una volta il lavoro dava identità, ora dà povertà. [cit.]
'sta cosa qui, la questione dei working poor, è un qualcosa che mi strugge assaje. uorchinpuur, come ne direbbero quelli bravi di là dentro, che poi significa lavoratori poveri, che fa un altro effetto. che poi non ne direbbero là dentro, che là dentro è tutto un scialacquare di raccontar di cose fichissime et bellissime et comportamenti virtuosi che si seguono. o che si dovrebbero seguire. 'ché, là dentro, si è dentro una bolla. come ne esistono un sacco di altre di bolle. che poi sarebbero millemila goccioline nebulizzate che si addensano in questa bollosa vicinanza et colleganza, nel senso di essere colleghi. tutti a condividere spazi e [la maggior parte de] il loro tempo, oltre che antipatie e simpatie, idiosincrasie e comunanze [poche].
più o meno tutte e tutti più o meno consapevoli si sia privilegiati, in un certo senso. che ci sarà pure il paradosso di sentirsi privilegiati ad essere ingranaggi del capitale, con il tempo conculcato, ad offrire intelligenze [moltomolto] variegate con [moltomolto] variegate soddisfazioni e realizzazioni, quando non frustrazioni.
si sia privilegiati, con [moltomolto] variegate consapevolezze, poiché esistono masse di lavoratori che di privilegi ne hanno [moltomolto] variegatamente di meno, fin quando il [cosiddetto] privilegio di un lavoro non ce l'hanno più.
fino a quando una lavoratrice o un lavoratore dalla giornata di lavoro torna a casa infortunato [moltomolto] variegatamente. oppure proprio non ci torna più. sono, in media, uno ogni sei ore. ed in effetti non è che ce ne si indigni più di tanto.
infortuni e morti sul lavoro che non sono una fatalità. non è una cosa buttata lì, così. lo spiegano quelli bravi e studiati. la filiera dei subappalti, poca prevenzione, pochissimi controlli, scarsa cultura della sicurezza sul lavoro. che coinvolge ben tanto anche i lavoratori, neh?
in certe di quelle bolle è come se proprio si abitasse in pianeti diversi. molto meno rischioso a starsene dietro un piccì tutto il tempo. per quanto possa arrivare a sembrare frustrante starsene dietro un piccì tutto il tempo.
e poi, di nuovo, la questione dei lavoratori poveri. che qui la fatalità c'entra tipo me in un consesso di fasci. è il rotolamento sempre più impetuoso di logiche e politiche iniziate, guarda caso, mentre io muovevo i primi passi nel mondo del lavoro - al netto delle frustrazioni che han cominciato a camminarmi appresso. logiche che la chiamavano mobilità sociale, ed invece è diventata precarietà. probabile lo fosse già in nuce. è il rotolamento ingrossato da politiche che non si disturba il manovratore, come ebbe a dire fiera la fratelladitalia nel suo discorso di insediamento. destra sociale un cazzo. dimentica del fatto che mediamente l'uomo è avido, figurarsi i manovratori. quindi, mediamente, penserà ai cazzi suoi, poi a quelli che lavorano per lui. per quel che rimangono risorse. dice: l'hai riassunta tranchant, può essere. ma declinala su dividendi agli azionisti, emolumenti ai board, che crescono vortiginosi, e salari che nel frattempo si assottigliano. e ci siamo, abbastanza no?.
precarietà, part-time forzati, sfruttamenti e compensi insulsi. ecco i lavoratori poveri. delocalizzazioni, speculazioni finanziarie su aziende produttive. ecco gli espulsi dal lavoro.
sono in tanti, sono nebulizzati ma sono valanga. non ce ne accorgiamo troppo. specie perché siamo nelle nostre bolle, che i salari sono variegatamente corpacciosi. poi un po' perché nascosti dal meinstriim, un po' perché ci abbiamo un po' tutti i nostri cazzi. piccoli grossi siano, un po' perché di cazzi più o meno grandi è pieno il mondo.
un po' perché gli sciamannati che governano annunciano il giuoco delle tre carte: un sacco di lavoratori in più, importa poco quanto precari o sottopagati.
infortuni e morti sul lavoro. lavoratori poveri. sfarinamento del lavoro. in fondo è smentire un pezzo dell'articolo 1 della Costituzione. che non è che sia troppo ideale e irrealizzabile. è che si va dalla parte opposta, per scelte se non volute, almeno che sono un po' laissez-faire.
sono un privilegiato. mica non lo so. non ostante parli di là dentro e conti i mesi dall'inizio. non ostante le frustrazioni e la sensazione di irrealizzazione. sono un privilegiato in mezzo a privilegiati. in mezzo a molti altri privilegiati. in mezzo ad altri che privilegiati non lo sono affatto.
le lotte di classe non ci sono più. anche e soprattutto perché si sono liquefatte le classi. anzi, nebulizzate, che così certe cose funzionano di meno ed il manovratore tutto sommato se ne compiace. se ha un senso la festa dei lavoratori - oggi - è proprio in questo. ricordarsi, ogni giorno, del privilegio, e lavorar di conseguenza. ricordarsi di coloro che il privilegio non ce l'ha. e ricordarsene ogni volta che ci perculano, che è giusto lasciar fare al manovratore. anche questa, credo, è coscienza di classe. seppur nebulizzata.
non sarà mica tanto semplice, neh?
però bisogna provarci.
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