l'algoritmo del signor feisbuch mi propone video di restauri di oggetti. oggetti con parti metalliche importanti. parti metalliche con tanta ruggine appresso. l'algoritmo del signor feisbuch ha capito come agganciarmi. e difatti li guardo come un dipendente da social engagement da social qualsiasi.
li guardo forse anche un po' rapito.
prima spatole per togliere il più grosso. poi le spazzole coi ciuffi di metallo, per i punti meno accessibili. e poi cascate di wd40, a cominciare a lubrificare viti, bulloni, tasselli [metallici]: è ora di compiere il percorso elicoidale di allentamento. lo percepisci il wd40 che si insinua spumeggiante negli interstizi più incrostati e comincia a sciogliere la ruggine che si fa tutt'uno con il resto. come ad annunciare: diamoci una mossa, è tempo di tempi nuovi.
poi c'è la sabbiatrice. subisco il fascino della sabbiatrice. che il metallo vivo torna alla luce, dà un'idea del luccicore che non ha mai smesso di avere, sotto la ruggine. sembra che gli oggetti si colorino, e invece è la ruggine che se ne va.
e poi la lima. i movimenti a volte sinuosi, tondi, quasi poco istintivi. è un mestiere e una manualità mica scontata anche questa. tirare di lima, si capisce il senso di una maestria che si impara.
e poi la cartavetra. grani diversi, per i vari passaggi. il lavoro che è ripetizione e affinamento. affinamento e ripetizione.
e poi - bellissimo - le nuove vestigia a tutti i pezzi. là dove si colora, a spray, a polvere, le parti più importanti. e le componenti zincate, temprate, lucidate.
per poi ricomporre il tutto. stessi pezzi di prima. niente più ruggine. un'apparente insieme rimesso a nuova vita. si rimonta, si riavvita, si serra, si assembla. eccolo di nuovo pronto all'uso. luccicante, colorato, pronto per ricominciare per essere usato. come nuovo. anzi, meglio: con il valore aggiunto della cura e dell'essere messo di nuovo a nuovo.
ho capito perché li guardo rapito.
perché c'è dentro il senso di riaggiustare, del ripartire, del sistemare. che si riesca a fare non ostante le incrostazioni, la ruggine, l'accumularsi delle fatiche e delle corrosioni del tempo. e proprio dalla ruggine si riparte. si ricomincia. che non è la ruggine a far smettere la voglia di riprovarci. anzi. è forse la ruggine che, quando sta fuori, è il punto di partenza per ripartire. toglierla, la ruggine: da lì viene poi tutto.
penso e pensavo a come sarebbe bello farlo con le persone, con le relazioni, con quello che incrosta e non permette più di agire. qualsiasi cosa possa significare. anche se le persone, le relazioni non sono ovviamente oggetti. però il senso è quello: il ricominciare dopo il lavoro di cura per restaurare, che poi è tirar fuori di nuovo quello che comunque continuiamo ad essere.
lo pensavo, tra l'altro riferito anche a me. che va bene la malinconia, ma non ho di che di dovermi lamentare. anzi.
infatti oggi è tornato, prepotente, il monito che dolori e fatiche che soverchiano sono accanto alla vita di ciascuno. e che la ruggine, le incrostazioni possono starsene ben nascoste dentro, nel profondo. talmente nascoste e nel profondo che se guardi fuori sembra tutto così colorato, vivo, forse anche luccicante. e l'agire, essere strumento di qualcosa o di qualcuno, è connaturato al senso stesso dell'essere. esattamente l'opposto di qualcosa di solo imparentato con la ruggine.
e invece no. la ruggine può essere dentro, talmente in fondo [ma era poi così in fondo?] o talmente avvolgente che no, non ce la si fa più. e non si trova più la voglia di riprovarci. e che tu sia un prete, che ha conquistato in nemmeno due anni un paese complicato e rompicazzo come l'hometown*, cambia in fondo poco. quando è la ruggine che non si può, che non si riesce a sabbiar via.
ho faticato, a tratti fatico, probabile faticherò. però questa sera mi è ben illuminata l'evidenza dei privilegi - di cui ho solo una parte - piccola - di merito. che lo smarrirsi del senso di riprovarci, che si spegne del tutto, è un'eco lontana. ma esattamente nell'ordine delle cose che possono essere.
se esiste un dio, sia quello che lui testimoniava come sacerdote o un altro, se lo tenga abbracciato più forte che tanti altri.
* figurarsi. un tardo pomeriggio, passavo accanto all'oratorio e vedo che con gran lena spinge il tosaerba nel campo di pallone. roba lunga, penso. provo un'ingiustificata simpatia per quel pretino. roba che non accade da qualche lustro. e penso che potrei anche dirgli che farebbe molto prima con il trattorino che utilizzo a casa. devo solo trovare il modo di farglielo sapere. ti faccio vedere come funziona, poi te lo vieni a pigliare le volte che ti serve. certo, non so se tu possa viaggiarci su strada, il tragitto da casa all'oratorio e ritorno. ma in fondo, mica romperanno i coglioni a te, i vigili. no?