non dormo quasi mai supino. tanto meno a pancia sotto. una volta sdraiato sul letto mi giro su di un fianco. poi, se siamo in stagione fredda, mi accuccio in posizione fetale, per raccogliere il calduccio. non mi viene automatico girarmi sul fianco sinistro, se lascio andare le cose, infatti, mi giro su quello destro. quando succede è raro non pensi alla prima immagine che ho di mio padre che ormai non c'è più. disteso nel letto, sotto le coperte, di spalle rispetto l'ingresso della camera, girato sul fianco, quello destro. è raro non ci pensi ormai da diciannove anni. che in diciannove anni uno fa in tempo a farsi quasi uomo. che quindi rispetto a quel momento, quando lo vidi girato sul fianco destro, sono passate vite, quasi tutto è cambiato per rimanere piuttosto autosimilare a sé medesimo. forse faticherei a riconoscere quel me di allora, in alcuni aspetti, ambiti, convinzioni. eppure ci sono immagini, momenti, sensazioni, suoni che sono lì, anzi qui, vividissimi. quasi stessero succedendo ora. dovessi concentrarmi e pensarci intensamente so che rivivrei le emozioni schizofreniche di quel momento di passaggio. provo a deconcentrami, e de-intesificare il pensiero, per lasciarle lì sullo sfondo. forse scriverci un post non è l'idea più geniale possa sgorgare da sinapsi infreddolite dalla nebbia che c'è stata oggi, ma tant'è.
poi uno dice che non ama troppo il mese di novembre.
ieri, ad un incontro di bookcity, ascoltavo una psicoterapeuta presentare il suo libro [e comunque niente. hanno una cadenza, uno scandire, una metrica, una musicalità che le accomuna: probabilmente rassicurante. la grande intuizione potrebbe essere: perché fanno quel tipo di lavoro?]. ad un certo punto ha coinvolto noi astanti in un piccolo giuoco auto-terapeutico. e ci ha sollecitato a ri-tornare all'intuizione, al ricordo sepolto, al significato di cordone ombelicale. in senso stretto ed in senso lato. cioè anche tutto quello che ci è stato trasmesso attraverso. il senso lato era tutto ciò non propriamente ostetrico-fisiologico.
e qui sì, col senso lato, sono andato temporaneamente un po' in crisi. niente di grave, neh? ma una malinconico sguardo al pavimento e il frullare di pensieri, sensazioni. non ho potuto pensare anche a tutto quello che ha passato mio padre. ed anche quello che non mi ha passato, per quanto sia un po' più nebulescente. prova te a definire qualcosa che non c'è, o non c'è stato. forse più semplice intuire, seppur in modo molto vago, quanto invece ne avrei avuto bisogno. o quanto lo avrei desiderato allora, senza rendermene conto. piuttosto inutile immaginare cosa sarebbe successo se. mi è tornata alla mente una frase su mio padre buttata lì da matreme, una manciata di giorni fa. forse buttata lì senza troppa convinzione. o forse fottutamente illuminante. specie calandola, ex-post, nella chiave di lettura della psico di cui sopra, quella del libro: diventa esplicativa di tutta una serie di titubanze mie. che uno dice: ovvio sia così non del tuttissimo in bollissima. o meglio: i prodromi c'erano per venir un po' su così, poi le cose succedono nel corso degli anni, anche in maniera molto casuale. che nell'essere un privilegiato di questo occidente, qualche spruzzatina di sfiga qua e là c'è stata. pur non credendoci, alla sfiga. e comunque l'effetto finale è un po' questo qui.
però, basta dar tutto quest'importanza deterministica al passato, che è passato. ed anche a sapere il perché di quel che poi è stato, ora è importante il come fare le cose. ora.
facendo pace con quello che fu. anche alla luce di quello che è stato possibile. forse oltre che inutile è anche dannoso immaginare il se di cui sopra. tanto più che ora scatta quasi pavloviano il ricordo di quando mi giro sul fianco destro, prima di addormentarmi, e trovarmelo ogni tanto nei sogni. capita si litighi. ma lo sappiamo che non è lui, ma sono io, una parte di me che con lui c'entra il giusto.
sì, c'è stato un trauma. vederlo sul fianco dentro, sotto le coperte, è uno dei dettagli. un trauma accompagnato da non volermi disinteressare di quello di matreme. non è semplicissimo. ma è l'unica cosa fosse giusto [e sia giusto] fare. è come restituire un po' di quello che è passato dal cordone ombelicale, in senso lato ovvio. si diventa anche genitori dei propri, come se i ruoli in alcuni aspetti si invertissero. che poi, plasticamente, era quello che stava facendo frateme, cullandolo, l'ultima immagine che ho di mio padre da vivo.
tutto il resto lo si porta dentro, per fortuna, in maniera inevitabile. tanto più se si ha contezza di quello che di buono, molto buono è passato.
c'è dentro anche quello, lo so, quando mi giro sul fianco destro, prima di addormentarmi.
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