Friday, May 31, 2024

bozze

elenco sparso, stropicciato, abbozzato di idee di post, che avrei in mente di scrivere, ma poi bozze sono rimaste. volevo mandare un messaggio all'amico emanuele: ehi, amico emanuele, ho qualche idea a frullarmi nella testa. ma che poi non scrivo. [dice: ma uno esstringradissimicazzi?]

quindi.

baricco è insopportabile, per molti tratti. poi alcune pagine le rileggi perché non si può fare altrimenti. una sera ho provato a decantare ad alta voce il capitolo "so di preciso quando [son diventato leggenda]". ero in metropolitana, piuttosto ubriaco, ma con la testa leggerissima. ubriaco, non del tutto impazzito. nel senso che provavo a decantarlo ad un altra persona, non ero solo. ho idea rimarrà una delle serate più significative di quest'anno. quella roba che si infila nelle fessure della memoria, e a disincagliarla ci vorrà nel caso la degenerazione dura. e quell'incaglio mi sarà lancinante, prima o poi. già lo so.

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il fatto che nei mesi scorsi mi appassionassero i video di restauro di oggetti vecchi, malandati, arrugginiti, probabilmente buttati come irrecuperabili. gratta, smonta, sgrassa, scartavetra, spazzola. con particolare godimento vedere all'opera la sabbiatrice: sembra ri-colori, aggiungendo, in realtà sta asportando, togliendo. o con particolare ammirazione al tirar di lima, che è gesto tutt'altro che banale: poetico nel suo rotondo articolarsi, che avviluppa e dà forma a quel fuso dritto e rigido. mi son ben chiesto: come mai mi catturano così tanto? oltre al fatto l'avesse intuito l'algoritmo del signor feisbuch. probabile avessi trovato una mezza risposta. per quanto banale. io, non l'algoritmo, che in fondo è scemo, con la sola abilità di incrociare molti dati molto velocemente.

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il paradosso lancinante, per quanto col culo al caldo, degli ostaggi del sette ottobre. che un gruppo di invasati islamisti possa, per due milioni di persone, garantirne l'agonia e al tempo stesso mitigarne il massacro. proprio grazie a quegli ostaggi. da una parte della medaglia l'obbrobrio non possano tornare a casa loro. dall'altra parte l'obbrobrio di quello che accadrebbe in quella striscia di terra abrasa, se ce ne fosse bisogno ulteriore, se quegli ostaggi fossero a casa loro. una medaglia di obbrobri. due facce non bastano. e le multidimensioni non si confanno alla banalità della violenza e la lettura strumentale delle fazioni rancorose - per quanto col culo al caldo.

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il papa che svarvola sulla frociaggine. che da una parte speri, nei primi minuti, venga smentita. dall'altra mica non lo sai di quante istanze ti tengano lontano da quella forma di potere. senza peraltro sminuire le istanze che invece condividi, del messaggio di cui quel gesuita si fa latore. a cominciare dalla scelta del nome. pensi a qualche fuga linguistico-interpretativa. pensi al fatto che ogni tanto sbrocca nella comunicazione. già successo. un filotto di device retorici a mitigare una delusione che sgorga, forse inattesa come quelle parole. mica puoi negare sgorghi. e poi un papa che dichiara: ho sbagliato. può sembrare banale. invece è qualcosa di significativo. cambia poco a tutto il contesto, neh? però è significativo.

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un romanzo sulla prima guerra mondiale. che è probabile che un vecio, dopo due anni di trincea, appena prima e appena dopo caporetto, non pensi quelle cose. o almeno non le pensi così. come le penserebbe uno che sa, più o meno, come ha buttato il secolo breve. che è un vantaggio mica da ridere. però un romanzo che mi ha segnato. facendomi tornare indietro di un quarto di secolo. di alcune mezze idee, quelle del vecio, che mi sgorgarono all'inizio del servizio civile. e poi la lettura forse facile facile della complessità delle cose. roba che si può concedere ai ventenni, o qualcosa in più. però è la forza della passione delle idee che gli altri simili ti riconoscono. è cominciato così, con il mio nonnetto putativo.

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il novedimaggio celebrano la vittoria della grande guerra patriottica. che è un modo di ricordare della vittoria di un popolo, al costo di carneficine. e dipende da quale parte guardi la medaglia di cui sopra. e forse le cose sono inevitabilmente inintrecciabili. ed il novedimaggio si celebra anche la giornata dell'Europa. che può sembrare retorica vuota, o qualcosa di simile. ed invece quell'idea di fondo ci ha quanto meno garantito ottantanni di pace, o qualcosa che le si avvicina molto. che forse è meno retorico, a considerare gli effetti molto pratici. talmente pratici che la diamo per scontata, quasi ontologica. e invece forse non è per forza così, o potrebbe non esserlo poi così per sempre. senza perder di vista il fatto che è roba che è accaduta da noi, col culo al caldo. e che potranno esserci altre guerre patriottiche. perché ci metteremo troppo a capire quanto sia ontologicamente stronza l'idea di guerra.

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che la stanchezza non passa. però non mi sveglio più angosciato di notte. anche se è tutta una questione di neurorecettori che vanno o non vanno. anche fare allllammmmore, peraltro. una questione di neurorecettori intendo. però è molto bello ugualmente. quindi a posto così.

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che la solitudine ho imparato da amarla, forse per pragmatica preparazione a quel che sarà. però, vai a capire perché, è anche bello sacrificarne pezzettoni. tipo la frutta fresca di certe marmellate di quando ero molto giovane. e tutto sembrava possibile. poi invece, necessario imparare [anche] ad abbozzare.

Wednesday, May 1, 2024

lavoratori

una volta il lavoro dava identità, ora dà povertà. [cit.]

'sta cosa qui, la questione dei working poor, è un qualcosa che mi strugge assaje. uorchinpuur, come ne direbbero quelli bravi di là dentro, che poi significa lavoratori poveri, che fa un altro effetto. che poi non ne direbbero là dentro, che là dentro è tutto un scialacquare di raccontar di cose fichissime et bellissime et comportamenti virtuosi che si seguono. o che si dovrebbero seguire. 'ché, là dentro, si è dentro una bolla. come ne esistono un sacco di altre di bolle. che poi sarebbero millemila goccioline nebulizzate che si addensano in questa bollosa vicinanza et colleganza, nel senso di essere colleghi. tutti a condividere spazi e [la maggior parte de] il loro tempo, oltre che antipatie e simpatie, idiosincrasie e comunanze [poche].

più o meno tutte e tutti più o meno consapevoli si sia privilegiati, in un certo senso. che ci sarà pure il paradosso di sentirsi privilegiati ad essere ingranaggi del capitale, con il tempo conculcato, ad offrire intelligenze [moltomolto] variegate con [moltomolto] variegate soddisfazioni e realizzazioni, quando non frustrazioni.

si sia privilegiati, con [moltomolto] variegate consapevolezze, poiché esistono masse di lavoratori che di privilegi ne hanno [moltomolto] variegatamente di meno, fin quando il [cosiddetto] privilegio di un lavoro non ce l'hanno più.

fino a quando una lavoratrice o un lavoratore dalla giornata di lavoro torna a casa infortunato [moltomolto] variegatamente. oppure proprio non ci torna più. sono, in media, uno ogni sei ore. ed in effetti non è che ce ne si indigni più di tanto.

infortuni e morti sul lavoro che non sono una fatalità. non è una cosa buttata lì, così. lo spiegano quelli bravi e studiati. la filiera dei subappalti, poca prevenzione, pochissimi controlli, scarsa cultura della sicurezza sul lavoro. che coinvolge ben tanto anche i lavoratori, neh?

in certe di quelle bolle è come se proprio si abitasse in pianeti diversi. molto meno rischioso a starsene dietro un piccì tutto il tempo. per quanto possa arrivare a sembrare frustrante starsene dietro un piccì tutto il tempo.

e poi, di nuovo, la questione dei lavoratori poveri. che qui la fatalità c'entra tipo me in un consesso di fasci. è il rotolamento sempre più impetuoso di logiche e politiche iniziate, guarda caso, mentre io muovevo i primi passi nel mondo del lavoro - al netto delle frustrazioni che han cominciato a camminarmi appresso. logiche che la chiamavano mobilità sociale, ed invece è diventata precarietà. probabile lo fosse già in nuce. è il rotolamento ingrossato da politiche che non si disturba il manovratore, come ebbe a dire fiera la fratelladitalia nel suo discorso di insediamento. destra sociale un cazzo. dimentica del fatto che mediamente l'uomo è avido, figurarsi i manovratori. quindi, mediamente, penserà ai cazzi suoi, poi a quelli che lavorano per lui. per quel che rimangono risorse. dice: l'hai riassunta tranchant, può essere. ma declinala su dividendi agli azionisti, emolumenti ai board, che crescono vortiginosi, e salari che nel frattempo si assottigliano. e ci siamo, abbastanza no?. 

precarietà, part-time forzati, sfruttamenti e compensi insulsi. ecco i lavoratori poveri. delocalizzazioni, speculazioni finanziarie su aziende produttive. ecco gli espulsi dal lavoro. 

sono in tanti, sono nebulizzati ma sono valanga. non ce ne accorgiamo troppo. specie perché siamo nelle nostre bolle, che i salari sono variegatamente corpacciosi. poi un po' perché nascosti dal meinstriim, un po' perché ci abbiamo un po' tutti i nostri cazzi. piccoli grossi siano, un po' perché di cazzi più o meno grandi è pieno il mondo.

un po' perché gli sciamannati che governano annunciano il giuoco delle tre carte: un sacco di lavoratori in più, importa poco quanto precari o sottopagati.

infortuni e morti sul lavoro. lavoratori poveri. sfarinamento del lavoro. in fondo è smentire un pezzo dell'articolo 1 della Costituzione. che non è che sia troppo ideale e irrealizzabile. è che si va dalla parte opposta, per scelte se non volute, almeno che sono un po' laissez-faire.

sono un privilegiato. mica non lo so. non ostante parli di là dentro e conti i mesi dall'inizio. non ostante le frustrazioni e la sensazione di irrealizzazione. sono un privilegiato in mezzo a privilegiati. in mezzo a molti altri privilegiati. in mezzo ad altri che privilegiati non lo sono affatto.

le lotte di classe non ci sono più. anche e soprattutto perché si sono liquefatte le classi. anzi, nebulizzate, che così certe cose funzionano di meno ed il manovratore tutto sommato se ne compiace. se ha un senso la festa dei lavoratori - oggi - è proprio in questo. ricordarsi, ogni giorno, del privilegio, e lavorar di conseguenza. ricordarsi di coloro che il privilegio non ce l'ha. e ricordarsene ogni volta che ci perculano, che è giusto lasciar fare al manovratore. anche questa, credo, è coscienza di classe. seppur nebulizzata. 

non sarà mica tanto semplice, neh? 

però bisogna provarci.