 'stu quagliuncello sembrava di una pasta che non avevo [ancora] conosciuto. non era solo una questione di formazione, di riferimenti culturali e attrezzatura conoscitiva a rimorchio. per quanto io avessi la mia, e lui la sua, mi sembrò lo schiudersi di praterie di cui forse vagheggiavo l'esistenza ma poco più [già il parolin me ne fece subodorare il bouquet, ma talvolta con una superiorità di qual forma, che non è che facesse poi tutto 'sto gran piacere. per quanto, al parolin, debba l'epifania, da testata d'angolo del mio essere, fossi di sinistra, cattolico convinto, ma di sinistra. cattocomunista a vederla con ghettizzante ghigno reazionario, invero banalizzante. anche a vederla quel che è ora: non sono più cattolico da mò, e tecnicamente mai stato comunista]. il fatto è che 'sto battipagliese, oltre a provocarmi il primo orgasmo da vellicamento di bocconcino di bufala, che una volta portò dagggggggiù entro quegli scatoli di polistirolo bianco [scatolo: isoglossa da caianiello - compreso - in giù], sembrava unire i puntini tra le cose con inusitata completezza di visione, come inquadrasse con un fottutissimo e luminosissimo grandangolo. di quello che le foto che potrebbero venir fotografate, già partono con quel tocco di vantaggio. e il mood era spesso tra l'understatement ["evabbbhuò, dai"] e la consapevolezza di aver disegnato una spezzata poligonale mica da poco [unire i puntini si creano, appunto, spezzate poligonali], e sono piuttosto convinto di avervi intravisto un mezzo ghigno soddisfatto, mentre inspirava e lasciava andare dei leggerissimi, improvvisi, movimenti del capo.
certo, allora c'era un certo iato tra il fatto lui fosse, boh, possiamo definirlo agnostico, o quanto meno anticlericale? mentre inspiravo a pieni polmoni l'effetto gradevole dell'assenzio, uterino, del mio vivere con fortissimamente intensità la fede cattolica professata, vissuta, praticata. forse è anche per questo che non entrai mai dentro l'auletta brenta, raduno politecnico di una parte del piccolo ma variegato mondo della sinistra dei futuri ingegneri. anche lì sinistra, più o meno scissa, più o meno militante, più o meno di maniera, più o meno radical, più o meno chic, più o meno con la carta di credito del papi [ben prima che il copyright papi fosse scippato, nella vulgata, dalle zoccolette che il satiro silvio foraggiava, bramava, e credeva di aver concupito: facile quando hai potere e soldi]. niente auletta brenta, quindi, per quanto mi stessero oltremodo sui coglioni già allora i ciellini, che con clangore facevano sentire la loro rumorofastidiosa presenza circondandola, l'auletta brenta, su più lati quasi debordandovi dentro in misura di un brentino per almeno dodici-tredici ciellini. niente auletta brenta, quindi, e questo mi ha impedito di conoscere anzitempo il professor ruggieri, che allora non era mica ancora professore, ma son piuttosto certo avrei intuito un'altra capacità di altre spezzate poligonali, altri puntini uniti come pochi sanno fare.
quando l'amico itsoh se ne andò definitivamente dalla casa del pasquali andai a dargli una mano a smontar pezzi di mobili suoi. fu anche l'ultima volta in cui entrai in quell'appartamento, che nemmeno avessi dei nipoti, con l'ascensore sociale in essere, si permetterebbero di poter pensare di permettersi. mi presi in prestito dalla biblioteca di quella magione, tempo di restituzione indefinito, la prima edizione de "il sistema periodico". quindi figurarsi se non son legato a quel libro, che mi ricorda anche quando l'amico itsoh se ne andò da milano.
ci si rivide, come oggi, sedici anni fa. era anche allora il suo genetliaco, ovvio. accadde accanto a stazione termini. erano cambiate un po' di cosine. io ad esempio avevo già capito che di essere un ingegnere non me ne fotteva nulla. ero diventato decisamente agnostico. non mancò il piacere di re-incontrarlo. anzi, per me fu un momento bello assaje.
dubito che allora lui avesse già in fatta contezza sua della svolta a vocazione maggioritaria. quanto meno non esisteva ancora il piddddddì, e lui non aveva ancora lasciato l'italia, a proposito di cervelli in fuga. quindi non si erano ancora verificate alcune condizioni, che ci hanno dis-unito quel cicinino, nell'interpretar la personalissima partitura della sinfonia dodecafonica dell'esser di sinistra. posto che si fosse così unitamente uniti anche prima, ovvio. faccio fatica ad assorbirmi l'idea di una visione verticistico-leaderistica di un partito: per dire, ad una tornata elettorale mi diede un po' fastidio che sul simbolo di SEL [parlandone da viva], per cui ebbi una timidissima infatuazione elettorale di qualche tempo, ci fosse il riferimento a nicccccchivendola [parlandone da pre-emigrazione-canadese, e tanti saluti e baci a tutti i compagni], per cui ebbia una timidissima infatuazione narrativo-retorica: a proposito di construtti semantici che ci vuole il manuale di istruzione per interpretarli, e giusto per essere prossemici alla gggggggggggggente. su questo si discusse, con l'amico itsoh, a cui 'sta cosa sembrava più che ovvia. anche se - immagino - non appose nessuna croce con la matita copiativa, su quel simbolo, né allora, né mai. quindi mi meravigliai nemmeno a metà, quando lo vidi adoperararsi per la mozione renzi, alle prime primarie. più sorpreso si fosse tesserato al piddddddddddì, più che travolto dall'onda di rottura di quel di rignano. dimentico o indifferente, forse, dell'ego psico-lisergico del personaggio, che a me generava bias disturbanti come poche altre persone [sì, insomma, per fine sintesi politica: a me renzie 'sta proprio sui coglioni per come si pone].
naturalmente chi se ne fotte del rottamatore, quando l'amico itsoh ha continuato a raccontarsi, raccontare. continuando ad unire i suoi puntini. vedendosi molto di meno, ovvio [amico itsoh, a me sembra che, dopo il tuo matrimonio, almeno una volta ci sia visti. ma proprio non riesco a farmi ritornare alla mente quando sia stato [che poi è per capire se l'amico itsoh, arriverà fin qui a leggere]].
in almeno un'occasione gli dissi che la sua capacità analitica, la sua ispirazione narrativa, la sua cifra stilistica avvolgente, potrebbe veramente far i fuochi artifiziali, se riuscisse a farsi scivolar via - almeno un po' - quell'incazzo, quel nervoso digrignar i denti, per quanto giustificato. è come se fosse energia che un poco si degrada in calore, che non aggiunge nulla. anzi. naturalmente è un personalissimo punto di vista, quindi più che opinabile. mi viene però da ribadirlo. sia perché io a 'sto personaggio sui generis sento di voler bene, senza che debba trovar o ragioni, o infarcire post lunghissimi tipo questo. sia perché lo stimo assssssaje, e non è che sia così prodigo di quel genere di ammirevolezza tra pari. per quanto non so se possa pensarmi a pari. non foss'altro per le mirandevolezze che gli son riuscite, che a me paiono così complicate da pensare di far parimenti. pari: forse sì, forse no, forse sticazzi. sta di fatto che a volte, dopo averlo letto, mi viene da pensare: cazzo, avrei voluta scriverla io, una cosa così. e penso che, quando sento disquisire dotti e opinionisti e cose mimetiche simili, mi chiedo cos'abbia in meno uno tipo l'amico itsoh [o l'amico ruggieri, però oggi è il genetliaco dell'amico itsoh, e l'amico ruggieri un po' mi intimidisce, figurarsi]. e la risposta è che all'amico itsoh non manchi una minchia di nulla. anzi. potrebbe fare, dire, scrivere decisamente meglio di una fottia di prodotti di marketing culturale, variegatamente riusciti.
per una qualche beffarda combinazione hanno pure piazzato le primarie del pidddddddì, oggi. mi par di capire che, a 'sto giro, l'amico itsoh nemmeno voterà. per quanto sia taggato, arrecandogli una qualche forma di fastidio, in condivisioni feisbucchiane narranti l'evento adveniente, che ormai si sta concludendo. peraltro - mentre scrivo ancora - con più che soddisfacente partecipazione, per quanto relativa. provo ad intuire che l'amico itsoh abbia deciso di non votare, ma non sia una cosa che abbia [non] fatto a cuor leggero. e chissà come sta vivendo quest'affluenza soddisfacevole, per quanto relativa. lui il renziano [ex?] più intelligente e dialogante conosca [forse anche la mussini, ma lei è "solo" contatto feisbucchiano, e secondo me pure lei mi intimidirebbe un poco, a conoscerla dal vero veramente].
andrei anche a chiuderlo, 'sto post lunghisssssssimo. che però mi è piaciusto scrivere. non so se l'amico itsoh arriverà fin qui. nè se gli farà piacere. ma tant'è.
un po' vorrei rubare un tocco d'arte all'amico itsoh. e confrontarsi con lui mi fa sempre uscire un po' migliorato. come allargare, quel pertugino in più, la visione delle cose.
io lo sapevo, d'altronde, che quando ha evocato l'eco de "leggenda privata" di michele mari, era una di quelle suggestioni da prendere al volo. lo sto appunto leggendo nel mentre transita il suo genetliaco. e sono altre praterie che si intuiscono [pensando, ad esempio, alle mie di nevrosi] [e comunque, caro giusè, la mamma gabriela, più la guardo nelle foto e più mi sembra di un fascino disruptivo]. insomma, amico itsoh, buon compleanno. fatte abbraccià. che il resto passa in fretta, o forse mai. si è equazioni risolvibili solo in parte, grumi di cellule emozionanti: che forse saranno solo secrezioni di neurorecettori. ma in fondo è una ficata così, per quanto lo si intuisca a tratti. ecco, che questi tratti [ti] siano sempre più frequenti e lunghi.
[intanto torno alla "leggenda"].