Saturday, April 15, 2017

passate le campane

il post pasquale è un po' una specie di must. per certi versi è l'evoluzione della mail che inviavo all'amica queenfrancy. che poi è anche colei che mi titillò ad aprire un blogghe ["ci sono un sacco di donne che ci scrivono, più degli uomini, conosci un sacco di gente"].
nella mail, che le inviavo, c'era sempre dentro la storia delle campane che si scioglievano a distesa, a festa. roba che squarcia il silenzio che inizia dalle tre pomeridiane del venerdì, con un rintocco lento e profondo: la campana a morto. mentre qui, la distesa, è il momento della resurrezione.
è tutto dentro la simbologia della liturgia più lunga che la dottrina cattolica preveda. la madre di tutte le celebrazioni, la veglia delle veglie.

insomma.

gliela menavo alla francy perché per anni, quelle campane che squartavano il silenzio della notte pasquale, tecnicamente, mi facevano male. e la lettera alla francy era un modo per mitigare tutto quello.

il perché non sono mai riuscito a spiegarmelo del tutto. sopratutto perché ad un certo punto ho pensato che potevo anche smettere di cercare di spiegarmelo. anche perché poi, dalla mail alla francy, si è passati al post.

sicuramente c'era dentro l'eco per un qualcosa che sentivo estremamente vivido e/o vivo, anni e anni fa. frequentavo e praticavo e la pasqua era il punto nodale, la cogenza che si fa momento fondante. l'eco di qualcosa di forte che pensavo fosse necesario e imprescindibile.

da quando le campane ho cominciato ad ascoltarle da fuori, quasi temendo il momento in cui si sarebbe propagato il primo clangolio, si è posta la necessità di doverne trovrare un altro. più o meno a tutti i costi. una specie di desiderio lancinante. che poi faceva mischione con le luci, i colori, le sensazioni inebrievoli anche per un naso sordo come il mio, di questo: che poi è quello primaverile. quando la natura ricomincia a prendere ritmo e tutto sa di rinascita, di ripartenza. gli stessi simboli, le uova, il coniglio. tutta roba che rimanda alla nuova fecondità.

ed io mi sentivo sterile. per tutta una ragione di incompletezze e di non realizzazioni. per quanto cercate e desiderate. altro cazzo sentirle con timore, quello squarcio nella notte.

oggi gironzolavo per la hometown. sono passato accanto alla chiesa e mi è venuto di entrarci. era tutto pronto. ho riconosciuto i segni e i simboli - a partire dai drappi - che sono comunque memoria e che non posso eradicare. ho visto quel tipo di luce. certo. ho ripensato anche ad alcune pasque lancinanti per il fervore emozionale che provavo allora. ma ero teenager radical-idealista, e mi innamoravo in maniera totalizzante. che poi fosse nevrosi, l'ho scoperto dopo. allora c'era solo il turbinio agrodolce di qualcosa che in potenza era potentissimo. ma solo in potenza rimaneva. ed il tutto si mischiava nel totus religioso-celebrativo. spero si intuisca che mescioni facevo, e perché è stato così difficile sgarbugliare il tutto.

ed oggi, in quella chiesa vuota, per caso ho incrociato l'amico storico. quello che si agnosticò quando io furoreggiavo per l'altra sponda. salvo poi raggiungerlo una diecina di anni dopo. naturalmente lui era con una donna. una delle più che frequenta in questo periodo, con variegati coinvolgimenti. non credo sia così causale l'abbia invitata proprio 'sta sera. forse per non stare del tutto solo.

ed in quella chiesa mi sono accorto di quanto, in fondo, mi senta decisamente più affrancato. e molto libero. anche l'ossessione di cercare un succedaneo a quella sensazione che trovava nella pasqua il suo climax. non so quanto durerà. so che è legata al contesto. e mi fa sensazione strana - e rilassante - che sia venuta fuori dopo mesi piuttosto più complicati del solito - dentro. fuori le cose vanno più che discretamente.

naturalmente stasera hanno suonato le campane a distesa. però, per qualsiasi causa o motivo o contesti [più o meno duraturi], le ho ascoltate. serenamente affrancato da loro. anche per questo, in fondo e da scriverci dopo, me le sono godute.

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